Mille Gocce di sangue
Prima
Goccia – Sfida
La tosse
che
gli sconquassava il
petto schizzò di rosso il fazzoletto.
Il Conte
fissò quelle macchie
sanguigne con avversione.
Nemmeno
lui poteva fermare il tempo.
Si
lasciò cadere in poltrona,
privo di forze.
Non temeva
la Nera Signora. Erano
vecchi compagni d’armi, e la loro alleanza si era sempre
rivelata proficua per
entrambi: lei aveva falciato i suoi oppositori, e lui aveva ingrassato
le zolle
dei cimiteri.
L’unica
cosa di cui aveva timore
era che Lei potesse avere troppa bramosia di raggiungerlo. Aveva
bisogno ancora
di un po’ di tempo prima di aprire la porta
all’amica.
Fischiò
come per chiamare un
cane, ma, anziché un segugio, dall’ombra si
materializzò un uomo.
«Devi
portare quel messaggio»
comandò.
«Ora,
Lord?»
Un accesso
di tosse ostruì le
parole del Conte; il fazzoletto si infradiciò di chiazze
più scure prima che
l’attacco si arrestasse.
Il
servitore
non proferì verbo:
portò una mano al petto e si inchinò,
volatilizzandosi di nuovo nelle tenebre.
Di nuovo
solo, il Conte si
abbandonò allo schienale della poltrona e al tepore del
caminetto acceso.
Non aveva
mai contato molto sulla
forza bruta, visto il suo fisico gracile e la ritrosia delle sue ossa a
rafforzarsi. Ma la sua astuzia non aveva pari, in quel mondo di pece e
sangue
in cui era sprofondato: calcolava i suoi attacchi con una precisione
machiavellica, eludendo le difese altrui come un consumato giocatore di
scacchi. Elaborava complicati schemi di mosse e contromosse, e quel suo
prediligere i sotterfugi agli scontri frontali lo aveva portato al
successo; lo
scorno degli avversari pian piano si era tramutato in vero e proprio
terrore di
fronte all’inarrestabilità di colui che era
divenuto noto come “Conte dello
Stige”.
Già,
tra gli uomini nessuno
avrebbe mai osato sfidarlo, lo sapeva bene, e altrettanto bene lo
sapevano i
suoi avversari.
Le sue
protezioni avevano peccato
in un unico dettaglio: non aveva contemplato un’aggressione
dall’interno.
Era stato
il
cuore a tradirlo: i
pochi anni che il Conte aveva passato sulla Terra sembravano gravare su
quel
muscolo affaticato più che su tutti gli altri; a detta del
medico, era
sull’orlo del collasso.
Ma non
importava. Gli bastava
avere il tempo di lanciare la sua ultima provocazione,
dopodiché se ne sarebbe
andato con il trionfo sulle labbra.
«Mi
concederai il tempo che mi
serve, vecchia amica mia?» domandò alle fiamme del
caminetto.
Inspiegabilmente,
il fuoco ebbe
un guizzo e una vampata improvvisa illuminò a giorno la
stanza.
«Ne
ero sicuro» si deliziò il
Conte, lanciando il fazzoletto sulla legna ardente. «Sai
riconoscere un buon
affare, quando lo senti. E questo ti darà la
possibilità di divertirti molto.»
Il fuoco
divorò il tessuto
imbevuto di sangue con una orribile voracità, ed un
sogghigno satanico sembrò
intagliarsi nel rossore delle vampe.
La Signora
aveva gradito il suo
regalo.
Seconda
Goccia – Sangue
Un
pupazzetto si lanciò nel vuoto
e si aggrappò ad una delle lunghe ciocche argentee,
tirandola come una corda di
campana.
«Cos’hai,
Undertaker?» cantilenò
la bambolina, risalendo a pertica il ciuffo lucido.
La lunga
unghia nera del becchino
graffiò il bancone spartano, mesta, mentre le labbra si
arricciavano in un
sospiro.
«Il
Corvo ci sta mettendo troppo
tempo» soffiò, abbattuto.
«Non
si sarà scordato della
promessa?» ipotizzò un secondo burattino, con il
busto ciondolante dal bordo di
un cofanetto.
«Questo
è impossibile!» un terzo
fantoccio sbucò alle spalle del precedente e lo
colpì sulla nuca con un pugno. «I
corvi non dimenticano mai nulla! E nemmeno lui!»
«Ma
non ha ancora fatto sapere
niente!» si ribellò l’altro,
massaggiandosi la testa dolorante. «Per ora, ho
ragione io!»
Undertaker
si lasciò cadere sul
bancone. La marionetta appesa ai suoi capelli si salvò dallo
schianto saltando
nella sua tasca e rintanandosi nella fodera accogliente.
«Undertaker!
Undertaker!»
starnazzò una grassa pupattola incastrata in un vestito di
broccato,
bucherellato dal tempo e dalle disavventure. Ad intralciarla nei suoi
goffi
passi non erano solo le trine sfilacciate della gonna, ma soprattutto
il pacco
che reggeva sulla testa. «E’ arrivato poco fa!
L’hanno lasciato davanti alla
porta!»
