Gocce di memoria.
Nient’altro,
a parte che mi trovavo spesso a casa sua per colpa del lavoro dei miei genitori
e che fosse oramai parte integrante di quella
vita: una vita che sinceramente amavo da ogni punto di vista perché non
avevo la consapevolezza di quello che avrei realmente lasciato dopo.
Adesso,
che ho compiuto 16 anni, non posso fare a meno di domandarmi “chi” e “cosa”
rappresentasse per me, anche se so per certo che nessuno mi avrebbe detto
alcunché. Eppure sono ottimista pesando che il mio passato mi abbia formata a
come sono oggi...
<<
Forza cominciate! >>
Sono convinta che quest’anno sarà l’anno più
bello tra tutti e non posso fare a meno di pensarlo mentre guardo le mie
compagne di classe alle prese con una partita di basket contro
Il
vociare crea un ammasso di rumori che rimbombano per svariati minuti
confondendosi con i passi veloci e precisi delle giocatrici in campo. Ah!
Specifico, il mio istituto, è un collegio femminile dove gli unici uomini che
sono ammessi sono dei professori di qualche era passata o a meno che tu non
conosca qualche ragazzo fuori dall’istituto ( alias prigione ) così da poterti
rifare gli occhi e poterti divertire in qualche modo. Il che non è proprio il
mio caso!
<<
Elisa!? >>
Non
faccio in tempo ad accorgermi di un pallone da basket che mi ritrovo stesa al
suolo. Solitamente avrei avuto i riflessi pronti per afferrare il pallone senza
gravi conseguenze ma data la mia assenza mentale, chiusa per carenza di sbalzi
ormonali, non ho potuto evitare di svenire per svegliarmi, proprio in questo
momento, sulla lettiga di quei pochi metri quadrati di infermeria;
<<
Elisa! Tutto bene? >>
Ah
la voce della mia migliore amica mi perfora la testa facendomi sentire
frastornata.
<<
Sam tutto bene... forse... >>
Porto
una mano alla faccia premendola dove mi sembra che si siano passati il tempo a
prendermi a pugni. La mano affusolata della mia migliore amica mi blocca il
polso evitando che mi tocchi il viso.
<<
E’ così grave? >>
Lo
mugugno senza tener conto di nulla.
<<
No ma domani, per colazione, avrai un piatto di melanzane fritte! >>
E
comincia a ridere facendomi sciogliere
il cuore, certo la vittima sono io, ma è così raro di questi tempi vederla
ridere che non ho la forza di dirle nulla.
<<
Oh! Vedo che la nostra cara Rosaspina si
è svegliata anche senza cavaliere... ero tentata di telefonare al mio caro
fratellino per questo compito! >>
Arrossisco
di colpo mentre sobbalziamo entrambe: non c’era nessuno prima e non avevamo
sentito la porta aprirsi o chiudersi. Che fosse capace di trapassare i muri?
<<
Signorina Abis non l’abbiamo sentita entrare! >>
Una
risata cristallina si leva dalle labbra rosee e carnose della donna davanti a
noi lasciando che i capelli, un po’ corti, compissero gli stessi millimetrici
movimenti delle spalle.
<<
Ragazze è un complimento o cosa? >>
In
sincrono assicuriamo per il complimento facendola ridere adesso in modo più
visibile.
<<
Voi ragazzine siete uno spasso! >>
Abbastanza
indispettita da quell’affermazione, che non tocca assolutamente Sam, guardo
come
<<
Allora...>>
Lo
mormora dopo aver guardato una piccola cartellina con su scritto il mio nome:
sicuramente i miei dati scolastici.
<<
Elisa Reina. Età 16 anni. Corso: III G. Altezza: 1.60. Peso: 50
kg. Trasferita in questa scuola durante la quinta elementare... >>
Si
ferma aggrottando le sopracciglia sul mio modulo di iscrizione.
<<
Wow! No sei mai stata in infermeria?! >>
Faccio
cenno con il capo di si mentre lei
continua a leggere interessata. Che poi, cosa gli interessa della mia vita?!
<<
Da quello che ho scoperto su di te hai frequentato quest’istituto dalla fine
della quinta elementare ad ora... la tua media è stata eccellente fino il primo
anno delle superiori per poi calare drasticamente... >>
Arriccia
le labbra in un sorriso compiaciuto prendendo in mano un pacchetto di
sigarette, dopo aver poggiato il modulo sulla scrivania, fissandomi con
gentilezza.
<<
Sei nata a Milano... >>
Annuisco
con vigore mentre Sam ascolta la conversazione lisciando una ciocca marrone
ramata di capelli ribelle.
<<
Si. >>
L’unica
risposta mentre le mie labbra si stendono in un sorriso amaro. Mi sembra che si
accorga del mio cambiamento di umore perché comincia a far scorrere il pollice
sulla rotellina di un accendino argento più volte, senza successo. Con
rammarico poggia l’oggetto sulla scrivania guardandoci di sbieco.
<<
Avete da accendere? >>
<<
Non fanno male le sigarette? >>
Rispondo
in modo freddo guardando la mano di Sam scattare verso la tasca del jeans.
