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Autore: VirginiaRosalie    22/03/2012    4 recensioni
Una vita può cambiare a seconda di come la vorremmo noi? Voi direste di no ma io non ci credo.. perché? Perchè ne abbiamo la prova.
Lei una normale ragazza italiana, qualche parente inglese e qualche amica.
Lui un attore famoso, molto successo, molti amici e nemici.
Un amore pieno di ostacoli, paure, illusioni, pianti e tradimenti ed infine, il perdono. E' questo che accade quando lasci il tuo cuore vincere?
"L'aereo atterrò su LAX, il più grande aeroporto di Los Angeles, la città in cui mi stavo trasferendo..."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taylor Lautner, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Pov Virginia

"Vai a casa e riposati - dissi scrivendo delle raccomandazioni al ragazzo davanti a me che si era slogato la caviglia destra - metti un po' di questa pomata, mattina e sera, appena riuscirai a camminare potrai tornare a scuola; tranquillo lo dico io ai tuoi professori." 
Non ero una vera e propria infermiera però qualcosa sapevo fare e, sapevo riconoscere una slogatura da una frattura. 
Erano le sei pomeridiane, ero stata di turno tutta la giornata ed ero stanca morta. Proprio davanti l'entrata dell'albergo, una ragazza mi fermò, mi guardò quasi sorpresa poi mi diede il giornale e se ne andò prima che potessi pagarla.
Non capivo il motivo di quel gesto così decisi di aprire il giornale. Incredula trovai una foto di me e Taylor, rimasi a fissare ciò che c'era scritto nella didascalìa accanto: 'Nuova fiamma per Taylor Lautner. Si è intromessa tra lui e Sara Hicks? E' lei il motivo per cui le due celebrità si sono lasciate qualche giorno fa?' 
Scossi la testa e corrugai la fronte; non che fossi arrabbiata però non volevo passare come una poco di buono, soprattutto in una città come Los Angeles. D'un tratto sentii una presenza dietro di me poi la sua mano sulla mia spalla.
"Ciao fidanzatina." 
Mi voltai di scatto e trovai un ragazzo, alto ma non eccessivamente muscoloso, con i capelli castano chiaro e gli occhi verdi, brillanti e seducenti.
"Oh - guardai il giornale e lo accartocciai tra le mani - no, non sono la fidanzata di Taylor, ci siamo casualmente scontrati..." 
"Meglio" disse rimanendo davanti a me ed incrociando le braccia al petto.
Non sapevo se ciò che aveva detto era uno scherzo o stava dicendo sul serio così mi limitai a ridacchiare per poi abbassare lo sguardo. 
"Sono Steve Travor, sono un paio di giorni che ti vedo entrare ed uscire da qui ecco perchè ho ipotizzato che fossi la nuova ragazza di quell'attore - disse indicando l'albergo dietro le mie spalle - e... qual'è il tuo nome?" 
Quando porse la sua mano la guardai per un secondo poi avvicinai la mia e gliela strinsi amichevolmente, nel frattempo mi presentai.
"Sono Virginia Rosalie Hastings - tolsi la mia mano e sorrisi abbastanza imbarazzata - e sì, ho l'accento italiano perchè vengo da Roma" dissi prima che lui potesse chiedermelo visto che già molte persone mi avevano fatto la stessa domanda.
"E' adorabile."
"Grazie" ridacchiai. 
"Dico solo la verità." 
Sorrisi di nuovo e le mie guance presero un colorito leggermente più scuro. 

"Ho un'altra domanda, posso?" mi chiese con un grande sorriso. 
"Certo."
"Come mai fai di cognome Hastings? Non dovresti avere un cognome tipo 'Rossi' o 'Bianchi' - ridacchiò - sai, nei telefilm italiani spesso si sentono questi cognomi." 
"Mio padre è di origini inglesi. La mia bis nonna era andata a Londra al tempo della guerra, si è sposata con un londinese e così è iniziata la dinastia degli Hastings" dissi ridacchiando e rigirando il giornale accartocciato tra le mani fino a quando, Steve non lo prese e lo gettò nel cestino più vicino che c'era. 
