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Autore: medeamazon    29/02/2012    7 recensioni
- Sakura, apri per favore.-
Tra tutte le voci, questa è l’unica che abbia il diritto di ricevere le sue attenzioni.
- Shizune, ho bisogno di tempo.-
- Ne abbiamo tutti, ma non andare al suo funerale non servirà a niente.-
-… non ce la faccio..-
La voce arriva ancora da dietro la porta ma non sembra voglia spingerla ad aprire.
- Beh, provaci. È questo che ti ha insegnato.-
Silenzio. Se n’è andata.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shizune, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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grigio e rosa

Grigio e Rosa

 

 

- Si può sapere perché ti sei tagliata i capelli?-

- Sono molto più comodi corti, in missione, shisho -

- Che cazzata. Ti sembra che a me danno fastidio, se li tengo lunghi?-

- Io… penso che lei sia a un livello tale, da non dover badare più a queste cose.-

- Piantala di fare la leccaculo, Sakura.-

- Io non…-

- Non è che perché sei una ninja, devi rinunciare alla tua femminilità.-

Abbassò lo sguardo.

- é che sto cercando di essere più pratica possibile, per velocizzare gli allenamenti.-

- Sarà, ma sappi che a volte, l'essere donna può rivelarsi molto utile anche in missione.-

- Che vuole dire?-

- Niente, muoviti. Consegna questi a Shizune.-

- Va bene, shisho.-

 

 

 

 

 

 

 

Tump, tump, tump.

- Sakura, apri la porta!-

Distesa sul divano, al buio, pensa che prima o poi se ne andrà.

Richiude gli occhi.

- Sakura, non puoi reagire così, cazzo, stiamo tutti male!-

Silenzio.

- Sakura, apri questa cazzo di porta! -

Voglio solo silenzio.

 

 

 

 

 

 

- Sakura! Anf… Anf..-

- Cosa c'è Ino? é successo qualcosa all'ospedale?-

- La shisho, si è sentita male!-

- Come?-

Si alza dallo sgabello.

Naruto fa capolino dalla tazza di ramen in cui era immerso.

- Che succede con la baa-chan?-

Sasuke guarda con disprezzo il suo muso sporco della qualsiasi.

- Vieni, dai! -

Ci mette un po' per carburare, ma appena realizza la situazione, lascia la mano di Ino che la sta trascinando e comincia a correre sui tetti delle case di Konoha.

In silenzio, percorrono il tragitto che le separa dall'ospedale.

Arrivate di fronte l'edificio, si fermano ai piedi delle ampie scalinate. C'è già una piccola folla di civili e shinobi, inquieta dietro le porte.

Entrando, la situazione non migliora. La sala aspetti è costellata di gruppetti di ninja che parlano a bassa voce tra loro, e che quando entrano la guardano, dispiaciuti.

Comincia a innervosirsi.

Lei e Ino oltrepassano la porta della zona più interna dell'ospedale, presidiata da due AMBU che le lasciano passare solo dopo che gli hanno mostrato un documento che le identifica come medici.

Come se non sapessero che Sakura è l'allieva del Godaime.

Il corridoio è innaturalmente calmo. La rosa è abituata a vederlo pieno di gente che corre convulsamente, da una parte all'altra, di pazienti che camminano lentamente, infermiere indaffarate, dottori con il naso incollato alle diagnosi, parenti che cercano di scavalcare l'orario di visita.

Durante la guerra era stato, nonostante tutto, il luogo più vivo di Konoha, dove la gente consumava il suo dolore in silenzio, nelle camere.  I corridoi, invece, non avevano tempo per le lacrime. Erano troppo occupati a contenere il brulicante movimento dei lottatori più accaniti, coloro che combattevano con la morte per dare speranza ad altri che di lacrime ancora, non ne avevano versate.

Anche se Sakura sapeva, era stata costretta a sapere, che la parte peggiore non sono le lacrime. No, la parte peggiore è stare su quel baratro di angoscia, in bilico su un filo di speranza che sembra invisibile, rispetto alle profondità nere della disperazione. E puoi solo andare avanti, anche se i tentacoli neri della disperazione si avvinghiano ai cancelli della tua mente. E non riesci a non fissarli, ipnotizzata, fino a quando una voce lontana, di un medico ignaro, taglia quel filo sottile, e tu cadi nell’abbraccio mortifero e inebriante dell’oscurità.

Odia il suono dei loro passi che rimbalzano tra le pareti asettiche dell’ospedale.

Segue Ino, mentre l’angoscia si espande velenosa nella sua mente.

Non svoltare a destra!

Cosa urli, stupida speranza?

I piedi di Ino svoltano a destra. Terapia intensiva.

Sakura chiude gli occhi un attimo, prima di seguirla.

