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Autore: i hear the bells    04/03/2012    2 recensioni
Nessuno può sconfiggere il male, né tanto meno scappar via, perché ovunque andrai lui t'inseguirà, come l’ombra del nostro passato, la luce del mattino, l’oscurità della notte...
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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note: prima di iniziare, volevo dirvi che questa One shot è stata scritta durante la seconda stagione, in origine era stata ideata per un contest di Halloween, però ho deciso di postarla anche qui sperando che possa piacervi. Buona lettura...

The Enemy

Quante stelle ci sono? Dieci? Cento, mille, un milione? Da piccola fissavo il cielo immaginando un lungo tappetto nero illuminato dai sorrisi degli angeli, quando avevo otto anni volevo raggiungere la luna e sfiorare con le punta delle dita il cielo, adesso guardo lo stesso cielo che per lunghe notti mi ha tenuto compagnia tra sogni e delusioni e sento un grande freddo dentro all’anima, perché è tutto ciò che mi trasmette. Quel manto blu notte non è lo stesso di quando ero bambina, le stelle non sono più brillanti e numerose come prima e anche la luna, anche la luna sembra stanca del mondo, della gente. Sono sempre più convinta che la colpa sia nostra se il mondo fa schifo, è nostra se ogni secondo una persona muore ingiustamente, strappata dalla vita con violenza. Nessuno può sconfiggere il male, né tanto meno scappar via, perché ovunque andrai lui t'inseguirà, come l’ombra del nostro passato, la luce del mattino, l’oscurità della notte...
Mi svegliai di soprassalto, la fronte bagnata, il fiato corto, il cuore martellante, le mani tremanti e la paura che divorava pian piano ogni centimetro del mio corpo. Afferrai con forza la coperta e la gettai in aria, ancora spaventata da quell’incubo, andai in cucina. Avevo fisso nella mia mente l'immagine di mia madre. Mi stava chiamando, voleva dirmi qualcosa, ma più mi avvicinavo e più aumentava la distanza che ci divideva, correvo, correvo e non  riuscivo a raggiungerla. Volevo solo abbracciarla, dirle che le volevo bene e che mi mancava terribilmente, che non ero ancora pronta a lasciarla andare, perché io ero la sua bambina. La stessa bambina che da piccola quando cadeva e si sbucciava il ginocchio accanto a lei ritrovava il suo papà e la sua mamma. Che con una carezza e un bacio smetteva di piangere e perfino il dolore andava via, bastavano quelle semplici parole di papà “Adesso passa, tutto passa, arriva la fatina delle bambine buone e soffia la polverina magica” e allora perché quel dolore non passava mai? Dov’erano finiti i baci e le carezze, le fatine e la polverina magica? Respinsi la delusione e la tensione con una tazza di cioccolata calda, il miglior rimedio per annientare la tristezza. Improvvisamente udii la mia ninna nanna, la tazza che avevo in mano scivolò dalle mie dita andando in frantumi. Lasciai i pezzi sul pavimento della cucina e mi avvicinai lentamente al salone, era da lì che proveniva la musica e pure era tutto incredibilmente ordinato e a suo posto, niente sembrava mosso e la voce di mia madre fu sostituita da una figura.
“Jeremy?” Non rispose nessuno, mi accostai all’uscio della porta avvicinandomi ulteriormente alla figura scura. Intravidi una chioma di capelli castani, erano lunghi e ondulati, i lineamenti del viso seppur nascosti dai capelli che ondeggiavano al vento, erano femminili e delicati. “Mamma?” domandai in preda a un attacco di commozione. Quella vita mi aveva insegnato che niente era impossibile, e perché mai rivedere mia madre in carne ed ossa, doveva essere impossibile o frutto della mia fantasia? No. Lei era lì di fronte a me, sorrideva bella come sempre.
