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Autore: Breathless92    16/02/2012    1 recensioni
-Ma perché se Dio è misericordioso condanna le nostre anime all’inferno? Perché non possiamo amarci davvero Nicholas? Perché...?
“Non mi diedi risposta alcuna, ma in quel momento fui certo di vederti scrutare nel buio il cielo, come se quel’infinita oscurità costellata da piccoli barlumi luminosi potesse trovare per te una risposta.
Dimmi, la trovasti infine?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?”
“E’ stato molto tempo fa...”
“Già...”
 
 
 
...........................
 
 “La notte aveva ormai soffocato la luce da molto tempo, e nulla, se non gli occhi indiscreti delle stelle aveva veduto i nostri peccaminosi desideri divenire realtà. Nulla aveva sputato contro di noi insulti e rimproveri. No, la notte era nostra in quel momento ed il mondo era sordo.”
-Ma perché se Dio è misericordioso condanna le nostre anime all’inferno? Perché non possiamo amarci davvero Nicholas? Perché...?
“Non mi diedi risposta alcuna, ma in quel momento fui certo di vederti scrutare nel buio il cielo, come se quel’infinita oscurità costellata da piccoli barlumi luminosi potesse trovare per te una risposta.
Dimmi, la trovasti infine?
“Avevo un bisogno così invadente di quel calore che solo tu potevi darmi che non avrei lasciato nemmeno a Dio la possibilità di separarci. Cosa importa quanto il dolore possa essere grande ed insopportabile se anche per una sola notte potevo sentirmi così bene?
Eri seduto in silenzio e non avevi mai tentato di spiegarmi perché eri tanto riluttante, ma forse quella fiamma bruciò anche te, perché quando mi avvicinai non sentii le tue mani porre resistenza, non vidi il tuo corpo sottrarsi. Ti strinsi a me come se a lasciarti andare saresti fuggito lontano, eppure appoggiati le tue mani al mio viso e lentamente le lasciasti scivolare sul mio corpo mentre le tue labbra cercavano le mie, e solo tu, nessun’altro, avrebbe saputo di quel piccolo errore...
Perché di tutte le persone al mondo io scelsi te?
 “Un crimine, si, il nostro era un lussurioso crimine svolto sotto gli occhi indiscreti di Dio,e forse fu per questo che venimmo puniti.
Cosa importava? Nulla, i nostri corpi fremevano di passione, e proprio mentre la tua mano scendeva sulla mia schiena capii che non saremmo tornati indietro... Ci eravamo spinti oltre. La decenza sbiadiva, e la perversione prendeva atto della nostra debolezza. Ci baciammo a lungo, nel silenzio di quella angusta camera spoglia, finché non vidi i tuoi occhi osservare i miei... Erano dello stesso colore del cielo, della notte.
-Perdonami oh Signore per quello che sto per fare...
“La tua voce fu un sussurro spento, come se arrancasse perfino ad uscire dalla gola, poi la fiamma iniziò a bruciare, ma sapevo che si sarebbe consumata presto. Non importava.
Mi spingesti con forza sul letto e senza proferire parola mi scrutasti dalla tua altezza con un vago sorriso malizioso. Le tue mani afferrarono i miei polsi e sentì il peso del tuo corpo sopra il mio, accasciato sopra di me, mentre con le ginocchia serravi i miei fianchi. Fu un lampo, poi le tue labbra mi cercarono, ancora, ancora ed ancora, fino a sentire il sapore ferale di quell’amore.
“I vestiti ammassati a terra, caotici e sporchi, come se il nostro peccato avesse impregnato le loro fibre, come se quell’odore non se ne sarebbe mai andato via.
Quelle tue braccia forti che mi stringevano, mentre il mondo scompariva, mentre il dolore affogava. Perché una cosa così bella dovrebbe essere punita?
Ogni singolo attimo, ogni secondo, sentivo svanire l’odio, ed il dolore soffocava silenziosamente, e il vuoto dentro di me, si riempiva così velocemente... Le tue mani, il tocco leggero di quelle dita sul mio corpo. Dissi a me stesso che sarei potuto morire in quel preciso istante senza provare rimpianto alcuno.
E poi tutto sbiadì... lentamente.”
 
