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Autore: HamletRedDiablo    17/02/2012    3 recensioni
"No, il Conte non aveva intenzione di andarsene senza gloria e senza rumore. Avrebbe dato vita al più straordinario ballo che il mondo degli assassini avesse mai visto: le note dei violini sarebbero state sostituite dallo stridio dei pugnali, i candelabri dalla luce riflessa sulle pistole. E avrebbero danzato, tutti gli accoliti della Nera Signora, si sarebbero agitati in quella giostra che lui aveva azionato per il suo ultimo divertimento."
E mentre le mille gocce di sangue scorrono, un Corvo e un Rubino si incontreranno di nuovo.
Ma non saranno i soli a muoversi in quel mondo torbido...
[SebastianGrell][WilliamGrell][WilliamNuovoPersonaggio][UndertakerLau (accenni)]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, Undertaker, William T. Spears
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Bloody Waltz'
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Mille Gocce di sangue

Prima Goccia – Sfida

La tosse che gli sconquassava il petto schizzò di rosso il fazzoletto.

Il Conte fissò quelle macchie sanguigne con avversione.

Nemmeno lui poteva fermare il tempo.

Si lasciò cadere in poltrona, privo di forze.

Non temeva la Nera Signora. Erano vecchi compagni d’armi, e la loro alleanza si era sempre rivelata proficua per entrambi: lei aveva falciato i suoi oppositori, e lui aveva ingrassato le zolle dei cimiteri.

L’unica cosa di cui aveva timore era che Lei potesse avere troppa bramosia di raggiungerlo. Aveva bisogno ancora di un po’ di tempo prima di aprire la porta all’amica.

Fischiò come per chiamare un cane, ma, anziché un segugio, dall’ombra si materializzò un uomo.

«Devi portare quel messaggio» comandò.

«Ora, Lord?»

Un accesso di tosse ostruì le parole del Conte; il fazzoletto si infradiciò di chiazze più scure prima che l’attacco si arrestasse.

Il servitore non proferì verbo: portò una mano al petto e si inchinò, volatilizzandosi di nuovo nelle tenebre.

Di nuovo solo, il Conte si abbandonò allo schienale della poltrona e al tepore del caminetto acceso.

Non aveva mai contato molto sulla forza bruta, visto il suo fisico gracile e la ritrosia delle sue ossa a rafforzarsi. Ma la sua astuzia non aveva pari, in quel mondo di pece e sangue in cui era sprofondato: calcolava i suoi attacchi con una precisione machiavellica, eludendo le difese altrui come un consumato giocatore di scacchi. Elaborava complicati schemi di mosse e contromosse, e quel suo prediligere i sotterfugi agli scontri frontali lo aveva portato al successo; lo scorno degli avversari pian piano si era tramutato in vero e proprio terrore di fronte all’inarrestabilità di colui che era divenuto noto come “Conte dello Stige”.

Già, tra gli uomini nessuno avrebbe mai osato sfidarlo, lo sapeva bene, e altrettanto bene lo sapevano i suoi avversari.

Le sue protezioni avevano peccato in un unico dettaglio: non aveva contemplato un’aggressione dall’interno.

Era stato il cuore a tradirlo: i pochi anni che il Conte aveva passato sulla Terra sembravano gravare su quel muscolo affaticato più che su tutti gli altri; a detta del medico, era sull’orlo del collasso.

Ma non importava. Gli bastava avere il tempo di lanciare la sua ultima provocazione, dopodiché se ne sarebbe andato con il trionfo sulle labbra.

«Mi concederai il tempo che mi serve, vecchia amica mia?» domandò alle fiamme del caminetto.

Inspiegabilmente, il fuoco ebbe un guizzo e una vampata improvvisa illuminò a giorno la stanza.

«Ne ero sicuro» si deliziò il Conte, lanciando il fazzoletto sulla legna ardente. «Sai riconoscere un buon affare, quando lo senti. E questo ti darà la possibilità di divertirti molto.»

Il fuoco divorò il tessuto imbevuto di sangue con una orribile voracità, ed un sogghigno satanico sembrò intagliarsi nel rossore delle vampe.

La Signora aveva gradito il suo regalo.


Seconda Goccia – Sangue

Un pupazzetto si lanciò nel vuoto e si aggrappò ad una delle lunghe ciocche argentee, tirandola come una corda di campana.

«Cos’hai, Undertaker?» cantilenò la bambolina, risalendo a pertica il ciuffo lucido.

La lunga unghia nera del becchino graffiò il bancone spartano, mesta, mentre le labbra si arricciavano in un sospiro.

«Il Corvo ci sta mettendo troppo tempo» soffiò, abbattuto.

«Non si sarà scordato della promessa?» ipotizzò un secondo burattino, con il busto ciondolante dal bordo di un cofanetto.

«Questo è impossibile!» un terzo fantoccio sbucò alle spalle del precedente e lo colpì sulla nuca con un pugno. «I corvi non dimenticano mai nulla! E nemmeno lui!»

«Ma non ha ancora fatto sapere niente!» si ribellò l’altro, massaggiandosi la testa dolorante. «Per ora, ho ragione io!»

Undertaker si lasciò cadere sul bancone. La marionetta appesa ai suoi capelli si salvò dallo schianto saltando nella sua tasca e rintanandosi nella fodera accogliente.

