Piccola
premessa:
è una OS un
po’ particolare, è abbastanza lunga ma non
è difficile da
leggere.
Detto questo spero vi
piaccia, buona lettura! Ci vediamo in fondo alla pagina
lol
* * *
N o t e
n
o u g h
[Being the way that you are is enough]
“Everyone else in the room can see it
Everyone else but you”
Un
metro e sessantasette per
sessantadue chili.
Non abbastanza magra.
Sono
a casa da sola, come
sempre.
Preparo un piatto di pasta in bianco, lo divido in tre parti, ne prendo
una. Il
resto finisce nella ciotola del cane.
Mangio lentamente, bevo un po’ d’acqua e vado in
bagno.
Mi
risciacquo la bocca e mi lavo frettolosamente i denti.
Nel mio stomaco non c’è più niente,
sono vuota.
Diventa
routine, azioni ridondanti e distruttive.
«Tesoro, non ti
sembra che il cane sia ingrassato un po’?»
mia madre lo guarda con aria
indagatrice, senza prestarmi troppa attenzione.
Ho perso più di una taglia, i jeans mi stanno larghi e la
maglietta mette in
evidenza le scapole; lei però non l’ha notato.
Non sono abbastanza magra.
Vertebre
cervicali, toraciche, lombari.
Passo la mano lentamente sulla schiena, sento le sporgenze delle ossa
sotto le
mie dita. La pelle le abbraccia, senza impedimenti.
Mi
sento come uno strumento
musicale.
Non un pianoforte a coda, così graziato e armonioso.
Non una chitarra, lucida e accordata.
Non come un’arpa, elegante e regale.
Sono più uno xilofono, dal suono acuto, metallico e
stridente.
Uno strumento che in realtà strumento non è, un
oggetto superfluo.
Oggi
non sono andata a scuola,
sono troppo stanca.
Il mio stomaco non mi dà pace, la pancia mi fa male. Bevo un
po’ d’acqua, il
dolore non passa.
Mi stendo sul divano, non ho fatto nulla oggi, eppure sono esausta.
«Ehi, alzati da quel
divano! Non puoi stare tutto il giorno buttata» la
voce di mia madre giunge
offuscata e lieve alle mie orecchie.
Apro gli occhi, la luce che penetra dalle finestre mi stordisce.
Lentamente mi
alzo, cerco di rimanere in equilibrio sulle mie ginocchia.
Non ci riesco.
Tutto diventa scuro, le forme perdono valore, i suoni mi arrivano
sfumanti e
indistinti.
Sbatto le palpebre, tutto resta nero.
Poi le gambe cedono.
Un
corpo che cade, la testa che sbatte a terra, un cane che abbaia, una
madre che
urla. Numeri digitati velocemente al telefono, parole sbiascicate con
ansia,
autoambulanza che corre, una ragazza che viene sollevata senza sforzo
dal
pavimento e poggiata su una barella, flebo, punture, ospedale.
Bip,
bip, bip.
Suoni monosillabici che risuonano nella stanza dall’odore
sgradevole, cerco di
riprendere il controllo sul mio corpo e apro gli occhi.
Le tende sono tirate, l’unica luce proviene dal neon sopra al
letto.
La camera è bianca, il comodino è bianco, le
lenzuola sono bianche. Riconosco
subito l’ambiente: ospedale.
Mi muovo lentamente e attiro l’attenzione di mia madre, che
è seduta sulla
sedia vicino alla porta.
«Ehi» si rivolge
a me esitante, io mi limito a un cenno col capo.
«Perché?»
punta il suo sguardo sul
mio, in attesa di una spiegazione.
«Perché cosa?»
«Non prendermi in giro.
Perché hai
smesso di mangiare?»
«Non avevo fame»
non so dire bugie,
lei lo sa. Non insiste oltre.
«Inizierai ad andare in terapia, da
una
psicologa» il suo tono non ammette obiezioni.
Scuto le spalle, non mi interessa.
Non mi interessa più niente.
L’ufficio
della psicologa è
carino, costruito per
mettere ad agio gli altri, colori caldi e divanetti in pelle.
«Buongiorno» la
dottoressa mi
sorride cordiale, appuntando qualcosa sul suo quadernetto e invitandomi
a
sedere sulla poltrona di fronte alla sua scrivania.
«Salve»
«Allora, cosa mi racconti di te?»
chiede cordiale, sorridendomi.
«E’ tutto scritto sulla
mia cartella,
basta leggerlo» il mio tono si mantiene neutro,
incolore.
«Ci sono scritti i tuoi dati, voglio
sapere altro.»
«Non c’è altro
su di me»
Per il resto della seduta non dico niente.
Passano
i giorni, il tempo ha
perso valore per me.
Esco solo per andare alle sedute con la psicologa, il resto della mia
vita lo
trascorro da sola, in casa mia.
«Ti sei resa di essere dimagrita tantissimo?»
è la prima volta che
la dottoressa accenna al mio problema.
«Tanto, ma non abbastanza»
sussurro
io.
«Quanto sarebbe
‘abbastanza’ per te?»
«Essere talmente magra da rendermi
invisibile alle persone, questo è abbastanza»
per oggi il discorso è chiuso.
«L’anoressia è una
malattia, lo sai?»
«Sì.»
«Perché ti sei convinta
di essere
brutta? Qualcuno ti prendeva in giro?»
«Non ho bisogno che la gente mi dica
‘sei orribile’, basta un po’ di
autocritica e senso dell’osservazione. Basta
guardare uno specchio, non servono le prese in giro»
«Non pensi di essere troppo dura con te stessa?»
«Realista, è diverso.
Dicono che quello
che conta sia la ‘bellezza interiore’, lei cosa ne
pensa?»
«Sono d’accordo.»
«Io no. La prima impressione conta,
e la
prima impressione deriva dalla vista. Se una persona non ti piace
esteriormente, non ti interessa conoscere la sua
personalità. Ecco, sono sempre
stata una ragazza sola. Convivo con i miei difetti e non può
immaginare quanto doloroso sia.
Non dico di voler essere
perfetta, vorrei solamente essere diversa.
È brutto sentirsi a disagio con sé stessi.»
faccio una pausa, «Ha presente il
detto “chi disprezza compra”?
Ecco, un giorno sono andata a fare shopping con mia madre. Le ho
indicato una
camicia, era orribile e costava abbastanza. Ho detto che la volevo e mi
ha
proibito di prenderla, perché le faceva schifo.
La disprezzava in un certo senso, eppure non l’ha comprata.
Quindi è un’altra
cazzata. No?»
Sono
passati due mesi da quando
sono finita in ospedale, mia madre mi controlla a vista, quando mangio
si
piazza davanti a me controllando finisca tutto e impedendomi di andare
in bagno
nell’ora successiva. Mi sembra di essere in carcere.
Più di prima.
«Cos’hai fatto alla
mano?» la dottoressa osserva la mia fasciatura con
aria preoccupata.
«Non mi sono tagliata le vene, stia
tranquilla» brontolo seccata.
«Ripeto, che hai fatto?»
«Ho tirato un pugno allo specchio»
«Per quale motivo?»
«Non mi piaceva quello che mostrava»
«Cosa mostrava?»
«Me»
L’inverno
finisce e lascia spazio alla primavera. I colori
sono più vividi, l’aria è
più profumata.
Alberi e fiori rinascono.
Io devo ancora fiorire, vivo nel
mio
triste bozzolo.
«Sei una ragazza
complessa, sai?» sono in terapia da cinque mesi,
ormai conosco lo studio a
memoria.
«-ta»
«Come?» chiede
la psicologa con
sguardo interrogativo. Non capisce, tanto per cambiare.
«Complessata»
Mi
sono presa l’influenza e mia madre ha deciso di non farmi
uscire di casa, secondo lei sono troppo debole. Oggi la seduta si
sposta nel
mio salotto.
«Hai mai pensato di fare sport? Ti
manterresti in forma e fa anche bene»
«Mh, penso di fare già
abbastanza sport»
«Cioè?»
«Vivo»
«Vivere non è uno sport»
«Come no? Lotto ogni giorno contro
me
stessa, salto gli ostacoli, corro dei rischi, schivo gli altri. Non le
sembra
abbastanza faticoso questo?»
Estate,
fa caldo.
Indosso un paio di short e una maglietta a maniche corte. Ho sempre
odiato
questa stagione, niente felpe e niente jeans larghi per poter
nascondere il mio
corpo.
Ci sto provando, sto provando a stare meglio con me stessa.
E’ terribilmente difficile.
Lo
studio della psicologa è fresco, l’appuntamento
è stato
ritardato così mi trovo seduta in una delle poltroncine a
guardare pigramente
la televisione, MTV.
Termina la pubblicità e nella stanza si diffondono dei
semplici accorti di
chitarra e lo schermo mostra cinque ragazzi in spiaggia.
“You're insecure, don't know what
for. You're turning heads when you walk through the door.
Don’t need make up To
cover up, being the way that you are is enough. Everyone else in the
room can
see it, everyone else but you..”
Per
i tre minuti e ventisette successivi i miei occhi non si
staccano dal televisore, affascinata da quello che le mie orecchie
sentono e quello
che i miei occhi vedono.
Quei cinque ragazzi, che avranno circa la mia età, sono
spensierati, bravi,
belli, allegri.
Il contrario di me.