Altri AMBU, di fronte alla camera che l’anno prima ha ospitato la degenza dell’eroe di Konoha, che l’anno prima era già diventata la sua prigione soffocante, che tratteneva la titanica voglia di vivere del suo migliore amico.

Che ironia. Un altro eroe di Konoha rinchiuso tra quelle pareti sterili.

Stavolta gli AMBU non le lasciano andare.

- State scherzando, vero? Non la riconoscete? Lei è Sakura, Sakura Haruno, l’allieva di Tsunade!-

Sakura rivolge solo una piccola parte della mente alla discussione tra Ino e le guardie, cercando di vedere attraverso l’oblò trasparente della porta.

Quest’ultima si apre di scatto, dall’interno.

- Che succede qui? Cos’è questo fracasso?-

Assurdo. L’aspetto di Shizune è assurdo.

L’ho vista solo ieri, non può essere tanto sciupata!

Le occhiaie risaltano nella luce impietosa del neon, la postura è trasandata nonostante il tono di rimprovero, sembra essere implosa.

Gli occhi legnosi e secchi la riconoscono.

- Oh Sakura, sei tu.-

Rimane immobile.

- Lei può entrare.-

- Ma…-

L’occhiata di Shizune al ninja non è minacciosa; è spaventosamente tagliente.

- Lei entra.-

La maschera dell’uomo si abbassa in un cenno di assenso, scostandosi.

- Ino, non posso farti entrare.-

La bionda, interrotto lo sguardo di sfida con lo shinobi con cui aveva discusso, sussultò alla voce stanca, improvvisamente flebile di Shizune.

- Oh ma certo, volevo solo accompagnare Sakura.-

La rosa le rivolge uno sguardo di ringraziamento, per poi proseguire dentro la stanza bianca.

 

 

 

 

-  Ho saputo che vuoi dare l’esame di fisiologia questo mese.-

- Ho già studiato qualcosa quando mi ha dato quel volume così pensavo…-

- Dovevi prima parlarne con me.-

Si morde il labbro.

- Non sono pronta?-

- Non è questo il punto. Mi sembra che tu lo stia prendendo alla leggera.-

- Ma mi sto impegnando al massimo per essere un buon medico!-

L’esclamazione le era scappata, esasperata.

- No, ti stai impegnando al massimo per poter riportare qui Sasuke.-

Sussulta.

- Voglio solo aiutare Naruto.-

- Lo so. Ma non c’è tutta questa fretta. Non tornerà domani. E potresti essere molto più utile conoscendo ogni dettaglio di ogni materia e diventando la migliore in ogni settore, anziché affannarti a studiare superficialmente le materie.-

Si guarda le scarpe, mortificata.

- Fa l’esame, e poi prenditi una pausa.-

Grazie shisho.

 

 

 

 

 

La stanza è come se la ricordava, solo senza tutti quei macchinari che avevano circondato e tenuto in vita il suo amico, tempo prima.

Solo una flebo è attaccata al braccio dell’Hokage, ma lei non ha ancora il coraggio di guardarla in faccia.

- Sakura.-

Gli occhi le si inumidiscono al suono di quella voce, bassa ma decisa.

- Guardami.-

Non ha mai visto la sua maestra senza che fosse coperta dalla tecnica di ringiovanimento.

Le sembra quasi… scortese, ma la forza dell’abitudine la spinge ad obbedire alla donna che stima di più al mondo.

È sempre bellissima.

O almeno, a lei sembra bellissima.

Non sembra più una ventenne, ma il suo aspetto è più… naturale, quasi.

La pelle non è tonica e liscia, ma ha formato delle leggere grinze ai lati degli occhi; lo sguardo, ora sembra più profondo.

Il resto del corpo è coperto da un pesante kimono, che non mostra alcuna scollatura.

Le mani sono sottili, le labbra sembrano bianche, non più coperte dal forte rossetto.

La guarda seria, mentre Shizune si siede nella poltrona vicino al letto.

- Avvicinati, non ho mica la lebbra.- sbotta la sua maestra.

Lei sussulta, riesce a stiracchiare un sorriso.

- Shisho…-

- Come avrai capito, la tecnica di Rinascita ha deciso di venire a riscuotere il tributo.-

Parla distaccata, come se non gli importasse.

- Non c’è niente che…-

- No, e non ho intenzione di far cercare una cura impossibile a medici che potrebbero essere più utili altrove.-

La sua maledetta mania di interromperla.

Sakura si sorprende…da quando le dà fastidio? Non ci ha mai fatto caso.

- Non portarmi rancore, sai che è la cosa giusta.-

Oh. Era rabbia allora. La sua maestra la conosce meglio di quanto lei conosca se stessa.

