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Autore: Jadis96    20/02/2012    5 recensioni
"Prendi anche delle crocchette per cani"
"Cos'è che vuoi che prenda?"
"Delle crocchette per cani", ripetè Sherlock, spazientito.
Piccola one-shot sull'entrata in scena di Gladstone.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai sono due anni che frequento le sezioni di questo sito dedicate a Sherlock Holmes, ma non mi ero mai decisa a scrivere qualcosa su questo argomento. E’ stata questa bellissima serie della BBC a farmi venire l’ispirazione (purtroppo per voi xD), e quindi ho deciso di fare una piccola one-shot.
Questa FF nasce da una domanda che mi sono posta: quando entrerà in scena il piccolo grande Gladstone?
 
 
<< John! >>
Ero in camera mia quando la voce del mio coinquilino mi giunse dal piano inferiore.
<< Stai andando a fare la spesa? >> chiese, quando mi affacciai all’entrata del soggiorno.
<< Sì, cosa che dovresti fare tu >>
<< Bene. Prendi delle crocchette per cani >>.
Ero certo di aver capito male. Dovevo aver capito male.
<< Cos’è che vuoi che prenda?! >>
<< Delle crocchette per cani >> ripeté, quasi spazientito, << La marca non è importante, prendi quella più economica >>.
A quell’affermazione attraversai la stanza a lunghi passi, raggiungendo la cucina. Volevo dargli un’occhiata, giusto per essere certo che non stesse impazzendo.
In cucina regnava il caos, come d’abitudine, e Sherlock era chino sul suo microscopio, come d’abitudine, ma un dettaglio strideva in quel solito quadretto.
Un cagnolino (un bulldog, constatai) si aggirava per la stanza annusando in giro, e ogni volta che si avvicinava a Sherlock questi lo respingeva con un piede, delicatamente ma con fermezza, senza neanche degnarlo di uno sguardo.
<< Cosa ci fa qui questo cane? >> chiesi, confuso. In realtà avrei voluto dire “Cosa hai intenzione di fare a questo povero cane?”, ma all’ultimo momento preferii moderarmi. 
<< E’ il nostro ultimo caso. La vittima è stata uccisa in giardino e il cane si trovava lì. Sto analizzando delle tracce di terreno provenienti dalle sue zampe >> rispose lui, senza rivolgermi più attenzione di quanta ne dedicasse al bulldog.
Avrei dovuto immaginarlo. Da dove poteva provenire se non da una scena del crimine?
Il cucciolo si avvicinò me, circospetto, ed iniziò ad esaminarmi con curiosità.
Lo presi in braccio e lui mi annusò la mano, per poi darmi un morsetto amichevole.
Non potei fare a meno di sorridere di fronte alla sua timida manifestazione di affetto.
<< Cosa ne farai dopo? >>
<< Domani lo riporterò al canile >>, rispose Sherlock.
<< Non… gli farai del male, vero? >> chiesi, un po’ impensierito.
<< Non preoccuparti per lui >>.
Capii dal suo tono che la questione era chiusa: non sarei riuscito a cavargli altre informazioni.
Presi il cappotto e uscii, mentre il cane mi fissava con sguardo implorante.
“Ti prego, non lasciarmi qui con lui”, sembrava che volesse dirmi.
 