Per tutta la durata della canzone mi sono sentita leggera,
bella. I miei complessi messi da parte per un istante.
Solo un momento.
Prendo l’agenda e appunto il nome del gruppo, quando
arriverò a casa cercherò
qualche informazione su di loro.
One Direction.
«Come stai?»
«Meglio, dottoressa»
«Ti vedo bene oggi»
mi sorride.
«Non m’ero accorta avesse
cambiato
occhiali»
«Sono seria»
«Mh.. vede, il fatto che stia
‘meglio’
non significa che io stia bene. Effettivamente ce la sto facendo, ho
trovato qualcuno che mi sta
aiutando nel mio
percorso. Mi dispiace dirlo ma non è lei»
ridacchio, «Per una con
l’autostima sotto ai piedi qualsiasi complimento risulta
falso, capisce? Con calma, con il tempo.. forse»
Ringrazio
e esco dal negozio di musica con il mio nuovo
acquisto in mano.
Osservo sorridendo il cd: Up all night – One Direction.
Sono passati un paio di mesi dalla prima volta in cui ho visto un loro
video.
Harry, Zayn, Liam, Niall, Louis sono stati la più grande
scoperta di
quest’anno, non avrei immaginato di potermi affezionare
così tanto a un gruppo.
Eppure è successo.
Questi cinque ragazzi riescono a mettermi il sorriso, grazie a loro mi
sento
più allegra.
Mi sento più leggera, sto tornando a vivere.
«La terapia finisce
oggi, possiamo continuare a fare terapie comunque»
«Non ne ho bisogno. Mia madre ha
detto
che la dovrei ringraziare..»
«Ho fatto il mio lavoro»
«E’ quello che ho detto
anche io, però
ci tenevo a ringraziarla per aver messo su MTV quel pomeriggio.
Mi guarda confusa, senza capire.
«Lasci stare..»
le sorrido.
«Stai meglio?»
«Sto bene.»
«Arrivederci, allora»
«Addio»
Mi
lascio alle spalle lo studio, definitivamente.
Ho passato tante ora là dentro, non voglio ripetere
l’esperienza.
Sono pronta a ricominciare.
Mia
madre è in viaggio per lavoro, solo sola a casa –
di
nuovo.
Stavolta scelgo di non passare il pomeriggio buttata sul divano,
preferisco
uscire.
Esco di casa e il sole mi colpisce il volto, riscaldandomi.
È una bella
giornata.
Mi dirigo al parco e la mia attenzione viene catturata da un volantino
attaccato malamente con lo scotch su un palo.
Mi avvicino e riconosco subito chi sono i ragazzi nella foto. Lo stacco
e lo
infilo nella mia borsa, l’avrei attaccato in camera.
«Ehi, che stai facendo?»
mi volto
verso una ragazza che m’ha affiancato.
«Io..» da tanto
tempo non parlavo
più con una persona che non fosse mia madre o la dottoressa.
Mi ero disabituata
ad avere una vita sociale.
«Aspetta! Sei una Directioner?»
annuisco.
«Allora sei perdonata! Piacere di
conoscerti!»
Un’amica.
Da quanto non ho un’amica?
Una cosa in più per cui ringraziare i Ragazzi.
«Ma tipo, i One
Direction fanno una signing fra due settimane, qui.»
«Prepara il cd, sono disposta ad
accamparmi davanti a dove la fanno giorni prima pur di vederli»
dico
sicura.
L’attesa
è inversamente proporzionale al passare del tempo:
più vuoi qualcosa, più tutto sembra rallentare.
Due settimane, trecentotrentasei ore, ventimilacentosessanta minuti.
La sabbia nella clessidra tuttavia continua a scendere.
Il giorno arriva.
«Okay, siamo fra le
prime. Sai cosa significa?» mi dice la mia amica
con voce emozionata.
«Li vedremo» mi
trema la voce, ho i
brividi.
«Spero di non collassare davanti a tu-sai-chi» si
riferisce al suo
preferito, sorrido.
«Ti
capisco, spero lo stesso»
Adoro tutti i ragazzi, ma poi c’è lui.
Il ragazzo che mi fa sciogliere
e
battere il cuore, la cui voce mi fa
commuovere e tremare
e la cui assenza mi fa star male.
E’ possibile innamorarsi di una persona senza averla mai
vista dal vivo?
E’ possibile sorridere quando quella persona sorride?
Sì? No? Forse?
Perché io credo davvero di amarlo.
«Sai, vorrei che tu mi parlassi di
te e
di Loro. La mia storia la sai, voglio conoscere la tua»
non amo parlare di
me, la guardo negli occhi.
E’ mia amica, scelgo di dirle tutto.
«Ho sofferto di anoressia, sai? Mi
guardavo allo specchio e quello che vedevo non mi piaceva, mai.
