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Autore: Sacchan    02/03/2012    0 recensioni
Quando si usa il PAS IV per troppo tempo, la mente smette di sognare in maniera naturale e l'unico modo per sognare rimane proprio il PAS IV, questo lo sanno tutti coloro che lavorano nel settore. Ma un uomo come Arthur come potrebbe reagire alla consapevolezza che non potrà più sognare liberamente? [EamesxArthur]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non riesco più a sognare.”
Eames aveva aspettato quel giorno, si era anche preparato –o almeno così credeva-, ma quando si voltò verso l’entrata della cucina e si trovò di fronte Arthur, comprese di non essere minimante pronto a quella discussione.
E pensare che era perfino una mattinata luminosa, una di quelle mattine in cui ti svegli di buon umore e sei sicuro che la giornata andrà bene solo perché il cielo è limpido, ma evidentemente quella giornata non sarebbe andata bene. Almeno, non per loro due.
Arthur non si era neanche vestito prima di scendere nella piccola cucina di quella piccola casa dublinese, aveva indosso solo una t-shirt grigia e un paio di boxer di qualche tonalità più scura, e se uno come Arthur non si era reso impeccabile prima della colazione significava solo che era più scosso di quanto la sua espressione spaesata potesse mostrare.
“E qual è il problema?” domandò Eames con una scrollata di spalle. In realtà anche lui era preoccupato, ma il suo compito era di essere forte, visto che Arthur non era nelle condizioni di esserlo.
Arthur lanciò un occhiata incredula all’altro, poi scosse la testa ricordandosi che di fronte aveva Eames e che ragionare con lui sarebbe stato difficile, se non inutile. Si lasciò cadere su una delle sedie intorno al piccolo tavolo e non disse una parola.
“Arthur.” La voce di Eames divenne più gentile,ma rimase ferma e decisa. Incrociò le braccia sul petto e si appoggiò al lavello. “Ti avevo detto che sarebbe successo a breve, che stavi mostrando tutti i sintomi…”
“Ti pare proprio il momento di uno dei tuoi discorsi il cui senso è solo un gigantesco ‘te lo avevo detto’ ?” domandò seccato Arthur, interrompendo il discorso con un cenno frettoloso della mano.
“Non era uno di quei discorsi.” Si difese il forger freddamente. Arthur era davvero insopportabile di prima mattina anche normalmente, doveva aspettarsi che fosse intrattabile in un caso del genere.
“Sembrava.”
Eames buffò, ma non aggiunse nulla ricordandosi che doveva essere lui quello forte, almeno in quella situazione, almeno per una volta. Doveva esserlo per tutte le volte in cui lo era stato Arthur. Tornò a fronteggiare il lavandino e prese una tazza da uno degli scaffali e la riempì velocemente con del caffè. “Tieni.” Mormorò appena posando la tazza sul tavolo di fronte ad Arthur, prima di sedersi a sua volta dal lato opposto.
Il point man prese la tazza con entrambe le mani, indugiando sul calore che poteva percepire attraverso la ceramica. Fece attenzione a non alzare mai lo sguardo su Eames, consapevole che se lo avesse fatto o sarebbe scoppiato a piangere o avrebbe iniziato a litigare con l’altro.
Eames aspettò pazientemente che Arthur si calmasse, o che almeno i suoi tornasse a mostrare un bagliore della solita sicurezza e smettessero di essere quelli di un bambino spaventato a morte da un incubo. Quella similitudine per poco non lo fece sorridere: era decisamente buffo che Arthur fosse spaventato per la mancanza di sogni e non qualche incubo.
Il caffè era ancora caldo, segno che Eames non si era svegliato da molto tempo, e quando il primo sorso scivolò giù lungo la sua gola, Arthur si sentì meglio, come se la caffeina l’avesse svegliato da quel sogno senza sogni.
“Da quanto non sogni?” si costrinse a chiedere Eames, consapevole che non sarebbe bastata una sola notte senza sogni per convincere Arthur che non avrebbe più sognato e sicuramente una sola notte non sarebbe bastata per spaventarlo quasi a morte.
“Due settimane senza alcun sogno, ma i sogni hanno iniziato a svanire regolarmente quattro o cinque mesi fa. Svaniti, dissolti notte per notte.”spiegò Arthur senza alcuna allegria, tenendo ben stretta la tazza.
“Io non sogno da un anno.”confessò Eames poggiando la testa sul palmo della mano sinistra e fissando Arthur con apprensione. “Non è così male con il PAS IV, sai? Non capisco perché sia così importante sognare, per te.”
Arthur alzò finalmente lo sguardo su Eames e per un momento si pentì di non aver parlato con Cobb, il quale lo avrebbe ascoltato e che sicuramente non l’avrebbe giudicato.