Non può fare a meno di sentirsi stupida.

- Io… ho ancora bisogno di lei…-

Shizune la guarda con compassione. Probabilmente lei e Tsunade si sono dette tutto quello che dovevano dirsi, oppure, tra loro non c’è nemmeno bisogno di parole.

 

 

 

 

- Shizune, mi aiuti con le suture? –

L’impegnatissima dottoressa la guarda, leggermente sorpresa.

È da pochi mesi che studia con il quinto Hokage, e ha paura che la sua prima allieva l’abbia presa in antipatia.

- Non hai bisogno di aiuto, ci riuscirai anche senza di me.-

Sakura abbassa lo sguardo delusa, e continua a lavorare sul pezzo di pollo.

- Più vicini i punti, a distanza sempre uguale.-

Sta ancora leggendo una cartella clinica. Sakura sorride.

 

 

- Sakura, apri per favore.-

Tra tutte le voci, questa è l’unica che abbia il diritto di ricevere le sue attenzioni.

- Shizune, ho bisogno di tempo.-

- Ne abbiamo tutti, ma non andare al suo funerale non servirà a niente.-

-… non ce la faccio..-

La voce arriva ancora da dietro la porta ma non sembra voglia spingerla ad aprire.

- Beh, provaci. È questo che ti ha insegnato.-

Silenzio. Se n’è andata.

 

 

 

 

 

- Voglio che continui in chirurgia generale.-

Non può mica obbiettare, non ora. Addio, cardiochirurgia.

- So che preferisci specializzarti, ma fidati. Te ne pentiresti e sarebbe uno spreco dedicarti solo ad un settore.-

Si fida. Come potrebbe non farlo?

- Va bene, maestra.-

- Avvicinati.-

La rosa ubbidisce, accostandosi lentamente al lettino.

E, per la prima volta, la sua maestra le prende la mano con le sue, invitandola a sedersi.

- Non fare quella faccia. Sei una ragazza fortunata, i tuoi desideri si sono realizzati. Non piangere per una vecchia.-

E allora crolla. La cosa più importante che la sua maestra le ha trasmesso è la forza d’animo. Ma proprio non ce la fa, nel risentire quelle parole così simili a quelle della vecchia Chiyo prima di morire, a trattenere le lacrime traditrici.  Forse tutti i grandi medici muoiono allo stesso modo.

Le gocce salate cadono sulla pelle della sua maestra.

- Maestra io… non ce la f-faccio… ho bisogno di lei per così tante cose… il villaggio ha bisogno di lei e io ho… non posso…- le parole corrono su un filo alogico interrotto da singhiozzi violenti, che fanno scuotere le sue spalle.

Per una volta, la shisho non la rimprovera per la sua debolezza.

Non sa come trova il coraggio, fatto sta che Sakura, l’allieva prediletta dell’Hokage, si ritrova tra le braccia della donna che per lei è come una seconda madre, e che a volte pensa di stimare di più di sua madre stessa.

 E che sta, lentamente, rispondendo al suo abbraccio, in un movimento goffo ma delicato.

Ancora il pianto non cessa, e un’ultima sorpresa la attende. Le sta accarezzando i capelli, con un tocco leggero, leggerissimo.

- Ce la fai benissimo. Sakura, io credo in te.-

E lei sgrana gli occhi, fulminata da quelle parole, tanto che il suo corpo smette di tremare.

Io credo in te.

Nessuno glielo aveva mai detto.

È sempre stata lei a dover credere negli altri, in Naruto, in Sasuke, nell’amicizia, nell’amore…

Com’è crudele il destino a volerle togliere una persona così eccezionale.

Tsunade la risolleva, tenendola per gli avambracci.

- Va a chiamare Naruto, per favore. Ho delle cose da dirgli.-

Sakura si asciuga le lacrime con la manica e si alza dal letto.

Arriva alla porta, poi un sospetto atroce la immobilizza sulla soglia.

- Non è l’ultima volta che…- non riesce a finire la frase, si blocca nella sua gola.

- Penso di resistere ancora un po’. E adesso va’.-

 

 

 

 

*** 

Bugiarda. Bugiarda.

La sua maestra le ha mentito.

***

 

 

 

Vede Naruto venire verso di lei con una faccia funerea. Sono tutti nella hall dell’ospedale.

Una rabbia illogica la pervade. Non ha il diritto di essere triste. E’ la sua maestra, non di Naruto. L’egoismo di questo pensiero la spaventa.

Si alza e gli va incontro.

- Cosa ti ha detto?-

Naruto la guarda assente. La rabbia le rientra dentro con prepotenza, ma mantiene l’espressione impassibile mentre Naruto si sforza di focalizzarla.

- Che le ricordo Jiraya.-

Sakura si gira stizzita, e vede Sasuke appoggiato ad una parete che la guarda.

Sente che non può più stare lì e sale nel tetto dell’ospedale.

Stranamente, non c’è nessuno.

Non sa perché, ma quel luogo è diventato una specie di rifugio per i depressi dell’ospedale.

Sorride al suo nuovo pensiero cinico.

Quel deficiente di Naruto ha capito solo una cosa del discorso sicuramente lungo della shisho. Lei gli avrà parlato delle responsabilità da Hokage, del futuro di Konoha, della guerra… e lui ha capito solo che era il degno erede di quel maniaco del maestro.

La rabbia, la gelosia e la frustrazione fluiscono nella sua mente allentando la morsa ferrea del dolore. Per la prima volta, sente di comprendere vagamente l’odio di Sasuke.

Ma la razionalità torna a tormentarla.

Sa che Naruto ha tutto il diritto di essere triste, sa che è stato lui, insieme al nobile Jiraya a portarle la mentore a Konoha. Sa che sicuramente ha capito ogni parola di Tsunade, e che non può dirle tutto il discorso, come lei non può riferirgli il suo.

Ma sapere queste cose, implica anche sapere che la sua maestra sta morendo.

E che lei è assolutamente, totalmente inutile.

 

 

Non parla, quando sente la voce di Ino che la chiama alle sue spalle.

Non si muove, mentre sente i suoi passi avvicinarsi.

È rigida, quando l’amica le siede vicino.

Sakura non la guarda, ma sa che ha le lacrime sull’orlo delle ciglia bionde.

Cerca di articolare qualche parola, Ino, tra i singhiozzi, e quando non ci riesce le prende la mano.

Lei la ritira e si alza.

Svanisce con calma sotto lo sguardo disperato della sua amica.

 

 

 

----

Il silenzio, il buio.

La soffocano con lentezza disarmante, lei che è abituata alla luce, alla vita.

Lei che porta i colori della primavera, dell’albero più bello di tutti.

Ora è circondata da un colore uniforme.

Il grigio che si insinua anche nel rosa più brillante.

Cerca di non pensare, ma i pensieri le ronzano in testa, dolorosi.

- Sakura Haruno?-

Questa è una voce sconosciuta.

Barcolla fino alla porta e non vuole nemmeno immaginare il suo aspetto mentre apre la porta, mostrandosi ad un ignaro postino.

Quello pare un po’ destabilizzato.

- Ha una raccomandata, firmi qui.-

Prende la busta, firma, chiude la porta.

Convocazione per il testamento del Godaime.

 

 

 

Entra nell’ufficio del notaio con le mani nelle tasche anteriori della felpona che ha indossato.

Ha i capelli legati e la cera di una che non ha dormito per giorni. Solo da due.

Non le importa del suo aspetto, neanche quando vede il notaio in giacca e cravatta, Shizune in tailleur e Naruto… persino Naruto è più elegante del solito.

Neanche quando si accorge che Sasuke è appoggiato al muro dietro la sedia di Naruto.

Non le sarebbe importato neanche se fosse stato un incontro pubblico alla presenza di tutti i ninja di Konoha, e non la riunione privata che si sta svolgendo in quel momento.

La guardano, ma non vuole nemmeno classificare i sentimenti che vede nei loro occhi.

Si siede nella sedia libera.

 

 

 

 

 

Un terzo. Un terzo delle ricchezze personali di Tsunade Senju.

L’assegno le pesa nella tasca e si chiede se anche per Shizune e Naruto sia così. Si chiede se Shizune ci sia rimasta male ad aver ricevuto solo un terzo dopo tutti gli anni passati con lei. Si chiede cosa la sua maestra si aspetterebbe che lei faccia con quei soldi.

Una vetrina attira la sua attenzione.

È un negozio per vestiti, uno dei più prestigiosi di Konoha.

Si ferma. È entrata lì solo per consigliare Ino. Non ha mai avuto bisogno di vestiti ricercati, non pensa a truccarsi, farsi bella, valorizzarsi da… da quando lui se n’è andato da Konoha, realizza d’un tratto.

Logico. Per chi si sarebbe dovuta fare bella? Tacchi, trucchi, le sembravano cose frivole, adatte a quella ragazzina che non voleva più essere. Tre anni della sua vita erano passati mentre lei era concentrata solo sul suo obiettivo. Era stato naturale preferire i vestiti comodi, persino la minigonna non aveva nulla di particolare: l’ospedale era stata la sua seconda casa e il camice la sua seconda pelle; non aveva sentito la mancanza della sua femminilità. E ora… perché le ritornavano in mente le parole della shisho?

Entrò nel negozio.

 

 

 

 

Domani. Il funerale è domani.

 Non ci andrà. Non ne è capace. È stanca di fare finta di essere forte.

Lei non lo è, e la prova è che senza Tsunade si sente completamente allo sbando.

Perché non riesce a reagire? Sa che gli altri si aspettano qualcosa da lei, sa che il suo lutto non è paragonabile a quelli dei suoi compagni, che ha ancora tante persone che rappresentano un punto di riferimento per lei, un rifugio sicuro, persone che le vogliono bene.

Lo sa, ma non riesce a pensarci. Sente che il suo sguardo è distante, che il verde degli occhi è opaco, che il corpo è immobile.

 

 

 

 

 

Sasuke guarda la finestra della casa. Entrare da lì non è un problema.

L’alba proietta i suoi raggi rosei sulla parete dell’abitazione della persona che, nonostante non riesce ad accettare questo pensiero, lo sta facendo vagamente preoccupare.

Nessuno meglio di lui sa cos’è il lutto.

E non minimizza nemmeno il dolore che Sakura dovrebbe provare. Il dolore è dolore, non si può giudicare né misurare.

E lei non è abituata a questo tipo di dolore, non per una persona tanto vicina.

Sasuke lo sa. Ed è per questo che si preoccupa per la mancanza di lacrime, per la mancanza di risposte alla Yamanaka, per la freddezza persino con Naruto, che di solito guarda con affetto anche quando lo picchia.

Non è una reazione da Sakura, tenersi tutto dentro.

Lei sprizza vita e sentimenti da tutti i pori, lei è i sentimenti.

Di qualsiasi genere: gioia, malinconia, rabbia, odio, preoccupazione, compassione, il suo viso non ha mai avuto segreti per lui, e solo un’idiota come Sai poteva non accorgersi di un suo sorriso finto, come gli hanno detto. Lui l’avrebbe smascherata in un attimo.

Per questo il fastidio è stato grande, quando non ha saputo vedere niente dietro i suoi occhi mentre tornava dal colloquio con la maestra. Ha solo potuto intuire i suoi sentimenti, ma non li ha colti. Lei non metteva barriere tra sestessa e il mondo, mai. Era lui quello che aveva dovuto imparare a costruirsi un solido muro contro la realtà. Lei è sempre stata in vitale contatto con la realtà, non ha mai voluto fuggirla; non quando lui se n’è andato, non quando ha dovuto affrontare gli orrori della guerra.

Si intrufola nella casa, senza preoccuparsi di fare rumore. Sakura riconoscerebbe comunque il suo chakra.

Deve spostare le tende per entrare.

La casa, infatti, è tutta in penombra, dominata da un grigio uniforme che spegne i colori vivaci che Sakura aveva voluto donarle.

Il silenzio è stagnante. Per un attimo si chiede se dorma ancora, ma in un secondo realizza che è  sdraiata sul divano, un braccio a coprire gli occhi, immobile.

Appena lo sente, si alza quanto basta per girarsi ma ha lo sguardo vuoto quando lo riconosce, l’apatia le intacca pure i lineamenti.

Il leggero stupore fugge via rapido dal viso.

Si distende nuovamente, prima di chiedergli fiocamente:- Che ci fai qui?-

Sasuke non risponde,  si avvicina piano.

Vede appoggiato alla poltrona un tailleur, elegantissimo, nero, dei collant scuri su un bracciolo, uno strano cappello sull’altro e, sul pavimento, delle scarpe di vernice nere con tacchi vertiginosi, eleganti anche quelle. Vicino la poltrona, un sacchetto dall’aria costosa e sofisticata, che doveva aver contenuto tutto quell’armamentario.

Allora vuole andarci,  a quel funerale.

Sakura è sorpresa, ma per una volta Sasuke non è il suo pensiero preminente. Si accorge di non aver pensato a lui, in quegli ultimi giorni, o meglio, di non aver pensato ossessivamente a lui.

- Credi che risolverai qualcosa, non venendo al funerale?-

Zitto. Per una volta non voglio ascoltarti.

- Alzati, andiamo.-

Un moto di rabbia la fa effettivamente mettere seduta.

- Chi ti ha chiesto niente, Sasuke? Solo tu puoi fare il depresso? O sei venuto a dirmi quanto sono noiosa e prevedibile?... non mi interessa, non voglio… andare…-

L’impeto iniziale è risucchiato dall’apatia, che le fa portare lo sguardo dal viso di Sasuke al pavimento, opacizzandosi sempre di più.

E rimane così, seduta con le mani in grembo e completamente immersa nei suoi ragionamenti nascosti e labirintici, ancora più assente di prima.

Sasuke prende la giacca del tailleur e la poggia sullo schienale del divano.

Poi si china su di lei, e comincia ad abbassare la cerniera della sua maglietta rossa.

Nessuna reazione.

Le sfila lentamente il capo, mentre le membra di lei lo seguono, docili e inermi.

Le prende l’orlo della maglia metallica, scrutando intanto il suo volto in attesa di qualche rimprovero, di qualche brusco ceffone. Che non arriva.

Sente leggermente una punta di imbarazzo, che comunque non si palesa assolutamnte all’esterno, quando, facendole alzare le braccia per sfilarle l’indumento, scopre prima la pancia piatta, poi il reggiseno della kunoichi. Ma la situazione è così seria, che è presto accantonato. Sakura continua a guardare il vuoto.

Allora le infila dalla testa il top di pizzo, che allaccia dietro il collo.

Si abbassa, ed esita un secondo prima di sfilarle, con difficoltà, la minigonna.

Interiormente, è stupito, no, oltremodo stupito, dal fatto che Sakura ancora non reagisca, non si opponga al suo tentativo. Si chiede se sia successo qualcosa che non sa.

 

 

- Sakura?-

Perché tutti hanno deciso di venirle a rompere le scatole?

Decide di ignorarlo. Ha comprato quel dannato completo, non sa bene che farci, ma forse, se ha trovato la forza di entrare in quel negozio, può davvero farcela, può permettersi di andare al funerale con la speranza di non crollare del tutto.

I colpi sulla porta si fanno insistenti. Naruto ha le mani pesanti e anche se non volesse potrebbe sfondargli la porta con un pugno se ha deciso di insistere. E lei sa che è utopico pensare che lui si arrenda davanti a qualcosa.

Va ad aprirgli, cercando di trovare la forza per apparire irritata come realmente si sente.

Ma il volto di Naruto è preoccupato, e lei capisce di assomigliare più ad uno zombie che ad un essere umano.

Lo fa entrare e lo guarda mentre fissa il pavimento, senza il coraggio di guardarla.

- Sakura… io… mi dispiace, non avrei dovuto… forse ho fatto male a dirti solo quelle cose all’ospedale, avrei dovuto seguirti ma… stavo male anche io e davvero non ce la facevo a…-

- Non ti devi scusare, Naruto, io non ho chiesto niente.-

Naruto alza di scatto la testa.

- Non è questo il punto! Sono il tuo migliore amico, avrei dovuto prendermi cura di te! –

- …Lascia stare-

- Picchiami.-

Sakura lo guarda, la mano ancora sulla maniglia della porta chiusa.

- Come, scusa?-

- Picchiami, sfogati, prendimi a pugni, ma ti prego, ti prego, non… fare così! Non essere così…fredda, maledizione, sembri un robot! In quell’ufficio non ti riconoscevo! Stai facendo preoccupare tutti senza motivo e…-

Sente qualcosa salire e stavolta la riconosce subito. Sente la rabbia montare, Sakura, contro quel ragazzo che si merita solo affetto e ammirazione da lei.

-… E Sasuke? Sasuke lo può fare il robot?-

- Che stai dicendo che c’entra Sas-

- Sasuke può fare il freddo, no? Nessuno gli dice niente! Quando io ho bisogno di solitudine, di stare da sola, mi becco la predica perché sto facendo penare tutti quanti!-

La rabbia si libera, fluida, dopo che è stata trattenuta per giorni dentro di lei.

- Non ho bisogno di voi, non voglio picchiarti perché non me ne frega un cazzo di te!-

E Naruto sussulta. Ha sentito troppe volte questa frase dal suo migliore amico, non può sopportare che anche lei gli parli così. Non può.

Sakura non si ferma, ma perlomeno dice qualcosa, perlomeno mostra una reazione.

- Non volevo rimproverarti, ero venuto solo..-

- Per cosa, Naruto? Volevi salvarmi con i tuoi discorsi sull’amicizia? Lo sai, sono sempre stati molto ispirati, quando erano rivolti a Sasuke! Ma non stai parlando con lui adesso. Tsunade è morta Naruto, è morta! E io sono stanca di dovervi sempre aspettare, non sono forte né virtuosa come lei! Io sono egoista Naruto – no, non interrompermi! – sono una debole che non riesce ad andare al funerale della sua maestra e che è stanca di vedervi fingere che vi importa qualcosa di lei!-

- Come puoi dire cose del genere? Io mi ammazzerei per te, sei la persona più importante per me insieme a Sasuke e lo sai benissimo!-

La  risata quasi isterica di Sakura lo spaventa.

