Piazzale
della Chiesa
La notte della Vigilia
Erano
appena usciti dalla cappella, la funzione era terminata e le parole del
Pastore
riecheggiavano ancora nella sua mente, “È il sorriso di un bambino che
contempliamo in questa notte. Apriamo il nostro cuore alla tenerezza
che ci
suscita e lasciamo che l’Amore ci prenda per mano…”
Affondò
il viso nella morbida sciarpa fino a coprirsi la punta del naso. La
fredda aria
invernale la fece rabbrividire, mentre rimasta sola lo aspettava.
L’avrebbe
raggiunta appena terminati i saluti. Quando aveva saputo che Jennifer
abitava
nella stessa palazzina di Harm non era riuscito a mascherare la
delusione che
provò, si vide preclusa qualsiasi possibilità di prolungare il tempo da
poter
trascorrere insieme a lei. Che scusa avrebbe potuto trovare per
riaccompagnarla
a casa? Doveva escogitare qualcosa… non voleva lasciarla andare così.
Non
era ancora riuscito a pensare a nulla quando si accorse che Harm non
sarebbe
andato direttamente a casa, ma avrebbe prima portato Mac al suo
appartamento.
Non si fece sfuggire l’occasione e prima che qualcun altro potesse
farsi avanti
si propose lui di accompagnare il Sottufficiale.
“Non
si preoccupi, Capitano. La riaccompagno io a casa”, aveva detto,
sperando di
esser riuscito a mantenere un tono neutrale, anche se dentro di sé si
sentiva
emozionato e felice come un adolescente che per la prima volta
accompagna a
casa la ragazza che gli piace.
Sembrava
che in quella notte magica ogni desiderio potesse realizzarsi…
Salutò
il Colonnello e il Capitano e gli sembrò che quest’ultimo, prima di
entrare in
macchina, gli avesse fatto l’occhiolino, quasi a volergli dire “Forza!”.
Scosse
la testa e tornò da Jennifer che lo stava aspettando vicino alle scale
della
Chiesa con le mani infilate nelle tasche del cappotto ed il viso
coperto per
metà dalla sciarpa. L’aria era frizzante e gelida, ma lui non sentiva
freddo,
provava un confortante tepore al solo guardarla. Avrebbe voluto donarle
un po’
di quel calore che sentiva abbracciandola…
Le
si avvicinò.
“Andiamo?”
Lei
alzò lo sguardo, sorrise ed annuì.
Galindez
fece per andare allora verso l’auto, ma lei lo fermò toccandogli un
braccio.
“Ti
va se facciamo quattro passi?”
“Non
hai freddo?”
“Mhm”,
ammise. “Mi scalderò camminando. Voglio respirare l’aria di questa
notte…
sembra magica, non trovi?”, gli domandò innocente.
Fissò
per qualche secondo quel viso dolce, poi guardò il cielo coperto ed
inspirò
chiudendo gli occhi.
“Hai
ragione.”
Le
offrì il braccio e Jennifer vi si aggrappò infilandovi sotto la mano,
lasciandosi
scaldare da quel contatto. Provò subito una piacevole sensazione di
tepore, ma
non solo sulle sue dita infreddolite, sentì anche il cuore scaldarsi…
Si
incamminarono senza dire più una parola, semplicemente godendo l’uno
della
presenza dell’altra. Camminavano vicini, ognuno immerso nei proprio
pensieri.
Gunny ripensava a come si erano incontrati e a come da quel momento non
fosse
riuscito a smettere di immaginare il suo volto dolce e sbarazzino;
Jennifer non
riusciva a vedere altro che i suoi profondi occhi scuri e ogni tanto lo
guardava di sottecchi cercando di controllare i battiti del suo cuore.
Era
da moltissimo tempo che non si sentiva così bene in compagnia di un
uomo, se
poi pensava che lo conosceva solo da pochi giorni, anzi, praticamente
solo da
qualche ora, le sembrava ancora di più di vivere in un sogno. Gli
strinse
involontariamente il braccio, quasi per accertarsi che fosse tutto vero
e ad un
tratto si fermarono.
“Che
succede?”, chiese timorosa, con un’espressione indecifrabile sul volto.
Sembrava un bambino che non capiva perché fosse stato interrotto mentre
giocava.
“Credo
che siamo arrivati. Non è qui che abiti?” le disse, non riuscendo a
trattenersi
dal sorridere divertito.
Sorrideva…
ecco di nuovo quella fossetta sulla sua guancia… le piaceva da
impazzire,
avrebbe voluto toccargliela con un dito e baciarla…
Cos’è
che aveva detto? Erano arrivati? Dove? Si guardò intorno, e vide una
casa
dall’aspetto familiare, alzò gli occhi al primo piano e capì che erano
già
arrivati a destinazione. Come aveva fatto a non accorgersi?
Pronunciò
un mesto “Oh”, senza voltarsi, senza saper cos’altro dire. Senza sapere
cosa
fare. Sapeva solo che voleva restare ancora un po’ con lui…
All’improvviso
sentì qualcosa di freddo che le si posò su una guancia… era neve… aveva
cominciato a nevicare… Si girò verso l’uomo che non aveva smesso un
attimo di
fissarla.
Le
sfiorò con il dorso della mano il punto del viso su cui si era posato
quel
primo fiocco di neve, prolungando quel contatto incapace di
allontanarsi.
Lei
lo fissò negli occhi prima di sollevare a sua volta una mano e premere
ancora
di più sul suo viso quella di lui. Voleva sentire il calore del suo
palmo.
Rimasero
a fissarsi con un’intensità tale da far perdere loro la cognizione del
tempo e
dello spazio. Si guardavano come se fossero le uniche cose esistenti in
quel
momento ed in quel luogo.
Quegli
occhi profondi le stavano accarezzando il cuore, le sembrava che
potesse
saltarle via da un momento all’altro…
Poi
Galindez si mosse piano abbassando il viso fin quasi a sfiorare quello
di lei,
ma si trattenne ancora a contemplarla. E poco dopo si sporse
maggiormente
sfiorandole le labbra con un bacio che le sembrò una carezza. Chiuse
gli occhi
sperando di poter sentire di nuovo quel dolce tocco su di lei. Sentì le
sue
forti braccia attrarla a lui mentre le posava una mano sulla schiena
per poi
farla risalire verso la nuca e farla ridiscendere lentamente facendo
scorrere i
capelli tra le dita.
Jen
posò le sue mani sul suo torace e si abbandonò all’abbraccio.
E
di nuovo quelle calde labbra si posarono sulle sue, ma questa volta vi
indugiarono più a lungo trasformando quel delicato contatto in un bacio
che si
fece sempre più appassionato.
Si
baciarono a lungo, incuranti del dolce turbinio bianco che li
circondava.
Nell’ovattato
silenzio creato dai fiocchi di neve che scendevano ondeggiando dal
cielo, nella
notte di Natale due persone si erano lasciate prendere per mano
dall’Amore…