A
Box of Love
12 Agosto
2018
Grimmauld Place n° 12, Londra
Harry
Potter era una di quelle persone che, se non hanno un impegno, se lo cercano.
Non aveva mai oziato, se non in quelle estati che era costretto a passare dai
suoi zii a Privet Drive durante la sua infanzia e adolescenza. Perciò,
collegando l’ozio ai Dursley, il Bambino Sopravvissuto trovava sempre qualcosa
da fare, anche d’estate, anche durante le vacanze estive che lo allontanavano
dal suo ufficio di Capo del Dipartimento Auror del Ministero della Magia
Inglese. Così per quel pomeriggio torrido e soleggiato, aveva deciso di
sistemare la casa che era appartenuta al suo adorato padrino.
Aveva
vissuto lì i primi tempi, dopo la fine della Seconda Guerra Magica. Era stato
un buon luogo in cui nascondersi dai giornalisti asfissianti e dalle occhiate
insistenti dei maghi che vedevano in lui un eroe. Voleva solo passare un po’ di
tempo con i suoi pensieri, magari con Ginny e Ron ed Hermione. Perciò avevano
passato i primi mesi a sistemare la casa. Avevano tolto le teste degli elfi,
erano riusciti a staccare dal muro l’arazzo che raffigurava la madre di Sirius(usato
per il falò di Ferragosto) ed avevano tinteggiato tutte le pareti della casa.
Avevano deciso di lasciare, e anzi risistemare le camere di Sirius e Regulus, a
memoria del fatto che i Black non erano tutti marci.
L’uomo
sorrise. No, non erano marci per niente. Certo, Bellatrix era stata una pazza
sadica e psicolabile, ma tutto il resto dell’ultima generazione dei Black si
era dimostrata migliore di quello che era stata la famiglia in passato. Tra
l’altro l’ultimo discendente dei Black stava giocando nel suo giardino nella
residenza dei Potter a Godric’s Hollow, dove avevano ricostruito la casa in cui
aveva vissuto Harry da neonato. E pensare che tutti in famiglia adoravano il
piccolo Scorpius…
No, per
lui era impensabile stare con le mani in mano. Perciò in quel momento era nella
soffitta, a sistemare quello che era praticamente diventato un magazzino, a
spostare scatoloni su scatoloni e lanciare incantesimi di pulizia a destra e a
manca.
E non si era mai divertito così
tanto…
Fu
mentre spostava uno degli scatoloni più ingombrante che non si accorse che uno
dei vecchi giocattoli di James era uscito dalla scatola, facendolo inciampare e
quindi scontrare sulla parate di fronte.
-Ahia!-
urlò, quando gli cadde qualcosa sulla testa.
Passo
una mano dove gli faceva male, controllando che non gli uscisse sangue. Quando
guardò la sua mano, pulita, tirò un sospiro di sollievo, per poi passare alla
ricerca dell’oggetto incriminato.
Era una
scatola da imballaggio. Incantata. Aveva le dimensioni di una scatoletta da
anello, ma era di cartone. Prese la sua bacchetta dalla tasca dei pantaloni e
lanciò un ‘Engorgio’. Subito la scatola tornò alle sue dimensioni effettive,
facendo gemere dal dolore il Bambino Sopravvissuto visto che una mano gli era
rimasta incastrata sotto. Dopo aver aperto e chiuso il pugno per controllare la
presenza o meno di ossa rotte, Harry controllò la scatola dall’esterno,
provando a intuirne il contenuto.
Non era
una delle sue scatole. Lui non le rimpiccioliva mai, aveva paura sempre di
confonderle e perderle e non poteva correre questo rischio, specialmente visto
che si era ripromesso di conservare tutti i giocattoli di Jamie per i suoi
figli. A volte era con una punta di gelosia e rammarico che osservava il
piccolo Hugo giocare con i vecchi giocattoli di Ron. Ma aveva dato ai suoi
figli tutto l’affetto possibile e non avrebbe mai e poi mai smesso di adorarli.
Certo, magari non avrebbe vinto il premio di papà dell’anno, ma se la cavava e
poi era troppo divertente per lui farsi mettere i piedi in testa da Lily.
Quella piccola terrorista che ne combinava una al giorno..
Harry
tornò ad osservare la scatola con un sorriso sul volto. Che presto si trasformò
in un ghigno. La sua vecchia anima di Grifondoro l’avrebbe spinto a sventrare
quella scatola, ma la sua mente da Serpe lo spingeva a controllarsi e a pensare
prima di agire. Ma non c’era scritto niente così decise di togliere piano lo
scotch dalla scatola ed aprirla, per scoprirne il contenuto.