"Interessante e scusa, ma non potevo più vederti massacrare quel giornale. - abbassò la sua testa verso di me, sospirai e nello stesso tempo sorrisi - Questi paparazzi sono dei completi idioti, dicono sempre cazzate e si rigirano le notizie a loro piacimento ma non sanno di ferire delle persone… persone con dei sentimenti." 
Il motivo di questo interessamento verso di me, mi era nuovo; ci eravamo appena conosciuti e già sembrava che tra di noi ci fosse un'intesa dato che quando parlavo con lui non mi vergognavo più tanto. 
"Da quant'è che sei qui a Los Angeles?"
"Più o meno 4 giorni. Tu… invece…  sei nato qui?" 
"Sì - indicò un edificio non molto lontano da dove eravamo noi - proprio in quel palazzo, al terzo piano nella camera da letto dei miei genitori" disse senza neanche prendere fiato.
"Ok, mi ricorderò di non andare in quell'appartamento per nessuna ragione al mondo" sussurrai ridacchiando mentre facevo qualche passo verso l'albergo visto che sarei dovuta andare a cena. Non volevo cacciarlo però avevo fame ed ero piuttosto stanca.
Lui mise le mani dentro le tasche dei jeans ed iniziò a dondolarsi su due piedi, come un bambino che stava per ricevere il suo gelato.
"Neanche se te lo chiedessi io?" 
Il mio volto cambiò espressione appena sentii quella domanda.
"Dipende" 
"Da cosa?" 
"Dal tempo" affermai prontamente. 
"E se ti chiedessi di uscire, per esempio questa sera?"
Sul mio volto si stampò un'aria pensierosa: accettare o non accettare ed andare a dormire presto? Inevitabilmente le mie labbra si mossero a pronunciare un'unica parola.
"Si."
"Perfetto, ti passo a prendere alle - si tirò su la manica della maglia e controllò l'orologio - alle 20.00 va bene?" 
"Certo, basta che non mi porti nella casa dove i tuoi genitori ti hanno concepito, sarebbe imbarazzante."
Ridacchiammo entrambi poi fece un passo verso di me e mi diede un bacio sulla guancia. Arrossii e lo salutai con la mano. 
"Andiamo a ballare, mia cara. - indietreggiò con un sorriso sulle labbra - A dopo Virginia." 
"A dopo Steve" dette queste parole, sospirai e mi voltai verso l'entrata. Dopotutto una bella serata in discoteca, era quello che ci voleva e non vedevo l'ora di muovermi un pò. 

Pov Taylor

Scesi dalla macchina e riconobbi la persona più spregevole a questo mondo: Steve Travor. Lui era il paparazzo al quale avevo dato un pugno; se l'era meritato, poiché dopo una stressante giornata di lavoro, aveva avuto la faccia tosta di parlarmi di Sara Hicks e quella ragazza della quale non sapevo neanche il nome. 
Lei era lì, con i suoi capelli lunghi e castani; cavolo, era proprio davanti a lui e la distanza tra i loro volti era piccolissima. 
Chiusi lo sportello dell'auto rumorosamente. I flash delle macchine fotografiche professionali erano sempre puntati su di me così fui costretto ad indossare un paio di occhiali da sole in modo da ripararmi da quell'abbagliante luce. 
Dopo aver fatto qualche passo verso l'albergo, mi voltai verso destra dove i due ragazzi erano fermi a parlare. Lui le baciò la guancia ed in quel momento avrei voluto tornare lì e picchiare, di nuovo, quella sua faccia da bugiardo ma mi limitai ad accelerare il passo poiché anche lei stava per tornare dentro il grande hotel. 
I miei bodyguards si assicurarono che nessun fan accanito entrasse dopo di me.
"Chi è lei?" la voce del mio manager mi fece distogliere lo sguardo da ciò che stavo osservando: lei. 
