Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: CowgirlSara    18/10/2006    8 recensioni
Possono le ferite di una vita essere guarite in una sola notte? Può un occhio ormai cieco tornare a vedere? E quale prezzo è necassario pagare per la... Cura?
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harlock, Miime
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Cura

Visto che è un po' che non pubblico nulla di nuovo, ho pensato di farvi leggere questa piccola One Shot che ho scritto molto tempo fa; forse il mio stile è un po' cambiato, di certo si è evoluto, ma sono ancora soddisfatta di questa storiellina, spero che anche voi l'apprezzerete.

Quanto a storie più "piccanti" sul nostro amato Capitano (come mi chiedevano nei commenti all'altra storia che ho postato), ci avevo anche pensato, ma ancora non ho avuto l'idea giusta; chissà, forse in futuro. Per ora dovete accontentarvi di una sexy fanart che ho fatto qualche tempo fa. Trovate il link a fondo storia.

Bye, un bacio!

Sara

La Cura


“Gli sono addosso, Tadashi, fa qualcosa!” Il tono allarmato di Yuki era giustificato dal fatto che due aerei nemici stavano aggredendo come falchi, la navetta del Capitano. Tadashi fece virare bruscamente il suo aereo, facendo schiantare l'inseguitore sulla superficie di un meteorite, poi si mise all’inseguimento dei due nemici del Capitano. Il ragazzo riuscì a superarli in velocità e, quando gli fu davanti, sparò con i razzi posteriori e ne colpì subito uno, abbattendolo; l’altro, però, continuava ad inseguire il Capitano. Tadashi spinse in avanti il suo aereo, continuando a sparare, ma anche il nemico lo faceva, e contro il suo comandante. Improvvisamente l’aereo del Capitano virò, perdendo quota, dirigendosi verso una vicina nebulosa, mentre il suo inseguitore si allontanava.
“Tadashi…” La voce di Harlock filtrava, calma come sempre, attraverso la statica.
“Capitano.”
“…Ho un’avaria ai motori, sto entrando in quella nebulosa, la vedi?”
“Sì, che cosa devo fare?”
“Torna all’Arcadia, io cercherò un posto dove fermarmi ed attiverò il segnale di recupero, ci vediamo presto…” Il fruscio coprì le sue ultime parole.
“Aspetti, Capitano!” Gridò Tadashi, ma non poté che guardare la navetta scomparire nella nebulosa.
Il secondo motore presto avrebbe ceduto, accompagnando il primo, mentre attraversava l’ammasso di nubi, ma non perdeva la speranza; infatti, la nebulosa andava man mano schiarendosi, segno d’avvicinamento ad un’atmosfera respirabile. Si accorse di avere il muso troppo basso, quando le nubi lasciarono il posto ad una verdeggiante pianura; cercò di risollevarsi, ma, proprio in quel momento, il secondo motore cedette. Non posso fare più niente, sto precipitando, potrei salvarmi… pensò Harlock, ma potrei anche morire… Non ho rimpianti, avrei solo potuto dirle quanto…

Aprì lentamente gli occhi, la stanza era in penombra, ebbe come l’impressione che ci fosse qualcosa di diverso nella sua visione; voltò il capo verso destra e capì. Alzò una mano e si toccò l’occhio destro: niente benda, le ciglia intatte e non sentiva più la cicatrice, il suo occhio era sano. Forse era un sogno.
Vide una figura avvicinarsi, così tentò di alzarsi a sedere, ma con un gesto, la figura, lo spinse a sdraiarsi di nuovo. La donna, perché è questo che era, dopo essersi seduta al suo capezzale gli posò delicatamente una mano sull’occhio sinistro e gli mostrò tre dita dell’altra mano.
“Quanti sono?”
“Tre.” Rispose Harlock, voleva vedere dove sarebbe arrivata.
“Bene, sembra che il tuo occhio sia guarito.” La donna aveva una voce dolce e calma.
“Dove sono?” Chiese il Capitano.
“Questo è il pianeta dei Curatori, tu eri ferito e noi ti abbiamo curato, è il nostro dovere.” Rispose la donna.
“Ma, il mio occhio era ferito da molto tempo…”
“Abbiamo curato tutte le tue ferite, anche quelle vecchie. Avevi molte cicatrici.” Lo guardava con comprensione; Harlock controllò immediatamente le sue braccia: era vero, tutte le cicatrici erano sparite.
“Ora riposa.” Dopo aver pronunciato quelle parole la donna si allontanò.
Harlock, rimasto solo, sollevò il lenzuolo e verificò se le cicatrici fossero sparite da tutto il suo corpo: sull’addome, sull’inguine e perfino sul ginocchio, nessuno dei segni delle sue mille battaglie era al proprio posto. Si alzò dal letto, in fondo alla stanza aveva visto un alto specchio, decise di controllare anche la sua faccia. Arrivato allo specchio, scostò i capelli dalla fronte, ed osservò i suoi occhi, erano molti anni che non li vedeva entrambi sani, poi osservò il suo viso privo della cicatrice, quasi non si riconosceva; si allontanò di qualche passo e vide riflesso il suo corpo nudo, magro e muscoloso, si sentiva pieno d’energie e non capiva il perché.

