Marta
era in piedi sul vialetto, della sua nuova casa, della sua nuova città
del suo nuovo paese. Aveva iniziato a saltellare stringendosi tra le braccia.
-Ho freddo!! Freddo…- si lamentava soffiandosi
tra le mani, cercando un po’ di ristoro che non si decideva ad arrivare.
-Che ti ho detto io…? Mettiti qualcosa di più pesante… sei a
maniche corte…- la rimproverò il padre prendendo uno scatolone dal
cofano dell’auto.
-Ma… che ne sapevo… a Roma c’erano 30 gradi… e qui ce
ne sono meno 30…- balbettò, mentre cercava di placare i denti che
battevano all’impazzata.
-Scema siamo in Canada… qui fa sempre freddo…- la
derise la sorellina, che invece indossava un maglioncino
caldo.
-E smettila… voglio tornare nel mio paese!!- si lamentò quella.
-Ma guardati intorno invece… ammira il paesaggio innevato di questa
stupenda nazione!- Simona indicò con il braccio, il panorama.
-Io vedo… neve… neve… e oddio, oddio un fiocco di neve!!!-
esultò sarcasticamente iniziando a battere le mani.
-Idiota!- la rimproverò la sorella guardandosi le unghie.
-Zitta viziata!- la ammutolì.
-E la viziata sarei io?? Chi è quella che si veste Armani
dalla testa ai piedi??- chiese con aria di
superiorità.
-Questo è Valentino ignorante!-.
-Smettetela tutte e due!- il padre uscì dalla porta di casa, le due si
fissarono per sbuffare sonoramente.
-Io mi cambio e mi faccio un giro…- pronunciò Marta entrando in
casa e chiudendo la porta in faccia alla sorella che iniziò a suonare il
campanello.
-Marta!!!- le urlò contro il padre.
-Si è chiusa da sola!!!- si difese lei, salendo nella sua nuova
camera…
“Sono qui da pochissimo e già odio questa maledetta
città!” pensò lanciandosi sul letto, si voltò verso
il comodino e prese una foto, di lei e sua madre.
“Mi manchi…” pensò passando un dito sul vetro.
Da qualche giorno la famiglia, quasi al completo, di Marta si era trasferita a
Montreal.
Il padre, padrone di una catena di negozi, aveva avuto un’ottima offerta
di lavoro, dal altro lato del mondo, proprio in Canada.
Marta non lo sopportava per questo, come aveva detto lui questo nuovo lavoro
gli avrebbe riempiti di soldi… come se non ne avessero già
abbastanza… aveva sempre vissuto nel lusso, ma la cosa che proprio non
riusciva a capire era come suo padre avesse potuto lasciare la madre… e proprio
in quella situazione delicata.
Si alzò dal letto e si diresse verso l’armadio che già
straripava di roba.
Indossò un maglioncino aderente, una sciarpa e
un paio di jeans… poi ritornò vicino al letto e da sotto ne
tirò fuori un paio di pattini, dei rollerblade
che sua madre le aveva regalato prima che partissero.
Li indossò e scese le scale, per poi uscire di casa.
-Ciao!- urlò distrattamente chiudendo la porta.
-Cia…- iniziò il padre notando solo dopo
poco che stava parlando, ormai, alla porta chiusa.
Marta si ritrovò su un marciapiede a vagare senza una metà
precisa.
La neve cadeva a fiocchi imbiancando ancora di più il paesaggio, le case
accanto alla sua non potevano competere con lo splendore della sua abitazione.
Marta era sempre andata fiera del suo stile di vita, aveva sempre avuto mille e
mille persone che le parlavano alle spalle, ma questo non le creava nessun
problema… le veniva molto facile fare conoscenza, ma stringere una vera
amicizia era un’impresa, poiché i ricconi della sua scuola accettavano
di buon grado il suo ottimo conto in banca, ma non vedevano di buon occhio la
musica che ascoltava, il punk non era roba per loro, per non parlare di alcuni
atteggiamenti che loro non ritenevano consoli.
Poi c’era la gente normale, quella vera… neanche con loro era mai
riuscita a stare bene… aveva avuto molte scottature… amiche che le
sembravano sincere andavano a sparlare alle sue spalle.
