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Autore: Heaven_Tonight    08/03/2012    44 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo uno

"Nella Terra dei Mille Laghi"


Uscendo dalla stanza la prima cosa che i suoi occhi misero a fuoco furono un paio di natiche femminili, tonde e sode, perfette e ambrate che le passarono davanti nella loro gloriosa nudità.

«Ah, eccoti! Buongiorno bella addormentata! Sei sveglia? Ti ho preparato il caffè, my Darling!» - disse la proprietaria delle natiche con voce trillante, gironzolando seminuda con indosso solo un microscopico asciugamano fucsia acceso.

Piccole gocce d'acqua ancora brillavano sulla schiena, segno che era appena uscita dalla doccia e da lì provenivano i gorgheggi che l'avevano svegliata poco prima.
«Umpfh.» - mugugnò dirigendosi rigidamente alla macchinetta del caffè.
«Prego!»- rispose ridendo Nur.

Nur era abituata al suo umore funereo mattiniero; la divertiva un mondo il fatto che lei invece non carburasse prima di mezz'ora dal momento in cui si alzava dal letto.
Nur che era sempre piena di energie e di vita, che faceva mille cose in una sola giornata, che aveva l'agenda piena di impegni, che non stava mai ferma.

Si stancava solo a guardarla: Nur era una hostess, quasi sempre in viaggio.
Quando trovasse il tempo per vedere gli amici che si era fatta in pochissime settimane al contrario di lei che invece, viveva lì da tre anni e le persone con cui comunicava si contavano sulle dita di una mano, era ancora da capire.
Di solito quando tornava a casa restava due giorni e poi ripartiva.
Quarantotto ore durante le quali Nur riusciva a fare quello che per lei era impensabile anche in una settimana intera.

Negli ultimi sei mesi le sue visite erano state sempre più rade: oltre che vitale era anche corteggiatissima e gli uomini le morivano dietro.
Tutti.
Indistintamente.
E come poteva essere altrimenti?
Era una donna stupenda: trent'anni ma ne dimostrava a stento ventitré.
Alta, con gambe chilometriche e affusolate, vita sottile e seni alti tondi e perfetti: se non fosse che l'adorava senza remore l'avrebbe presa volentieri a calci sui denti.

Di origini arabe, era stata adottata da una facoltosa coppia inglese, borghesi e ricchi; non avrebbe avuto bisogno certo di lavorare ma, come le aveva spiegato con semplicità quella volta in cui le aveva chiesto perché facesse la hostess, un lavoro sì affascinante ma decisamente stressante, le aveva risposto:
«Sono stata solo fortunata: nel mio Paese d'origine ci sono costantemente guerre, le donne sono costrette ad una vita che io non potrei neanche concepire, sono una “miracolata”! E sono grata ai miei genitori adottivi per tutto ciò che mi hanno dato, ma non farò la mantenuta solo perché posso permettermelo, e poi non riesco a rimanere ferma nello stesso posto per molto tempo.
Voglio la mia libertà. Voglio viaggiare, conoscere posti nuovi, gente nuova, voglio assaggiare le pietanze del posto.
Voglio nuotare in tutti i mari del mondo e vedere mille tramonti diversi. Voglio amare mille uomini e farmi amare da loro, voglio tutto dalla vita! È sbagliato?».

No, non lo era.
Ammirava la sua forza, la sua tenacia e il suo costante buon'umore, che non era affatto finto.
Era chiaro che scaturiva da una positività che aveva dentro, un sole che aveva e riusciva a scaldare chi la circondava.
Anche lei.


«Oh,non-essere-noiosa! Tu-e-il-tuo-fortissimo-e-imbevibile-caffè-ristretto-italiano-fatto-con-la-moka-perché-il-vero-caffè-è-solo-quello-fatto-con-la-caffettiera-napoletana-e-con-rigoroso-caffè-macinato-ovviamente-caffè-italiano

«Hai finito?» - borbottò Lou, alzando un sopracciglio.

Con aria di sfida prese dallo scaffale la SUA moka caricandola con il SUO caffè macinato che i familiari le mandavano dall'Italia e la mise sul fuoco, appoggiandosi al bancone per guardare la sua coinquilina che volteggiava per la stanza, prendendo da questa o quella borsa un paio di calze, un jeans, un reggiseno e lanciandoli disordinatamente sul divano verde.

«Quello che tu chiami caffè non è che brodaglia... e non chiamarmi Lucia.» - aggiunse minacciosa.

«È il tuo nome! È bello e ha lo stesso significato del mio: LUCE. Quindi è bello! - decretò girandosi a guardarla divertita – Ok, Lou! Va meglio? - si piazzò davanti alla finestra guardando fuori, con aria contrariata - Ma no, che disdetta! Sta iniziando a nevicare! Non è possibile!» – strepitò ad alta voce, dimenandosi.

I suoi conoscenti e amici lì in Finlandia all’inizio storpiavano il suo nome in “Lùcciiaa”, allungando le vocali o mettendo l’accento su quelle sbagliate, per cui avevano iniziato a chiamarla Lou, e lei si era abituata ad essere Lou, tornando ad essere Lucia, o Lù, solo quando era in Italia.

«La pianti di agitarti davanti a quella finestra? Finirai per perdere quello straccetto che usi per telo da doccia e rimarrai con le poppe al vento... farai venire un coccolone ai vicini, così. E chiameranno la buoncostume che arresterà me, perché tu nel frattempo, sarai già volata via! E inoltre vorrei farti notare che siamo in Finlandia, non in California. Ovvio che nevichi a marzo.»


«Uff, sono tutti dei vecchi bacucchi noiosi e mosci... tranne “Il Principe della Torre» - disse sognante. Spiaccicò il viso sul vetro per sbirciare in direzione del soggetto del suo ciarlare. - Davvero non l'hai mai visto di persona? Ma abita a 200 metri in linea d'aria da qui, com'è possibile? Voglio dire, io non ci sono quasi mai ed è normale che non riesca a vederlo, ma tu che sei sempre qui, non esci mai o quasi, se non per andare al lavoro o per fare la spesa, non l'hai mai incrociato? È inaudito!»- continuò d'un fiato.