Un paio di giorni dopo, Harlock, si decise a chiedere alla donna di tornare sull’Arcadia, sentiva il bisogno di riunirsi ai suoi amici.
“Certo che puoi tornare a casa, niente ti obbliga a restare.” Gli rispose comprensiva la donna. “Puoi partire anche subito, se vuoi.”
“Il prima possibile.” Gli mancava troppo la vita sull’Arcadia.
Lo fecero sdraiare in una capsula criogenica, dotata di segnalatore di posizione; Harlock chiuse gli occhi appena il gas penetrò all’interno, poi lo spararono nello spazio: era sicuro che il suo equipaggio lo avrebbe rintracciato in breve tempo.
L’Arcadia, ormai da alcuni giorni, si aggirava nei pressi della nebulosa, sperando di captare il messaggio di soccorso del Capitano; nessuno dell’equipaggio era disposto ad arrendersi, specialmente Meeme, che ora aveva il comando.
“Meeme, ho rintracciato un segnalatore di posizione.” La voce speranzosa di Yuki la distrasse dai suoi pensieri.
“Avvicinatevi a portata di contatto visivo.” Ordinò l’aliena; Tadashi la guardò, aveva un lieve sorriso sulle labbra.
“E’ lui, sono sicuro.”
La capsula fu portata a bordo e tutti vi si riunirono attorno, mentre Yattaran l’apriva; il dottore guardò Meeme, prima di esaminare il corpo del Capitano, la donna lo spinse ad agire con un cenno della testa. Il dottore gli auscultò il cuore, che batteva regolare, anche se rallentato, poi controllò se il corpo aveva delle ferite; ma la donna notò subito che il suo viso aveva qualcosa di strano. Meeme scostò delicatamente i capelli dal volto di Harlock e tra i presenti si levò un rumorio stupito: il suo occhio era sano e la cicatrice era scomparsa. “Guardi, dottore.” L’uomo si voltò e rimase a bocca aperta, non riusciva proprio a spiegarselo.

Harlock, questa volta, si svegliò di soprassalto, il cuore gli batteva forte ed aveva la gola secca, fece per alzarsi, ma qualcuno lo trattenne.
“No, sta giù…” Quella era la voce dolce di Meeme, si sentì immediatamente più calmo, così posò la testa ed alzò lo sguardo. “…potresti avere uno sbalzo di pressione, per via della cella criogenica.” Lei gli carezzava i capelli, ed Harlock si accorse di avere il capo posato sul suo grembo.
“Harlock, ma che cosa è successo al tuo occhio?” Gli domandò la donna.
“I Curatori me lo hanno guarito.”
“Chi sono i Curatori?”
“Quelli che mi hanno salvato, quando è precipitato l’aereo.” Meeme assunse un’espressione interrogativa. “Guarda, hanno curato anche le altre cicatrici.” Aggiunse mostrandole le braccia.
“Ci credo, ho visto quando ti ho tolto la tuta spaziale, ma perché lo avrebbero fatto?”
“Sostengono che è il loro dovere.”
“Però è strano, quasi come guardare il tuo viso senza la cicatrice. Sai, non ricordavo com’era.” Affermò, carezzandogli la guancia.
“Per forza, Meeme, quando ci siamo conosciuti portavo già la benda.” Le sorrise, come non faceva praticamente mai.
“E’ vero, me n’ero dimenticata. Adesso vado, è meglio che tu riposi fino a domattina…”
“No, aspetta, resta con me.” Le aveva afferrato un braccio ed il tono era duro.
“Posso suonare un po’ per te, se vuoi.”
“Non voglio ascoltare musica, voglio che resti qui, accanto a me.” Il fatto che la trattenesse con forza per le spalle, contrastava con la sua espressione serena; Meeme rimase calma, ma dentro di se il comportamento di Harlock la inquietava.
“Va bene, rimango qui, ma adesso sdraiati.” Lo spinse delicatamente verso i cuscini, lui si coricò remissivo; poi Meeme si mise al suo fianco, posandogli la testa sulla spalla ed una mano sul torace.
Lui si era addormentato; sentiva il battito regolare del suo cuore ed il ritmo del suo respiro, ma quanti dubbi e domande cui dare una risposta, si agitavano nel cervello.