“Mamma? Ma per favore… devo ammettere che è stato uno spasso prendermi gioco di te. Sei così vulnerabile Elena”  le mie speranze si spezzarono non appena il volto angelico e bellissimo di mia madre si trasformò in una creatura mostruosa e viscida.  La sua risata riecheggiò in tutta la stanza con un suono così rivoltante e irritante. “Chi s-sei?” solo allora notai che avevo ripreso a tremare, non era da me balbettare.  “La domanda è: cosa voglio da te? E-Elena” pronunciò il mio nome imitando la mia voce spaurita. Cercai di urlare aiuto, ma le parole rimasero bloccate in gola, risucchiate da sabbie mobili. “E’ inutile, nessuno ti sentirà. Nessuno” . Aveva ragione, ma solo perché non potevo urlare né muovermi, ero bloccata in una specie di scatola invisibile fatta su misura per me.  Urlai, scalciai e presi a pugni il muro che m'impediva di muovermi e mi resi conto che le parole che pronunciavo non restavano bloccate in gole, ma erano rinchiuse in quella scatola invisibile esattamente come me. In un lampo il mostro si rifugiò dietro di me, percepivo il suo respiro affannoso sulle mie spalle, le sue unghie o meglio i suoi artigli affilati mi sfioravano il viso e i capelli. “Dimmi come ci si sente a essere imprigionati in un guscio invisibile senza aver fatto nulla? Che cosa provi a sapere che nessuno può venire a salvarti?” Con un movimento rapido mi liberai dalla sua presa, impugnai il ciondolo che mi aveva regalato Stefan e con tutta me stessa cercai di spostarmi da quel luogo, doveva essere solo un'illusione ottica, solo un'illusione, nessuno poteva tenermi a guinzaglio in casa mia. Quella era la mia casa, il posto, dove ero cresciuta, dove avevo condiviso ricordi ed eventi con persone che mi amavano e che io amavo e che per niente al mondo mi avrebbero fatto del male. Mi concentrai sui ricordi più belli, sull’amore che provavo per Stefan e che nutrivo per Damon, non volevo ammetterlo per paura e lui questo lo sapeva, Damon capiva meglio di me ciò che voleva il mio cuore ed io, io non potevo capire se il mio amore verso di lui era più grande e potente di quello che provavo per Stefan, ma lui per me era importante, più di quanto credessi, più di quanto volessi. Aprii gli occhi e ritrovai quelli di Damon, illuminati dalla luce della luna, erano meravigliosi e magnetici. Prese per il collarino della camicia il mostro (?) che in un baleno assunse le forme di un umano e lo trascinò fuori di casa. Avevo ancora il cuore in gola quando Damon mi abbracciò. Stretta tra le sue braccia, stranamente ripresi a respirare normalmente, ma il cuore continuava a battere forte, forse provocato dal contatto con la sua pelle. Mi sentii un po’ in colpa e leggermente a disaggio per non volermi staccare da lui. “Chi era quel...” non sapevo neanche cosa fosse “un vecchio nemico di famiglia, un vampiro. Gioca a fare l’illusionista con le persone innocenti”, un nemico dei Salvatore che però voleva vendicarsi con me “Non mi sembra solo un semplice nemico, quel essere era pieno di rancore e odio. E poi perché prendersela con me?” Damon mi accarezzò i capelli sospirando, mi allontanai per guardarlo meglio negli occhi: erano letteralmente seri e terrorizzati. “Quel vampiro voleva far soffrire me, compiendo del male alla persona che più amo” scosse la testa e affondò il viso tra le mani, non era da lui comportarsi così, non aveva mai tentato di nascondere le sue emozioni o perlomeno non ci era riuscito abbastanza. Intrecciai le mie dita sulle sue e pian piano le sollevai dal viso. “Grazie per avermi salvato” non potevo utilizzare parole più stupide  e sdolcinate “Mi stai chiedendo grazie per aver messo in pericolo la tua vita?  Non dovresti ringraziarmi, io non ho fatto nulla” la sua voce era dura e fredda, era realmente avvelenato dall’esistenza, ma perché doveva ferirmi, quando sapeva che per me non era facile stargli così vicino? Perché doveva rendermi ridicola proprio adesso che avevo accettato i miei sentimenti? Una lacrima involontaria rigò il mio viso ricoprendolo di umiliazione “Sì invece. Ti sto chiedendo grazie perché ogni volta che ho avuto bisogno di te, tu c’eri. Ti sto chiedendo grazie perché ora ho il coraggio di dirti che in questo momento voglio stare con te, voglio seguire le mie sensazioni e non le lascerò reprimere dalle mie paure”   senza rispondermi circondò i miei fianchi con le sue braccia e mi baciò nel buio della notte riscaldandomi l’anima.
  
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