C’erano
fotografie, diari, lettere e piccoli oggetti. Decise di esaminarne qualcuno con
occhio attento. Ma Harry subito capì. E un sorriso triste si fece strada sul
suo volto. Erano passati vent’anni eppure lui ancora ci soffriva. E mai avrebbe
smesso. Richiuse la scatola, poggiandola gentilmente accanto la porta della
soffitta. Era arrivato il momento che l’ultimo Malandrino scoprisse la vita di
suo padre.
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Harry bussò
alla porta di Andromeda Black alle sette di sera. Se all’inizio il rapporto con
la donna era stato vagamente freddo, visto che la sua somiglianza con Bellatrix
Lestrange portava a galla brutti ricordi, il tempo aveva portato i Potter ad
avvicinarsi sempre di più a quella che Jamie, nella sua esplosione di vitalità,
aveva sempre chiamato Nonna Meda o Nonna Andy. E ad aprire fu proprio la
ragione dell’affetto tra Harry e Andromeda: Teddy Lupin.
-Zio
Harry! Che ci fai qui?- lo salutò Teddy, ormai ventenne.
-Ciao
Teddy. Sono venuto a trovarti. Tua nonna?- gli chiese, scombinandogli i capelli
come faceva da quando era nato.
-Oh, è a
cena da sua sorella. Zia Cissy voleva passare una serata in famiglia. Anche se
Al le ruba il suo adorato nipote, o sbaglio?- gli rispose, invitandolo in
salotto.
-No, non
sbagli. Chi c’avrebbe mai creduto che un Potter avrebbe avuto come migliore
amico un Malfoy?- disse Harry, con una smorfia scherzosa.
-E che
il Potter in questione sarebbe stato un Serpeverde mentre il Malfoy di turno un
Grifondoro, no?- celiò Teddy, ridacchiando.
-Non mi
ci fare pensare.- grugnò Harry, grattandosi vagamente la fronte e la cicatrice
che lo avevano reso leggenda. –Devo parlarti di una cosa, Teddy.-
-Certo.
Di cosa?- chiese il ragazzo, serio.
Harry
sorrise, prendendo dalla tasca della giacca la stessa scatoletta che aveva
trovato quel giorno. La porse al ragazzo, che la esaminò come aveva fatto lui.
Harry fece di nuovo l’engorgio, davanti lo sguardo perplesso di Teddy, che
guardò scettico il padrino.
-Ehm..
cos’è?- chiese Teddy.
-È
qualcosa che ho trovato oggi a Grimmauld Place. Apparteneva a Remus.- rispose
Harry, con un sorriso indulgente sul volto.
-Ah.-
disse il ragazzo, passando una mano tra i capelli corti. –Che c’è qui dentro?-
-Teddy,
non devi aprirla adesso. Dovrai farlo solo quando ti sentirai pronto.- rispose
l’Auror, accondiscendente.
-Come
faccio a sapere se sono pronto se non mi dici cosa c’è in questa scatola?-
chiese Teddy, assottigliando lo sguardo.
-Perspicace.-
sbottò Potter, passandosi una mano tra i capelli. –Ricordi quello che dice
sempre Zia Hermione?-
-Si.
L’amore è la magia più potente di tutte. Lo diceva sempre Silente, perché?-
-Perché..
perché lo è davvero. Dovrai aprire questa scatola solo quando sentirai di essere
realmente innamorato. Solo quando crederai di amare veramente la persona che
hai davanti allora potrai aprire questa scatola. Me lo prometti?- gli chiese
Harry, guardandolo negli occhi.
-Io…
Victoire..- mugugnò Teddy, confuso.
-Ted, ti
ho detto solo che dovrai aprire questa scatola quando ti sentirai pronto. Se lo
sei, puoi anche farlo adesso, ma.. ne sei sicuro?- gli chiese l’Auror, scoccando
al ragazzo un’occhiata scettica. –Sei un ragazzo. Quando ti sentirai pronto, la
aprirai. Promettimelo.-
-Ok, te
lo prometto.- disse il ragazzo, poggiando una mano sulla scatola.
Harry
sorrise al figlioccio, congedandosi da lui, guardando un’ultima volta quella
scatola che conteneva la vita di due delle persone a cui teneva di più.
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6 Luglio 2022
Casa Weasley-Lupin, Isigny-sur-Mer, Nord della
Francia
Teddy
Lupin era sempre stato un ragazzo paziente e tranquillo. Per lui non c’era mai
stato niente di meglio di passare una bella serata davanti a un camino acceso,
con un buon libro tra le mani, magari un libro di letteratura babbana, e una
tazza di tè accanto, rigorosamente con almeno tre cucchiaini di zucchero,
niente latte né limone.
