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Autore: Blackrose_96    17/02/2012    4 recensioni
Due sorelle. Un'amica. Un ragazzo dagli occhi verdi. Tutto ai tempi in cui non bastavano più le katana e le lance per difendersi. Un ciliegio unirà due mondi tanto diversi e lontani e questi daranno vita a una storia. La storia del mondo. La guerra. L'amore.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chizuru Yukimura, Hajime Saitou, Kyou Shiranui, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Prologo
Ritardatarie

 

 Era una fresca mattina di inizio Luglio quando Akane si svegliò stancamente, infastidita da un raggio di sole che filtrava dalla finestra. Si trascinò fuori dal letto e con una mano si riavviò i ricci castani. Oggi sarebbe stato il giorno; il grande giorno. E doveva ancora cominciare a fare le valige. Era letteralmente fottuta.

Si diresse a passo lento verso la camera di Yukari, da cui proveniva il clangore dei cardini arrugginiti dell’armadio: come si aspettava, Yukari aveva già preparato tutto per il pomeriggio. Certo che la sua sorellina era proprio diligente … al contrario di lei.

-Buongiorno sorellina! Pensavi di svegliarti già a Kyoto o forse credevi che Kate ti avrebbe portato in braccio fino all’aeroporto?

In risposta ricevette un mugugno incomprensibile, seguito da una domanda impastata:

-Che ore sono?

-Bhe, se il tempo non è un’opinione e la zia ci verrà a prendere fra circa due ore, direi che sono quasi le 11.00.

Oh merda. Akane spalancò gli occhi assonnati, mentre si stava stiracchiando, provocandosi un dolore acuto alla spalla. Ma quanto cazzo aveva dormito?!

-Perché merda non mi hai svegliata?! – urlò Akane, sconvolta.

-Ci ho provato per mezz’ora! Ma poi mi sono arresa quando mi hai lanciato la sveglia in testa – rispose Yukari, indicandosi un taglio quasi totalmente rimarginato sulla fronte.

Akane si calmò un po’, non sapendo se piangere o ridere; subito chiese alla sorella:

-Dov’è la zia?

-Sta facendo gli ultimi acquisti per la partenza, sai com’è apprensiva. Tornerà direttamente per portarci fino all’aeroporto.

-Kate ancora non ha telefonato?

-Per la verità ti avrà chiamato un centinaio di volte al cellulare, ma tu non hai mai risposto (per forza, dormivi!), quindi ha chiamato me e mi ha detto di riferirti che sta venendo qua per farti spicciare.

A quel punto il campanello trillò.

Katerina Eliseyva Kozlov era arrivata, in contemporanea con la morte ormai prossima di Akane.

Yukari andò ad aprire, gettando addosso alla sorella un’occhiata preoccupata, che Akane colse al volo: vado io ad aprire, tu sbrigati a fare la valigia.

Akane si catapultò in camera sua, prese la valige e cominciò a buttarci dentro tutto ciò che si trovava sotto mano; ma questo non bastò a frenare l’ira di Kate, che comparve davanti alla porta come un fantasma.

Ora si che era spacciata.

-C-ciao Kate.

-Non perdere tempo in chiacchiere e fatti le valige! – le urlò Kate in tono autoritario.

-Sissignora! – rispose Akane, che stava cominciando a sclerare per il totale disordine della stanza.

Kate allora si diresse in mezzo al mare di vestiti, che giaceva a terra, e le disse seccata:

-Dai, qui me ne occupo io; tu intanto vai a farti una doccia, che così fai proprio schifo!.

In effetti il pigiamone anti-stupro blu che indossava faceva sembrare Akane un puffo over-size appena uscita da una sbornia – in fondo i pigiamini carini li avrebbe messi a Kyoto. Fatto sta che uscire così sarebbe stato a dir poco umiliante.

Akane allora corse verso il bagno, dicendo all’amica:

-Ricorda di mettere la mia katana in valigia!

-Sì, certo. Così magari ci fermano anche all’aeroporto, accusandoci di essere assassine kamikaze patite del Giappone – rispose Kate sottovoce, senza che l’amica potesse sentirla, mentre ascoltava i rumori sordi provenienti dalla camera di Yukari.