"Chi? Cosa?" dissi confuso e disorientato, come se fossi caduto dalle nuvole.
"Quella ragazza. La stai spogliando con gli occhi." 
Mentre percorrevo la hall per raggiungere l'ascensore, mi voltai verso il mio manager e tolsi gli occhiali mettendoli sopra la testa. Lo guardai confuso e scossi la testa non rispondendo neanche a ciò che aveva detto; non che fosse sbagliato, però avendo le lenti degli occhiali molto scure, non poteva vedere i miei occhi quindi mi sembrò una frase azzardata.
"Hai visto il giornale di oggi, ci sei tu e… quella…"
"Devo sapere come si chiama" interruppi ciò che stava dicendo Ian infatti si voltò verso di me e mi sorrise alzando un sopracciglio.
"Lo sapevo, ti ha colpito quella ragazza eh? Beh, è davvero un.."
"Ian, sei un genio! - lo interruppi ancora una volta poi gli diedi una pacca sulla spalla poiché avevo appena avuto un'idea - Apri bene le orecchie, appena entrerò nella mia camera tu scenderai, andrai alla reception e ti farai dire il nome di quella ragazza, poi verrai a riferirmi tutto. Ok?" dissi entusiasta serrando i pugni.
"Certo.." 
"Hai capito tutto?" 
"Sì signore" disse mettendo una mano sulla fronte come per obbedire agli ordini del capitano.
"Sicuro?" chiesi sospettoso.
"In realtà non mi è chiara una cosa - disse alzando un dito verso di me mentre le portiere dell'ascensore si aprivano per accogliere due persone piuttosto anziane che alloggiavano cinque piani sotto di me - potete prendere il prossimo? Grazie! - interruppe il suo piccolo discorso per "cacciare" quei due signori poi premette il pulsante che portava al dodicesimo piano - dicevo… non so come fammi capire visto che di lei non so niente; né la stanza, né il piano in cui sta." 
"Cosa dicevi riguardo al giornale?"
"Oh, tu e lei siete in seconda pagina.." disse disinvolto e mi diede il giornale mostrandomi la nostra foto. 
Per un attimo ci guardammo negli occhi come due complici che stavano per mettere in pratica un piano malvagio. 
"Ora è tutto chiaro" sussurrò proprio quando arrivammo al nostro piano. Mi accompagnò fino in camera come se avessi dieci anni, ma dopo tutto era quello il suo lavoro, assicurarsi che io arrivi a casa sano e salvo.
Quando aprii la porta mi voltai verso Ian e gli diedi una piccola spinta dietro la schiena.
"Vai a scoprire il suo nome - dissi indicando la ragazza immortalata nell'immagine con me, strappai quella pagina e gliela porsi - mi raccomando, non farti scoprire dai paparazzi o peggioreranno la situazione."
Nel mentre Ian si dirigeva al piano terra, mi guardai intorno e tutto quello che potei vedere era una stanza non molto accogliente, piena di vestiti gettati a terra e cartacce di gelati sulla scrivania accanto alla televisione. Mio padre non voleva che nessuna cameriera si intrufolasse nella mia stanza infatti la chiave di essa la possedevo solo io. Iniziai a sistemare qualcosa ma mi stufai dopo pochi minuti visto che non ero solito fare queste faccende.
-

Un'altra giornata era iniziata sia per me che per Virginia. 
Sì, ero riuscito a sapere tutto su di lei: nome, cognome, età, data di nascita, luogo di nascita e stanza in cui alloggiava e persino il motivo per il quale si era trasferita qui. Mi rigirai nel letto pensieroso; era ora di fare la prima mossa altrimenti Steve avrebbe avuto la meglio per il semplice fatto che era considerato uno dei paparazzi più belli della California. 
Per fortuna ero solo nella mia stanza, Ian dormiva in quella accanto e, come tutte le mattine, alle 10.00 veniva a bussare per assicurarsi che fossi sveglio. Mi alzai dal letto, controllai l'orologio e 3…2…1… il rumore delle nocche sul legno era piuttosto chiaro.  