Il becchino
osservò la bambola oscillante
sotto il peso dell’involto con perplessità. Da
quando i postini erano diventati
veggenti? Sulla carta giallastra non era scritto il nome del
destinatario, né quello
del mittente. Non si trattava di una consegna postale ordinaria.
L’uomo
si chinò e alleggerì la
marionetta del suo carico. Sbilanciata dalla perdita di peso, il
fantoccio
rovinò con un tonfo di coccio sul pavimento, sbeccandosi il
naso.
«Fai
più attenzione, o dovrò
costruire una bara anche per te» la riprese bonario
Undertaker, strappando con
le unghie il filo che teneva assieme il pacco.
Il primo
senso che entrò in allerta
fu il suo olfatto, pizzicato da un odore che conosceva troppo bene; il
secondo
fu il tatto, che avvertì una sensazione appiccicosa
estendersi per tutto il
palmo della mano; il terzo fu la vista, entrata in azione per la
presenza non
prevista di una grossa macchia rossa.
Il becchino
osservò per un
istante il contenuto dell’involto. La risata ferrigna che si
liberò dalla sua
gola artigliò tutto lo spazio circostante, facendo tremare
persino i feretri.
«Avresti
potuto sminuzzarlo,
almeno un po’… Non capita tutti i giorni di
seppellire un Patriarca.»
«Desolato.
Ti recapiterò il
prossimo cadavere per posta, un pezzo alla volta.»
«Oh,
potresti portarmelo di
persona, così ci divertiremo insieme a
ricostruirlo.»
Quelle
erano
state le loro parole
di commiato.
Non pensava
che il Corvo sarebbe
stato così folle da prenderle sul serio.
«Allora
sei qui» sussurrò,
carezzando con le mani e con le parole mielose il pacco grondante
sangue. «Che
coincidenza! Stavo giusto preparando le vostre onoranze
funebri!» una punta di
insania gorgogliò nella sua gola con la risata successiva.
Si
adagiò languido sul bancone in
un frusciare di stoffe tenebrose; l’involto spettrale emise
un flebile lamento
nell’essere gettato nella riproduzione di un vaso canopo.
«Ma
questo è solo un assaggio,
vero? Chissà quanto mi farai divertire, mio caro
Corvo!»
Si
rigirò sul bancone, ed il
soffitto tremò nel fissare la maschera di agghiacciante
determinazione che il
becchino sfoggiava solo in occasioni speciali.
«Ma
non credere che mi
accontenterò di fare da spettatore,
Corvo…»
E, di
nuovo,
quella risata…
Terza
Goccia – Servo
«Non
hanno capito nulla della sfida»
si risentì il Conte.
Occhi
svuotati dalla morte e
riempiti dal terrore ricambiarono il suo sguardo altero.
«Ho
detto che mi sarei fatto
uccidere, è vero. Ma di certo non permetterò che
siano simili inetti a riuscire
nell’impresa.»
Distolse lo
sguardo, infastidito
da quella vista. Il pensiero che della gentaglia così
inesperta avesse creduto
di poterlo assassinare lo offendeva nell’orgoglio.
Come
avevano
potuto essere tanto
incuranti? Pensavano che avesse intenzione di suicidarsi, e
perciò avrebbe
permesso a chiunque di ammazzarlo?
No, il
Conte
non aveva intenzione
di andarsene senza gloria e senza rumore. Avrebbe dato vita al
più
straordinario ballo che il mondo degli assassini avesse mai visto: le
note dei
violini sarebbero state sostituite dallo stridio dei pugnali, i
candelabri
dalla luce riflessa sulle pistole. E avrebbero danzato, tutti gli
accoliti
della Nera Signora, si sarebbero agitati in quella giostra che lui
aveva
azionato per il suo ultimo divertimento.
«Spero
che almeno i prossimi
considereranno l’eventualità che io abbia una
guardia» sospirò annoiato.
«Forse
non pensavano, Lord, che
voi ne aveste solo una»
gli fece
notare il servitore, nascosto nell’ombra.
Il Conte
sorrise senza gioia,
voltandosi in direzione del suo servo.
«Tu
da solo sei più che
sufficiente. Solo i demoni potrebbero uguagliarti» lo
elogiò sarcastico il
Conte.
Un
baluginio
nelle tenebre ad
indicare un sorriso freddo, ed il servo convalidò:
«Avete
ragione, Lord. Non immaginate
quanto.»
Mille
gocce di sangue
Per
lavarsi le mani dal precedente milione.
Mille
gocce di sangue
Per
lavare nella colpa un peccato.
Mille
gocce di sangue…
Eccomi
tornata con il seguito de "Un
Corvo non Dimentica"
La storia sarà articolata in capitoli brevi perchè volevo mantenere l'impostazione del Corvo. Ma senza drabble, questa volta.
Questo prologo è onirico, per usare un eufemismo, e molte cose sono lasciate in sospeso. Non temete, già dal prossimo capitolo molte omissioni verranno spiegate.
O, almeno, avranno più senso XD Specifico comunque che punti oscuri sono volutamente inseriti. Esigenze di copione, Il perchè lo scoprirete leggendo<3Grazie a tutti voi per avere pazientato :)
Red