“Perché dovrebbe essere così poco importante il fatto che non sogno più?”
“Perché con il PAS IV è la stessa cosa. Non ti accorgerai neanche della differenza.”
Arthur esibì un sorriso tirato e spostò lo sguardo sulla finestra e notò la limpidezza del cielo e i colori vivi che rendevano la grigia Dublino del giorno prima solo un ricordo. “Qual è il mio difetto peggiore, Eames?”chiese improvvisamente con naturalezza.
“La tua pignoleria.” Rispose il forger senza esitazione. Aveva sempre odiato come fin dal loro primo incontro Arthur lo aveva ripreso per ogni singola cosa: da una parola sbagliata all’abbinamento di camicia e cravatta.
Lo sguardo di Arthur, di nuovo su Eames, fu quasi assassino. “Non quello.” Sibilò lasciando intendere che non si sarebbe scordato di quella affermazione. “Quello che mi rinfacci alla fine di ogni lavoro.”
“Ah!” esclamò Eames allegro.”Non hai immaginazione!”
Lo sguardo di Arthur non cambiò, ma annuì prima di bere un altro sorso di caffè. “Già, non ho immaginazione. Sono un ottimo point man perché so costruire un sogno a regola d’arte, con una tecnica impeccabile. Mai di cuore, mai improvvisando.”
Eames annuì seppure non capisse con esattezza cosa c’entrava quella confessione nel discorso di poco prima.
“Perfino un uomo senza immaginazione come me riesce a trovare un po’ di libertà nei sogni.” Arthur fece una breve pausa. “Quando sogno la mia mente si scorda le regole e le imposizione che ho quando sono sveglio, quando sogno la mia mente fa quello che vuole con quel poco di immaginazione che ho. E’ vera libertà, Eames, quando sogno smetto di essere così impostato e così razionale.”
Il forger attese qualche secondo prima di replicare. “Con il PAS IV non sarebbe la stesa cosa?”
“No.” La risposta di Arthur fu immediata e sicura, degna risposta di un uomo che sa con sicurezza ogni cosa. “Con il PAS IV la mia mente è ancora sveglia. Posso creare qualsiasi scenario, è vero, raggiungere i livelli di un vero sogno, ma mai rilassarmi veramente.”
“E uno come te ha bisogno di rilassarsi.” Concluse Eames per l’altro e, finalmente, vide con chiarezza chi aveva di fronte: un uomo troppo razionale per poter rinunciare allo svago di un sogno, un uomo abbastanza stanco senza bisogno di rimanere vigile anche durante il sonno, un uomo che non voleva restare solo nella sua mente per poter sognare. Aveva di fronte Arthur. “D’accordo, capisco.” Affermò poco dopo e d’istinto allungò una mano per afferrare quella di Arthur quasi con prepotenza, in un gesto che voleva significare vicinanza e comprensione. “Allora non usare il PAS IV, è semplice.”
Arthur rise di cuore, anche se c’era ancora un ombra di paura in quel suono. “Quanto vorrei fosse così.” La risata si spense subito. “Dimmi Eames, quanto sei stato senza sognare prima di ricorrere al PAS IV?”
“Un paio di giorni, poi mi sono annoiato.” Eames scrollò le spalle.
“Annoiato?” Arthur rimase confuso da quell’affermazione. “Giustamente. Sei un forger, senza sogni non hai modo di divertirti.” Per quanto dovesse suonare come una accusa, Arthur usò un tono gentile e, distrattamente, iniziò ad accarezzare la mano che stringeva la sua. “Ti ricordi com’è? Non sognare, intendo.”
“Senza sogni ti svegli la mattina con una bella sensazione di leggerezza, nessuna strana memoria di qualche strano sogno che ti tormenta per tutto il giorno rendendoti confuso.”
“No, sai che non è così. Non dopo il PAS IV, non dopo che la mente ha imparato a controllare i sogni nel sonno. Lo sai cosa c’è davvero a quel punto.”
“Arthur, tesoro.” Eames usò quel nomignolo senza neanche accorgersene mentre afferrava anche l’altra mano del point man. “Finirai per riuscire a dimenticare anche quello una volta sveglio…”
“Scordare il buio?” chiese Arthur guardando Eames negli occhi. C’era ancora paura negli occhi di Arthur, così come nella sua voce. “Scorderò l’impossibilità di pensare qualsiasi cosa?La sensazione di essere imprigionato nel mio stesso subconscio, inghiottito nell’oscurità totale? Scorderò il silenzio? Scorderò il nulla?”
“Diventerà una abitudine.” Il forger cercò di sorridere sena riuscirci. Ricordava benissimo l’oppressione data dal ricordare perfettamente una notte passata in un buio senza sogni. “Di notte in notte ti sembrerà che il tempo passato nel buio si accorci e lentamente la tua mente smetterà di ricordare quella sensazione al mattino e ti sembrerà solo di esserti svegliato qualche minuto dopo esserti addormentato.”