Non era
quello il caso, ovviamente, visto e considerato che c’erano 30 gradi all’ombra
ed era in riva al fiume, ma la pace di quei paesaggi lo faceva sentire a casa.
Gli piaceva quel posto, perché era in mezzo a tantissimi boschi, e c’era quella
presenza dentro di lui, quel lupo domato, che lo portava spesso tra quegli
alberi, a sentire sotto i palmi delle sue mani le cortecce degli alberi e sotto
i piedi nudi la terra molle. Vicky lo tormentava spesso, perché poi tornava a
casa con i piedi tutti sporchi e doveva pulire tutto il vialetto dell’ingresso.
In quel
momento era sdraiato su un telo di spugna, le braccia incrociate sotto la testa
e una testa biondo-rossiccia poggiata sul suo petto. Alzò vagamente la testa,
lasciando un bacio sulla testa della ragazza. Voleva molto bene a Victoire
Weasley. Le aveva sempre voluto bene, da che aveva memoria. Erano cresciuti
insieme, e col tempo c’era stato quasi il bisogno di trasformare quell’affetto
in qualcosa di più. Era stata quasi la strada più semplice da intraprendere.
Il
ragazzo sospirò, mentre la ragazza gli lasciò un leggero bacio sulla guancia.
C’era sempre quel ma, però. Voleva bene a Vicky, la adorava, ma a volte si
sentiva quasi vuoto. Non sapeva il perché, ma non c’era.. la scintilla. Quella
scintilla che ti porta a fare qualcosa di inaspettato per la persona che ami,
che ti spinge a fare pazzie. La sua vita con Vicky era ormai scandita dalla
routine. Quella per esempio era la solita gita al fiume del mercoledì
pomeriggio, dopo sarebbero tornati a casa, lui avrebbe ordinato indiano al
take-away e due ore dopo sarebbero andati a dormire, magari dopo avere fatto
l’amore.
-Hey, un
penny per i tuoi pensieri.- disse la ragazza, mordicchiando il manto del
ragazzo.
-Scusa,
Vic. Penso sempre, lo sai.- le rispose, lasciando una bacio leggero sulla sua
bocca.
-Si, lo
so. Stavo pensando… che ne dici se invece di ordinare qualcosa dal take-away,
prepariamo qualcosa noi?- gli chiese, alzandosi in piedi. –Dovrai recuperare i
ricettari dalla soffitta, però.-
‘Questo
si che è inaspettato.’, pensò Teddy, alzandosi in piedi a sua volta.
-Perché
devo salirci io in soffitta?- le chiese, scherzoso.
-Cosa?
Ci potrebbero essere dei ragni lì!- esclamò lei, scandalizzata.
-Tu e
Zio Ron siete impossibili, sai?- ridacchiò lui, porgendole il braccio per la
materializzazione.
-Zio Ron
è l’unico che riesce a capirmi.- rispose lei, facendo una linguaccia.
Si
materializzarono sul vialetto di casa, per poi entrare dentro e cambiarsi. Victoire
si allontanò da lui per andare in cucina con un bacio, mentre Teddy prendeva la
via per la soffitta, dove non entrava da tre anni. Cioè da quando si era
trasferito lì.
‘Bene.
Dove sono quei maledetti ricettari?’, pensò il ragazzo, spulciando tra le
scatole che erano rimaste chiuse.
Teddy
cercò tra diverse scatole, prima di imbattersi in una che aveva quasi
dimenticato. Era la scatola che Harry gli aveva portato qualche anno prima.
Aveva detto che riguardava suo padre, ma non gli aveva mai detto altro. A volte
il pensiero di aprire quella scatola c’era, ma non si sentiva mai pronto.
‘Ma come
faccio a sapere se sono pronto se non so cosa c’è dentro?’, pensò Teddy,
passandosi una mano tra i capelli.
Il
ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore, per poi prendere la scatola e
posarla a terra, incrociando le gambe da seduto. Aprì la scatola di scatto,
alzando una piccola nuvoletta di polvere. Tossicchiò agitando una mano davanti
al viso, illuminando la stanza con un lumos. All’inizio non capì cosa c’era lì
dentro. La sua mano afferrò per prima una lettera. Il destinatario era Sirius,
nome scritto con la calligrafia che aveva imparato a conoscere come quella di
suo padre, dagli appunti e dai grimori che aveva trovato a casa sua.
‘Papà.’,
pensò, passando una mano sulla busta.