- Io? Importante quanto Sasuke? Naruto, ma ti ascolti quando parli? Se lui mi uccidesse tu non faresti niente, tu lo perdoneresti! Se per caso io fossi riuscita a ucciderlo, non mi avresti rivolto la parola per tutta la vita! Quindi per favore, smettila di dire cazzate.-

- Sei meschina.-

Naruto si arrende. Non sa trattare con una Sakura così diversa. Non in quel momento, dopo aver detto addio ad una delle persone che per prime avevano riconosciuto il suo valore, ad una delle persone che avevano costituito un punto di riferimento, un modello da seguire.

Il labbro di Sakura trema.

- Fuori da casa mia.- Apre la porta e la tiene.

Naruto si avvia verso la soglia, per poi fermarsi al limitare dell’uscio.

- So esattamente quello che stai provando, e sai perché. Solo, ritorna in te il più presto possibile, mi scoccia quando i miei migliori amici vanno fuori di testa.-

 E sparisce.

Sakura chiude la porta e scivola con la schiena su di questa fino a raggiungere il pavimento, squassata dai singhiozzi.

 

 

 

 

 

 

 

Sasuke le stava sfilando la gonna. Questa consapevolezza arrivò attutita alla sua coscienza.

Vede i movimenti, ma è intorpidita. Pensa a Naruto, a quanto è stata stronza, a quanto l’ha ferito, a Ino, a Shizune, al funerale, a Tsunade, a Tsunade; e questi pensieri soffocano tutti gli altri, non riesce a fare nient’altro che pensare convulsamente, dolorosamente.

Le dita di Sasuke le sfiorano le cosce candide mentre le tolgono l’indumento.

Sakura lo guarda, focalizzandolo lentamente, come se lo vedesse per la prima volta.

Si rende vagamente conto che non dovrebbe lasciarglielo fare, che dovrebbe allontanarlo per preservare quel po’ di dignità che le resta.

Eppure in quel momento non gli importa un cazzo della sua dignità, della sua pudicizia.

C’è Sasuke, e lei che arriva ad un altro livello. È sempre stato così con Sasuke. Lei che lo scopre a livelli, andando ogni volta un po’ più in fondo.

Prima è partita dai bellissimi lineamenti, ne ha divorato i dettagli con gli occhi fino a conoscere ogni più piccola increspatura del viso; poi ha visto la rabbia che gli attanagliava le viscere, ed è rimasta sconvolta dalla potenza dell’odio; poi ha cercato di andare più in fondo, ha visto l’amore incondizionato per la sua famiglia.

Ora, pensa di vedere l’ultimo livello, l’ultimo pezzo del puzzle. Ora vede il dolore.

E non perché Sasuke le mostra una faccia intristita o lei si accorge della sua malinconia da qualche ruga sulla fronte. No, Sasuke è lo stesso.

È lei che è cambiata. Lei che ha provato, non capito, ma provato quel tipo di dolore.

E si chiede come deve essere stato, per un bambino di sette anni, provare quel dolore che lei fatica a sorreggere da diciannovenne, moltiplicato cento volte, e senza il sostegno di sapere, anche inconsciamente, di avere ancora delle persone su cui contare.

E ora, quel ragazzo, quell’uomo maturato, la sta vestendo come si fa con una bambola, le sta chiedendo di risalire dal baratro di disperazione di cui lui conosce tutti gli angoli più nascosti, le sta sbattendo in faccia la verità – come ha fatto Naruto, come hanno fatto tutti – che lei è egoista, arrogante e vittimista.

E lei lo lascia fare, gli permette costringerla a mettere quegli abiti che le sembravano urticanti, gli permette di farla mettere in piedi per tirare su la gonna nera ed elegante, che le fascia le gambe fino al ginocchio.

Poi, arriva finalmente ad una decisione. Tutti i tasselli del puzzle sono andati a posto e lei si rende conto, accetta, che la sua maestra è morta.

La consapevolezza la squarcia e quasi trattiene il respiro.

Ma di fronte a lei c’è il petto caldo di Sasuke, che ha già capito che qualcosa è cambiato, e non si sottrae alle sue mani che si aggrappano al suo kimono, alle sue lacrime che bagnano la stoffa bianca, alla sua fronte che si appoggia contro i suoi pettorali.

Non la abbraccia, né la respinge, ma restano così per lungo tempo.

Finchè, i singhiozzi di Sakura si fanno meno violenti, e allora Sasuke appoggia le sue mani sulle braccia di Sakura e la scosta leggermente da sé.

Lei alza gli occhi e incontra i suoi.

- G-Grazie…- gli dice cercando di tenere il labbro fermo.

Sasuke la fissa intensamente.

- Finisci di prepararti, ti aspetto al funerale.-

Si assicura che lei annuisca, prima di girarsi e uscire, dalla porta questa volta.

Sakura rimane sola e guarda le scarpe costose.

