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Autore: cassiana    09/03/2012    1 recensioni
A dispetto della vita pacifica che vorrebbero condurre non c'è pace per Wellington e Napoleone: un'altra minaccia rischia di polverizzare la loro tranquilla routine e questa volta c'è poco che possano fare per impedirlo. A meno che...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Wellington e Napoleone'
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Tieni i tuoi amici vicino Note: Il titolo è una citazione tratta da Il Padrino parte II.

Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.



Tieni i tuoi amici vicino… 

    
         
        Era una tragedia, di più: un’autentica catastrofe. Napoleone non riusciva a capacitarsi di come gli eventi fossero potuti precipitare a quel modo. Fino a qualche mese prima vivevano in perfetta tranquillità, se per perfetta tranquillità s’intendeva una routine fatta di polemiche stantie, attacchi proditori e piccole scaramucce di poco conto. Poi una bufera sotto forma di bipede profumato e chiassoso si era abbattuto su tutti loro polverizzando le antiche consuetudini. Il Professore era di solito una persona pacata ed abitudinaria, i cui interessi erano circoscritti ai libri ed altre cose parimenti inerti e di rado le sue passioni oltrepassavano i limiti di un innocuo entusiasmo; come quando aveva avuto la malaugurata idea di adottare quel petulante di Garibaldi che, tuttavia, aveva finito per adeguarsi anche lui ai ritmi di quella convivenza. E così i coinquilini si erano adattati ad una comoda quotidianità, confortevole come una vecchia pantofola.
    All’inizio, dunque, Napoleone e Wellington non si erano preoccupati della nuova conoscenza del Professore. Garibaldi, al solito, non era stato consultato dato che per Wellington la sua opinione era del tutto ininfluente. Napoleone aveva in realtà più di un dubbio al riguardo, anzi, era stato proprio il pennuto a dare le prime, inascoltate avvisaglie di pericolo, come quel tesoro ripetuto in maniera quasi ossessiva e accompagnato invariabilmente da una risatina dell’ospite e un tossicchiare imbarazzato del Professore. Non che fosse una novità avere degli ospiti, sebbene il Professore non fosse una persona dalla vita sociale intensa e quelle visite non erano mai inaspettate, ma preparate con cura. Veniva tirato fuori dalla credenza in cucina il servizio da tè buono mentre  la Signora delle Scope veniva incaricata di procurare dei biscotti. Oppure il Professore offriva bicchieri di vino e crackers al formaggio che Wellington rubacchiava puntualmente mentre l’ospite era distratto dalle feste del compagno. Napoleone, infatti, apprezzava di solito queste variazioni della routine mentre Wellington manteneva, quando non era intento a sgraffignare cibo altrui, un atteggiamento di sostenuta indifferenza.
    Ma quella umana in particolare sembrava aver leso ogni facoltà intellettiva del Professore che si aggirava attorno a lei con sguardo adorante e le aveva permesso delle libertà che nessuno si sarebbe mai sognato di prendersi prima di allora: sedersi sulle sue ginocchia, posto notoriamente riservato a Wellington, lunghe passeggiate romantiche durante le quali in apparenza non c’era tempo per lanciare una stupida palla e altre amenità del genere. Francamente Napoleone non la poteva soffrire. Guardò sconsolato l’uscio chiuso e uggiolò piano in preda alla frustrazione: a quanto sembrava il Professore non aveva nessuna intenzione di farlo uscire da quella stanza. Batté due volte la coda sul pavimento di assi di legno e sbuffò roco. E tutto ciò solo per un piccolo malinteso: non era certo sua intenzione aggredire quella donna, forse era stato solo un po’ irruente nel suo tentativo di zittirla. D’altra parte Wellington lo diceva sempre che tendeva ad abbaiare con troppa foga, non era certo una  novità per il Professore che i suoi latrati fossero stentorei e non aveva avuto niente da ridire al proposito fino a quel momento. E non era affatto vero che fosse saltato addosso alla donna, l’aveva salutata con l’espansività che lo contraddistingueva. Non era forse una delle critiche che gli rivolgeva più spesso Wellington, quella di essere troppo estroverso?     Napoleone sollevò un orecchio nell’avvertire il rumore di una porta che si apriva, si alzò fiducioso e si avvicinò all’uscio chiuso, i sensi all’erta, con la segreta speranza che la punizione fosse terminata. Ma non ci fu nessun rumore di passi ad annunciargli che il Professore stesse per liberarlo, così girò su sé stesso un paio di volte e cigolò sconsolato. E poi non era vero che le avesse ringhiato: un cane come lui, così corretto e ben addestrato che perfino Wellington aveva dovuto ammetterlo, non si sarebbe mai lasciato andare a un’azione così disdicevole! Ecco, aveva scoperto i denti, quello sì, ma solo in un momento di lecito nervosismo. Era stato l’istinto atavico del lupo che era in lui ad averlo costretto a reagire a quel modo nell’annusare la paura dell’umana e contro la natura non c’era addestramento che tenesse. Gliel’aveva confermato anche Wellington che in quanto felino aveva tutta una serie di problemi nell’affrontare quel tipo di ammaestramento, che pure il Professore aveva tentato d’insegnargli, molti anni prima. Non che ci tenesse in particolar modo, al contrario Wellington andava fiero di quella sua selvatichezza appena dissimulata da una raffinata urbanità e sembrava anzi che questa fosse parte del suo fascino. 
    Dunque Napoleone non riusciva a spiegarsi come il compagno felino avesse potuto derogare alle sue abitudini con tanta facilità: egli stesso provava un moto di fastidio nel vederlo strusciarsi contro le gambe della donna, farsi vezzeggiare da lei in modo sdolcinato, cosa che non avrebbe mai concesso ad altri umani che il Professore e lo aveva sentito perfino fare le fusa. Su quest’ultima affermazione non avrebbe potuto giurarci sopra, ma era ragionevolmente sicuro che quel suono ronfante fossero proprio fusa! Napoleone annusò l’aria percependo l’usta di Welington dietro la porta, tese le orecchie al miagolio sommesso del gatto che sembrava ammonirlo, una volta di più, per i suoi modi eccessivi. Altri sentori si aggiunsero a quello del gatto: l’odore familiare del Professore, colonia, sapone e tabacco da pipa e il profumo intenso e frizzante della donna che lo fece starnutire.
    - Hai davvero intenzione di liberare quella bestia?
    - Ma cara, non aveva intenzione di aggredirti sul serio: credo si fosse solo innervosito.
    - Non capisco perché quel cane sia così scontroso. Mentre questo micetto è così adorabile. E’ vero piccolino che sei adorabile? Ascolta, tesoro: fa le fusa!
    - Tesoro! Tesoro! Tesoro!
Le voci dietro la porta si allontanarono e Napoleone guaii in maniera miserevole. Ripensandoci, Wellington si era lasciato scappare una sorta di spiegazione al suo comportamento e Napoleone non l’aveva compresa fino a quel momento: tieni i tuoi nemici ancora più vicino.

   
 
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