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Autore: Nocturnia    21/02/2012    2 recensioni
Si dovrebbe esistere a priori, evitando di diventare pergamene logore e cancellate più e più volte.
Si dovrebbe essere anche nell'assenza, perché è proprio in quei momenti che scopriamo chi siamo e dove vogliamo andare.
Per Riful dell'Ovest, un mondo senza Daf era solo la spietata allegoria della sua anima.
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Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La musica del sangue Disclaimer:  Riful dell'Ovest, Easley del Nord, Priscilla e tutti gli altri personaggi appartengono a Norihiro Yagi, al suo editore ed a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.

"Tutti moriamo.
L’obiettivo non è vivere per sempre.
L’obiettivo è creare qualcosa che vivrà per sempre. "
- Chuck Palahniuk -


La Musica del Sangue


Il panico è una dimensione primitiva ed assoluta.
Ti colpisce al centro del petto in un dolore sordo, facendoti mancare l'aria e piegare su te stesso.
È il puzzo di una colpa che credevi perdonata, l'imago residua di un massacro annunciato, la forma spettrale della tua paura più grande.
Assomiglia quasi ad una marea liquida e gelida, la furia di sentimenti repressi e nutriti con il veleno della disciplina, l'apnea forzata del terrore.
Non puoi respirare: se lo facessi, ingoieresti solo i pezzi del tuo coraggio.

"E quindi, cosa intendi farmi?"

Non rispodere, non rispondere. era stata la tua supplica, un gemito che ti era sfuggito dalle labbra serrate.

"Ti strapperò le braccia e le gambe! Poi le interiora ed infine quel brutto muso che ti ritrovi!"

Il sorriso in tralice della ragazzina si era ampliato, diventando il feroce snudar di zanne di un predatore.
Avevi urlato, gonfiando una voce ed un ego che sapevi già dispersi, il vento del Nord che se li era portati via, stemperati tra le mani, ormai morte, di un dio che era solo polvere innanzi quella creatura.
Non si era nemmeno girata, ignorandoti, quasi fossi solo un insetto fastidioso.

"Strano..." era stato il mormorio sommesso del tuo avversario "è la stessa cosa che voglio fare io a te."

Ed il primo fiotto di sangue ti aveva lordato il viso.


