Sono
iscritta da
parecchio su questo sito, ma non ho mai inserito una presentazione.
Come mai?
Inizialmente non sapevo
come caricare il testo, poi me ne scordai del tutto. Fino al giorno in
cui imparai
a usare l’HTML, ma non avevo niente d’interessante
da scrivere.
Amo inventare storie e
personaggi. Odio parlare di me stessa.
Perciò, dopo una lunga
serie di riflessioni, ho deciso di lasciare la parola a chi
è sicuramente più
esperto di me.
Queste sono quattro brevi
descrizioni delle mie “eroine” letterarie. Quattro
figure femminili passate
alla storia per essere dei veri disastri umani. Ben lontane da
qualsiasi
stereotipo di femme fatale (o ancor
peggio di Mary Sue), bellissime e imperfette, a tratti insopportabili.
Non dico di essere come
loro, ma di ognuna ammiro qualità e difetti. Sono il mio
modello, sono il mio
metro di paragone.
Emma
Woodhouse:
«Il
vero lato negativo della situazione
di Emma era la possibilità di fare un po’ troppo
come voleva e l’inclinazione ad
avere un po’ troppa stima di sé. Erano questi
svantaggi a minacciare le sue
molte gioie. Tuttavia, il pericolo per il momento era così
impercettibile da
non poter essere annoverato tra le sue sventure».
Jane
Austen,
Emma.
Emma mi ha insegnato l’immaginazione
e l’ottimismo. Se devo confessare, però, quello in
cui le somiglio di più è
certamente la presunzione. Quando mi metto in testa una cosa, parto in
quinta e
non mi fermo finché non picchio contro un muro. Il mio
rischio è
sostanzialmente il suo: fino adesso mi è andata bene.
Hermione
Granger:
«Io?
Furbizia e tanti libri. Ci sono cose più importanti:
amicizia e
coraggio».
Mike
Newell,
Harry Potter e il calice di fuoco.
(Film).
Io da piccola ero
Hermione Granger. Secchiona con la mano sempre alzata, sempre pronta a
dimostrare di saperne più degli altri. Peccato che non
avessi i poteri magici,
il che mi rendeva ancora di più una saccente e noiosa
so-tutto-io. Da questa
ragazza ho imparato la determinazione, la tenacia e soprattutto il
valore dell’amicizia.
Perché i bei voti non hanno mai sostituito
l’affetto di un amico.
Elizabeth
Bennet:
«C’è
una certa caparbietà
in me che non può sopportare di essere intimorita dal volere
degli altri. Il
mio coraggio si ribella sempre a ogni tentativo
d’intimidazione».
Jane
Austen,
Orgoglio e pregiudizio.
Chi non ama Lizzy Bennet?
Grazie a questo personaggio ho iniziato a puntare i piedi, a volte un
po’
troppo. La sua testardaggine, il suo orgoglio e la sua fierezza sono
stati un
grande esempio: mai temere di esprimere la propria opinione, mai
abbassare la
testa. Mr. Darcy non si è certo innamorato della sua
accondiscendenza.
Jo
March:
«L’ambizione
di Jo era di
fare qualcosa di eccezionale. Non aveva ancora idea di cosa, ma
lasciava che il
tempo glielo dicesse; nel mentre la sua più grande
afflizione risiedeva nel
fatto che non poteva leggere, correre e cavalcare quanto desiderasse.
Un
carattere irritabile, una lingua tagliente e uno spirito irrequieto la
cacciavano sempre nei guai, e la sua vita si alternava in una serie di
alti e
bassi che erano al contempo comici e patetici».
Louisa
May Alcott,
Piccole donne.
Jo March mi ha fatto
capire che essere diversi non costituisce per forza un male. Le idee
degli
altri nella nostra testa non trovano mai il proprio agio. Ambizione e
indipendenza sono valori sacrosanti. Meglio puntare in altro, contro
ogni
logica.
Pare
evidente che io sia
un disastro su due gambe. Vi assicuro, però, che
è davvero facile vivere
accanto a me dato che ho adottato dalla nascita la filosofia del
“vivi e lascia
vivere”. Bene, ora scadiamo anche nell’asociale e
nel nerd.
Giuro che sono più
simpatica di come appaio.
«Certo che sta succedendo dentro la tua testa. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?».
~ Albus Silente ~
J. K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte.