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Autore: _Calypso_    13/02/2012    6 recensioni
Il suono, il rumore, tutto ciò che colpiva le orecchie di John e che aveva costituito una costante della sua esistenza di abitante al 221B di Baker Street continua a tormentargli il sonno e la veglia, ma da quando Sherlock se n’è andato, John vive da solo nel silenzio.
[A Virgilio; un giorno guarderemo lo stesso mare.
Prima classificata al "Kill my Valentine" contest indetto da LeftEye]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: The ghosts in the attic
Fandom: Sherlock (BBC)
Personaggi: John Watson (implicito John Watson/Sherlock Holmes)
Genere: Drammatico, Introspettivo
Avvertimenti: Morte di un personaggio principale, Slash, Angst
Tipologia: One shot
Rating: PG-13/Giallo
Contoparole: 1311 (fdp)
NdA: È la mia prima vera death fic e postarla è un'emozione grandissima, per quanto possa sembrare una scemenza; allo stesso modo, è la mia prima One shot su Sherlock. La storia si svolge dopo la 2x03, "The Reichenbach Fall"; l'unica, microscopica differenza rispetto al canon è che Sherlock non ha la sua sciarpa. Ulteriori note sono alla fine.



 

A Virgilio; un giorno guarderemo lo stesso mare.

 

The ghosts in the attic



 

È strano quanto ci conosciamo.

John alza la testa dal suo computer per fare una pausa dalla stesura di un altro articolo sul suo blog; fuori dalla finestra le gocce di pioggia cadono incessanti, come note che si susseguono rapidamente suonate da un pianista che non ha intenzione di fermarsi. Si abbattono sui marciapiedi calpestati dagli ubriachi che continuano a girare nonostante l’ora, scrosciano dalle nuvole che sembrano piangere lacrime impossibili da controllare. Londra è sempre viva; è viva anche di notte, con luci e suoni che non s’interrompono mai. Grida provenienti da qualche rissa, bottiglie rotte, cocci di vetro sull’asfalto, lampioni accesi ventiquattrore su ventiquattro e sette giorni su sette, insegne al neon con alcune lettere cadute. Spostando il suo sguardo verso il muro, John vede una faccia sorridente dipinta di giallo crivellata di colpi di pistola. Gli sembra ancora di sentirli risuonare nell’appartamento, quei colpi che non erano riusciti a intrattenere Sherlock se non per qualche minuto, e che avevano preceduto e seguito occupazioni per lui ugualmente noiose e insulse. Insieme agli spari riesce a udire le note del violino che il suo coinquilino amava tanto strimpellare nelle silenziose sere d’inverno, in una melodia di alti e bassi, a ritmo andante e sostenuto; quello strumento lo aiutava a riflettere, diceva. John non era nemmeno in grado di pensare quando vedeva Sherlock suonare affacciato alla finestra e sperare in un nuovo caso che avrebbe potuto risollevargli la giornata, la settimana, la vita intera; lo deconcentrava osservare quella figura quasi invisibile e perfetta vivere nel suo impenetrabile palazzo mentale con l’unica compagnia che anelava, se stesso. Il suono, il rumore, tutto ciò che colpiva le orecchie di John e che aveva costituito una costante della sua esistenza di abitante al 221B di Baker Street continua a tormentargli il sonno e la veglia, ma da quando Sherlock se n’è andato, John vive da solo nel silenzio.

Io ti vedo. Sei lo spiraglio di luce che filtra dalle finestre in una mattina soleggiata, l’ombra della porta che si apre per portarmi il caffè a letto, il buio che riempie la stanza quando spegni la luce e ci siamo solo più noi.

John non riesce mai a svegliarsi, quando l’alba irrompe tendendogli un’imboscata da cui non saprebbe come difendersi. L’idea di affrontare una giornata intera per conto suo gli sembra semplicemente troppo: troppo lunga, troppo faticosa, troppo difficile da portare avanti senza un bastone su cui fare affidamento per camminare nelle insidie di un bosco tetro e senza un sentiero tracciato sulla nuda terra. Ad aiutarlo è il caffè, che lo tiene sveglio durante gli interminabili turni all’ambulatorio, senza il quale crollerebbe a terra privo di sensi; gli piace lungo, nero e bollente. Amaro, senza quello zucchero che non riuscirebbe ad addolcire nemmeno un misero istante di quei giorni tutti uguali che come mattoni compongono un muro di solitudine e disperazione impossibile da lenire. Ha provato a parlare con la sua terapista, è tornato da lei dopo una pausa durata troppo tempo ma ogni volta che provava a varcare la soglia del suo studio non poteva far altro che scappare via, inseguito dai fantasmi di un passato ancora troppo presente; le fasi del lutto si sono succedute l’una all’altra come petali che cadono da una rosa destinata a sfiorire alla fine di maggio, costringendolo ad accettare una separazione che in teoria avrebbe dovuto salvargli la vita. Un eroe, un fottutissimo eroe che ha concluso la sua fottutissima vita con un fottutissimo gesto eroico. Preferirei essere morto io, aveva pensato molte volte John, per poi giungere alla dolorosa consapevolezza che infliggere una tale sofferenza a Sherlock non avrebbe fatto altro che ucciderlo ulteriormente, ancora un milione di volte.

Ti avevo nascosto tutte le sigarette, non avevo avuto il coraggio di buttartele via. Quell’insopportabile odore di fumo non mi faceva concentrare, mi faceva impazzire. Darei qualsiasi cosa perché tu te ne accendessi una adesso.

