Allora grazie a Adrienne
Buovier, a Uriko, Paddina e Fefe (loro tre recensiscono sempre e per questo le
ringrazio.. E Fefe.. Come faccio a dimenticarmi di te??), poi ringrazio Bebe e
Keike, Carlottina e Chicca. Vi ringrazio per aver letto il primo capitolo e vi
chiedo umilmente scusa per il ritardo che, purtroppo, non sarà l’ultimo. Ho
problemi al pc e una mia amica mi aiuta nella battitura dei capitoli, quindi non
potrò aggiornare costantemente. Chiedo umilmente perdono.
Vi ringrazio anche di aver accolto amorevolmente Edith. So che è molto
scontrosa. Forse troppo. E il fatto che non sia dispiaciuto il suo
comportamento, mi ha reso felice.
Spero che il prossimo capitolo vi piaccia. E di riuscire a scrivere almeno
qualche capitolo in più questi giorni. E che vi appassionino, come credo, abbia
fatto il primo.
Un bacio grande a tutte.
Niniel 82.
Capitolo 2: I casi del
destino.
Brian Stephenson era un uomo abituato ad ottenere
sempre tutto quello che voleva. Ed Edith fu di sicuro una delle sue prede più
ambite.
Si conobbero durante un'intervista, la terza della giovanissima Edith per la
rivista Vanity Fair, che la ragazza doveva fare al figlio del magnate Edward
Stephenson.
Tra loro non nacque subito l’amore. Edith, sempre molto forte e decisa e
parecchio realista, prima di innamorarsi di qualsiasi persona, valutava sempre i
pro e i contro, ferma nella sua decisione che la sofferenza, specialmente
quella per amore, sia solo una perdita di tempo. Sia che la dovesse subire sulla
sua pelle che su quella del partner.
Così, per ben un anno, Edith e Brian vissero una bellissima amicizia finché,
un giorno il cellulare di Edith squillò.
Era Brian che la invitava a passare tre giorni a Parigi.
E visto che nessuna donna sana di mente rifiuterebbe un invito del genere,
Edith accettò.
Così dopo aver passato un romantico fine settimana Brian, in un ristorante con
vista sulla Torre Eiffel, le chiese di diventare la sua compagna…
Il resto è storia.
I due cominciarono ad uscire assieme fino a che la stampa colse in flagrante i
due che non poterono più nascondersi e dovettero ammettere la loro relazione.
E le cattiverie cominciarono a piovere dal cielo.
Infondo non si può essere belle, ricche e famose e stare anche con un
miliardario che ti da tutto quello che vuoi senza batter ciglio. Naturalmente qualcuno inizierà malignare su di te. Perché la natura umana è questo infondo: non ammettere mai che qualcuno merita ciò che ha ottenuto lavorando duramente. In particolar modo se si è la compagna di un uomo ricco e prepotente come Brian Stephensons
Edith arrivò nella sua casa situata nella zona uno, vicino a Piccadilly.
Appena chiuso l’uscio alle spalle poggiò la borsa e piegando appena le gambe
tolse le vertiginose decolté bordeaux, camminando scalza per il salotto.
Poi si avvicinò alla segreteria e l’accese.
[Questa è la segreteria telefonica di Edith Norton. In questo momento non sono
in casa. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico. Appena possibile vi
richiamerò]
Edith, dopo aver sentito che c'erano due messaggi, aveva riavvolto il nastro e successivamente aveva cominciato a caricare
qualche vestito nel trolley, ascoltando le chiamate registrate sulla segreteria.
“MESSAGGIO NUMERO UNO” annunciò la voce metallica della segreteria.
“Edith. Piccola. Sono Rachel. Ti devo dare una notizia pazzesca. Sei la prima a
saperlo... La Saatchi ha accettato! Esporrò lì le mie foto. Dal 27 dicembre
2004 al 23 febbraio 2005. Non è grandioso? Appena puoi richiamami. Un bacio.”
Edith sorrise e mise della biancheria nella tasca più piccola. Rachel era la sua
migliore amica. E quel successo Edith lo sentiva anche un po’ suo. Un po’
perché conosceva Rachel da quasi dieci anni; un po’ perché aveva fatto di tutto
per convincerla a mostrare le foto che aveva fatto durante il loro viaggio in
Afghanistan. Viaggio che tra l’altro ispirò un libro che scrissero a quattro mani e che
valse alle due parecchi premi nazionali ed internazionali.
Nel mentre sistemava ancora qualche cosa, la segreteria annunciò il secondo
messaggio con la solita voce metallica.
“MESSAGGIO NUMERO DUE”
“Edith! Sono Frank. Laura mi ha detto che eri molto arrabbiata per via
dell’intervista ad Orlando Bloom. Beh... Ti ho chiamato perché volevo farti
sapere che, per quanto può sembrare strano, io non volevo affidarti quell’intervista.