Così ho –
stupidamente – pensato che, se fossi dimagrita, mi sarei
piaciuta di più, anche
perché sarei risultata invisibile e non mi sarei sentita
continuamente
giudicata. Ho smesso di mangiare.
Ho perso peso, mi sono persa.
Senza cibo non si vive, sono finita in ospedale e mia madre mi ha
spedita da
una psicologa. Ho fatto un anno di terapie, sinceramente non sono
servite
praticamente a nulla. Ho avuto un problema, me ne sono resa conto.
Tutto era
nato a causa mia, perciò non sarebbe stata una donna
laureata a farmi
‘guarire’. Un pomeriggio aspettavo
l’inizio della seduta e hanno passato “what makes you beautiful” alla
televisione.
E’ stato un colpo di fulmine, credo.
I cinque mi incuriosivano, erano il mio opposto: allegri, pieni di
vita, dolci,
simpatici.. così insomma. Capisci no?
Ho comprato il cd, ascoltato le canzoni.
Boom: amore.
Mi hanno aiutato a superare la mia negatività, la mia pesantezza.
Mi fanno sentire bella, speciale.
Prima di loro nessuno ci era riuscito»
Finisco il mio monologo, lei mi guarda sorridendo e mi abbraccia.
«Meriti di
vederli. Ti voglio bene»
La
gente davanti allo studio dove si terrà la signing
è
aumentata a dismisura, ci sono un sacco di persone.
Ho conosciuto ragazze simpatiche, chiacchieriamo tranquillamente.
Fra loro sto bene, mi sento a casa.
«Ehi» la voce
della mia amica giunge emozionata alle mie orecchie.
«Guarda! »
indica l’entrata, una
guardia sta aprendo le le porte.
Il
mio cuore, batte forte. Sembra voglia uscire dal mio
petto. Fuori controllo. Respiro si affanna.
Il mio sogno.. il mio sogno sta diventando realtà.
Entriamo.
Eccoli lì, seduti su un tavolo lungo.
Stanno ridendo, inconsapevoli dell’effetto della loro risata
su di me, su tutte
noi.
Le prime avanzano, lanciando qualche urletto emozionato e porgendo i cd
da
autografare.
Tocca
a me, stringo la mano della mia amica.
Porgo il cd tremando, sussurro un ‘grazie’ che
viene accolto da loro con un
sorriso.
Il ringraziamento non è solo per la firma sopra al disco,
racchiude molto
altro.
Loro non lo possono sapere, non importa.
Sul
retro del cd compaiono le scritte dei quattro ragazzi,
ora manca l’ultimo.
Ora manca lui.
Il mio cuore è fuori controllo, il respiro è
affannato.
Insicura gli do il cd, lo prende e mi sfiora la mano.
Brividi, brividi, brividi.
Alza lo sguardo e arriccia gli angoli della bocca
all’insù.
Mi perdo nei suoi occhi.
I suoi occhi..
È bello, dio se è bello.
E poi dicono che la perfezione non
esiste.
La vista mi si appanna e le gambe tremano.
Mi riconsegna il cd, per un attimo le nostre mani vengono a contatto.
La pelle in quel punto inizia a bruciare.
Non mi sono mai sentita così in tutta la mia vita.
Dopo tanto tempo mi sento pienamente felice, senza riserve.
Sto bene.
Mi guarda ancora e mi sorride.
“...Right now I’m looking
at you
and I
can’t believe, you don’t know,
you don’t know you’re beautiful,
But that’s what makes you beautiful”
«Ciao bellissima»
*
* *
NdA:
eccoci alla fine.
Intanto ringrazio tutte quelle che sono arrivate fino a qua, thanks!
Era da tanto che volevo scrivere qualcosa sul tema che ho trattato,
oggi
finalmente ho avuto un po’ di tempo, detto fatto!
(questa OS l'ha dedico alla Ludo, il mio donno, visto che me
l'ha ripetutamente chiesto HAHA ♥)
C’è
tanto di me in questa storia, la parte dell’adolescente
complessata almeno,
ecco mi calza alla perfezione!
Non penso di essere l’unica ragazza con poca autostima.. se
avete notato nella
OS non ho fatto nomi, né della protagonista, né
della sua amica, né del ragazzo
che le piace. Ho pensato che così avreste potuto
rispecchiarvi un po’ in quello
che ho scritto, poi non
so se ci sono riuscita o meno.
Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci ricordi che siamo belle a
volte, no?
A me non succede mai
LOOOOOOL quindi
grazie One Direction, se non ci foste voi kfwfwi.
Okay, penso d’aver concluso il mio lungo monologo (?)
Mi farebbe piacere sapere il vostro parere, ergo una recensione non
uccide
nessuno :3
Un bacio,
@xunleashedliebe