 

 

 

 

 

 

 

L’afa di Konoha ha deciso di dare una tregua agli abitanti, come se pure lei rispettasse il sommo rito che si sta svolgendo tra le mura del villaggio.

I ninja sono infagottati nel loro abito da funerale nero, mentre i civili, per lo più nelle file posteriori, guardano con tristezza la bara del loro ultimo Hokage, posta sopra dei gradini.

Molti shinobi sono sconvolti: non sono abituati al fatto che una malattia possa portare via uno dei migliori. Non hanno armi contro queste eventualità.

Sasuke è in prima fila, insieme a Naruto, e si chiede se Sakura abbia trovato la forza.

A un tratto, il ministrante chiede, come di rito, se le persone più prossime vogliano lasciare un ultimo saluto alla defunta.

È Naruto il primo a salire i gradini e lasciare un’orchidea, appoggiandola alla bara.

Si sofferma un attimo, e a tutti viene alla mente il pensiero che quello potrebbe essere un saluto da Hokage a Hokage. Di sicuro, non si vede tutti i giorni un titano chinarsi di fronte ad un’anima simile.

È la volta di Shizune, accompagnata da Ino, che quasi la sorregge.

Poi Kakashi, i jonin, gli altri ragazzi, molti shinobi, qualche civile.

Sembra che una ragazza dai capelli castani sia l’ultima, ma ad un certo punto si sente un rumore di passi, un rumore di tacchi sulla strada.

La folla si scinde automaticamente, e Sasuke la vede.

E la vedono Naruto, Ino, Shizune e tutti gli altri.

Sakura si erge con le spalle dritte contro l’aria fredda della giornata.

Non ha il vestito da funerale tipico dei ninja.

Porta un completo nero femminile, da donna.

Le calze velate nere spariscono sotto le decolté raffinate e alte, molto alte.

Il tailleur le cade elegante sulle forme, risaltando la bellezza del suo corpo, ma nessuno ha il tempo di soffermarsi su questo, perché sono tutti catturati dal suo sguardo, dalla sua presenza.

I capelli sono trattenuti indietro da un cappellino, anch’esso nero ed elegante, che le fa ricadere una rada retina sugli occhi, che però sembrano risaltare ancora di più, con quel verde primavera che non ammette nessuna ombra.

È quasi regale il suo passo, quando attraversa la folla. E sembra una regina ferita, quando sfiora con le dita la superficie del legno della bara, e lascia un fiore di loto su di essa.

Il dolore è evidente a tutti, ma la dignità che mostra fa sovrapporre quell’immagine alla figura dell’altra donna, quella che li ha lasciati, e di cui Sakura sembra rappresentare l’eredità.

Sasuke non le scolla gli occhi di dosso, ma in lui non c’è l’emozione che sta turbando tutti. Lui si sente quasi… orgoglioso di Sakura, per il fatto che abbia trovato la forza.

Non sorride, ma mentre la guarda scendere dalle scale, pensa che non ha mai conosciuto o visto una donna così, a parte sua madre.

La guarda di sottecchi mentre si posiziona tra loro due, stringendo per un breve ma intenso attimo la mano di Naruto, che ricambia con calore, e guardandolo seria attraverso la retina, per poi riportare gli occhi verso la bara.

Pensa che sia l’unica donna degna.

 

 

 

 

- Madamigella Tsunade, lei è fiera di me?-

- Ma che domande sono? Solo perché hai battuto Sasori, ora ti monti la testa?-

Sakura ride.

- Ha ragione, oggi sono un po’ su di giri.-

Saltella via prima che possa rispondere, e raggiunge allegra un Naruto festante come lei.

Tsunade sorride. Che sciocca.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice

Mmm. Già. sono un po' stronza. Se una ff finisse co n Sasuke che pensa (molto OOCcamente) che lei sia l'unica cosa degna la getteri nella spazzatura. Degna de che??? Beh, ho deciso che mi piacciono i finali un po' aperti, così lasciati un minimo alla vostra immaginazione che spero sia ottimista.

Per ch segue L'Arena, beh mi sono dimenticata di commentare il fatto che avessi cambiato nome... neanche so cosa dire in effetti manco ora. Forse sono un pò stupida. 

Cmq, so che di solito il testamento è aperto dopo il funerale, ma mi piace scombinare le leggi giuriciche. 

Spero che vi sia piaciuto e non vi siate depressi troppo... è la mia prima angst, quindi capirò, se volete tirarmi pomodori. Davvero, posso accettarlo.

L'idea nasce da Sas'ke che spoglia Sakura e lei che non reagisce. Ma che ne so, non chiedetemi che cazzo si fuma la mia ispirazione.

Con affetto ringrazio chi è arrivato fin qui e chi, se vorrà, recensirà.

Ora basta giuro che la smetto.  Au revoir! :D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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