Non era sempre stato così.
Quando il mondo era ancora un feroce nugolo di sperdute claymore e tristi umani, non si doveva aver paura di niente, poichè nulla poteva veramente ferirti.
Solcavi una terra che era tua per diritto, omaggiandola con il plasma degli sprovveduti e le lacrime delle vedove.
Un refolo di vento ti aveva sfiorato lo zigomo, Daf una sagoma indistinta e sfumata nel panorama circostante.
"Ti godi il pomeriggio?"
Un pigro stirar di labbra ed il gelo del Nord avevano fatto da introduzione alla figura di Easley D'alphonse, il centauro.
Avevi inclinato il capo, squadrandolo silenziosamente.
"Non dovrei?"
Su quel volto, maschio ed irrisoriamente bello, non avevi trovato alcuna linea di sfida: semmai, il pieno compiacimento della belva sfamata.
Ti si era avvicinato, sedendosi sul masso al tuo fianco e fissandoti.
Per alcuni minuti eravate rimasti immobili, cercando nell'altro un qualche segno di cedimento.
Quando fu chiaro che nessuno dei due era lì per combattere o staccare la pelle all'altro, Easley sospirò pesantemente, incassando la testa nelle spalle.
"Deve essere un motivo molto serio se sei uscito da quel buco di ghiaccio e neve in cui sei solito rintanarti, Easley."
Un suono rauco, graffiante, aveva artigliato il cielo, quasi l'agonico grido di un animale morente.
"Serio? Se fosse stato solo serio avrei spedito a calci in culo qualche Risvegliato, Riful. E' un avvertimento,  un qualcosa contro cui non siamo abituati a misurarci."
Era sempre stato più lucido di lei o di Luisella, più preparato.
Primo tra la generazione maschile delle claymore, possedeva il sembiante pallido e regale delle divinità, salvo poi morderti fin quasi spezzarti le ossa.
Aveva mani sulle quali avresti voluto cadere, ma che lui ti avrebbe poi immerso dell'addome, squarciandoti.
Non era l'umido di una brama tutta umana quello che cercava Easley, piuttosto il caldo rovente del sangue appena versato, la debole scintilla di una vita che si spegne.
La cenere dell'ultimo bacio.
"Siamo Abissali, non c'è niente che possa fermarci."
Easley aveva digrignato i denti, sbattendo il palmo della mano contro il terreno e fissandola con occhi che erano un coacervo di rabbia e delusione.
"Stupida!" ti aveva urlato, perdendo il controllo "Ti credi tanto forte nella tua patetica imitazione di una bambina? Credi davvero di sapere di cosa sto parlando? NO, non lo sai!" aveva continuato a pochi centimetri dal tuo viso "Parlo delle Divoratrici, Riful. Parlo di quelle palle di carne e cicatrici che l'Organizzazione c'ha sguinzagliato dietro. Ci fiutano e seguono la nostra scia nemmeno fossimo un boccone succolento. Ci mangiano vivi, VIVI."
Si era scostato, stornando lo sguardo e fissando l'orizzonte prossimo al crepuscolo, quasi in quei barbagli cremisi potesse trovare una risposta, una soluzione.
Avevi schiuso le labbra, in cerca delle parole, ma la sua voce, arrochita dalla tristezza, ti aveva preceduto.
"Sai un cosa? Non importa, Riful, non importa. Luisella è già morta, rimaniamo solo io e te. " aveva cercato i tuoi occhi, nelle sue pupille tutte le macerie di un evo prossimo al collasso "È lo strano legame che unisce due creature rare come noi ad avermi fatto parlare. E' l'insana lingua dell'onore quella che mi rotola sulla lingua, Riful. Volevo solo avvertirti. Se ci tieni davvero..." aveva concluso indicando con il mento la schiena di Daf, impegnato a raccogliere fiori "comincia a scappare, Riful dell'Ovest. Perché la fame è la più terribile delle agonie. E quella delle Divoratrici non ha mai fine. "

Avresti dovuto dargli ascolto.
Per la prima volta nella tua patetica vita di immortale, avresti dovuto ascoltare quell'uomo di bruma e freddo nevischio.
Quando le Divoratrici vi avevano attaccato, di lui era rimasto solo il flebile ricordo nella mente di Priscilla e l'effimera impronta nell'animo guerriero di Raki.
Il centauro si era infine abbandonato ad un destino ingrato, il rigurgito di un'umanità che credeva estinta palesarsi nelle chiome castane del demonio che ti stava distruggendo l'esistenza.
Indebolita dal precedente scontro, ti eri trascinata dietro un caparbio Daf, la tua pelle creparsi e liberare sentimenti che credevi ormai morti.
Dicono che tutto rallenti, quando la scarica di adrenalina ti invade e quando la Morte ti si palesa, teschio ghignante e denti marci di puttana.
Dicono che la tua vita ti scorra davanti, frammenti spezzati di quello che eri e che avresti potuto essere.
Stronzate.
Tutto accelera, diventando una macchia indistinta di colori ed odori, in cui l'unico rumore che ti è permesso sentire è il tuo stesso battito del cuore nelle orecchie.
Per ricordarti che sei vivo.
Che DEVI vivere.
Tutto il resto cessa di esistere: l'amore, l'affetto, la ragione, il dolore, la paura.
Smetti semplicemente d'essere.
Diventi un grumo di carne ed ossa che scappa, i muscoli rispondere all'antico precetto triviale della sopravvivenza.
Correre per vivere, ancora.
Correre, fino a sfondarti i polmoni ed a ridurti i piedi ad un'unica piaga sanguinolenta.
Correre, perché la fuga è il primo comandamento dei vigliacchi, che però si danno ancora un domani, una possibilità.
E correre fu quello che facesti.

Se l'angoscia non ti avesse reso un piccolo esserino tremante e sudato, avresti volentieri vomitato.
Ti eri scostata i capelli corvini dalla fronte, osservando la pozza di sangue e membra ai tuoi piedi.
Di Daf, solo la triste memoria.
Avevi provato ad issarti sulle gambe, cadendo rovinosamente al suolo.
Le Divoratrici ti avevano colpito, quella maledetta puttana stava per ucciderti.
E la cosa assumeva sempre più i contorni di una profezia.