Non aveva voluto seppellirlo con la sciarpa blu. Ora giace sul divano, tenendo troppo spazio. John sa che è troppo ingombrante, ma non può rimuoverla. Si chiede se ne avrà mai il coraggio, se riuscirà a spostarla, a spostarsi da quell’appartamento così pieno di fantasmi, fantasmi che urlano nel cuore della notte e lo tengono sveglio a sudare tra le lenzuola, di cui è rimasto l’unico abitante. Da quando avevano iniziato a essere più che amici – o forse lo erano sempre stati, avevano semplicemente cominciato a scopare – avevano ritenuto stupido dormire in camere separate. Almeno, John dormiva; aveva la percezione che Sherlock passasse le notti ad ascoltare il ritmo regolare del suo respiro, guardandolo mentre si girava, rigirava e sognava che nulla cambiasse.

Non ti ho mai visto dormire.

L’aria che respira John è impregnata di quello che ha perso. Vede Sherlock quando cammina per la strada zoppicando, sente Sherlock quando il vento fischia nella notte, respira Sherlock quando avvicina a sé i suoi indumenti. Vive una miriade di attimi senza significato, indegni di essere colti; eppure ricordava di non riuscire nemmeno a prendere fiato, da quanto era impegnato come assistente detective per il suo coinquilino. Sherlock aveva cambiato la sua vita e tutti i suoi progetti per il futuro; John immaginava che sarebbero invecchiati insieme, con i capelli che diventavano bianchi come Londra sotto i fiocchi di neve e la memoria che iniziava a vacillare. Pensava che il suo compagno sarebbe andato in pensione, che si sarebbe finalmente ritirato dopo aver risolto i crimini che tormentavano gli ispettori di Scotland Yard – e invece no, aveva lavorato, lavorato e lavorato, e il suo lavoro l’aveva portato alla morte.

Mi manchi.

C’era il cadavere di Sherlock su quel marciapiede. C’era il suo sangue sparso ovunque, sull’asfalto, sul bavero del suo cappotto, sui suoi zigomi appuntiti che John amava baciare. Qualcuno gli aveva chiuso gli occhi, forse Lestrade, qualcuno l’aveva spinto via; si era scontrato con un ciclista e poi aveva iniziato a urlare di un urlo non umano, con la disperazione che si gettava fuori dai suoi polmoni come un fiume che raggiunge la sua foce, e non riusciva a smettere. Forse credeva che il suo grido di dolore avrebbe riportato in vita l’amico, l’amante, il compagno di un’intera esistenza.

Oggi è il giorno di San Valentino, Sherlock. La festa degli innamorati.

A dividerli sono gli oceani del tempo e della morte, a unirli il pensiero di un giorno che avrebbero potuto trascorrere insieme, ridicolizzando le coppiette alla televisione. John è sicuro che Sherlock non se ne sarebbe accorto fino a tarda sera, quando avrebbe fatto qualcosa di assurdamente romantico per sorprenderlo; o più probabilmente, assurdamente idiota. Ha portato una rosa rossa alla sua tomba, noncurante di ciò che sarebbe potuto apparire agli sguardi più indiscreti; si è seduto sulla nuda terra e ha accarezzato la pietra come il volto di un amante. A volte credeva che risvegliandosi l’avrebbe trovato sdraiato al suo fianco, riccioli neri sparsi sul cuscino e occhi troppo vigili, mai tanto stanchi da doversi chiudere in sua presenza.

Se vuoi, c’è ancora un pacchetto di sigarette sotto il teschio; ti aspetta. Ti aspetto.

John avrebbe dato le sue corde vocali per riavere Sherlock, così come le sue cornee, le sue gambe, le sue braccia. Non vuole percepirlo accanto a sé, vuole soltanto che stia con lui, che rimanga sdraiato indolente sulla poltrona mentre il cellulare suona in continuazione. Parole vuote, parole che risuonano nell’aria e si disperdono senza lasciare traccia. Donne che entrano nella loro vita e ne escono come se niente fosse successo; Irene, Sarah, Molly, niente, niente di niente, pagine di inutili descrizioni in un libro di cui si vuole solo sapere come andrà a finire. Nulla in confronto a quello che John non ha più, rimasto solo nel centro della terra.

Tu avevi capito tutto di me, al primo sguardo. Sto aspettando che ritorni, che come una fenice tu risorga dalle tue stesse ceneri; sto aspettando che quell’ultimo miracolo si compia tra le mie mani.



 

Buon San Valentino, John.





Note finali:
Il titolo e la frase "È strano quanto ci conosciamo" provengono da "Eric's Song" di Vienna Teng; "I don't want to miss a thing" degli Aerosmith ha ispirato la frase "aveva la percezione che Sherlock passasse le notti ad ascoltare il ritmo regolare del suo respiro", "Goodbye my lover" di James Blunt quest'altra: "Sherlock aveva cambiato la sua vita e tutti i suoi progetti per il futuro". Le frasi in corsivo sono un'ipotetica lettera di John a Sherlock, mentre l'ultima, che ho scelto di spostare a destra, è ovviamente pronunciata da Sherlock, che pensa a John nonostante sia molto lontano da lui. Mi sono presa la libertà di ipotizzare una relazione tra i due, sperando di non andare out of character.

   
 
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