~

-Oh ragazze, sono proprio fiera che vogliate abbracciare le vostre origini! Vedrete, il Giappone vi piacerà tantissimo, anche se secondo me un’altra meta sarebbe stata più bella da visitare rispetto a Kyoto! – disse zia Naoko, tenendo gli occhi fissi sulla strada, le mani sul volante.

Kate si sentiva vistosamente fuori posto, come un pesce nel deserto. Nonostante fosse un tipo abbastanza camaleontico, che si adattava alle persone e alle situazioni, non riusciva proprio ad amalgamarsi con quella famiglia, le sue origini russe non c’entravano per niente con loro e il Giappone. Eppure, da quando Akane e Yukari si erano trasferita in Danimarca, non si era più sentita in quel modo. E avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare anche in quel momento quella sensazione di solitudine mista a fastidio. Forse sarebbe stato meglio rimanere a casa.

-Che c’è Kate? Sei così silenziosa! – le disse la voce argentina di Yukari, seduta accanto a zia Naoko.

-Oh, no, niente. Ero un po’ sovrappensiero.

-Meglio così, pensavo che stessi cominciando già a pentirti di essere partita con noi.

-No, non ti preoccupare. E poi non mi risulta che di solito io sia una gran chiacchierona!

-Lo sappiamo, piccolo calcolatore elettronico! – la schernì infine Akane, che era stata in dormiveglia per quasi tutto il viaggio, appellandole il soprannome affibbiatole in primo superiore per la sua indole riflessiva. Kate sorrise, quelle ragazze la conoscevano davvero bene. Loro erano la sua famiglia.

~

-Ma è enorme!

Fu questa la prima esclamazione di Yukari, che non aveva mai visto attentamente un aeroporto così grande, quando vi entrò, piena di entusiasmo.

-Ti vorrei ricordare che sei già stata all’aeroporto di Copenaghen quando ci siamo trasferite qui – la rimbeccò la sorella, sempre pronta a puntualizzare.

-Lo so, ma mi ero addormentata sull’aereo, così lo zio Kyosuke mi ha portata in braccio fino a fuori e ho potuto vedere l’aeroporto solo da fuori – disse Yukari con un adorabile broncio.

-Ragazze siete sicure di voler andare proprio a Kyoto? Non sarebbe meglio una città più movimentata? Lì ci sono solo templi! – disse zia Naoko, mentre stava accompagnando le ragazze al check-in.

A Yukari non sfuggì l’atteggiamento della zia: era da quando le avevano detto che la loro meta sarebbe stata Kyoto che aveva cercato di convincerle a non partire o a cambiare destinazione.

Non sapeva cosa avesse contro Kyoto, così bella e alberata, ma aveva notato che neanche zio Kyosuke, che non le aveva accompagnate all’aeroporto per motivi a lei oscuri, era d’accordo con la loro scelta.

Yukari guardò il tabellone degli orari: il volo sarebbe partito da Copenaghen alle 15.40, fra un’ora e dodici minuti esatti. In Giappone dovevano essere circa le 18.00.

Le ragazze salutarono zia Naoko e, terminato il check-in con tutti i controlli, si diressero verso l’aereo. Ma poi successe qualcosa.

Yukari si sentiva strana, sentiva il sangue gelarlesi nelle vene, sembrava quasi che tutto fosse diventato bianco e nero, tranne quegli occhi … due occhi verde cupo, distinti dalla folla, le stavano letteralmente trapassando l’anima come un pugnale. Di quell'uomo, che la fissava in quel modo gelido, riusciva a vedere solo i tremendi occhi. Le sue amiche le stavano parlando, ma non riusciva a distinguerne le parole, sentiva i suoni ovattati. Yukari si portò le mani alla fronte e, come era apparito, quello strano tizio scomparve, e lei riuscì di nuovo a respirare.

-Ehi Yuka, che ti rpende? – le chiese Akane, preoccupata.

-No … no, nulla.

-Forse ha ragione vostra zia, forse è meglio non partire – ponderò saggiamente Kate.

-Ma assolutamente no! Sono arrivata fino a qui e adesso voglio andare a Kyoto – esclamò Yukari, piena di determinazione.

Le altre due sorrisero, sollevate, e tutte e tre salirono sull’aereo, pronto per la partenza.

   
 
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