Il Principe della Torre” altri non era che il famoso cantante degli H.I.M., Ville Valo, che abitava nello stesso quartiere, nella famosa torre gotica che attirava in ogni periodo dell'anno, orde di fan esagitate e pronte a fare pazzie pur di vederlo.
Normale che lui non si facesse vedere: a quanto pare non era un tipo molto socievole e lo dimostrava il fatto che davanti alla sua abitazione, sul cancello e nei dintorni, c'erano cartelli che invitavano a non avvicinarsi.
Lei in tre anni, da quando viveva nello stesso calmo e bellissimo quartiere, non lo aveva mai visto; ok che non era stata molto “presente” anche lei, era stata distratta da altro, pensò ingoiando a vuoto il solito groppo in gola. E come diceva Nur, non era una donna mondana e non usciva se non strettamente necessario.

«Ti ho già detto tante volte che non l'ho mai visto, neanche da lontano. So che esiste perché di sera le finestre sono illuminate, per il resto potrebbe essere benissimo una leggenda.» - rispose distratta, prese una tazzina dal mobile inspirando voluttuosamente l'aroma del caffè che iniziava a salire su per la caffettiera.

«Oh, è un tipo così affascinante, misterioso e mi piacerebbe conoscerlo!» - disse piano Nur, guardando sempre verso la soffitta, forse con la speranza che ne potesse intravedere l'abitante.
«Puoi provare ad andare a suonare alla sua porta così come sei adesso: sono quasi sicura che ti aprirebbe, sai?» - ribatté Lou, spegnendo la fiamma sotto la macchinetta, versando l’espresso nella tazzina che prese tra le mani cercando di scaldarsele con il poco liquido bollente che vi era dentro.

Si avvicinò alla sua amica, guardando il cielo carico di neve sorridendo tra sé.

«Uhm... sì, sono sicura anche io che mi aprirebbe! - rise compiaciuta – Oh, fatti dare un abbraccio: mi sembra un secolo che non ci vediamo!» - proruppe poi buttandole le braccia al collo con enfasi, rischiando di ustionare entrambe con la bevanda ancora bollente e le stampò un bacio sulla guancia.

«Ehi! Attenta...» - si lamentò fiaccamente Lou, sorridendo dolce, prendendosi l'abbraccio e il bacio.
Nur era vulcanica in tutto; anche nel dimostrare il suo affetto agli altri.
Era un donna fisica: toccava costantemente chi le era di fronte e se questi erano maschi la cosa quasi mai generava fastidio; prendeva le mani dell'interlocutore tra le sue, sfiorandone il braccio, o dando pacche sulle spalle.
Nur era così.
E Lou amava anche questo calore che sapeva dare, al contrario di quanto facesse lei.
Nur si fermò, fissandola intensamente, analizzandole le occhiaie, la faccia stanca e dal colorito spento, le labbra tirate, gli occhi bordati di rosso.

«Brutto sogno, eh?» - mormorò carezzandole la guancia con delicatezza.
Si scostò impercettibilmente chinando la testa, deglutendo a vuoto.
«Come sempre. Sto bene. Ho solo dormito poco e lavorato fino a tardi... - mormorò indicando con un cenno il quadro che era appoggiato al cavalletto – Dovrei consegnarlo per questo fine settimana ma sono indietro... non so se ce la faccio.»
«L'ho visto appena sono entrata, è bellissimo... come tutti i tuoi lavori! Riposati e vedrai che ce la farai a finirlo, Lou... - esitò un momento, restando in silenzio per qualche istante, poi continuò, vedendo che l'altra si era girata a guardarla per indurla a proseguire - Non è tornato alla carica, vero? Perché se così fosse gli spacco la faccia stavolta! Giuro!»- disse alzando la voce.

«No, non è tornato. - mormorò Lou – Ti dispiace se non ne parliamo? Non oggi, almeno...»
«Ok, come vuoi tesoro, ma se quel gran figlio di... di… torna, devi dirmelo! Lo strozzo con le mie mani!» - concluse tornando ad abbracciarla e carezzarle la schiena con vigore.
«Ok! - ridacchiò Lou, tornando a rilassarsi - Sarai avvisata, ma dubito fortemente che avrà il coraggio di farsi vedere di nuovo dopo lo spavento che gli hai fatto prendere l'ultima volta!» - replicò a bassa voce.
Il ricordo della sceneggiata che Nur aveva fatto al suo ormai definitivamente ex, era stata memorabile.
Era stata sul punto di temere davvero per lui e la sua incolumità: non era raro che Nur andasse in escandescenze, ma non l’aveva vista così arrabbiata e aggressiva, con nessuno, mai.



******






Si era trasferita in Finlandia con il suo fidanzato tre anni prima, durante l'estate.
Non aveva amato subito quel paese: tutt'altro.
Faticava ad ingranare con un modo di fare completamente diverso da quello cui era abituata in Italia.

Gli italiani casinisti, disordinati, allegri, vocianti.
E lei li amava per questo, anche se non seguiva propriamente le “tradizioni”.
Era sempre stata timida e di solito tendeva a rimanere in ombra rispetto alle sue amiche e così era stato anche con il suo brillante fidanzato.

Aveva conosciuto Andrea durante il primo anno di Università: lei frequentava l'Accademia di Belle Arti a Roma e lui, con scarso profitto la facoltà di giurisprudenza.
Era un bellissimo ragazzo: oltre il metro e ottanta, muscoloso e scattante, occhi neri e profondi, con lunghe ciglia, labbra ferme e virili, sorriso da malandrino sotto una schiera di perfetti denti bianchi.
Pericoloso, si era detta la prima volta che lo aveva visto, restando palesemente a bocca aperta e sconvolta dalla sua abbagliante perfezione.

