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Autore: secretdiary    02/03/2012    1 recensioni
Ho scritto questa breve One Shot dopo aver visto il film 'War Horse' e dopo essermi rivista per l'ennesima volta la seconda stagione di 'Downton Abbey'.
Gli ultimi pensieri di un soldati inglese in trincea, durante la Prima Guerra Mondiale.
Questa storia non ha alcuna pretesa.
Una volta terminato di vedere 'War Horse' semplicemente la mia mano tremava, desiderosa di scrivere, ed così è nata.
Spero comunque che vi piaccia!
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Piccola annotazione prima di iniziare:
Cari lettori, innanzitutto vi ringrazio per aver aperto questa storia e per aver scelto di spendere un po' del vostro tempo per leggerla.
Vi rubo solo un paio di righe prima di lasciarvi al racconto: è finalmente uscito il mio primo romanzo.
Ora, finalmente, sono un'autrice pubblicata.
Se amate le storie fantasy, nel campo destinato al mio profilo, trovate tutte le informazioni relative al romanzo.

Grazie per l'attenzione ;)
Buona lettura!!
Bisous *-*

Siate eroi

«Siate eroi» continuava a ripeterci il comandante, all'infinito, come se quella frase echeggiata potesse infonderci coraggio, come se potesse farci sentire orgogliosi di ciò che facevamo.

Essere eroi.

Come potevamo sentirci tali?

Che eroismo poteva esserci nel rubare la vita ad un altro uomo?

Quale uomo si sentiva fiero a guardare negli occhi un altro soldato, perfettamente identico a sé, con l'unica differenza della divisa indossata, e ucciderlo?

E vedere quegli occhi velarsi, fino a divenire vitrei abissi di un corpo senz'anima.

In quello sguardo non c'era mai odio.

Non c'era odio nel guardare colui che era la causa della tua morte, delle lacrime di tua moglie, della disperazione dei tuoi figli.

Semplicemente perché un soldato morente sa perfettamente che la situazione poteva essere invertita.

Sa che potevi esserci tu al suo posto e che lui poteva essere la figura che impugnava la baionetta e aumentava il numero delle vittime di questa guerra.

La Grande Guerra.

Grande è un termine che non merita di essere associato agli orrori dei campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale.

Grande riporta alla mente qualcosa di magnifico, titanico sì, ma assolutamente non descrive la mia guerra.

Io avrei usato termini più brutali, termini schietti che forse non sarebbero piaciuti a chi leggeva il giornale senza avere legami diretti con coloro che la guerra l'avevano vissuta.

La Lacerante Guerra.

La Straziante Guerra.

La Guerra degli Orrori.

Credevo di conoscere la sofferenza, ma in trincea mi ero reso conto di quanto mi fossi sbagliato.

Quanta importanza avevo dato ad eventi negativi; quanto poco avevo apprezzato le piccole cose.

Quelle piccole cose per le quali ora pregavo.

Una notte tranquilla.

Silenziosa.

Senza il continuo rombo, frastuono dell'artiglieria nemica che ora era divenuto la colonna sonora della mia vita.

Sono in piedi, davanti alla scaletta, pronto per correre alla cieca nella Terra di Nessuno nel disperato e folle tentativo di conquistare la trincea nemica.

Il sergente tocca sulla spalla il soldato alla mia destra.

«Spara a chi torna indietro» gli ordina.

Il soldato mi guarda negli occhi.

Capisco che preferirebbe essere al mio posto, preferirebbe scommettere la sua vita a quel gioco d'azzardo piuttosto che essere al sicuro e dover giustiziare i suoi stessi compagni.

Non riesco a sostenere il suo sguardo e poso i miei occhi sulla scaletta di legno davanti a me.

Conto i pioli.

Ancora.

E ancora.

Sei.

Sei passi mi separano da quell'Inferno.

Per un istante chiudo gli occhi e rivedo le verdi brughiere di casa mia.

Rivedo mia madre intenta ad impastare il dolce.

Rivedo mio padre rientrare a casa con le scarpe infangate.

Rivedo mio fratello giocare con il cane.

Sorrido.

«Siate eroi!» ripete il comandante incitandoci a non avere paura.

Oltrepasso la trincea e mi ritrovo scoperto.

Sono in un deserto di fango.

Arti tranciati sono i soli ostacoli alla mia folle corsa.

Mi sento solo, come se fossi l'unico uomo in un deserto di ghiaccio.

Non fa freddo, ma è ciò che percepisco io.

Ci sono altri soldati che corrono, mi superano, rimangono indietro, ma non riesco a sentirli.

Voglio solo far smettere tutto questo.

Voglio il silenzio, voglio vedere un sorriso sincero accogliermi.

Voglio un mondo di uomini, non un mondo di potere.

Sono nelle mani dei miei nemici.

Non riesco però a chiamarli nemici.

Non ho nulla contro di loro.

Io non so nemmeno perché sto combattendo.

Sono un eroe?

Sono un eroe perché ho lanciato una granata in una trincea che ha mietuto vittime tra i miei amici?

Sono un eroe perché ho ucciso?

No.

Sono un eroe perché sono morto a pochi metri dalla trincea avversaria?

Alla mia famiglia verranno inviate una medaglia e il mio diario.

Non sapranno mai che non ho sparato ad un soldato nemico che mi dava le spalle.

Mi considereranno un eroe perché ho ucciso, perché sono morto per la Patria.

Non verrà mai menzionata la mia umanità.

Non siamo eroi.

Siamo uomini.

   
 
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