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Autore: Chloe88    02/10/2006    14 recensioni
Settima serie, dopo “Lies My Parents Told Me”. Un incantesimo sbagliato… e Spike si ritrova a leggere nel pensiero di tutte le fanciulle presenti (leggi: accampate) a casa Summers. Ma perché è stata Dawn a pasticciare con formule magiche&co? E, per caso, tutto questo aiuterà un certo vampiro con una certa Cacciatrice? Lo scoprirete solo leggendo!!
Spuffy. Vi prego leggete e recensite!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N.d.A.: sì, lo so che devo scrivere il seguito di Meet the parent... ma vi prometto che arriverà presto: devo decidere se dividerlo in due-tre capitolo relativamente cortini o se ridurre tutto ad una one-shot abbastanza lunga!!^^ Dopotutto dovrei riuscire a mantenere gli aggiornamenti (anche di The Wedding Planner, di cui ho scritto solo metà del capitolo tre) costanti a uno ogni due settimane. Dai, non odiatemi… comunque, ce la farete a sopportarmi per sei-sette capitoli? Spero di sì!!^^ Le parti in corsivo, comunque, sono… beh, credo che lo capirete per conto vostro!!
Riassunto: settima serie, dopo “Lies My Parents Told Me”. Un incantesimo sbagliato… e Spike si ritrova a leggere nel pensiero di tutte le fanciulle presenti (leggi: accampate) a casa Summers. Ma perché è stata Dawn a pasticciare con formule magiche&co? E, per caso, tutto questo lo aiuterà con una certa Cacciatrice? Lo scoprirete solo leggendo!! Spuffy, tanto per cambiare.
Disclaimer: il telefilm, la storia, i personaggi… è tutto di Joss Whedon. Per la serie: le sorprese della vita!

Capitolo 1- Voci? Quali voci?

Ad un distratto osservatore il numero 1630 di Revello Drive, Sunnydale, sarebbe sembrato perfettamente normale. Qualcuno a conoscenza della routine di quella casa, invece, sarebbe stato preso dall’istinto di gridare al miracolo: infatti, per la prima volta negli ultimi lunghi, estenuanti mesi tutto sembrava tacere nella graziosa villetta di periferia. Certo, qualcuno di voi potrebbe obiettare che era tutto dovuto all’orario – le sei e quaranta minuti del mattino, fuso orario America-Oceano Pacifico –… ma era pur sempre un gran miglioramento rispetto al solito. Insomma: gli uccellini cinguettavano allegramente sugli alberi, le Potenziali ronfavano – e in alcuni casi russavano – altrettanto beatamente nei loro sacchi a pelo e qualcuno, di sicuro non così serenamente, strillava in cucina.
No, un attimo.
Ritiro tutto quello che ho detto riguardo al silenzio e alla tranquillità.
Ma continuiamo: l’acuto era riuscito a svegliare qualcuno nello scantinato, che si lanciò su per le scale. I motivi erano due: per prima cosa, il misterioso qualcuno avrebbe semplicemente voluto fare e male al misterioso urlatore, che l’aveva così brutalmente buttato giù dal letto: dopotutto lui aveva persino un udito potenziato rispetto agli altri… non potevano avere un po’ di rispetto – altrimenti definibile “pietà” – per lui? Il secondo motivo per cui il solito, ormai celeberrimo qualcuno era sul punto di entrare in cucina era leggermente più altruistica: controllare che non fosse successo qualcosa di strano. Cercate di capire: ad un passo da un’Apocalisse, per quanto sia possibile esserci abituati, si tende sempre ad essere un po’ nervosetti.
La visione che gli si parò davanti, comunque, era decisamente diversa dal dramma che si era quasi aspettato: un imbronciatissimo Andrew era in piedi davanti al bancone, con una confezione di cartone in mano. “Oh, sei tu” disse, estremamente annoiato, Spike – altrimenti chiamato “il misterioso qualcuno” –.
“Lo dici come se i miei problemi non fossero importanti” piagnucolò il ragazzo, continuando a stringersi al petto la scatola rettangolare. Il vampiro sospirò: per un breve istante rimpianse i bei vecchi tempi, durante i quali non avrebbe dovuto pensarci due volte per tirare un pugno all’altro. Il suo masochismo però, l’aveva avuta vinta quasi un anno prima: ora la sua anima gli stava (non proprio) gentilmente consigliando – ma diciamo pure ordinando – di stare ad ascoltare il giovane.
“Beh, sentiamo: cos’è successo? Per caso hai trovato un cadavere nell’armadietto dei cereali?” chiese esasperato, seppur stesse cercando in tutti i modi di fingersi almeno un po’ paziente.
“Certo che no! Il fatto è che ho trovato la scatola dei miei biscotti completamente vuota”. Al sopracciglio sollevato del suo interlocutore, Andrew replicò quasi istericamente: “Che c’è? Guarda che avevo persino messo un bigliettino con il mio nome” puntualizzò, indicando il post-it che il misterioso divoratore di biscotti doveva aver bellamente ignorato. “Sembra che ci sia una congiura per farmi morire di fame. Certo, a dire la verità sono rimaste un po’ di briciole… avrei voluto mangiare almeno quelle, ma preferisco conservarle. Come prova del reato, sai” concluse, sottolineando la serietà del momento annuendo gravemente.
“Io me ne vado” sbuffò Spike arrendendosi. Insomma, lui era pur sempre il Big Bad: il suo lavoro non consisteva nell’ascoltare le depressioni di qualche mocciosetto in crisi adolescenziale. Varcò la soglia della cucina, sollevando una mano in segno di saluto.
“Cosa c’è? Chi ha urlato? Perché il corridoi è pieno di sacchi a pelo? Bisogna poter passare in caso di emergenza. Avanti, svegliatevi e mettete tutto in ordine!”. Troppo tardi: Spike non aveva fatto in tempo ad arrivare alla porta dello scantinato che era stato gelato dalla voce perentoria di Kennedy, che stava scendendo le scale a due gradini per volta. O, meglio, era stato gelato da un improvviso ma fondamentale interrogativo esistenziale: come quella ragazza potesse essere così attiva di prima mattina andava oltre la sua comprensione. Ma, ehi, dopotutto lui aveva una giustificazione infallibile: i suoi ritmi biologici da vampiro, che gli ricordavano come quella fosse, per lui, l’ora della nanna. “E comunque non vedo cadaveri, quindi cosa c’è?” Almeno non era l’unico a pensare che, se qualcuno sentiva il bisogno di spaccare i timpani altrui alle prime luci dell’alba, era un per un motivo serio… e che quindi andava oltre il dolore per aver fatto bruciare i pancakes per la colazione. O, come in questo caso, per essere rimasto senza biscotti.
“Niente, solo un problema del ragazzino con i biscotti” rispose, sperando di levarsela di torno velocemente. Illuso: la Potenziale più isterica di tutta Casa Summers gli lanciò un’occhiataccia.
“Ma chi ha parlato con te?” chiese, per poi rivolgere la sua attenzione al tostapane. Per accenderlo, specifichiamo, e non perché in preda ad una crisi mistica che la induceva a parlare con gli elettrodomestici. Spike, dal canto suo, scosse la testa: tanto valeva prepararsi una tazza di sangue. Insomma, sia come consolazione che come sostegno morale: la giornata era già cominciata malissimo… senza contare il fatto che, solo la notte precedente, c’era stato un complotto per ucciderlo. Aveva tutto il diritto di essere di pessimo umore! Per un momento si fermò a guardare il recipiente di ceramica girare lentamente nel forno e, come se la mattinata non si prospettasse già tremenda, alla sua mente si affacciarono i ricordi della tazza con la scritta “Kiss the librarian”: chi era il pazzo e deviato che aveva progettato una cosa simile? Oh, beh… probabilmente qualcuno che non aveva avuto l’onore di conoscere il caro, vecchio Rupert. Ecco, tanto per ripensare al complotto della sera prima.
Mentre era immerso in questi allegri pensieri, Spike udì dei rumori che gli fecero capire come fosse imminente il Dramma (più comunemente definito “Il risveglio delle Potenziali”): per un attimo considerò l’idea di recuperare al volo la sua colazione e fiondarsi giù per le scale in cerca di salvezza. No, il Big Bad non aveva paura di un banda di ragazzine: semplicemente temeva per il suo sistema nervoso, già notevolmente provato. In ogni caso, fu una ragione fondamentale a tenerlo inchiodato davanti al microonde: il fatto che il sangue non avesse ancora raggiunto la temperatura perfetta (quella del sangue umano, per la cronaca). Dopotutto aveva già dovuto dimenticare lo zero negativo in favore del più comune plasma di maiale: insomma, non poteva rinunciare anche a quella piccola consolazione. Sbuffò, roteando gli occhi – rappresentando quindi un ottimo esempio della teoria secondo cui l’eccessiva simbiosi porta le persone a compiere gesti simili: dopotutto, quella non era una tipica mossa di Buffy? – e rassegnandosi al peggio. Certo, non essendo umano le possibilità di un’emicrania erano molto ridotte… ma non quelle di un esaurimento nervoso.
“…e non capisco perché dobbiamo svegliarci così presto: insomma, è anche Sabato!” La prima delle voci sembrava appartenere ad Amanda, che come risposta ottenne un non meglio identificato blaterare in Cinese. Chao-Ahn, evidentemente. Lui si congratulò con se stesso per essersi ricordato ben due nomi: certo, una era amica di Briciola e l’altra era riconoscibilissima, essendo l'unica a non capire una sola sillaba in Inglese… ma quelli erano solo dettagli minori.
“Ho sceso le scale solo un minuto dopo le altre? Mi chiedo se troverò ancora da mangiare”. Probabilmente sì, pensò Spike: dopotutto il Moccioso non era ancora arrivato.
“Okay, da adesso comincerò ufficialmente a credere nella reincarnazione: Kennedy sembra la personificazione di… beh, qualche dittatore cattivissimo. E sadico”. A questo punto, il vampiro fece per congratularsi con la ragazza – Vi, tanto per la cronaca –… che, però, aveva la bocca ben chiusa. Era, per caso, ventriloqua? Perché quella era senz’altro l’ipotesi più ottimistica. Ma anche la più improbabile, in effetti. “Oppure ha la sindrome premestruale. Sì, tutti i giorni”. Notando l’espressione sconcertata del poveretto (che, se possibile, era ancora più pallido del solito), chiese premurosa: “Tutto bene?”. Ma lui non riuscì a trovare una risposta: in quel momento aprire a bocca sarebbe stato uno sforzo immane.
“Ooh, Spike a torso nudo?” cinguettò, tutta allegra, una delle ultime Potenziali arrivate. L’uomo-senza-camicia maledisse sé stesso, la sua abitudine di dormire praticamente in déshabiller, Andrew e la persona che aveva mangiato quei dannatissimi biscotti. Poi si ricordò che anche questa ragazza aveva parlato senza muovere minimamente le labbra… e riconsiderò le priorità dei suoi – numerosi – problemi. “Beh, questo sì che è un bel modo di iniziare la giornata!”.
Sì, ecco… un po’ meno per Spike, però.

***

Spike era seduto sulla brandina, con le braccia incrociate ed un’espressione pensierosa… ma lo sguardo fisso sulle scale del seminterrato. Infatti era perfettamente conscio del danno d’immagine che avrebbe subito se qualcuno l’avesse visto. No, anzi: ripensandoci, non avrebbe potuto subire alcun danno. Dopotutto lui stava riflettendo sui fatti della mattinata (anche se era sveglio solo da qualcosa come un’oretta scarsa, se vogliamo essere precisi)… e non rimuginando come, invece, era solito fare un certo tizio di sua conoscenza. L’avete presente, no? Quello con la fronte spropositata, l’espressione sempre depressa e un intero barattolo di gel sui capelli. Sì, proprio lui.
Poi, certo, c’era un altro piccolo dettaglio. Buffy. Ormai era abituato a passare la primissima parte del giorno insieme a lei, almeno per parlare con qualcuno normale. A dire la verità, comunque, non l’aveva ancora incontrata da quando, la sera prima, era arrivato a casa. Al momento, poi, era un’altra cosa che avrebbe preferito evitare: se le cose stavano davvero come immaginava – sia riguardo a ciò che era avvenuto poco prima in cucina che ai fatti della notte precedente – l’ultima cosa che una parte di lui voleva era scoprire cosa passava per quella testolina bionda. L’altra parte, tanto per la cronaca, lo accusava di codardia. Proprio mentre ponderava l’ipotesi di essere sul punto di sviluppare un caso di doppia personalità, sentì distintamente una voce familiare provenire da dietro la porta dello scantinato.
“…il punto è che, se dovessi entrare, poi dovrei parlare di ieri sera.” Perché qualcosa gli suggeriva che Buffy non stava semplicemente riflettendo ad alta voce? “Insomma, non si tratta di una chiacchierata sul tempo. Forse è meglio che mi limiti a lasciar perdere, per il momento”. Più che giusto, pensò Spike. Dopotutto non aveva voglia di sentire una predica sull’aver ammaccato il suo tenero orsetto. Soppresse una risata senza allegria: poco importava che fosse stata legittima difesa… e che le intenzioni del “tenero orsetto” fossero state anche peggiori delle sue. Il cigolio della porta, comunque, distrasse il vampiro dal suo momento di Robin-bashing: la Cacciatrice aveva appena fatto capolino nella stanza, chiedendo se poteva entrare. Spike la guardò scendere le scale alla sua risposta affermativa, lanciandole un’occhiata adorante. Certo, in quel momento Buffy non era esattamente al meglio di sé stessa: in pigiama, con i capelli sconvolti e un’espressione ancor più stravolta, agli occhi di Spike era comunque perfetta. Insomma, il suo giudizio non era molto affidabile… ma piuttosto di parte. La ragazza gli rivolse un sorrisetto incerto, prima di cominciare a parlare.
“Tutto bene? Mi sembri un po’ strano”. “Beh, perché non gli chiede anche il motivo. Insomma, già che ci sei…”
“Sono stato svegliato da un urlo di Andrew, e poi ho anche parlato con Kennedy”. Alzò un sopracciglio, giusto per sottolineare quanto entrambe le situazioni gli fossero sembrate estremamente spiacevoli.
“Oh. Certo. È solo che voleva chiederti un favore”. Respiro profondo. “Xander non ha ancora accompagnato qui le Potenziali che sono a casa sua, ma Kennedy ha già iniziato ad allenare le altre. Quindi, siccome sappiamo tutti come diventa quando qualcuno la interrompe… non è che potresti far esercitare tu quelle che non sono ancora arrivate? Perché lo farei io, ma il bagno si è liberato ora e ho proprio bisogno di una doccia. Insomma, mi faresti un grande favore”. “Un favore ad allenare le ragazze, ovvio. Non ad unirti a me sotto la doccia. Perché io non l’ho pensato, anche se l’ultima parte poteva far pensare male. Ecco. Oh, cattiva Buffy!”. La giovane si fermò di colpo, arrossendo quasi impercettibilmente. Non per Spike, comunque, che sollevò nuovamente un sopracciglio: che diavolo era quella parte riguardo alla doccia? A questo punto gli stava tornando il sospetto di non essere vittima di un incantesimo (probabilmente andato storto), ma di un principio di schizofrenia.
“A me va bene, amore. Dopotutto quelle poverette si meritano un premio… come, appunto, passare un po’ di tempo a stretto contatto con me. Insomma, mi sembra il minimo per qualcuno costretto a vivere nell’appartamento del Moccioso. E, fidati, te lo dice uno che ci è passato. Sono cose che ti segnano” replicò, lanciandole il più smagliante dei suoi sorrisi mentre lei si rilassava visibilmente.
“Allora io vado” disse, cercando di lanciargli un’occhiata di rimprovero per la sua battuta. Non riuscì, comunque, a nascondere un luccichio d’ilarità nello sguardo. “Grazie” aggiunse, ormai a metà strada verso i gradini.
Spike, dal canto suo, sbuffò appoggiando la schiena al muro. Insomma, doveva scoprire se si trattava di un incantesimo o di follia: la seconda ipotesi, a dire la verità, era la più ottimistica. Se così fosse stato, almeno, non avrebbe dovuto preoccuparsi di fare il terzo grado alle due persone di cui sospettava maggiormente – e di cui, sinceramente, non era per niente ansioso di leggere i pensieri.

N.d.A.: e questo sarebbe il primo capitolo: cosa ne dite? Ci terrei davvero a leggere le vostre opinioni, dato che sono sempre insicura quando comincio una nuova fanfiction!! Questa, poi, sarebbe la prima storia che scrivo da un punto di vista esterno: cosa ne pensate? Sono andata fuori personaggio? Volete che continui o farei meglio a lasciar perdere? Vi prego recensite!!

  
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