"Toc toc, sei sveglio?"
"Si, sono sveglio" dissi stiracchiandomi per poi sbadigliare.
Un sorriso mi si stampò sul viso dopo che mi fui vestito e sistemato i capelli. Uscii dalla stanza con gli occhiali da sole sulla testa e, dopo aver salutato Ian, mi avviai per la sala dove avrei fatto colazione.
"Dormito bene?" mi chiese poggiando la schiena su una parete dell'ascensore.
"Abbastanza grazie. Tu?" 
"Ovviamente" disse schioccando le dita.
"Hai ancora la foto di ieri di me e… "
"Sì" disse prima che io riuscissi a finire la frase con il nome della ragazza.
"Che aspetti a darmela?" 
"Non dirmi che l'attaccherai sul comodino accanto alla sveglia?!" 
Scossi la testa ed alzai un sopracciglio per fargli capire che ciò che stava dicendo non aveva senso visto che non possedevo neanche una sveglia elettronica bensì una umana: lui. 
"Ian, sai che non ho una di quelle sveglie che vanno a batteria, vero?"
"Oh, giusto - sospirò poi prese l'agenda dove aveva scritto tutti gli impegni - tra tre mesi ci saranno i People's Choice Awards, dovresti attraversare il red carpet con Sara Hicks." 
Sgranai gli occhi quando ricevetti quella spiacevole notizia. Era vero, avevo amato quella ragazza ma ormai faceva parte del mio passato ed io avevo superato la cotta per lei e non di certo per colpa o merito di Virginia. 
"No, non se ne parla, non abbraccerò quella sanguisuga"
"Non dovrai abbracciarla, ti basterò sfilare con lei, poi potrai anche sederti lontano - scrisse qualcosa sul foglietto - Farai una brutta impressione se ti rifiuti. " 
"Brutta impressione? - scossi la testa - Non se ne parla. Non puoi costringermi" 
"Non l'ho deciso io, ma tua madre e tuo padre, vorrebbero vederti di nuovo insieme a… lei" 
Sbuffai alzando gli occhi al cielo. Per fortuna le porte dell'ascensore si aprirono segnando, finalmente, l'arrivo a pian terreno. Non avevo proprio voglia di aprire l'argomento 'Sara Hicks', non ora che avevo ben altro a cui pensare. Percorsi il corridoio ed andai a sedermi al tavolo più vicino alla porta della cucina e più lontano dalle finestre. Prima di mordere il primo cornetto con la marmellata, notai Virginia dall'altra parte della sala e, lasciando Ian seduto, mi alzai e m'incamminai verso di lei.
"Ciao Virginia."
Quando la salutai il suo sguardo sembrava perso, a mio parere, non sembrava più tanto agitata come il giorno in cui ci siamo scontrati. I suoi occhi però erano lucidi, brillavano come quelli di nessun'altra. 
Era in momenti come questi che veniva fuori il mio lato più dolce e sensibile.
Rimase in silenzio per un po' mentre sorseggiava il suo latte.
"Credo che tu sappia chi sono io" dissi sedendomi accanto a lei. 
"Credo che tu abbia ragione" rispose accennando una piccola risata con una voce talmente dolce che sembrava diversa da quella dell'altro giorno. 
"Volevo scusarmi di nuovo per lo scontro.."
"In realtà devo chiederti io scusa, stavo tornando dal lavoro, ero piuttosto distratta"
"Tu lavori?"
"Si" 
"Sei giovane per lavorare. Quanti anni hai? 18? 19?"
"Diciannove" disse annuendo.
Mi fermai un attimo a fissarla e lei fece lo stesso, finché non le squillò il cellulare.

Pov Virginia

Non potevo smetter di fissare i suoi occhi e, in preda ad un piccola agitazione che non davo a notare, neanche ebbi il tempo di chiedergli come faceva a sapere il mio nome. 