“Rimasero solo le nostre mani, intrecciate tra loro, mentre il tuo respiro si faceva sempre più profondo, sentivo il tuo cuore, picchiava nella mia testa, frenetico e silenzioso, batteva troppo veloce per essere calmato... Volsi gli occhi verso di te... Il tuo sguardo era vacuo. Dimmelo reverendo, costa stavi guardando? Cosa vedevi oltre quelle mura?”
-Vieni via con me...
“Non mi guardasti nemmeno, eppure sapevo che quelle parole erano state difficili da trovare. Sapevo che dentro di te dovevano vorticare un’orgia di sentimenti dolorosi. E credimi non fu mai mia intenzione ferirti. Chiunque ma non te...”
-Io... Non posso...
“Silenzio... E Dio solo sa quant’è che ho urlato dentro di me... Perdonami.
Io avrei tanto desiderato fuggire con te ma, semplicemente, non potevo.
Ti alzasti dal letto rivestendoti lentamente mentre accendevi una sigaretta, eri così distante, avrei dovuto stringerti più forte... Te ne stavi andando. Ed io non riuscii a trattenere le lacrime; la mia felicità stava sfuggendo dalle mie dita, non avevo nemmeno avuto il tempo di assaggiarla davvero, e già mi abbandonava. Tutti se ne erano andati, io ero rimasto solo, ma dovevo andare avanti, perché il mio fardello non poteva essere lasciato libero di vagare ancora...
Accasciato, nudo e ferito piangevo come un infante, ma silenziosamente, perché il mio dolore non doveva mai essere condiviso con nessuno, io, dovevo essere forte, apparire stupido, codardo, anche imbranato. Agli occhi di tutti io ero così, eppure piangevo. Avevo sbagliato tutto sin dal principio.
Poi una mano strinse uno dei miei polsi, e scacciò la mano dal mio viso, mi guardasti, nemmeno ti sentii avvicinarti... Ma eri lì, di fronte a me. Avevo così paura; sapevo che mi avresti detto addio, ma non volevo realmente sentire quelle parole. Ti guardavo e chissà cosa vedesti nel mio viso in quell’istante, mentre ero così debole, così vulnerabile. Ma tu asciugasti le mie lacrime dolcemente, fissando il mio viso, e senza sorridere mi strinsi al tuo petto silenziosamente.”
-Non devi più piangere da solo...
“Aggrappato a te, e tutto il freddo scomparve, tutto il dolore scivolò via. Senza ritegno piansi lasciando che la tua spalla fosse il mio appoggio, che il tuo ego fosse il mio giudice, scivolai lentamente in una strana debolezza, una piacevole sensazione di pace mi pervase. Il tuo odore riempiva la stanza e per la prima volta ebbi un sonno sereno, senza sogni.
Non avrei più pianto da solo.”
...
...
...
 
Era buio quando Vash riaprì gli occhi, forse si era perso quel fantastico tramonto purpureo che spesso aveva osservato in completa solitudine. Il cielo era spento, come se le stelle si fossero spente silenziosamente, e solo una piccola luna evanescente illuminava il mondo a lui circostante. Il vento era freddo ma non seppe capire se questo gli causasse disagio o in fondo lo facesse sentire più vivo. Il tocco gelido di ogni spiffero era come la ghiacciata mano della morte; voleva trascinarlo con sé, molto distante, molto in profondità. Il suo logoro mantello rosso schioccò nel vento svegliandolo violentemente dal suo stanco pensiero... Guardò attorno a se, il deserto era così silenzioso, il mondo era un tacito compagno crudele, che troppo spesso gli aveva sottratto pezzi di esistenza. Ora Vash si sentiva vuoto, come se non avesse più un motivo per vivere. Era così immerso nei suoi ricordi che per un attimo fu certo che fossero reali. Eppure ora era sveglio, e lui sapeva, sapeva che tutto quello era solo un momento ormai andato, sfuggito ancor prima di poter essere respirato, inalato dentro di sé.
Un sorriso amaro si dipinse sul suo viso, poi estrasse dalla sua sacca una bottiglia di liquore.
“Era il tuo preferito...”
Le parole uscirono dalla sua gola rauche, quasi spezzate da un dolore pressante, stappò lentamente la bottiglia e ne bevve un lungo sorso, l’alcol bruciava la sua gola spingendosi prepotentemente nel suo corpo, irrorando ogni più piccola parte del suo corpo. Per un attimo gli parve di avvertire una ambigua sensazione di pace; il vento gelido che gli crepava le labbra e l’alcol ustionante che lo bruciava dentro... No, non era nulla di tutto questo a renderlo così infelice. Vide nei riflessi della bottiglia il suo riflesso, scrutò la sua immagine: il suo viso era scavato, magro, gli occhi circondati da profonde occhiaie scure e poi... Quei capelli neri come la pece che contornavano il suo volto.
Era passato così tanto tempo, ma lui non era più tornato qui.
“Perdonami se non sono venuto prima... Avevo paura.”
Sorrise. Ma dentro di se sentiva il cuore annegare nel dispiacere.
“Ti propongo un brindisi!”
Alzò la bottiglia al cielo con un gesto pieno di foga, ma forse era quello il suo modo di nascondere il dolore, esagerare, in ogni suo gesto, in ogni sua parola.
“Ad una vita migliore!”
Il braccio si abbassò lentamente, in modo stanco. E Vash era così stanco...
“Al nostro prossimo incontro...”
Le lacrime iniziarono a scorrere sulle sue guance, scavando solchi profondi, e gli parve che bruciassero come magma incandescente.
“Mi manchi.”
Lasciò che il liquido della bottiglia cadesse a terra mentre la sua vista iniziava ad offuscarsi, distingueva solo scure ombre nella notte, e quelle lacrime bruciavano come il fuoco. Eppure la vedeva... Fissava la croce che per tanto tempo Nicholas aveva dovuto portare sulle sue spalle, il suo peso, il suo più grande rimpianto. Abbassò gli occhi cupamente, guardò il liquore infiltrarsi nella terra, e dentro di sè sperava che raggiungesse il suo corpo.
La tomba di Wolfwood era così silenziosa.
“A presto, amore mio.”
Quella notte pianse senza ritegno, ma questo non lo fece sentire debole... No, lui stava piangendo con il suo amato reverendo. Lo aveva promesso a se stesso, non avrebbe più pianto da solo.
Ora stava piangendo con lui. E se anche Dio lo stava guardando furibondo a lui non importava...
Ormai aveva perso la sua religione. Aveva perso lui. Nulla contava più.
Il suo era un peccato così dolce da compiere...
   
 
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