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Autore: N3trosis    25/02/2012    3 recensioni
Il vecchio taxi si mette in moto rombando e scalcagnando, mentre il telaio vibra e le placche rinforzate che ne costituiscono il corpo hanno un sussulto. Finalmente, il veicolo giallo rigato di nero sui fianchi si muove, lasciando dietro di se una scia densa e maleodorante. Maledetti scarichi difettosi, penso, maledicendomi nuovamente per aver saltato l'ultima revisione.
Guido per quel tanto che basta per rilassarmi e dimenticarmi la giornata passata, allungando il tragitto usando le vie secondarie e non la superstrada sopraelevata. Mi piace godermi la freschezza della notte, ed è anche per questo che faccio il turno notturno.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie dall' Agglomerato'
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Una luce accecante mi fa riprendere i sensi.

Un lampada alogena puntata dritta in faccia, come se mi fossi sdraiato su un lettino abbronzante. Peccato che quella fosse una sala per gli interrogatori, e non un centro bellezza.

 

Ed eccolo li, il mio simpatico carceriere.

Mi fissa da un angolo della sala, sorridente. Mi stupisco di quanto sia ben vestito: camicia a prima vista di seta, giacca sgargiante e cravatta. Non è facile, nell'agglomerato, procurarsi dei vestiti di quella qualità.

Gli sorrido indietro, cercando di apparire sicuro di me.

Mi hanno beccato sotto casa, come si fa con i criminali e i terroristi. Io guido un taxi, e per arrotondare spaccio droga ai miei clienti.

Mentre l'uomo si avvicina, arrotolandosi le maniche della camicia fin sopra i gomiti, mi domando chi sia stato a tradirmi. Ho sempre tenuto un basso profilo, e non sono esattamente un boss della droga. Anzi.

 

Il primo schiaffo è così forte che mi salta un dente. Poco male, era uno di quelli otturati e che già da un pezzo mi ballava in bocca.

Poi arrivano le domande.

Mi sono immaginato questa scena così tante volte che ormai potrei dirigerla io.

Da chi hai preso la droga? Chi ti ha veduto la licenza del taxi? Il taxi stesso da dove viene? Perchè risulta rubato?

 

E io rispondo come posso. Mentendo, ovviamente.

La droga? Quale droga? Non è colpa mia se qualche cliente è un tossico del cazzo che mi riempie il veicolo di roba. Io? Mai presa. Controllate pure.

La licenza? L'ho acquistata regolarmente. Controllate anche quello, lavoro presso la Transport Orizon. Il mezzo me lo hanno dato loro.

 

Tutto segue il copione. Lui domanda, io rispondo, lui colpisce. Ma piano, le risposte sembrano piacergli. Alla fine è tutta una recita. A lui non gliene frega un cazzo se sono uno spacciatore, un tassista o la fottuta regina d'Inghilterra. Al dunque ci arriva alla fine, quando si siede davanti a me e finalmente sposta quella lampada dalla mia faccia.

Finalmente lo vedo in volto. Un volto anonimo, potrebbe essere chiunque. So che me ne dimenticherò non appena sarò uscito da quella sala. Ed è meglio così in fondo.

 

Lui si siede davanti a me, dicevo, e mi dice che potrebbe aiutarmi.. .che gli sembro una persona onesta e che mi crede. Ma che anche io devo aiutare lui...

Gli passo il codice del mio chip di credito, in modo che lui possa prelevare dal mio conto l'importo mensile del mio stipendio. Uno stipendio da fame... ma come io arrotondo con la droga, lui arrotonda con le mazzette.

Mi accompagna fuori e sono libero.

 

Ah, la giustizia... che bella cosa.

Una volta non era così facile. Una volta, quando la polizia era statale e non privata, per uno come me uscirne così pulito sarebbe stato più complicato. Non di molto, ma sicuramente più complicato.

Ma ormai sono secoli che all'agglomerato non si vede una forza di polizia statale. No, la sicurezza dei cittadini è garantita da una manciata di agenzie private, finanziate dalle multinazionali che, grazie a questo, possono fare il bello e il cattivo tempo.

 

Proprio l'altro giorno, per prendere un hacker che si stava portando via una bella fetta di soldi, una multinazionale asiatica aveva fatto scendere in campo un piccolo esercito. Il poveretto ora è collegato a un computer, il cervello quasi azzerato. Lo usano come “risorsa”. Ora non è altro che un programma. Lo conoscevo, tra l'altro. Un mio ex cliente, uno di quelli che mi faceva arrotondare... Jimi si chiamava.

Ma lasciamo perdere.

 

Una volta fuori Deb è li ad attendermi.

“Allora, Al... di nuovo libero?”

Al sarei io. In realtà mi chiamo Mike, ma le prime due lettere del codice di riconoscimento del taxi sono “AL”. Quindi sono anche Al.

 

Deb è il programma di navigazione del mio taxi. Anche lei è riconoscibile attraverso una stringa di codice lunga diversi centimetri, ma Deb è più facile da ricordare, anche se non ho idea del perché si ostini a farsi chiamare così. L'immagine olografica e la voce sintetizzata sono quelle di una ragazza sui vent'anni. Nessun colore, solo una sagoma bidimensionale bianca azzurra.

 

Il precedente “Al” doveva essere un hacker di quelli seri... un angelo forse, di quelli che si lanciano nel web con i caschi a realtà virtuale e si introducono come gatti nei server privati per derubarli. Comunque, l'IA di Deb è largamente modificata, tanto da avere quasi una personalità tutta sua. Doveva essere davvero bravo, quello... non ho mai visto niente di simile, e ovviamente evito di sbandierarlo in giro.

E poi è di compagnia.

“Al diavolo Deb. Mi hanno fatto saltare un dente quei bastardi. Vedi se riesci a contattare Joystick, devo far bloccare un chip di credito.”

 

Joystick è il mio hacker di fiducia, un ex angelo che si è fritto gli occhi in un server troppo protetto. Ora usa delle microcamere impiantate nella cavità oculare, ma ha giurato di non volare più, e lo capisco.

“Ci stavo parlando prima, è impegnato in un lavoro grosso. Dovrai cavartela da solo Al.”

Impreco e torno a casa. Il sole artificiale sta per sorgere, e voglio concedermi almeno un ora di sonno prima di tuffarmi al lavoro.

 

Il vecchio taxi si mette in moto rombando e scalcagnando, mentre il telaio vibra e le placche rinforzate che ne costituiscono il corpo hanno un sussulto. Finalmente, il veicolo giallo rigato di nero sui fianchi si muove, lasciando dietro di se una scia densa e maleodorante. Maledetti scarichi difettosi, penso, maledicendomi nuovamente per aver saltato l'ultima revisione.

Guido per quel tanto che basta per rilassarmi e dimenticarmi la giornata passata, allungando il tragitto usando le vie secondarie e non la superstrada sopraelevata. Mi piace godermi la freschezza della notte, ed è anche per questo che faccio il turno notturno.

 

Si rischia di fare brutti incontri, questo è vero, ma per strada non c'è quasi mai nessuno, ed è bello girare con i finestrini abbassati senza dover rischiare un tumore per l'inalazione di monossido di carbonio.

Di giorno invece... è tutta un altra cosa.

Ci sono giorni in cui lo smog raggiunge livelli tali che respirare a pieni polmoni equivale a garantirsi un intossicazione di secondo livello. Ma questo, ovviamente, solo nei giorni buoni. In quelli cattivi, nelle ore di punta, se circoli a piedi sei costretto a infilarti dei filtri su per la narice.

 

Raggiungo il mio quartiere, “dirty” boulevard.

Un tempo, il Boulevard era la strada più bella di tutto il quartiere. Esibiva il suo spartitraffico alberato con l'orgoglio di un cadetto spaziale che sfoggia la sua prima mostrina.

Ora, nemmeno quarant'anni dopo, lo spartitraffico c'è ancora, ma gli alberi sono tutti avvizziti, secchi, morti. Arresi all'inquinamento, all'abbandono... al “progresso”.

E con loro, tutto il quartiere.

Ora non è altro che l'ennesima zona dormitorio dell'Agglomerato nord.

 

Finalmente parcheggio davanti al palazzo dove abito.

Il palazzo dei loculi lo chiamo io, per via delle mastodontiche dimensioni degli appartamenti.

Ma non ho da lamentarmi, certa gente se lo sogno un appartamento e un lavoro. Certa gente, per mangiare la sera, deve fare cose ben peggiori che scarrozzare gente avanti e indietro e vendere qualche porcheria a qualche passeggero annoiato.

 

Dodicesimo piano, stanza 23-B.

 

Mi butto dentro il mio loculo e mi scaravento sul letto, ignorando il segnale luminoso della segreteria telefonica e la sveglia digitale. Non sono nelle condizioni mentali per rendermi conto di quanto sia tardi.

“Notte Al” biascico al cuscino.

  
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