Come quella di Nur, anche la famiglia di Andrea era ricca, per cui invece che studiare cercando di laurearsi il prima possibile, non faceva che passare da una festa all'altra.
Da una donna all'altra.
E proprio ad una di quelle famose feste lei lo aveva conosciuto.
A quei tempi era così diversa dalla persona che era diventata.
Curiosa del mondo e della nuova condizione di libertà che aveva, ora che conviveva con altri ragazzi, rispetto a quando invece abitava ancora con la sua famiglia - che consisteva nel padre, la madre e i due fratelli più piccoli di lei: la classica famiglia italiana da pubblicità - era stata trascinata nel vortice delle feste che organizzavano di continuo le varie facoltà.

Con i suoi coinquilini Simone e Mara, come lei in Accademia, era un correre sempre di qua e di là.

Aveva incontrato Simone ad una lezione di orientamento i primi giorni; lui l'aveva individuata subito nell'aula affollata e surriscaldata.
Le si era avvicinato sorridendo e con un sospiro si era lasciato cadere sulla sedia accanto alla sua, sbottando ed esordendo con voce alta : «Santo cielo, perché non aprono un po' quelle finestre? Qui dentro si muore di caldo e per il cattivo odore che aleggia...» - poi aveva allungato una mano elegante e liscia, prendendo quella di Lou senza attendere che lei gliela tendesse, stringendogliela con vigore.
«Ciao, io sono Simone. Sai che hai i capelli più fantastici che io abbia mai visto?
Sono stupefacenti... è il tuo colore naturale vero? Posso? - aveva continuato prendendole un lungo ricciolo tra le dita – Sono davvero belli... sembri una di quelle fatine dei libri illustrati che leggevo da piccolo!»

Lou era rimasta senza parole e lievemente sbalordita dalla sua parlantina, come se la conoscesse da una vita. Le si rivolgeva in maniera semplice e naturale; doveva essere abituato a fare amicizia con facilità al contrario di lei.
Affascinata dalla sua bellezza elegante ed eterea era arrossita e aveva mormorato un “sì” imbarazzato prima di ricambiare la stretta di mano con un sorriso, sbirciando timida i perfetti capelli biondo scuro, gli occhi grigi e il fisico asciutto e scattante del ragazzo che le sorrideva divertito.

«Oh... anche le fossette! Sei vera?!» - aveva esclamato lui ridendo, avvicinandosi al suo viso per esaminarla meglio, facendola arrossire fino alla orecchie.

“Ci sta provando per caso?!”.

No, non ci stava provando e lo avrebbe capito esattamente due minuti dopo quando entrò un ragazzo e Simone commentò con un’espressione colorita il suo didietro.
Probabilmente aveva intuito che era affascinata da lui e aveva voluto subito mettere in chiaro come stavano le cose, senza essere maleducato e prima che potessero fraintendersi.
Questo gli fece guadagnare stima eterna agli occhi di Lou che rispose ridendo al suo commento altrettanto coloritamente, improvvisamente rilassata.
Era iniziata così la loro amicizia.
Era venuto spontaneo cercare casa insieme. Non c’era stato bisogno di parlarne tra di loro: semplicemente avevano iniziato a sfogliare i giornali di annunci ed elencare cosa ognuno volesse nell'appartamento dei lori sogni.
Lou si era appoggiata alla sua voglia di vivere e alla sicurezza con cui si muoveva in ogni ambiente.
Sembrava che cadesse sempre in piedi, che avesse sempre successo in tutti i progetti in cui si lanciava, fosse anche il più strampalato.
Avevano trovato il loro appartamento un po' fuori dal centro; avrebbero dovuto fare un lungo percorso in metropolitana per arrivare ogni mattina in accademia ma se n'erano innamorati subito, convinti anche dal prezzo che il locatore aveva proposto loro. La casa poteva ospitare anche una terza persona, così avevano affisso un foglio con i loro numeri di telefono e i requisiti del probabile futuro coinquilino nella bacheca degli annunci messa a disposizione dell'accademia.

Aveva riso fino alle lacrime quando aveva visto il foglio preparato da Simone.

Cercasi coinquilino/a (meglio se maschio, preferibilmente alto, moro, palestrato e ricco. Molto ricco.) dotato di senso di humour, amante del rosso e delle paillettes (sappiate che le metterò ovunque: anche nel frigo, quindi siete avvisati!).
Non siamo interessati a gente che ha mazze infilate su per il … ( a meno che non sia la mia...).
Per informazioni chiamate ore pasti e non prima delle 9.00 del mattino, perché potrei anche mandarvi a quel paese!”

«Magari la storia della mazza è meglio evitarla!» – rantolò Lou tra le risate.
«Uhm... - aveva risposto Simone con aria seria – Naaa: meglio che sappiano subito in che guaio si vanno a cacciare!»

Due giorni dopo il telefono di Simone squillò esattamente alle 9.02 e una voce pacata e seria di donna - con sommo dolore di lui - diceva di essere interessata alla convivenza e presero appuntamento per conoscersi quel pomeriggio, in un bar del centro.

Mara li aspettava in piedi, tesa e seria, davanti al bar che avevano scelto.

I capelli neri, liscissimi e tagliati corti sotto le orecchie, con una corta frangia sul viso ovale e due occhi nerissimi, la bocca carnosa leggermente larga per il suo viso minuto, magra e alta, quasi allampanata; era vestita di verde scuro, con un basco sulla testa e un cappotto un po' fuori stagione, dal momento che faceva ancora abbastanza caldo, una gonna corta sopra calze scure, coprenti e basse ballerine nere.
Nel complesso sembrava un'istitutrice francese a metà fra gli anni ‘20 e ‘60 in libera uscita nel giorno di paga.