Improvvisamente il cellulare nella mia tasca iniziò a vibrare poi partì la canzone che avevo messo come suoneria. Mi affrettai a portare il telefono all'orecchio e risposi senza neanche controllare il numero. 
"Pronto?" 
Dall'altra parte del cellulare c'era Steve, disse che stava per arrivare davanti all'albergo poiché doveva dirmi una cosa molto importante. 
"Ci vediamo nella hall tra cinque minuti ok?" dissi sorridendo. 
Bevvi l'ultimo goccio di latte che avevo preso per colazione ma non potei ignorare Taylor che mi guardava ancora confuso; alzai il mio volto verso di lui e gli sorrisi abbastanza imbarazzata infatti le mie guance divennero piuttosto rosse.
"Scusa ma devo andare. Mi ha fatto piacere rincontrarti, ci vediamo in giro, ok?" detto ciò mi alzai dalla sedia, presi la borsa, la misi sulla spalla destra e quando fui quasi fuori dalla sala, mi voltai verso l'interno e salutai il ragazzo con la mano notando che stava tornando al suo tavolo. 
Era stato davvero gentile con me e potevo ricordare quando ero più piccola, lo amavo così tanto che avevo sognato una vita con lui ma poi, tutte le persone che mi circondavano dicevano che ciò che stavo desiderando era solo un sogno irrealizzabile e sinceramente se fosse stato davvero interessato a me, ora che lo avevo conosciuto, avrebbe dovuto chiedermi di uscire; a questo punto decisi di lasciar perdere. 
"Bellissima" qualcuno pronunciò questa parola proprio dietro di me: era Steve.
"Buongiorno" dissi dopo che gli ebbi dato un bacio sulla guancia. 
"Hai già fatto colazione o vieni a prendere qualcosa con me da Starbucks?" 
Misi entrambe le mani in tasca e sorrisi annuendo. 
"In realtà sì, ho appena preso un latte macchiato ed un cornetto con la marmellata - dissi come se fossi fiera di me - quindi.. per questa volta passo."
"Ok - disse sorridendo - sarà per un'altra volta." 
Rimanemmo in silenzio per un po'. 
"Allora… cos'è che volevi dirti d'importante?" 
Spostai tutto il peso del corpo sulla gamba destra ed incrociai le braccia sotto il seno aspettando una sua risposta. Dopo qualche secondo trovai le mie labbra unite con le sue, morbide anche se sapevano di menta. Chiusi gli occhi e lasciai cadere le braccia lungo i fianchi mentre la sua mano fredda passava sul mio collo. Per un attimo sentii il mio corpo rilassarsi ma subito dopo, la mia schiena fu percorsa da piccoli brividi. 
Riaprimmo entrambi gli occhi nell'arco di un secondo; non ebbi il coraggio di parlare così mi limitai a sorridere.
"Che ne dici?"
"Cosa?" sussurrai confusa.
"Io e te? Una coppia" disse tenendo entrambe le sue mani sul mio collo e, in attesa di una mia risposta, le portò all'altezza dei miei fianchi e li strinse dolcemente guardandomi negli occhi. 
Tutto quello che avevo sempre desiderato si stava avverando e non potevo tirarmi indietro. Ero davvero interessata a Steve, anche se eravamo usciti solo la sera precedente, era stata gentilissimo con me, mi aveva fatta sentire accettata e a casa ma soprattutto al sicuro. 
"Possiamo provare."
Si allontanò appena da me per guardarmi meglio negli occhi poi rispose.
"Lo so, ci conosciamo da un giorno, ma vale la pena tentare - si avvicinò di nuovo mettendo una sua mano dietro la mia schiena - non posso perdere questa occasione." 
Mi passai una mano tra i capelli e sorrisi per ciò che aveva detto. 
Calò di nuovo il silenzio tra noi.
"Oggi non devo lavorare quindi, andiamo a pranzo insieme?" 
"Certo." 
Mi guardò per un po', mi baciò la guancia poi prese la mia mano e, stringendola forte, mi trascinò fuori dall'albergo. 

  
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