La mia seconda storia originale, è solo una riflessione sul mondo della scrittura, anche se devo ammettere che in parte mi rispecchia molto.
Buona lettura
Lonely
A quel tempo
l’unica cosa che volevo fare era scrivere le mie storie e
fregarmene di quello che mi circondava. Perdermi nel mondo della
scrittura, battendo con le dita sulla tastiera, formulando parole,
frasi, pagine intere.
Quello che volevo era farmi strada nel mondo grazie ai miei scritti,
volevo che tutti conoscessero il mio nome e che mi rispettassero come
scrittrice. Volevo essere ammirata per il mio duro lavoro e per il mio
impegno.
Purtroppo non tutto va come vogliamo, non tutti gli artisti riescono a
raggiungere il successo, per quanto uno sia bravo deve poter contare
anche sulle conoscenze. E io di conoscenze non ne avevo.
Ecco perché i miei testi, alcuni usciti
facilmente, altri visti e rivisti tante volte, rimasero
sconosciuti. Era la cosa che più mi dispiaceva, era la cosa
che più detestavo.
A quel tempo non avevo ancora capito ciò che è
importante nella scrittura, avrei dovuto scrivere per me prima di
tutto, e poi per farmi conoscere e per guadagnarmi da vivere attraverso
quello che mi piaceva fare. Realizzare il mio sogno doveva essere la
cosa più importante.
Anche perché quando mi immergevo nel mio mondo a scrivere,
come se fossi circondata da una barriera che mi estraniava dal mondo,
come se vivessi in una bolla di sapone colorata, mi sentivo
bene.
Le parole mi uscivano come niente, senza neanche pensarle, era come se
le mie mani scrivessero in modo automatico senza fermarsi, senza
ragionarci sopra. Era la cosa che più amavo fare, che
più mi rendeva felice e che mi faceva sfogare.
Quando ero triste, scrivevo, quando ero felice, scrivevo, quando ero
arrabbiata, scrivevo. Ogni volta che provavo un’emozione
diversa, in questa difficile adolescenza, scrivevo qualsiasi cosa per
sfogarmi.
Ci sono adolescenti che si sfogano facendo sport o uscendo con gli
amici, io mi buttavo, invece, sui libri, sulla scrittura e sulla
musica. Ci sono volte in cui ero talmente disperata che facevo tutte e
tre le cose contemporaneamente. Leggevo un pezzo di un libro, inventavo
una storia diversa, la scrivevo ascoltando musica. Quelli erano i
momenti migliori, che sono più marcati nella mia
mente.
Quando iniziai a scrivere il mio primo libro avevo 17 anni, ma
chissà perché non l’ho mai finito.
Parlava di una ragazza alla ricerca della libertà, forse
proprio perché mi somigliava così tanto, e io la
libertà non l’ho mai trovata, non ho avuto il
coraggio di terminare neanche la sua storia.
Inventare storie di altre persone, dando un nome e carattere ai propri
personaggi, perdermi nelle loro vicende, era forse un modo per non
affrontare la mia, di vita, che nel frattempo stava andando a
catafascio. E quando mi accorgevo di ciò, prendevo in mano
l’ipod, mi infilavo le cuffie nelle orecchie e premevo play,
perdendomi tra le note delle canzoni per dimenticare tutto, il mondo
circostante, la mia vita e la mia infelicità.
Quando però non avevo voglia di ascoltare nemmeno la mia
amata musica, o di leggere uno dei miei libri preferiti, era davvero
insopportabile e insostenibile affrontare il mio destino. Parlo di
destino come se mi fosse successo qualche cose in particolare, una
tragedia, o chissà cos’altro, in realtà
ho solo voglia di scrivere e mi sono inventata questa storiella
immergendomi nella solitudine di qualcun altro per dimenticare la mia,
di solitudine.
Elis12.