“Vi assicuro che, se è lui, non è in se.” Affermò Meeme; i presenti la guardarono come se venisse da un altro pianeta, ed, in effetti, era così.
“Secondo me, ha ragione.” Intervenne Mazusan. “Stamattina ha voluto lo sciroppo sulle frittelle.”
“E allora?” Domandò Tadashi.
“Senti, ragazzino, lo conosco da tanti anni e ti giuro che non ha mai messo lo sciroppo sulle frittelle!” Rispose indignata la cuoca.
“Ma una persona sarà anche libera di cambiare gusti, o no?” Tutti lo guardarono. “Beh?”
“Non una persona che ha fatto della coerenza una ragione di vita, Tadashi.” Gli rispose Yuki.
“Stiamo parlando di frittelle. La coerenza riguarda gli ideali, non i gusti in fatto di cibo!”
“Avresti ragione, Tadashi, se si trattasse solo di quello.” Meeme chinò il capo. “Ma ci sono anche altri particolari. Ad esempio ha sempre fatto fatica a addormentarsi, invece adesso non ha problemi…”
“Ieri è venuto sul ponte di comando senza il mantello…”
“Beve il caffè, invece del tè…” Tadashi ascoltava le tre donne elencare particolari che, secondo lui, una persona poteva decidere di cambiare in ogni momento della vita, a lui non sembrava poi così strano.
“E poi c’è il modo in cui si comporta con me.” Affermò Meeme. “Non vuole più ascoltare la mia musica ed è diventato molto possessivo.”
“Questo è davvero strano.” Era la prima frase di Yattaran, durante quella specie di riunione. “Che cosa pensate possa essergli successo?”
“Posso solo formulare delle ipotesi.” Rispose Meeme. “I Curatori hanno guarito le sue ferite, ma forse la loro cura ha, in qualche modo, modificato il suo carattere.”
“Qualunque cosa sia successa, quest’uomo non è il nostro Capitano.” Dichiarò Yuki. “E non so voi, ma io non ci tengo a stare a bordo con lui, in un momento di crisi.” Gli altri concordarono annuendo; ora avrebbero dovuto trovare il modo di provare i loro sospetti e di far tornare Harlock quello di prima.

Meeme entrò nella stanza, ma non lo vide subito; attraversò la penombra fino alla poltrona su cui era posata la sua arpa e la prese. Voltandosi lo vide: era immerso nella vasca, oltre la tenda chiara e fine che divideva la stanza da bagno dal resto, decise di avvicinarsi.
La donna scostò delicatamente la tenda e lui girò la testa; teneva le braccia posate sul bordo della vasca ed il vapore dell’acqua calda gli bagnava i capelli, non lo aveva mai visto così bello.
“Non vuoi proprio che ti suoni qualcosa?” Gli chiese.
“No, ti prego.” Rispose alzando una mano; Meeme si voltò per andarsene.
“Questo paesaggio è così noioso.” Quell’affermazione la fece tornare sui suoi passi.
“Come hai detto, scusa?” Sperava di non aver capito bene.
“Ho detto che questo paesaggio è noioso.” Ripeté Harlock, posando la testa sul bordo della vasca e chiudendo gli occhi.
“Ma come? Hai sempre adorato osservare il mare delle stelle.”
“Beh, adesso mi sembra monotono.” Continuava a tenere gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro.
Chi c’era dentro quel corpo, su cui Meeme aveva tante volte posato le mani? Che cosa avevano fatto a quell’uomo, per trasformarlo così? Qualunque fossero le risposte, lei avrebbe preteso la restituzione del sognatore, romantico e malinconico che aveva imparato ad amare in tanti anni. Era pronta.

Sul ponte di comando aleggiava una strana tensione: Yuki, Tadashi e Yattaran si scambiavano, di tanto in tanto, occhiate cariche d’attesa. Entrò il Capitano e, con passo deciso s’avvicinò al timone, seguito da Meeme. La donna scambiò sguardi con il resto dell’equipaggio ed annuì a Tadashi.
“Bene, impostate una rotta verso la Terra, ho proprio voglia di rivedere la mia piccola Mayu.” Ordinò Harlock; era una conferma che non era in se.
Meeme gli si affiancò e passò un braccio sotto al suo, lui la guardò e sorrise, ma lei restò seria; Harlock tornò ad osservare il lavoro dell’equipaggio, finché non sentì stringere il braccio, così si voltò verso la donna.
“Perdonami, lo faccio per te.” Gli sussurrò; Harlock spalancò gli occhi con rabbia, ma prima che potesse reagire, Meeme lo colpì con un raggio d’energia, facendolo accasciare al suolo.
Il peso dell’uomo le fece piegare le ginocchia, così lo seguì nella caduta; una volta a terra, gli prese la testa e se la posò sul seno.
“Dottore, presto, bisogna tenerlo sedato.” Chiamò Meeme. “Yuki, tu imposta una rotta per la nebulosa, a tutta potenza.” La ragazza ubbidì prontamente.