Simone guardò Lou con gli occhi che luccicavano.
«La teniamo?! - chiese a bassa voce mentre si avvicinavano – Dai adottiamola! Ti prego, ti prego, ti prego!»
Lou ridacchiò sotto i baffi.
Nelle successive due ore ebbero modo di costatare che Mara, non solo era dotata di humour, che variava spesso in humour nero, ma che aveva anche un “Senso Spiccato Per i Glitter e le Paillettes”.
Simone quasi si era gettato ai suoi piedi in estasi quando disse che era una fan di Cher e Madonna.
Faceva la commessa part time in un negozio di articoli di belle arti e questo la fece immediatamente salire in cima nella loro classifica dei possibili candidati.
Senza pensarci su oltre decisero con una breve occhiata complice tra loro, che non avrebbero visto altri e che Mara sarebbe stata con loro.

«È destino... e io ci credo al destino! Non appena vi ho visto – disse Simone con una faccia da bambino monello – ho capito che eravate le uniche donne con cui voglio dividere il mio bagno, il mio letto e la mia crema idratante!»

Così era iniziata.
Al mattino era una lotta continua a chi dovesse usare per primo il bagno, uno, piccolo e con lo scaldabagno elettrico, per cui soltanto colui o colei che si svegliava all’alba godeva di una doccia calda dall'inizio alla fine.
I primi diciotto mesi erano stati scanditi da una sola cosa: affetto, risate, notti insonni passate a preparare tavole, disegni, sommersi tra fogli, colori, tazze di tè e caffè, briciole di biscotti ovunque.
Dopo qualche mese era arrivato un nuovo coinquilino: Natale, un soffice, panciuto gatto rosso.
Lo avevano trovato la notte della vigilia di Natale ovviamente: da qui il nome innocuo, scelto a furor di popolo dopo una lotta all'ultimo sangue con quello che invece aveva suggerito Simone, un tantino eretico perfino per Mara, Messia.

Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire l'odore di quella vecchia casa, con gli interni rivestiti di carta da parati degli anni '50, scura, marrone e orrenda; le vecchie lampade che un tempo dovevano esser state a olio o roba del genere, sostituite poi da lampadine; il bagno con la vasca e il lavandino che si otturava ogni settimana; la cucina stretta e lunga, con gli elettrodomestici disposti lungo una sola parete, addossati l'uno all'altro.
Il “frigorifero dei puffi” come lo chiamava Simone, così piccolo che erano costretti a dividerne i tre spazi e il congelatore, litigando fino allo sfinimento anche per i millimetri che uno aveva in più o in meno rispetto all'altro.
Il tinello con l'eterna perdita che di notte sembrava un rintocco di campana nel silenzio assoluto.
La sala da pranzo, l'unico spazio grande rispetto al resto, dove avevano deciso di spostare tutti i mobili lungo il muro per poter lavorare meglio; le due camere da letto. Lou divideva la sua con Simone, mentre Mara aveva preteso la singola con il matrimoniale per ospitare il suo ragazzo ogni volta che lui avesse potuto raggiungerla, cosa che si ripeteva più o meno un volta al mese.

Quel letto matrimoniale che puntualmente, per il resto dei giorni e delle notti del mese diventava anche il loro e fungeva da tavolo al mattino per la colazione o la sera mentre guardavano la tv con enormi ciotole di pop corn, col risultato che il mattino dopo sembrava essere stato vittima del passaggio degli Unni.
Era stato bello.
Spensierato.

Si ritrovava spesso a desiderare di poter tornare indietro per rivivere anche solo una di quelle giornate con loro.
Poi era arrivato Andrea.
Era apparso a fine serata in una noiosissima festa, con una bionda mozzafiato appesa al braccio, imbronciata, truccatissima, con addosso un vestito che poco lasciava all'immaginazione, rosso e tempestato di lustrini ovunque.
«OH-MIO-DIO!» - aveva urlato Simone non appena i due erano apparsi.
«Ragazze, abbiamo trovato il copri lampada che cercavamo!» - disse facendo con un segno con la testa verso la ragazza bionda.

Lou e Mara si erano girate per vedere cosa diavolo andasse blaterando ed erano scoppiate a ridere; conoscevano bene la fissa di Simone per le paillettes e i colori sgargianti.
Da stilista quale aspirava a diventare ed artista pazzoide quale invece era, esasperava tutto ciò che faceva o diceva; come quel pomeriggio in cui si era messo in testa di togliere i vecchi copri lampada della casa e sostituirli con “qualcosa di rosso, brillante appariscente e totalmente, assolutamente kitsch!”.

«Ho trovato la mia Musa!- continuava a ripetere fissando platealmente la coppia - devo assolutamente chiederle di darmi l'indirizzo del negozio dove ha comprato quella roba!».
«La vuoi finire di indicarli e guardare come un maniaco verso di loro?! – sibilò Mara, cercando di reprimere la risata – non vedi che lui ci sta guardando? Non vorrai mica finire per picchiarti con uno del genere? Ti ridurrebbe ad una cotoletta!».
«Voi non capite! Io DEVO AVERE quel vestito a tutti i costi, dovessi anche strapparlo, - Orrore! Dio non voglia!- di dosso a quella!» - replicò con aria teatrale agitando le mani e portandosele al cuore con aria sognante.
Lou lo adorava.
Anche lei tornò a guardare verso la coppia e il sorriso le si spense sulle labbra quando si accorse che lui, non solo li aveva notati ma si stava dirigendo velocemente verso loro tre con un' espressione per niente rassicurante.

«Ehm... ragazzi, lui sta venendo qui!» - annaspò concitata, cercando invano di dissimulare con un’aria innocente di aver allertato gli altri due, che invece, si voltarono simultaneamente come un sol uomo per vedere l'avanzata, non si poteva chiamarla altrimenti, del ragazzo.