"Non mi insulti più?"
Priscilla si era chinata di fronte a te, sorridendoti.
Le avevi sputato in faccia, raccogliendo i rimasugli di un orgoglio masticato ed ingoiato infinite volte.
Indifferente, la ragazza si era passata il dorso della mano sulla pelle, continuando a fissarti.

"Chi è?"
"Chi?" era stata la replica assente di Easley
"Non fare l'idiota! Quella!" avevi berciato indicando una femmina esile e delicata, ranicchiata contro un umano. "Non è mortale, ma non è nemmeno come noi. Cos'è?"
Nelle iridi azzurre dell'uomo si erano rifrante le scintille di un'ilarità nascosta, uno strano appagamento che non derivava nè dalla caccia nè dal sesso.
"Un'arma. La migliore."

Per l'ennesima volta, quel fottuto maschio aveva avuto ragione.
Ti veniva da piangere, ma non volevi apparire ancora più patetica di quanto già non fossi.
Avevi abbassato le palpebre, facendo appello a tutto ciò che ti era rimasto.
Ma senza Daf, ti eri resa conto di essere solo un coagulo di momenti mancati e sentimenti repressi.
Senza Easley, un conquistatore senza terra, un guerriero senza un avversario, una pelle senza sostanza.
Avevi emesso un sospiro, poi un altro ancora.
Ironico come fosse la prediletta del Signore del Nord a decretare la tua morte.
Ironico davvero che ciò che più lui amava diventasse la lama di un empio massacro.
L'aveva salvata per riempire un vuoto di potere, mettendosi la maschera dell'eroe senza macchia e senza paura.
L'aveva protetta, aiutando un fiore osceno a crescere ed a farsi forte, dominatore.
Nell'ultimo alito di vita, aveva pensato a lei ed a Raki: alla famiglia che non aveva mai avuto, alle mattine passate ad addestrare l'umano ed alle notti a consolare Priscilla.
Avevi riaperto gli occhi, la consapevolezza che assumeva la tetra mimica dei condannati.
Sconfortante come ciò che per altri era un affetto profondo, per te diventasse solo la figura di una femmina che ti aveva portato via tutto.
Avevi guardato un'ultima volta i pezzi smembrati di Daf, il ceruleo di un cielo sotto al quale ti avrebbero seppellito, l'aspro odore della terra che avrebbe assorbito il tuo sangue.

"Io ti ammazzo, puttana."

Avrebbe dovuto essere una minaccia, ma era suonata più come una preghiera.
Quando Priscilla ti aveva trapassato l'addome, implacabile, non avevi sentito niente.
Nessuna paura, nessun dolore, nemmeno il riflesso del rimpianto.
Eri caduta nel fango insieme a Daf, la mano destra che urtava qualcosa di molliccio e viscido.
Su di te, l'ombra di una debolezza che aveva cancellato un evo.
Ed avevi sorriso.

Priscilla si era passata distrattamente le dita sulla veste, pulendole e cercando di togliere il plasma da sotto le unghie.
Aveva gettato un'occhiata apatica al corpo di Riful dell'Ovest, qualcosa di pungente ed acido che faceva capolino dal centro del petto.
Aveva dovuto ucciderla, su questo non c'era alcun dubbio.
Ma quello che più la inquietava era il sorriso sciocco con cui fissava la volta celeste, quasi morire fosse stata una benedizione.
Priscilla aveva girato di scatto la testa, il puzzo delle claymore farsi più vicino.
Con un balzo fluido era sparita nella fitta boscaglia, dietro di lei i resti di una generazione che aveva dominato il mondo.
Tra le sue mani, il sangue di un immortale.

Si dovrebbe esistere a priori, evitando di diventare pergamene logore e cancellate più e più volte.
Si dovrebbe essere anche nell'assenza, perché è proprio in quei momenti che scopriamo chi siamo e dove vogliamo andare.
Per Riful dell'Ovest, un mondo senza Daf era solo la spietata allegoria della sua anima.
Vuota.

E a volte è meglio diventar nulla piuttosto che resistere ed essere solo esangui spettri.

   
 
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