L’Arcadia planò, con tutta la sua potenza, sulla pianura del pianeta dei Curatori; appena ebbe toccato terra gli abitanti del pianeta si avvicinarono. La prima a sbarcare fu Meeme.
“Voglio parlare con il vostro capo.” La portarono al cospetto di Jita, la donna che aveva curato Harlock.
“Che cosa desideri, donna?” Le chiese l’eterea interlocutrice.
“Voglio che ci restituiate il nostro Capitano.” Rispose ferma Meeme.
“Eccolo là.” Jita le indicò Harlock, steso nella capsula per il trasporto.
“Non prendermi in giro. Di chiunque sia l’anima in quel corpo, non è del nostro Capitano.” Replicò l’aliena.
“Come lo hai capito?”
“Quando si ama una persona si è molto attenti. Adesso restituitelo.”
“Non è possibile.” Affermò la donna scuotendo il capo.
“Perché?!” Domandò Tadashi col suo solito impeto; Jita si voltò verso di lui.
“Il suo vero spirito è ormai parte del nucleo del nostro pianeta, ha pagato la sua cura.”
“C’è un problema, mia cara.” Continuò il ragazzo. “Lui, quella cura, non l’ha chiesta!”
“Sarebbe morto, e noi abbiamo bisogno d’energia, non è facile trovare animi tanto puri.”
“Meglio morto che…” Meeme si spostò davanti a lui, bloccando la sua frase con un gesto del braccio, poi guardò negli occhi Jita.
“Ci deve essere un modo per riportarlo qui.”
“Una possibilità, in realtà, ci sarebbe. Qualcuno dovrebbe penetrare nel nucleo e recuperare la bolla del suo spirito, ma nessuno lo ha mai fatto…”
“Sono pronta.” Affermò Meeme.
“E’ molto pericoloso, potresti perdere la vita.” Jita continuava a fissarla negl’occhi; i suoi compagni la guardarono allarmati.
“Ti ripeto che sono pronta. Sono certa che il vero Harlock avrebbe fatto lo stesso per me.”
“Sei sicura?” Yuki si era avvicinata ed aveva uno sguardo preoccupato.
“Assolutamente.” Nemmeno lo stesso Harlock sarebbe riuscito a convincerla, in quel momento; niente le avrebbe impedito di riavere accanto il suo Capitano. Quello vero.

Il cuore del pianeta, dal di fuori, sembrava solo un’enorme sfera lucida, ma Jita gli aveva spiegato che all’interno l’energia sviluppata era enorme; Meeme avrebbe avuto solo pochi minuti, prima che il calore la bruciasse come carta. L’avrebbero calata nel nucleo con uno speciale ascensore, una volta all’interno avrebbe dovuto cercare la bolla dello spirito di Harlock.
“Un’ultima cosa, Meeme.” Le disse Jita, prima di lasciarla andare. “Sappi che, se riuscirai a recuperare il suo spirito, gli restituirai anche le ferite, e noi Curatori non potremo far nulla.”
“Lo curerò io.” Affermò, salendo sulla piattaforma che l’avrebbe portata nel nucleo; i suoi compagni la guardarono mentre scendeva nella sfera, il suo sguardo sicuro non li tranquillizzò.
La luce, all’interno del nucleo, era molto intensa, a Meeme ci volle qualche secondo per mettere a fuoco; si guardo intorno, vide migliaia di sfere pulsanti, trovare Harlock non sarebbe stato facile.
Fuori, Tadashi e Yuki, cominciavano a preoccuparsi, i minuti passavano e di Meeme nessuna notizia; il ragazzo stringeva la ringhiera tanto forte, da far diventare bianche le nocche delle sue mani.
Il calore stava diventando insopportabile, mentre Meeme controllava le sfere; la donna si rese conto che se continuava così non ce l’avrebbe mai fatta. Decise di concentrarsi, ci doveva essere il modo di comunicare con lui; Meeme era certa che, le loro anime, erano unite da una forza superiore a quella che lo teneva collegato al nucleo.
“Harlock, ti prego rispondimi, dobbiamo andarcene da qui!” Cercò di mettersi in contatto con lui con il pensiero, ma la risposta tardava ed il calore si faceva ogni minuto più insopportabile. “Harlock, rispondi!”
“Meeme.” Una voce familiare raggiunse il suo cervello. “Meeme, sei tu?”
“Sì, dove sei?” Gli domandò a voce alta.
“Sono qui.” La donna si voltò, avvicinandosi ad un gruppo di bolle, in mezzo alle quali, le sembrò, che una brillasse più delle altre; l’afferrò e se la strinse al petto, allontanandosi velocemente. L’orlo del suo vestito aveva già assunto un colore bruno.
“Mio Dio, il tempo sta per scadere.” Affermò allarmata Yuki, unendo le mani; Tadashi la guardò, poi si voltò verso Jita.
“Tiratela fuori, presto!”
“Non si può, deve essere lei ad attivare la piattaforma.” Rispose la donna, restando calma.
“Guarda!” La voce della sua compagna lo fece voltare nuovamente verso la sfera: la piattaforma stava fuoriuscendo e sopra di essa, Meeme, stringeva una luminosa bolla, ce l’aveva fatta. Tadashi e Yuki si abbracciarono felici.