È stata la manager di lui ad insistere affinché la facessi tu. So che dovevo
dirtelo prima, ma ti giuro, non ne ho avuto il tempo. Fammi sapere… Ciao.”
Edith sbuffò infastidita. Quella non era una chiamata sincera. Lo sapeva. Era un
tentativo piuttosto flebile che il boss usava per non ammettere che aveva fatto
una stupidaggine.
E con un mezzo sospiro, infastidita, cacciò con estrema forza i vestiti dentro
la valigia.
Poi, tranquilla, entrò nella camera, si spogliò e si avvicinò alla doccia. Una doccia rigenerante dopo la serata passata era il giusto premio che si meritava.
Si rilassò sospirando felice mentre il getto scendeva veloce riempiendo di piccole gocce
calde il corpo della giornalista, mentre il vapore tiepido saliva. Edith era priva di pensieri e con
gli occhi chiusi, come ogni volta che si concedeva un po' di relax, si abbandonò completamente a quel piacere, estraniandosi completamente dal mondo.
Poi, dopo aver asciugato il corpo e i capelli aprì l’armadio, per l’ennesima
volta, senza nascondere la sua nudità.
Aveva la certezza più che matematica di avere un bel corpo. E sapeva di essere
desiderabile. Infatti, molte volte, aveva usato questa sua dote per ottenere
qualche intervista.
Sono pochi a saperlo, ma un sorriso languido e uno sguardo dolce potevano
portarti molto lontano e aprirti altrettante porte, aggiunti ad una buona dose di tenacia.
Si preparò indossando un paio di jeans a vita bassa scuri, abbinando un golfo bianco
con il collo ad anello. Piegò i capelli e si truccò appena. Poi si mise a
sedere, leggendo un libro e rimanendo illuminata solo dalla lunga lampada che
stava vicino al divano dove era seduta.
Stavolta la sua attesa non fu lunga.
Ci vollero meno di cinque minuti prima che Brian si presentasse alla porta
di casa sua.
Madre americana e padre inglese, ricco e famoso.
I capelli di un biondo slavato e occhi non grandissimi e di un azzurro ghiaccio.
Alto, mascella squadrata e labbra fini, più una notevole altezza abbinata ad un
ottima prestanza fisica.
Questa era la descrizione di Brian, trentatreenne di successo, che quella sera
si presentò a casa di Edith avvolto nel suo impermeabile, appena bagnato dalla
fitta pioggerellina inglese, con un sorriso stampato sulle labbra.
“Sei pronta?”chiese quando Edith aprì la porta.
“Sì! Entra” rispose Edith baciandolo e dicendo piano: “La puoi portare tu giù la
mia valigia?”
“Certo” disse Brian dandole un altro bacio. “Fai in fretta. Giù c’è un taxi che
ci aspetta…”
“Prendo le chiavi e il portatile e sono da te” sorrise dolce Edith.
“Va bene” sorrise Brian sparendo dietro la porta, con la valigia di Edith
appresso.
La giornalista sorrise e prendendo le chiavi e il portatile uscì
dall’appartamento e chiuse la porta.
Parigi e un romantico fine settimana con il suo compagno l’attendevano.
Orlando entrò in casa sbattendo forte la porta d’ingresso.
Non solo quella giornalista non aveva fatto altro che indisporlo per tutto il
tempo, trattandolo come un perfetto idiota. No!
Si era presa anche il suo anello. E non uno qualsiasi. Quello che gli aveva regalato Peter!
Non si poteva definire arrabbiato. Era troppo riduttivo. Era furente. Nel vero
senso della parola.
Poggiò – o meglio lanciò – le chiavi sul tavolo e lanciò la giacca di renna
sulla sedia.
Fu allora che si accorse che nel salotto c’era qualcuno. E quel qualcuno era
seduto nel divano dal quale spuntava una piccola testa bionda.
Non poteva essere lei. Era lontana e non si sarebbero visti per un po', almeno per quello che aveva detto lei.
“Kate?” chiese lui stupidamente, cercanndo conferma a quello che vedeva. Gli mancavano solo le allucinazioni ed era apposto.
Ci volle poco perché Orlando capisse di non essere preda della pazzia. Kate Bosworth, bionda ancora per poco viste le imminenti
riprese di ‘Superman Returns’, a sorpresa era andata a casa del suo ragazzo storico.
“Hi! My love!” disse la giovane saltando in piedi e allargando le braccia,
mentre le labbra si allargavano in un perfettissimo sorriso che non celava il
forte accento americano."Ho corrotto il portiere e sono salita quando tu non
c'eri per farti una sorpresa" continuò dolce la giovane attrice.
Orlando, in un attimo, dimenticò la serata passata e corse ad abbracciare e
baciare la giovane ragazza.