«Undertaker! Undertaker!» starnazzò una grassa pupattola incastrata in un vestito di broccato, bucherellato dal tempo e dalle disavventure. Ad intralciarla nei suoi goffi passi non erano solo le trine sfilacciate della gonna, ma soprattutto il pacco che reggeva sulla testa. «E’ arrivato poco fa! L’hanno lasciato davanti alla porta!»

Il becchino osservò la bambola oscillante sotto il peso dell’involto con perplessità. Da quando i postini erano diventati veggenti? Sulla carta giallastra non era scritto il nome del destinatario, né quello del mittente. Non si trattava di una consegna postale ordinaria.

L’uomo si chinò e alleggerì la marionetta del suo carico. Sbilanciata dalla perdita di peso, il fantoccio rovinò con un tonfo di coccio sul pavimento, sbeccandosi il naso.

«Fai più attenzione, o dovrò costruire una bara anche per te» la riprese bonario Undertaker, strappando con le unghie il filo che teneva assieme il pacco.

Il primo senso che entrò in allerta fu il suo olfatto, pizzicato da un odore che conosceva troppo bene; il secondo fu il tatto, che avvertì una sensazione appiccicosa estendersi per tutto il palmo della mano; il terzo fu la vista, entrata in azione per la presenza non prevista di una grossa macchia rossa.

Il becchino osservò per un istante il contenuto dell’involto. La risata ferrigna che si liberò dalla sua gola artigliò tutto lo spazio circostante, facendo tremare persino i feretri.

«Avresti potuto sminuzzarlo, almeno un po’… Non capita tutti i giorni di seppellire un Patriarca.»

«Desolato. Ti recapiterò il prossimo cadavere per posta, un pezzo alla volta.»

«Oh, potresti portarmelo di persona, così ci divertiremo insieme a ricostruirlo.»

Quelle erano state le loro parole di commiato.

Non pensava che il Corvo sarebbe stato così folle da prenderle sul serio.

«Allora sei qui» sussurrò, carezzando con le mani e con le parole mielose il pacco grondante sangue. «Che coincidenza! Stavo giusto preparando le vostre onoranze funebri!» una punta di insania gorgogliò nella sua gola con la risata successiva.

Si adagiò languido sul bancone in un frusciare di stoffe tenebrose; l’involto spettrale emise un flebile lamento nell’essere gettato nella riproduzione di un vaso canopo.

«Ma questo è solo un assaggio, vero? Chissà quanto mi farai divertire, mio caro Corvo!»

Si rigirò sul bancone, ed il soffitto tremò nel fissare la maschera di agghiacciante determinazione che il becchino sfoggiava solo in occasioni speciali.

«Ma non credere che mi accontenterò di fare da spettatore, Corvo…»

E, di nuovo, quella risata…


Terza Goccia – Servo

«Non hanno capito nulla della sfida» si risentì il Conte.

Occhi svuotati dalla morte e riempiti dal terrore ricambiarono il suo sguardo altero.

«Ho detto che mi sarei fatto uccidere, è vero. Ma di certo non permetterò che siano simili inetti a riuscire nell’impresa.»

Distolse lo sguardo, infastidito da quella vista. Il pensiero che della gentaglia così inesperta avesse creduto di poterlo assassinare lo offendeva nell’orgoglio.

Come avevano potuto essere tanto incuranti? Pensavano che avesse intenzione di suicidarsi, e perciò avrebbe permesso a chiunque di ammazzarlo?

No, il Conte non aveva intenzione di andarsene senza gloria e senza rumore. Avrebbe dato vita al più straordinario ballo che il mondo degli assassini avesse mai visto: le note dei violini sarebbero state sostituite dallo stridio dei pugnali, i candelabri dalla luce riflessa sulle pistole. E avrebbero danzato, tutti gli accoliti della Nera Signora, si sarebbero agitati in quella giostra che lui aveva azionato per il suo ultimo divertimento.

«Spero che almeno i prossimi considereranno l’eventualità che io abbia una guardia» sospirò annoiato.

«Forse non pensavano, Lord, che voi ne aveste solo una» gli fece notare il servitore, nascosto nell’ombra.

Il Conte sorrise senza gioia, voltandosi in direzione del suo servo.

«Tu da solo sei più che sufficiente. Solo i demoni potrebbero uguagliarti» lo elogiò sarcastico il Conte.

Un baluginio nelle tenebre ad indicare un sorriso freddo, ed il servo convalidò:

«Avete ragione, Lord. Non immaginate quanto.»

Mille gocce di sangue

Per lavarsi le mani dal precedente milione.

Mille gocce di sangue

Per lavare nella colpa un peccato.

Mille gocce di sangue…








Eccomi tornata con il seguito de "Un Corvo non Dimentica"

La storia sarà articolata in capitoli brevi perchè volevo mantenere l'impostazione del Corvo. Ma senza drabble, questa volta.

Questo prologo è onirico, per usare un eufemismo, e molte cose sono lasciate in sospeso. Non temete, già dal prossimo capitolo molte omissioni verranno spiegate.

O, almeno, avranno più senso XD Specifico comunque che punti oscuri sono volutamente inseriti. Esigenze di copione, Il perchè lo scoprirete leggendo<3
Grazie a tutti voi per avere pazientato :)
Red
   
 
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