«Porca di quella vacca! Simone, stavolta ti prendi un bel pugno sul naso e dopo ti meno anche io: ci fai sempre finire nei guai con questo tuo modo di fare!» - aveva bisbigliato stridula Mara diventando rossa di rabbia fino alla radice dei capelli.
Simone al contrario, era rimasto calmo e sorridente.
«Beh ragazze non so voi, ma io di conoscere questo dio dell'Olimpo non sono per niente dispiaciuto!» – con l’aria di un gatto che si leccava i baffi davanti ad una ciotola di panna, si sistemò il ciuffo biondo.
Quando si fermò davanti a loro con le mani incrociate sul petto, con la camicia che gli si tendeva sui muscoli, tutti e tre si erano avvicinati compatti come per cercare conforto e forza nel gruppo: lui superava tutti loro di una buona testa e come stazza avrebbe potuto benissimo prenderli insieme e farne un unico fagotto informe con un solo braccio!

«C'è qualche problema? - aveva chiesto con voce profonda e fintamente calma – Ho notato che abbiamo attirato la vostra attenzione...» - lasciò volutamente la frase in sospeso per creare forse più tensione, aspettando che qualcuno di noi proferisse parola.

Ma tutti e tre erano ammutoliti: ognuno di loro forse per motivi diversi.
Mara era sinceramente atterrita; le persone aggressive la mettevano a disagio.
Lei che era sempre morigerata e pacata, controllata e seria, aborriva chi le si rivolgeva con toni accesi reagendo con un silenzio mortificato.
Simone probabilmente stava pensando freneticamente a una balla credibile per non venire alle mani con “Conan”.
Lou era pietrificata.

Non appena lui si era avvicinato aveva iniziato a sentire caldo e non per la paura.
Quando le era arrivato davanti con lo sguardo minaccioso e le labbra contratte le si era bloccato il respiro.
Era il ragazzo più bello su cui avesse posato gli occhi: praticamente perfetto, una statua viva, ma fremente e nervosa.
Gli aveva fissato il viso tramortita dalla sua vicinanza e dal suo lieve profumo di muschio che lei, nonostante tutto, aveva sentito ancor prima che lui si avvicinasse.

Si era rivolto a Simone con aria arrogante mentre faceva scorrere lo sguardo sulle ragazze, alzando un sopracciglio mentre guardava Lou con aria distaccata e superiore, per poi tornare a guardare Simone, che rispose serafico e in maniera volutamente affettata ed esagerata.

«Scusaci tanto “caro”, non ho potuto rimanere totalmeeeente, assoluuutamente affascinato dalla tua compagna e dal suo fantaaaastico abito! Vedi io sono uno stilista... o perlomeno aspiro a diventarlo e stavo dicendo alle mie amiche qui presenti, Mara e Lucia – continuò indicandole – come dovrebbe essere una vera donna, per attirare gli sguardi dei maschi. Volevo complimentarmi con lei e chiederle alcuni consigli: sono certo che ha un gusto incontestabile!» - concluse con il sorriso da paravento che sfoggiava quando voleva prendere in giro, facendo passare un insulto per complimento.

Conan” si rilassò impercettibilmente continuando ad avere un'aria niente affatto amichevole.
«Capisco... - non dava l’idea di capire e il fatto che fissasse Simone ad occhi socchiusi non faceva che dar loro conferma – beh, se vuoi andare a chiederle informazioni hai il mio permesso... - continuò con arroganza – Io intanto faccio amicizia con le tue amiche.» - rivolgendo un sorriso accecante verso le due ragazze che ora erano meno spaventate, ma decisamente a disagio.

«Io sono Andrea.» - disse porgendo a Mara una mano vigorosa con le vene a vista sul dorso, che lei prese titubante.
«Mara.» - rispose freddamente, con la schiena rigida.
Non le piaceva: era chiaro come la luce del sole.
«E tu? - spostando la sua attenzione su di lei, fissandola con i suoi occhi nerissimi - Chi sei?»
«Lu... - rispose con uno squittio, per poi schiarirsi la voce e sorridergli, continuando tremante - Sono Lucia, piacere di conoscerti!»

Magari chiudi anche la bocca prima che la bava ti coli sul vestito... ” - si disse mentalmente, maledicendosi per aver bevuto due bicchierini di vodka che ora la rendevano molle e languida.

Quel mix, insieme agli occhi di lui che non lasciavano scampo, stava decisamente avendo un effetto che era inaspettato.
Mara la guardava con occhi quasi sgranati per la sorpresa: non era da lei, infatti, essere così svampita. Con un cenno della testa, le stava facendo segno di tagliare corto e lasciare che si allontanasse.
Lou l'aveva ignorata continuando a fissare Andrea, senza riuscire a staccarne gli occhi dal viso, persa nell’ebbrezza che le sue attenzioni la facevano sentire bella per la prima volta in vista sua.



*****



Si riscosse dai pensieri tornando a guardare Nur rassicurandola con un sorriso.

L'amica la fissava ansiosa con gli occhi nocciola ed enormi nel viso splendido.
Si era ripromessa di farle un ritratto fin dalla prima volta che l'aveva vista: il volto sembrava porcellana color miele, fine e delicato, occhi grandi a mandorla con ciglia che parevano finte, tanto erano lunghe e folte; zigomi alti e un naso piccolo e perfetto sopra una bocca piena e carnosa.
Sospirò davanti a tanta perfezione e ancora di più davanti all'evidente preoccupazione di lei.

«Sto bene, credimi... sono solo stanca. E tu mi hai svegliata con i tuoi gorgheggi; avevo intenzione di dormire fino a tardi, ma sei la solita egoista!»
«Oh, cara, perdonami ma avevo così tanta voglia di parlarti che non ho resistito: perdonami, perdonami... mi perdoni?!» - finse di battere le ciglia come un cerbiatto in attesa della sua risata, sentendosi molto soddisfatta quando questa puntualmente arrivò.
«Piantala di fare la buffona, - ridacchiò Lou dandole una gomitata nel fianco – ti perdono sempre io.»
«Bene! - disse Nur allegramente – che facciamo oggi? Ti va di fare shopping nel pomeriggio? E stasera c'è una festa, ci andiamo?!» - sparò a raffica senza fermarsi.
«Dai, dai, dai, ti prego non dire di no, voglio uscire e divertirmi con te, non stiamo mai insieme e tu sei sempre dentro la tua stanza a fare chissà cosa, dai, dai, dai!»