“Ma non dovevi essere a Parigi?” chiese Orlando sorpreso.
Kate baciò languidamente il ragazzo, poi poggiando la fronte contro quella di
Orlando rispose mordendosi il labbro inferiore:
“Mi mancavi e ho approfittato di venire a Londra appena mi hanno dato qualche
giorno di ferie”
Orlando sorrise e baciando Kate e prendendola in braccio, stringendola forte a
se, mormorò:
“Bene! Ho molti arretrati da farti pagare... Ora tu vieni con me”
Kate urlò e quando Orlando la buttò sul letto, fu inutile fargli il solletico.
La passione, visto il lungo periodo di lontananza, avvolse i due giovani che
abbandonarono i giochi per assaporare la meritata intimità.
Edith scribacchiava qualche cosa sul portatile.
Stava seduta sul letto, un matrimoniale nella stanza 205 del Ritz, il famoso
albergo parigino anche per essere stato l’ultima meta del viaggio di Lady D
prima di morire.
La piccola lampada illuminava la parte dove stava la giornalista, che attenta e
veloce cominciava a intavolare il testo dell’intervista di Orlando Bloom.
Brian si mosse tra le lenzuola e dopo essersi svegliato, ammirò il corpo
statuario della compagna che nuda, seduta sul letto lavorava con il portatile poggiato sulle
gambe incrociate.
Si mise a sedere a sua volta e baciò la spalla della compagna, cercando così di attirare la
sua attenzione.
“Sto lavorando!” disse Edith scansandolo.
“Spiegami come puoi pensare al lavoro quando siamo al Ritz, a Parigi, lontani da
impegni di lavoro e dal caos di Londra.” finse di lamentarsi Brian baciandole il collo
stavolta.
Edith sospirò infastidita. Non sopportava di essere disturbata mentre lavorava e
si allontanò ancora un po’ dal compagno.
Brian sorrise e avvicinandosi di nuovo baciò il collo della compagna e abbassò
lo schermo del portile.
Edith risollevò il coperchio e alzandosi dal letto si mise a sedere nella
poltrona.
Brian la guardò contrariato e senza dire nulla, si vestì in fretta e uscì
sbattendo la porta.
Edith trasalì appena, ma continuò a lavorare.
Non era di sicuro il primo litigio con Brian, ma non sarebbe stato nemmeno
l’ultimo.
Orlando accarezzava la schiena nuda di Kate che abbracciava il cuscino
sorridendo al compagno.
“Mi sei mancata” disse Orlando baciandole la fronte.
“Anche tu” disse lei e accolse il bacio socchiudendo gli occhi.
Dopo, con un gesto veloce, spostò le coperte e andò in bagno, lasciando Orlando
da solo nel letto. E una volta entrata disse:
“Ti arrabbi se ti dico che sono a Londra anche per un altro motivo?”
Orlando, che si era messo a sedere nel letto, corrugando la fronte domandò mentre
sistemava il cuscino dietro la schiena:
“Perché credo che quello che stai per dirmi non mi piacerà nemmeno un po’?”
Kate sorrise e rispose:
“E fai bene a pensarlo”
“Viene tua madre dall’America per caso?” chiese preoccupato Orlando.
“No” rise Kate affacciandosi alla porta e facendo una smorfia al compagno. Poi
rientrando dentro aggiunse: “Conosci Brian Stephenson?”
Orlando si grattò la testa pensando e poi rispose:
“Chi? Il figlio di Edward Stephenson, il riccone?”
“Bravo” disse Kate “I miei sono stati invitati ad una festa che lui darà tra una
settimana e alla quale parteciperà tutta la Londra che conta.” e dicendo questo cominciò a
riempire la vasca.
“Immagina che bella festa!” disse ironico Orlando.
“Infatti” ironizzò a sua volta Kate. “Sai quelle feste fatte con gente
fintissima? Ecco queste sono le feste tipo di Brian Stephenson. Pensa che
trovare una persona che non parli solo di vestiti e di shopping lì è come cercare
l’acqua su Marte.”
I due risero. E Kate continuò immergendosi nella vasca.
“Quindi, la prossima settimana, il giorno prima che io torni a Parigi, mi devi
accompagnare a questa festa.”
“E cosa ci faccio io lì? Non sono nemmeno nobile!” disse Orlando contrariato.
“Quanti nobili credi ci siano, OB?” rise Kate.
“Tutti?” replicò ironicamente Orlando.
“Ti basta pensare solo che Stephenson senior, dieci anni fa, ha comprato il suo
titolo, con tanto di stemma... Ora, dopo aver costruito una fortuna dal nulla,
non solo vede fruttare i profitti dei suoi commerci, ma ritira anche una buona
uscita che ogni nobile, mensilmente, ritira” disse sdegnata Kate.
“Un poveraccio direbbe che piove sempre sul bagnato”sorrise Orlando.