<<
Fanno male. Come fanno male le merendine confezionate, le patatine fritte, le
masticanti e quant’altro. Ma non penso che tu non le mangi: no? >>
Sconfitta
guardo come l’accendino di Sam, a scatto, accenda la sigaretta della Abis che
soddisfatta si avvicina alla finestra accavallando le gambe, scoperte, e
mettendo in mostra il piccolo tacco nero.
<<
Elisa, anche mio fratello minore è di Milano... >>
Di
quella frase mi manca un tassello a cui Sam non sfugge.
<<
Intende dire che è un fratellastro? >>
Sorride
mentre inala dalla sigaretta dando un colpo con il pollice all’oggetto, tenuto
tra indice e medio, per far cadere la cenere.
<<
Mi scusi, ma quanto “minore”? >>
Prima
di ricevere risposta, la dottoressa spegne l’oramai mozzicone di sigaretta
all’interno di un portacenere di porcellana. Un sorriso sbieco che in qualche
modo mi colpisce come un provocazione mentre il suono stridulo della
campananella, a guardia dello scorrere del tempo, ci fa ricordare che questa è
l’ultima ora.
<<
Andate ragazze...Ah Reina, ecco il tuo permesso per le ore saltate, mentre per
te Isaja non ho come aiutarti... anzi! >>
Comincia
a scrivere su un pezzetto di carta qualcosa e lo passa ripiegato su se stesso a
Sam che lo guarda con scetticismo.
<<
Consegnalo alla professoressa di quest’ora: non avrà nulla da rimproverarti!
>>
Accenniamo
un saluto strascicato mentre percorriamo il corridoio più isolato di tutto
l’istituto ( tanto isolato da esserci solo gli stanzini ).
<<
Sam ma la partita? >>
<<
Abbiamo vinto! >>
Grida
esultante mentre gioiosa alza in aria un pugno in segno di vittoria.
Velocemente passiamo davanti la portantina e il bar, esatto c’è un bar interno,
stando ben attente a non infastidire le
bidelle alle prese con riviste, sudoku e cruciverba. Ogni tanto ci capita di
incontrare qualche nostra conoscente che salutiamo con due semplici, quanto
inutili, baci sulla guancia. Superata la biblioteca ci dirigiamo a destra
entrando nel corridoio con la presenza di molte quinte. Per la cronaca, il
nostro corso ha solo tre classi.
<<
Elisa! >>
Una
vocina mi chiama facendomi arrestare di colpo.
<<
Che ti prende? >>
Mormora
scocciata Sam, faccio segno di silenzio e alzo gli occhi alla tromba delle
scale: mi sta chiamando Veronica Inguanta della sezione F.
<<
Ehi! Da quanto, come stai? >>
Le
sorrido amichevole mentre lei mi guarda con preoccupazione facendo sciogliere
gli occhioni azzurri candidi e puri.
<<
Io bene, ma tu? Oggi ero in palestra a vedere il torneo: fa male? >>
Sospiro
scompigliandomi i capelli.
<<
Sto bene... >>
Parlottiamo
per un po’ ma poi con un“scusa, ma devo tornare in classe” riesco a sganciarmi
da lei ritrovandomi davanti alla porta della mia classe.
<<
Sam, per forza? >>
<<
Hai studiato filosofia? >>
Sorrido
facendole l’occhiolino mentre lei sospira aprendo la porta.
<<
Reina come stai? >>
Acida
e scorbutica la voce della professoressa, che odio, mi irrita facendomi venire
subito mal di testa.
Già
dai primi trenta minuti il parlottare di individui morti e decomposti mi
annoia, almeno, mi annoia la professoressa ma la materia potrebbe anche starci.
Guardo Sam che dorme beatamente contro il muro e a malincuore mi tocca darle
una gomitata quando la professoressa comincia ad interrogare.
Con
le labbra, al suo sobbalzo, mimo delle scuse che vengono ricambiate con un
cenno del capo.
<<
Visto che la vostra compagna ha avuto modo di entrare in contatto con il mondo
alternativo di Platone... bene, Isaja, vuole onorarci della propria sapienza?
>>
Rimaniamo
pietrificate sul posto per svariati secondi poi lei dopo aver dato una rapida
occhiata al libro comincia a parlare aggiungendo, alle schede del libro, pezzi
di mitologia, reperti storici, documenti musicali e chi più ne ha ne metta
lasciando di sasso tutti, compresa la
professoressa che non dice nulla se non un imbarazzato “10”.
Sorride
a trentadue denti Sam battendomi il cinque.
<<
Adesso vorrei tanto sentire la compagna di banco... Reina? >>
Quando
finisco di ripetere solamente la
lezione del giorno, peccando anche di esposizione, sospiro pesantemente
spalmandomi contro il banco e sorbendomi la solita storia sulle mie capacità.
La scimmiotto ben bene mentalmente sapendo già cosa mi avrebbe rifilato.
<<
Hai delle capacità cognitive eccezionali ma non ti applichi: 7 . >>
Sorrido
più a me stessa battendo il cinque a Sam. Era raro, ma sapevo rifilare voti più
o meno alti. Quando torno a casa la cupidigia dell’appartamento mi spezza il
fiato facendomi scivolare contro la porta. Ho deciso.