Ma di tutto questo non le interessava niente, non sarebbe mai cambiata di una
virgola e se alla gente non andava bene… beh la gente poteva trovarsi
tranquillamente qualcun altro.
Continuò a pattinare sulla strada, stranamente deserta.
Il silenzio regnava incontrastato.
Arrivò di fronte ad un gigantesco edificio, sulla facciata ghiacciata
poté leggere College Beaubois “Ed ecco
il nuovo Alcatraz” penso sbuffando,
entrò nel cortile e si avvicinò all’entrata.
-Tu che ci fai fuori?- un uomo sulla sessantina le puntava un manico di scopa
contro, la ragazza indietreggiò.
-Do un’occhiata… da domani sarò la nuova alunna!- pronunciò
con rammarico.
-Non sembri molto entusiasta…- disse lui, avvicinandosi, abbassando sia
lo sguardo minaccioso che “l’arma”.
-Beh non lo sono… cioè sono felice di non dover studiare
più latino e greco… ma solo il fatto di parlare obbligatoriamente
una lingua che odio… beh non era la mia più alta
ispirazione…- concluse.
L’uomo inarcò un sopracciglio.
-Non mi fraintenda… il francese è una lingua bellissima, ma io
voglio tornare a parlare
-Beh signorina, ognuno di noi è costretto ha fare qualcosa che non gli
va a genio…- pronunciò.
-Si… ha ragione… le posso chiedere un favore?- domandò
cambiando tono.
-Dica…-.
-Posso farmi un giro per la scuola?- chiese.
-Con quei cosi ai piedi non credo sia…-
iniziò.
-La prego!!- lo supplicò.
-Ok… ma se qualcuno glielo chiede io non l’ho mai vista!- rispose.
-Grazie!- esultò Marta entrando dalla porta principale.
Iniziò a vagare per la scuola, buttando un occhio nelle aule aperte e
controllando le targhette indicanti le sezioni.
Arrivò alla fine del corridoio e lesse
-Ecco la mia classe!- si disse.
Senza bussare entrò con un gran sorriso a trentadue denti.
-Salve!- disse.
La professoressa seduta alla cattedra, spostò lo sguardo truce, dagli
studenti alla ragazza.
-Le serve qualcosa…?- domandò guardandola dalla testa ai piedi,
per poi notare i pattini.
-Si…- diede risposta per poi voltarsi, quei ragazzi non sembravano
proprio di secondo superiore… cioè quinto ginnasio.
-Ma sono tutti bocciati?-domandò alla signora.
-No… ma lei chi è?- chiese.
-Nuova alunna… scusi ma questo non è il quinto ginnasio?- disse
avvicinandosi alla cattedra.
-No, è il quinto…- rispose.
-Ah giusto!- si corresse. –Errore mio!- rise passandosi una mano tra i
capelli, mentre dalle ultime file qualche risatina si faceva udire.
Ad un tratto dalla porta, lo stesso bidello entrò.
-Scusi professoressa… il preside la vuole…- pronunciò, la
signora si alzò e dopo aver fissato i ragazzi uscì dalla classe.
Marta si guardò intorno e si sedette sulla scrivania.
-Tu quindi sei…?- iniziò un ragazzo in seconda fila.
-La novellina Italiana… ma preferirei essere
chiamata Marta…- finì.
-Marta…?- chiese quello ridendo.
-Si… qualche problema?- domandò alzandosi.
-No, bellissimo nome…- rise sarcastico, lei si avvicinò.
-E tu come ti chiami?- chiese.
-Philippe…- diede risposta.
-Non c’è neanche bisogno che lo commenti… fa tutto da
se…- rise, in quel momento entrò la professoressa, che
occupò il suo trono.
-Beh allora… scusate il disturbo… io mi levo dalle scatole… e
vi lascio al apprendimento!- finì uscendo per poi mandare un bacio con
la mano ala professoressa, che sbuffò.
-Gioventù sprecata…- disse per poi aprire il registro.
Fine primo capito! Spero che
vi sia piaciuta… se si lasciate un piccolo
commentino… pensate che state facendo beneficenza per una povera
scrittrice!
100 baci!!