“E non è finita” continuò Kate.
“A no?” chiese Orlando sollevandosi dal letto.
“Non solo sono ricchi sfondati. Non fanno nemmeno beneficenza. Né Stephenson
senior, Né Stephenson junior… E se lo fanno, lo fanno solo per loro tornaconto.
E Brian, è un viscido. Ha una fidanzata bellissima e ci prova con tutte, me
compresa.”ribatté Kate strofinando la gamba con la spugna.
Orlando, poggiato alla porta, guardando Kate immersa nella vasca disse:
“E allora sono costretto a venire a questa festa.. Sono un tipo geloso io e non
sopporto che ti diano troppe attenzioni senza il mio permesso...”
“Allora dovrò assumere una guardia del corpo” rise Kate.
Orlando guardò contrariato Kate e gettandosi nella vasca sollevò una grossa
quantità d’acqua, mentre Kate, ridendo, gridava:
“Lasciami.. Daiiii”
Edith mangiava tranquilla la sua porzione. I capelli biondi erano raccolti e ai
lobi spendevano i due pendenti che alla luce lieve del ristorante mandavano tiepidi bagliori arcobaleno.
Il vestito bellissimo nero di taffettà, doveva servire per incorniciare il finale di
una grande serata. Ma non fu così.
Nonostante Brian la guardasse sorridente, Edith non gli aveva ancora rivolto la
parola. Fu allora lui il primo a rompere il ghiaccio, dicendo:
“Sei ancora arrabbiata”
“Non dovrei?”chiese Edith sollevando appena il sopraciglio.
“Dai, dillo... Avanti. Sono sempre il solito avventato che non pensa a quello che
dice o che fa” rispose Brian incrociando le mani sotto il mento.
“Come se bastasse!” esclamò Edith attaccando un pezzo di insalata.
“Dai non puoi fare l’arrabbiata per tutta la vacanza…” rispose Brian prendendo
un tovagliolo e aprendolo lo poggiò sulle gambe.
“Vuoi mettermi alla prova?” chiese Edith ironica.
Brian sapeva che la minaccia della compagna non sarebbe caduta a vuoto e
correndo ai ripari, disse:
“Dai.. Mi da fastidio stare a litigare con te…”
“Prima mi è sembrato il contrario” disse Edith poggiando la forchetta e pulendo
le labbra con il suo tovagliolo.
“Armistizio?” propose Brian mettendo le mani avanti “Facciamo che per farmi
perdonare, domani ti porto a Versailles. Ti piace così tanto...”
“Non vengo” disse Edith risoluta.
“E invece si… Tu verrai…” sibilò quasi Brian che cominciava a perdere la pazienza.
“Non sono una dei tuoi dipendenti, sono la tua ragazza!” disse Edith tra i
denti.
Brian la guardò e sospirando disse:
“Tu non mi vieni incontro. Anzi… Non fai altro che mettermi i bastoni tra le
ruote, qualsiasi sia la cosa che voglia fare per noi due…”
“Sei tu che non mi vuoi capire…” disse Edith seria, guardando in faccia il
compagno. “Non puoi pretendere di scarrozzarmi per tutta l’Europa e aspettarti
che sia pronta a soddisfare i tuoi appetiti sessuali. Non sono un oggetto. E non
puoi trattarmi come tratti tutti quelli che ti circondano. Ribadisco! Non sono un oggetto.
E tanto meno, ti permetterò di trattarmi così.”
Brian la guardò e disse:
“Io voglio solo che tu sia felice. Sto dando anche una festa in tuo onore questo
mese...”
“Cosa!” lo interruppe Edith lasciando cadere la forchetta sul piatto.
Qualcuno nel locale si girò verso la coppia, guardandoli con fastidio per il
rumore. Brian, per evitare una scenata, corse ai ripari:
“Amore. Io volevo dirtelo in maniera diversa. Ma ho deciso di farti un regalo. E
una festa mi sembrava la cosa giusta…”
“A me non importa nulla delle tue feste e delle persone noiose che frequenti. Lo
vuoi capire che a me non interessa la vita mondana?”domandò Edith punta.
“Perché tu non devi difendere la tua immagine. Io sono un personaggio pubblico
cento volte più famoso di te…” disse Brian serio. “Martedì 13 novembre, nella
mia casa vicino a Oxford Street darò la festa in tuo onore. E ti voglio bellissima. E per farmi perdonare
ti farò anche un gran regalo...”
Edith sorrise e sollevandosi dalla sedia, sbattendo il tovagliolo sul tavolo,
disse:
“Continui a non capire. Io torno in camera...”e camminando velocemente lasciò
Brian da solo.
Quello che Orlando ed Edith non potevano sapere era che il destino, in quei
giorni, intrecciava ancora una volta le loro strade.
E che si sarebbero rivisti per merito dei rispettivi compagni.