«Oddio, fermati un attimo! Mi sento già stanca... per lo shopping si può fare ma scordati la festa. Non se ne parla. - confermò il tutto fissandola negli occhi senza sorridere con aria seria – E non c'è occhio languido che tenga a farmi cambiare idea.» - aggiunse, prima che l’ amica iniziasse con i suoi trucchetti.

«Ok, che barba che sei! Devi pur uscire ogni tanto, vedere gente, socializzare! La conosci questa parola?» - iniziò a borbottare sbuffando e lanciando sul divano il microscopico telo, rimanendo nuda, e bellissima, rovistando in cerca di qualcosa nel trolley che aveva portato con sé.
«Ho una cosa per te, direttamente da Pariiiiiiiis! Aprilo!»

Tutta felice le porse il pacco elegante, piatto e sottile, con un fiocco viola sulla confezione, sedendosi come se nulla fosse sul divano così, nuda com'era.
La fissò per due secondi pensando che non si sarebbe mai abituata alla sua naturale e così disarmante sfacciataggine.

«Nur, mi imbarazzano i regali... Io non ti regalo mai niente e tu sei sempre così generosa con me – mormorò pensando al suo armadio pieno di vestiti e pensierini che Nur le aveva portato dai suoi viaggi, molte delle quali costose e griffate – perché ti dis...»

«Oh, aprilo e non parlare! - la interruppe Nur mozzando la sua frase a metà – Su, su, su!»
Contagiata dal suo entusiasmo, scartò il pacco facendo attenzione a non rovinare lo splendido nastro di seta viola che chiudeva la confezione.
All'interno di una scatola bianca c'era una sottoveste color lilla, il suo colore preferito insieme al verde, lucida e sottile, leggera come un velo; questa era coordinata con un cardigan di lana sottilissima che lei temette fosse cachemire, di un colore melanzana, con una sottile cintura fatta dello stesso morbido e prezioso materiale, entrambi erano lunghi fin sotto il ginocchio.
Erano stupendi.
Si voltò verso Nur con occhi che volevano essere severi, ma si rimangiò tutto quello che voleva dirle quando vide l'espressione gioiosa di lei, con gli occhi che le brillavano come una bimba.
Sembrava che il regalo l'avesse ricevuto lei e non il contrario.

«È bellissimo, Nur! Ma ti sarà costa...»- iniziò non riuscendo a trattenersi dal dire, subito interrotta dall'abbraccio di Nur, che felice di aver colto nel segno, disse: - «Ah-Ah-Ah-! Niente sensi di colpa: appena l'ho visto, lì nella vetrina della Chanel ho pensato che ti sarebbe stato d'incanto, con i colori della tua pelle e i capelli chiari che hai! Dai, provalo! Vediamo come ti sta!»

"Chanel?"
Era impazzita!
Ma non disse niente perché non sarebbe stato utile... accarezzò con la mano la stoffa sensuale e liscia.

«Grazie Nur, davvero, è stupendo... Ma vorrei fare prima una doccia, ok?» - disse sbadigliando.
«Tesoro, io penso che dovresti tornare a letto per riposarti ancora un po', mentre io vado a sbrigare delle faccende: spero di tornare per ora di pranzo. Giapponese? Cinese? Pizza? - chiese guardandola da sopra la spalla – O mi cucinerai quella tua favolosa pasta al pomodoro?!» - aggiunse speranzosa.

Lou rise di gusto.
«Ti farò la pasta... niente di tutto ciò oggi! Magari stasera... Ti meriti una ricompensa per questa meraviglia!»
«Oh, dormi sempre con quella orribile maglietta enorme e sformata e ho pensato che ogni tanto volessi coccolarti con qualcosa di morbido e caldo... - disse Nur con noncuranza – anche se io spererei che dormissi con niente addosso e che a scaldarti ci fosse un uomo...» - lasciò cadere lì la frase in sospeso.

«Magari fra dieci anni, ok? E che hai contro la mia maglietta?» - ribatté divertita Lou, infilando un dito in uno dei tanti buchi della t-shirt grigio smorto che indossava.
«Davvero, ho bisogno di riposare ancora un po' o nel pomeriggio non reggerò assolutamente il tuo ritmo e non ce la farò a correrti dietro per negozi... a più tardi, Nur!» – continuò dirigendosi con uno sbadiglio verso la camera da letto e salutandola con la mano.

«Riposati, eh? Perché ho voglia di spese folli oggi! Yeah!»

Nur guardò con affetto la sua principessa dai chiari capelli leonini avviarsi stanca verso la stanza; avrebbe voluto poter restare più tempo con lei, starle accanto e non lasciarla sola in quella casa, in quel posto triste, ma che stranamente Lou amava tanto.

La malinconica aria della Finlandia le si addiceva e lei la rassicurava di essere felice lì, ma gli ultimi due anni non erano stati tranquilli e felici per Lou. Pensò con rabbia ad Andrea e chiuse stizzita con furia la lampo del trolley fucsia.
Quell'uomo odioso e crudele che aveva fatto a pezzi la vita di Lou, i suoi sogni e la fiducia in se stessa.
Aveva giurato che non gli avrebbe permesso di farle del male, ma Lou era ancora succube di lui, anche se lo negava e ne era ancora innamorata forse. In vita sua aveva conosciuto tanti uomini, ma mai le era capitato di incontrare qualcuno di così bello eppure così crudele allo stesso tempo come Andrea.
Non aveva avuto nessuno scrupolo a provarci anche con lei nei primi tempi in cui vivevano insieme e puntualmente, lui si presentava sempre a casa loro quando Lou era al lavoro.

Se solo fosse stata più ingenua o avesse voluto meno bene a Lou e non avesse visto in che stato l'aveva ridotta, ci sarebbe cascata con tutte le scarpe. Al contrario di quanto la maggior parte della gente pensasse, nonostante la sua aria sempre spensierata e svampita, era una persona molto attenta e raramente si faceva fregare.
Specialmente da un uomo.

Si avvicinò alla cucina versandosi in una tazzina pulita il resto del caffè rimasto nella moka e sorrise trovandolo ancora caldo, pensando che non ci fosse nulla come l'amicizia a scaldarti il cuore.
E quella con Lou era calda quanto quel caffè forte e scuro e aromatico.



*****




«Non verrò più con te a fare shopping per il resto dell'anno!» - sbottò Lou posando le buste che aveva in mano per terra accanto all'ingresso e lanciandosi sfinita sul divano a braccia aperte.

«Sei una palla, Lou! Hai comprato quel bellissimo paio di jeans che volevi da mesi, o no? E quel maglione nero ti sta d'incanto, così come quel vestitino delizioso al 75% che ti fa sembrare...» - iniziò la sua solfa bruscamente interrotta da Lou.

«Nur! Hai passato quarantacinque minuti nel camerino di quel negozio e non hai comprato nulla! Avevo i piedi come due zampogne per aspettarti, con tutto il resto della roba addosso: ho sudato come un maiale lì dentro, per non parlare delle occhiate omicide che i commessi lanciavano a me! Se avessero potuto sbatterci a calci fuori quando hai detto che quello che avevi provato non era di tuo gusto, lo avrebbero fatto! E anch’io se fossi stata al loro posto! Sei odiosa quando provi qualcosa, lo sai? Voglio dire: hai un fisico perfetto... eppure ti trovi mille difetti! Giuro che ti odio!» - si lamentò Lou d'un fiato, sfilandosi gli stivali dai piedi doloranti.

«Io cerco la perfezione, mia cara! Quella roba non mi valorizzava e mi rendeva sciatta.» - ribatté l'altra con tono accondiscendente come sempre faceva quando parlavano di moda, cosa che faceva infuriare Lou. Aveva smesso di bisticciare da tempo con la sua amica sulla moda: non avrebbero mai trovato un punto in comune in quello.

Così come Lou era anonima, normale, quasi banale nel suo modo di vestire, di regola sempre di nero o blu o viola, tanto Nur era appariscente.
E la sua amica poteva permetterselo: qualsiasi cosa indossasse la rendeva perfetta e bellissima, così come il corto, per non dire microscopico vestito bianco che aveva comprato e che avrebbe indossato quella sera alla festa.
Festa alla quale aveva invano, cercato di convincerla a partecipare per tutto il pomeriggio.
Non sarebbe andata, soprattutto dopo il tour de force cui l'aveva appena sottoposta la sua amica.

«Sei ridicola! Tu sei perfetta anche con una semplice t-shirt e dei jeans.» - la riprese Lou e lo pensava sul serio.
«Preferirei che restassi a casa a fare quattro chiacchiere con me... sei appena tornata e già sei piena di impegni fuori casa... - si lamentò – Non ti sei neanche riposata da quando sei arrivata: come pensi di restare viva?»

Nur si bloccò per un istante con il vestito a mezz'aria e la guardò, attenta.
«Devo andare anche per ragioni di lavoro, Lou: vorrei cambiare compagnia e trovarne una locale, così da poter avere più tempo da passare a casa e l'invito mi è stato fatto proprio da quelle persone che mi presenteranno a chi poi dovrà assumermi. Non guardarmi con quella faccia! - s'inalberò vedendo l'aria scettica di Lou – Ho inviato regolare domanda, ma se mi presento di persona e in maniere casuale e informale, magari gli resto impressa! Smettila di guardarmi così, mi fai sentire come se stessi giocando sporco!»

«Non ho detto nulla... - mormorò piano l'altra – Stavo solo pensando che forse hai ragione, ma sul fatto che gli rimarrai impressa non ho dubbi! Specie se ti presenti con quell'abito.» - continuò acida.

«Magari è una donna e il mio piano andrà in fumo, ma almeno sarò stata ad una festa! - concluse Nur divertita all'idea di sedurre una donna. - Mi trucchi tu, vero?» - chiese senza aspettare risposta, sicura che sarebbe stato un sì, prima di scomparire nella sua stanza da letto.

«Ok... ma starai zitta senza intrometterti come sempre! Gli artisti vanno lasciati liberi di creare!» - le urlò dietro Lou.
«I miei sono consigli!» - urlò a sua volta, l'altra.
«Per quanto riguarda l'altra cosa... anche a me manchi e mi mancano le nostre serate insieme a guardare i film e a parlare... - disse Nur tornando in salotto con una maglia lunga color carta da zucchero, simile a quella viola che le aveva regalato quella mattina – Che ne dici di questa se la metto sopra il vestito? Solo nel caso fosse donna!» - continuò ridendo, strizzandole l'occhio.

«Dico che è un'ottima idea, dal momento che sta nevicando da questa mattina, c’è un freddo cane e vuoi evitare di prenderti un accidenti»

Passarono il resto delle due ore successive a cenare sedute sul pavimento, con una pizza comprata per strada, appoggiate allo schienale del divano, a ridere delle disavventure di Nur al lavoro, dello stuart che le faceva una corte serrata, del pilota sposato con cui aveva una storia infuocata e segretissima, dei posti nuovi che aveva visitato.

A Lou sembrava di essere con lei a vivere quegli aneddoti, paga in qualche modo di viaggiare con la sua amica, anche se di fatto, non si spostava da casa da molto, troppo tempo.

Quando Nur fu pronta per uscire, Lou soddisfatta del suo capolavoro la rimirò ancora una volta prima di augurarle buon divertimento; l'altra le lanciò un bacio con la punta delle dita chiudendosi dietro la porta lasciando una nuvola di profumo costoso nell'aria.




*****



Come ogni sera Lou si concesse un lungo bagno caldo.