Uno strano sonno; gli sembrava di dormire da un secolo, ma qualcosa era cambiato. Ora il suo riposo era sereno, quella forte luce era scomparsa e sentiva una dolce musica d’arpa. Decise di aprire lentamente l’occhio; quando cominciò a mettere a fuoco, riconobbe la sua camera, sull’Arcadia, e si sentì tranquillo. La musica di Meeme raggiungeva soave le sue orecchie, e le lenzuola gli davano una piacevole sensazione sulla pelle.
“Meeme.” La chiamò con un filo di voce; la donna cessò immediatamente di suonare e si avvicinò al letto.
“Ti sei svegliato, finalmente. Come ti senti?”
“Come se mi fosse passato sopra un carrarmato.”
“Sei ferito, ma guarirai presto. Dimmi, che cosa ti ricordi?” Gli domandò con dolcezza la donna.
“L’ultimo ricordo nitido che ho, è di me che mi stendo in una capsula criogenica, poi più nulla, fin quando non ho sentito la tua voce.” Ora le teneva la mano. “Che cosa è successo?” Meeme gli narrò brevemente le vicende di quei giorni.
“E, dimmi, c’erano molte altre bolle, nel nucleo?” Fu la prima cosa che le chiese, quando la donna ebbe finito di raccontare.
“Migliaia, purtroppo. Tutte le anime che i Curatori hanno preteso a pagamento del loro lavoro.” Rispose Meeme chinando il capo; Harlock le strinse la mano.
“Meeme, non ho fatto qualcosa di cui possa pentirmi, vero?” Lei alzò lo sguardo e gli sorrise dolcemente.
“Stai tranquillo, non te l’ho permesso.”
“Vorresti riprendere a suonare, la tua musica è così bella.”
“Aspettavo solo che me lo chiedessi.” Meeme si voltò, per tornare alla sua arpa, ma Harlock l’afferrò per un braccio; per un attimo la donna fu presa dal timore che gli effetti della cura fossero ancora attivi, si girò lentamente. Il volto dell’uomo era sereno, la sua presa leggera; una cicatrice ed una benda non erano mai state più rassicuranti.
“Sai, mentre il mio aereo precipitava ho pensato che sarei potuto morire, ed il mio ultimo pensiero è stato per te.” Le confessò con la sua voce profonda.
“Questo significa qualcosa.”
“Sì, significa molto.” Meeme si avvicinò ancora e lo baciò, sulle labbra, tenendogli la mano tra le sue, poi si allontanò, raggiungendo la sua arpa e riprese a suonare.
Harlock girò la testa e guardò oltre gli oblò dell’Arcadia; si sentì fortunato, fortunato di avere Meeme, di avere un equipaggio che credeva in lui, di poter ancora osservare il mare delle stelle e di essere libero. Si lasciò cullare dalla musica, mentre la luce delle stelle sfilava dalla coda dell’Arcadia, osservò Meeme che suonava con gli occhi chiusi; pensò che avrebbe dovuto ringraziarla per ciò che aveva fatto per lui, ma il sonno stava prendendo il sopravvento. Mentre chiudeva gli occhi sentì ancora il suo sapore sulle labbra.

FINE

Il link per la Fanart su Harlock: http://i40.photobucket.com/albums/e215/SaraLab/Harlock.jpg

Aspetto i vostri commenti! E ringrazio quelli che hanno commentato l'altra fic su Harlock!





   
 
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