Al mio ritorno, circa due ore dopo, ero impaziente di accertarmi delle sorti del cane.
Quando entrai in soggiorno, le mie preoccupazioni furono dissipate dall’accoglienza gioiosa riservatami dal bulldog.
Mi corse incontro abbaiando, e riservò una particolare attenzione alle buste della spesa, nelle quali era presente anche una scatola di crocchette per cani.
Sherlock era seduto sulla sua poltrona, con le mani giunte e lo sguardo perso.
<< Hai fatto progressi? >> domandai.
<< Caso risolto. Devo solo chiarire un paio di particolari riguardanti il temperamento della vittima >>.
<< E pensi di riuscirci analizzando il suo cane? >>.
<< Certo. >> rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Si alzò e andò a prendere il cucciolo che era rimasto accanto alle buste poggiate sul pavimento.
Lo prese per il collare, senza troppa delicatezza, e lo mise ai piedi del divano.
Il cane si sedette, tranquillo, e sembrò ascoltare con estrema attenzione le deduzioni di Sherlock.
<< Bulldog inglese, nato da almeno tre mesi. Le unghie sono troppo lunghe e i muscoli poco sviluppati, segno che non disponeva di spazi ampi per muoversi. Ma la vittima aveva un giardino, quindi più probabilmente il cane era tenuto legato. Lo conferma la cicatrice che ha intorno al collo, segno che veniva usata una corda sottile, forse di nylon. Dallo stato dei suoi denti intuisco che ha avuto un’alimentazione scorretta, prevalentemente a base di carne e poco adatta alla sua età. In poche parole: il padrone non cercava un cane da compagnia. Voleva una sorta di difesa, ma probabilmente non ha considerato che, a dispetto dell’aspetto e della forza fisica, i bulldog sono docili e spesso pigri. Forse con il tempo sarebbe riuscito ad inasprire a sufficienza il suo carattere, ma a quanto pare non glie n’è stato concesso a sufficienza >>.
All’udire quel racconto provai una profonda pena per quel cane.
Pensai che forse…
<< No >> disse Sherlock, secco.
Spesso e volentieri avevo l’impressione che mi leggesse nel pensiero e che rispondesse solo a quello che dicevo nella mia mente.
<< Non sai neanche cosa stavo per dire! >> protestai.
<< No, non terremo il cane >>.
Ok, lo sapeva.
<< Davvero lo riporteresti al canile? >>
<< Sì >>.
Cercai di pensare in fretta per trovare qualche argomentazione a mio favore prima che Sherlock liquidasse la discussione.
<< Potrebbe esserci utile. Dopotutto anche la polizia utilizza i cani… >>.
Sherlock alzò un sopracciglio. << Questo dovrebbe incoraggiarmi? >>.
Era un pessimo argomento, dovevo riconoscerlo.
Lanciai al cane uno sguardo implorante. Collabora! E’ per il tuo bene…
Come se mi avesse capito, il cucciolo saltò sul bracciolo della poltrona, per poi sistemarsi sulle ginocchia di Sherlock.
Questi alzò le mani con un’espressione di disprezzo.
Il cane lo ignorò e si acciambellò contro di lui. Poggiò la testa sulle zampe, e a causa delle pieghe naturali della sua pelle sembrò assumere un’espressione imbronciata.
Sherlock rimase immobile per qualche secondo, poi, lentamente, abbassò una mano fino a poggiarla sul dorso del cane.
Con un po’ di fantasia, la si poteva considerare una goffa carezza.
Quel giorno sarebbe entrato nella storia, ne ero certo.
Sherlock, il freddo, insensibile, sociopatico Sherlock si era lasciato intenerire da un cagnolino.
<< Forse… hai ragione. Potrebbe esserci utile >> mormorò.
Annuii con compostezza, mentre nel mio piccolo esultavo. Sherlock parve notarlo (ovviamente, lui notava sempre tutto), e si affrettò a puntualizzare.
<< Per inciso, se proprio volevi un cane potevi sceglierne uno un po’ meno brutto. Sembra che qualcuno gli abbia schiacciato il muso e tagliato la coda! >>.
A quel punto il cane si alzò con aria solenne, saltò sul pavimento e si mise accanto a me.
Trattenni a stento una risata. Tra i due non seppi dire chi era il più presuntuoso.
<< E comunque… >> esordì Sherlock, ma stavolta fu il mio turno di interromperlo.
<<… sì, non preoccuparti. Insegnerò al mio cane a non avvicinarsi alle tue cose, a non disturbarti quando sei impegnato, a non sporcare il tappeto, a non salire sul divano >>.
Sherlock si zittì, infastidito.
<< Non è il tuo cane >> mormorò.
Gli rivolsi un’espressione interrogativa.
<< Cosa vuoi dire? >>.
<< Che non è il tuo cane >> ripeté lui, senza guardarmi. << E’ il nostro cane >>.
Sì, era ufficiale. Il piccolo bulldog aveva conquistato anche lui.
   
 
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