Ringraziava il cielo ogni giorno da quando avevano trovato quell'appartamento che nonostante fosse sprovvisto del bidet (ricordava ancora il suo sconcerto quando, entrando in bagno quella prima volta, non lo aveva trovato) avesse sia la doccia che la vasca.
Le serate passate a fare chiacchiere con Nur dentro la vasca piena di oli profumati e schiuma che debordava erano uno dei momenti che preferiva.


Si rilassò contro il bordo chiudendo gli occhi, inspirando il profumo di gardenia che si sprigionava in molecole minuscole a contatto con il caldo dell'acqua e del vapore. Era sfinita ma non avrebbe preso sonno, lo sapeva già.
Cercò di rilassare i muscoli con scarso successo; la schiena era un unico fascio di nervi tesi e doloranti.
Improvviso come un flash le tornò alla mente quando a farla rilassare con un massaggio erano le mani di Andrea.

Respirò con il fiato mozzo, furiosa con se stessa perché dopo tanto tempo il ricordo di lui le facesse sempre male, come una ferita sanguinante che stentava a rimarginare.
Ferita che lui aiutava a non lasciar chiudere, dal momento che tornava ciclicamente alla carica, nonostante non stessero più insieme da più di due anni, ormai.

Quando dopo la festa in cui si erano conosciuti avevano iniziato a frequentarsi assiduamente (con sommo sgomento di tutti gli amici), era iniziato uno dei momenti più belli e intensi della sua vita.
Andrea era sempre pieno di idee e iniziative, un vulcano attivo dall'inizio della giornata fino a quando chiudeva gli occhi la sera. Totalmente travolta dalla sua personalità, aveva perso la testa per lui immediatamente; era completamente cotta.

Per la prima volta aveva conosciuto la passione travolgente verso qualcuno e ne era stata risucchiata fino a diventarne succube.
E lui consapevole del potere che aveva su di lei, ne aveva fatto quello che voleva.
Per dieci anni.
Tanto era durata la loro relazione, lui era entrato ed uscito dalla sua esistenza come e quando voleva. Lasciandosi dietro sempre macerie dopo il suo passaggio.
Lou aveva dolorosamente preso atto che lui non era l'uomo adatto a lei, eppure non era mai stata capace di respingerlo ogni qual volta lui tornava: sapeva sempre come prenderla, come ammaliarla, come ferirla.

Per anni era stata come cera molle nelle sue mani.
Per anni aveva tollerato i mille tradimenti e bugie che era costretto a raccontare ogni volta che venivano a galla; ogni volta si era illusa di poterlo cambiare e soddisfare con il suo amore totalizzante; ogni volta era stata lei ad uscirne con il cuore a brandelli e l'anima pesta.

Con un sospiro uscì dalla vasca, dedicandosi qualche minuto di coccole cospargendosi con la crema corpo profumata che Nur aveva lasciato in bagno.
Poi asciugò la massa di capelli ricci che le ricaddero fino alla vita in una cascata voluminosa e lucente. L'unica cosa che le piacesse in lei; per il resto si trovava alquanto banale.

Studiandosi allo specchio, con i suoi occhi castano chiaro lievemente obliqui, la pelle chiara, il naso dritto ma con una piccolissima gobbetta, (ricordo di una parata spettacolare di quando aveva dieci anni e si divertiva a giocare a calcio non capendoci granché, con i suoi due fratelli e con i ragazzi del suo vicinato; parata che le aveva procurato un immediato successo tra tutti quanti e della quale andava orgogliosa quasi quanto una cicatrice di guerra.), la bocca piccola e ben disegnata, il viso a forma di cuore.

Indossò la sottana lilla e la maglia che la accompagnava, lasciandole scivolare sul corpo come una carezza, stupita che tenesse caldo nonostante fosse così sottile e lieve.

Si preparò una tazza di tisana rilassante alla melissa, spense tutte le luci della casa ad eccezione della lampada da terra e da rito si raggomitolò sul gatto morto come ogni sera.
Con la schiena premuta contro il calorifero, con il libro che stava leggendo e la lampadina da libro che ne illuminava solo le pagine, si immerse nella lettura.
Il libro era umoristico, di una famosa attrice comica italiana.

Rise di gusto alle descrizioni sugli uomini che l’autrice faceva, delle varie situazioni tragicomiche che segnano il rapporto uomo-donna.
Prendere la vita con ironia anche quando tutto va storto, non è facile e non è cosa da tutti: troppo spesso ci si lascia andare al melodramma, piangendosi addosso... aveva promesso a se stessa che non si sarebbe mai più concessa il lusso di lasciarvisi andare.
Non avrebbe permesso che chi la amava, i suoi amici più cari raccogliessero ancora i cocci.

Un movimento impercettibile alla sua destra attirò la sua attenzione e si girò, guardando verso l'esterno.
«Uh!» - esclamò sorpresa quando vide un'ombra muoversi all'interno delle finestre dell'ultimo piano della famosa torre.
«Allora esiste davvero!»

Incuriosita fissò intenta per qualche istante sperando di vederne l’abitante misterioso, ma la luce si spense e lei tornò a leggere.


******


Allora... da dove inizio!?
Uno si chiederà se c'era bisogno dell'ennesima storia con protagonista Ville Valo... ovviamente no!
Ma chi mi conosce sa che ormai, quest'omino è la mia ossessione e gli HIM parte del mio quotidiano... ergo, dovevo sfogare in qualche modo la mia follia.
Innanzitutto devo ringraziare di cuore le mie due Beta: Pulci Sara e Cicci-Vivi che con ansia ( e minacce anche poco velate) attendono sempre i nuovi capitoli e sospirano con me.
Poi le mie sorelle del cuore: tesò Nicoletta (della quale già temo le recensioni folli AIUTO!!) e sistwer Valentina, che mi hanno spronata a scrivere.

E non posso dimenticare certo Connie, Elvira, Mariangela e la mia adorata Oriana detta "Fenghera", che mi hanno incoraggiata a continuare,

incuriosite dallo stralcio di storia che avevano letto!

Spero vi piaccia e non vi annoi... io ci ho provato! Buona lettura! H_T ;)




   
 
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