Arthur annuì cercando di credere nelle parole di Eames, di fidarsi, anche se si chiese come avrebbe passato i restati mesi, o addirittura anni, prima che la sua mente si abituasse a quella situazione. Ma voleva fidarsi di Eames, perché fidarsi di Eames era la cosa più irrazionale che gli restava.
“Dovresti andare a vestirti, ora.” Consigliò Eames con delicatezza, rompendo il silenzio sceso tra loro.
E solo in quel momento Arthur si ricordò di come era vestito e realizzò che, per una volta, era Eames, con addosso una orribile camicia prugna e un paio di semplici pantaloni neri, a fare bella figura tra i due.
“Forse dovrei, sì.” Con riluttanza tolse le mani dalla presa del forger e si alzò dalla sedia, già domandandosi cosa avrebbe indossato. Un modo come un altro per scordare il buio.
“Arthur!” Eames chiamò, correndo letteralmente dietro all’altro, come colto da una illuminazione.
“Si?” il point man si fermò a metà della scalinata che portava al piano superiore con la camera da letto e si voltò per trovare l’altro già con un piede sul primo gradino.
“E’ per questo che mi hai voluto qui a Dublino con te? Perché tu sapevi che stava accadendo, vero?” domandò Eames velocemente e con una punta di incertezza.
Arthur sorrise per un breve istante per poi annuire. “Avevo bisogno di te per superare l’impatto.” Perché Arthur sapeva che sarebbe stato orribile svegliarsi una mattina e rendersi conto di aver perso anche l’ultimo briciolo di immaginazione.
“Perché non Cobb?” domandò ancora il forger, sempre più incerto e anche sempre più trepidante. “Lui non sogna da molto tempo e lo sai con certezza, mentre non potevi sapere che io ho smesso di sognare. E poi lui ti ha insegnato quasi tutto quello che ai, poteva insegnarti anche come affrontare questa cosa…”
“Cobb mi avrebbe ascoltato, sì.” Concordò Arthur scendendo gli scalini percorsi poco prima. “Ma non avrebbe capito le mie motivazioni.” Si fermò di fronte ad Eames e ne studiò il volto, roteando gli occhi in un gesto divertito quando notò quanta incertezza stava provando l’altro. “Lui non si sarebbe mai preoccupato per me, mi avrebbe detto di abituarmi al PAS IV, senza mai chiedermi come stavo.”
“Io invece mi sono preoccupato,eh?” per un momento Eames sembrò arrossire.
“Tu…” Arthur cercò con cura le parole mentre le sue mani andarono a sistemare il colletto della camicia del forger in un gesto meccanico –per qualche ragione Eames riusciva sempre ad avere qualcosa fuori posto nel complesso della sua immagine- “Tu sai sempre quando sono debole. E sai sempre come farmi reagire.”
“Non può essere.” Il sussurro incredulo di Eames tonò completamente con la sua espressione soddisfatta. “E’ arrivato il giorno in cui parliamo dei tuoi sentimenti?!?” Perché se non era quello, allora non riusciva ad immaginare quando Arthur si sarebbe deciso a riprendere la discussione lasciata più o meno inconclusa davanti ad una finestra. E qualcosa, forse la vulnerabilità che leggeva sul volto di Arthur, sembrò riportare Eames davanti a quella finestra, a quel preciso momento in cui tutto sembrava quasi perfetto tra loro.
“Ovvio che non lo é.” Sentenziò Arthur facendo svanire l’atmosfera di quel momento. “Se avessi voluto parlare dei miei sentimenti, ti pare che ti avrei fatto dormire sul divano?”
Eames imprecò mentalmente contro il sorriso sardonico sulle labbra del point man “Ti odio.” Sbuffò poco convinto.
“Oh, quindi ora stiamo parlando dei tuoi sentimenti?” chiese Arthur divertito.
La prospettiva di parlare dei suoi sentimenti –non che li avesse mai tenuti troppo nascosti- terrorizzò Eames. “Ma non eri scombussolato perché hai smesso di sognare?”
“Sì.” Dovette riconoscere Arthur. “Ma sai, tutti i sogni e le sensazioni che hanno creato svaniscono al mattino e tutto torna ad essere come se nulla fosse successo.” Si strinse nelle spalle prima di tornare a salire le scale. “Probabilmente domani mattina mi sveglierò di nuovo spaventato per tornare normale qualche minuto dopo.”
Eames rimase ai piedi della scala, chiedendosi per quale ragione aveva creduto che un uomo razionale come Arthur potesse rimanere spaventato da un non-sogno per più di un’ora.
  
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