Keith Kogane aveva un sogno: diventare il miglior pilota della Garrison.
Avrebbe anche potuto riuscirci, se non ci fosse stato lui: Takashi Shirogane, affettuosamente soprannominato “Shiro”. Shiro era tutto: intelligente, arguto, svelto, gentile, grande pilota. “Il ragazzo d’oro”, veniva soprannominato.
Keith lo vide tenere il discorso d’apertura della cerimonia delle matricole.  L’osservò rapito per tutto il tempo. Ci pensò giorno e notte, quel ragazzo dall’aspetto severo ma gentile non abbandonava mai i suoi pensieri.
Keith Kogane aveva un sogno: quel sogno era Shiro.

“E Lei crede che io dovrei risolverla?”
Munakata accennò un sorrisetto divertito incrociando le dita davanti il viso appoggiandosi coi gomiti alla scrivania. “Sei un valido elemento, Fushimi-kun. So che porterai a termine tutte le missioni che ti vengono affidate.”
[...]
Ed eccola lì, la persona che popolava i suoi pensieri da quattro anni a questa parte. Volteggiava come se stesse danzando, le fiamme che gli ruotavano intorno come a volerlo schermare dagli altri, come a racchiuderlo in un mondo tutto loro.
Restò per attimi interminabili a guardare quella figura minuta eppure forte che assaltava e si ritraeva con un’incredibile sequenza di movimenti.

Un rumore ritmico di passi riempì i corridoi vuoti, o meglio, privi di guardie poiché ogni cella conteneva uno schiavo che doveva essere venduto. C’erano sia uomini che donne in quel posto dimenticato da Dio. Un ragazzo era incatenato al muro, i biondi capelli coprivano gli occhi di uno stupendo azzurro cielo. Nella cella di fronte alla suo, una giovane ragazza dai lunghi capelli corvini e gli occhi come due perle lo fissavano tristemente. La maglia lercia era piena di strappi e tagli attraverso i quali si vedevano le numerosissime cicatrici. Lei, essendo una donna, non subiva questo tipo di torture. Le schiave erano usate solo per i piaceri personali dei soldati o altri, ma venivano condannate a morte se uscivano incinte da questi rapporti.