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Autore: 6 16 1    26/02/2012    4 recensioni
[Sono nel tuo sogno]
Sono nel tuo sogno - Isabel Abedi.
Bhè.. non ho fatto altro che allungare la storia di un capitolo. Un capitolo che, dal mio punto di vista significa davvero molto.
Spero possa cambiare (se non addirittura rivoltare completamente) il vostro punto di vista!
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angelo, prenditi cura di lei.

 
Ormai erano passati diversi anni da quando vidi Lucian per l’ultima volta. 
Ma, riuscivo a percepire la sua presenza attraverso i vari strati di stoffa o lana che indossavo, attraverso la mia pelle lucente e le ossa.
Sentivo la sua presenza in ogni tendine del mio corpo, in ogni vena che possedevo, in ogni organo. Credevo prediligesse il cuore, tra i tanti. Era lì che ormai, si  era annidato.
La verità era che Lucian viveva ovunque, non solo dentro di me.  Era nello sbocciare dei fiori in primavera, nel vento settembrino che segnava la fine dell’estate, nell’acqua che mi circondava ogni qual volta decidessi di nuotare.
A volte, quando si faceva buio e tutto taceva, mi fermavo davanti alla finestra del mio appartamento e guardavo le stelle. Le avevo sempre paragonate al mio Angelo. Quest’ultime infatti, accompagnavano la luna da sempre, non la abbandonavano mai, brillando di un candido pallore vicino la sua imponente e maestosa figura.
Questa giornata non faceva eccezione alle altre.
Non mi stupii infatti, quando mia figlia mi corse incontro e si aggrappò stretta al mio petto, coperto un pesante pigiama di flanella. Aveva lunghi capelli scuri, neri come il manto di un corvo, una boccuccia rossa (non era difficile capire che l’avesse ereditata da me) e il nasino all’insù. Uno dei particolari che più la facevamo assomigliare a suo padre, erano senza dubbio i grandi occhi scuri, nerissimi. La bambina mi guardo e mi sorrise.
Se Lucian fosse stato qui sarebbe stato fiero di lei.
Era bellissima.
A una prima occhiata la si poteva considerare una bimba timida, e un po’ lo era. Ma la cosa che la caratterizzava era la fantasia. Un’inguaribile sognatrice. Una delle fonti di maggior sorpresa da parte mia, era quando la bambina usava l’ironia. Questo, era una dei tratti che aveva ereditato da sua padre. Non sapevo dire se fosse una fortuna o una sfortuna. Stava guardando il cielo tra le mie esili braccia, e al collo portava un piccolo medaglione in oro.
La guardavo e riuscivo solo a pensare:

Angelo, prenditi cura di lei.’


La supplica che rivolgevo a Lucian era sempre la stessa. Potevo considerarlo il mio nuovo mantra.

Prenditi cura di tua figlia, Lucian.

Pensai baciano la testolina di Isabel e carezzandole i capelli, inspirando il suo odore di ciliegia.
<< Mamma >> la sentii chiamarmi << Papà è lassù? >> mi domandò dolcemente indicando il cielo scuro.
<< Papà è sempre con te, amore. Sempre. >> le dissi.
<< E ci sta ascoltando adesso? >>
<< Assolutamente sì. >>
<< Quindi posso dirgli qualcosa? >>
<< Ma certo, piccolina >>
<< Io.. io.. ti voglio bene, papà >>
I miei occhi si inumidirono al suono della sua vocina soave. Sentirla pronunciare quelle parole mi dava un senso di profonda gioia interiore. 

Angelo, prenditi cura di lei.

Adesso che ero una madre potevo davvero comprendere i sentimenti di Janne verso di me, sua figlia. L’avevo perdonata la stessa notte in cui ci ritrovammo nell’hotel. E sentivo d’averla amata ancora di più quando le dissi che volevo tenere il bambino e lei, non fece altro che abbracciarmi forte e sussurrarmi  “io ci sono”. Durante il periodo della gravidanze e i primi anni in cui Isabel* era più piccola, vissi a casa sua e di Spatz, ma ormai anche io ero diventata una donna adulta, e dovevo imparare a prendermi cura del frutto del mio amore con Lucian.
In realtà, non sapevo come fosse successo. Insomma, non potevo immaginare che una persona come lui potesse avere dei figli. Eppure lei era lì, che continuava a guadare il cielo buio, mentre io avevo un’immensa paura di crescerla da sola, anche se infondo sapevo che lui era lì.. con me, con noi.  Amavo portarla al Lake Nacimiento  e vederla scorrazzare felice nel luogo in cui io e lui ci eravamo amati. In genere mi ci portava Sebastian, e lasciava me ed Isabel in quel paradiso per un weekend, nei mesi estivi. Sebastian amava mia figlia, l’adorava e insieme a Suse non faceva altro che viziarla. Tra me e lui, per ora non c’era nulla, forse in un futuro prossimo potevamo concederci una chance, quella stessa chance che io gli avevo negato dopo la nascita della bambina. Per ora, vivevo nel patetico ricordo dell’Angelo. 

Agognavo solo di poter tornare da lui, al più presto.

<< Mamma? Vieni a letto? >> Isabel mi distrasse dai miei pensieri.
<< Certo. Tu inizia ad andare, ti raggiungo subito. >> La bambina si allontanò con un sorriso. Decisi a quel punto, che fosse ora di andare a letto anche per me, lasciando all’indomani gli instancabili pensieri che avevano preso possesso della mia mente. E con un sorriso sulle labbra, pensai che dopo tutto, avevo un pezzo di Lucian sempre con me, un pezzo importantissimo che aveva cambiato, in meglio, la mia intera esistenza.

Per l’ultima volta guardai il cielo, sussurrando sempre lo stesso desiderio:

Angelo, prenditi cura di lei’.
Senza sapere che quest’ultimo, si fosse già avverato da tempo.



*Ho scelto di chiamare la bimba 'Isabel' come omaggio alla scrittrice di questo capolavoro.
Allora, vi avviso che il titolo l'ho rubato dalla canzone di Renga 'Angelo' che, per caso, ho ascoltato in tv  la notte scorsa e sono corsa subito a scrivere.
E' un mezzo delirio partorito dalla mia mente che spero apprezzerete
Nulla da aggiungere.
  
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