Teddy
aprì piano la lettera, estraendo la piccola pergamena che c’era all’interno. Il
testo era leggibile, ma a volte l’inchiostro era sbavato, come se lo scrittore
avesse esitato a scrivere alcuni punti e nel frattempo avesse… pianto. Harry
gli aveva raccontato spesso, specialmente quando era bambino, dei Malandrini, e
del fatto che suo papà fosse molto legato a Sirius. Teddy chiuse gli occhi,
provando a mantenere il controllo, per poi riaprirli e iniziare a leggere.
‘Caro
Sirius, sono sempre io. Non ti parlo da un sacco di tempo, da più di un anno
ormai. Ti scrivo perché oggi è un giorno importante per me. [ … ] Non ti ho
dimenticato. Non avrei mai potuto farlo. Sei e sempre sarai la persona che ho
più amato, e lo sai. Ma avevo bisogno di scriverti, oggi. So che forse non
approvi, so che forse mi stai odiando oggi, ma ti prego, non condannarmi se
voglio trovare un po’ di pace. Affezionarmi a lei non era nei miei piani. Fosse
stato per me ti sarei stato fedele fino alla morte, ma lei.. lei mi vuole bene.
Il nostro è un rapporto diverso da quello che avevamo noi due, ma le voglio lo
stesso bene e anche se continuerò ad amarti fino alla fine dei miei giorni, non
posso non provare a tirare avanti. Lei mi è stata vicina, lei che ha gli occhi
così simili ai tuoi…. ’, lesse il ragazzo, sgranando gli occhi.
La lettera gli cadde dalle
mani. La raccolse e la risistemò dentro la busta, mentre con mani tremanti
scopriva il resto del contenuto della scatola. Era piena di foto. C’erano tante
foto di suo padre vicino a Sirius Black, tante foto di Sirius con James Potter,
tante foto dei Malandrini. Teddy iniziò a dividere le foto. E il ragazzo non
poté fare a meno di notare quanto affetto e.. amore, puro e semplice,
trasparisse dai ragazzi che nella foto facevano finta di litigare.
Teddy non capì il perché,
ma il bisogno di chiudere quella scatola fu forte. E così sigillò di nuovo
quella scatola, con il peso nel cuore di quella nuova scoperta.
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Passarono due settimane.
Teddy non era più uscito di casa. Non ne aveva la forza, come se qualcosa gli
impedisse di uscire. Aveva passato due settimane a guardare il bosco dalla
finestra, perso nei suoi pensieri. Pensieri di ogni genere. Pensieri sulla sua
vita, pensieri sui suoi genitori, su Harry, sulla sua famiglia in generale. Su
Victoire.
La realizzazione sulla sua
vita era arrivata all’improvviso un paio di giorni prima. Aveva capito perché
non aveva mai avuto la forza di aprire quella scatola prima di allora. Harry
gli aveva chiesto di aprirla solo quando si sarebbe innamorato sul serio e lui,
anche se inconsciamente, aveva capito di non esserlo veramente. Non amava
Victoire. Non come si dovrebbe amare la persona con cui si vuole passare il
resto della vita. Non aveva quel tipo di amore totalizzante e passionale, quel
tipo di amore che ti fa attraversare gli oceani, quell’amore così pieno e
irrazionale da farti quasi sentire vuoto in sua mancanza. Teddy non amava
Victoire, se non come si vuole bene a una sorella, a un’amica d’infanzia, ad
una persona che conosci da sempre. Ma non era l’amore della sua vita. E quella
constatazione lo aveva svuotato. Non avrebbe mai rimpianto il tempo passato con
lei, ma in quel momento aveva bisogno di stare da solo. Aveva bisogno di
concentrarsi su stesso e ritrovare uno scopo.
Aveva deciso di parlarle
quella sera stessa. Vicky era in giro con degli amici. Il che era davvero
strano, perché erano tre settimane minimo che usciva più spesso del solito.
Solo che prima non se n’era davvero accorto.
‘Merlino, sono un pessimo
fidanzato.’, pensò, scuotendo la testa.
I suoi occhi lasciarono la
vista dei boschi quando sentì aprire la serratura di casa. Si alzò dalla
poltrona, andandosi a posizionare sul divano del salotto. Abbandonò la testa
sulle mani, con i gomiti poggiati sulle ginocchia. In quel momento si
detestava. Si stava detestando, perché avrebbe voluto essere una di quelle
persone in grado di stare con una persona anche senza amarla. Ma purtroppo non
lo era, e il pensiero che avrebbe dovuto spezzare il cuore a quella povera
ragazza, lo stava logorando.
-Teddy, va tutto bene?-
chiese Victoire, arrivata in salotto dopo aver appeso la giacchetta all’appendi
– panni.
-No.- sussurrò, serio.
-Teddy..- cominciò lei,
sedendosi sul tavolinetto di fronte a lui. –Teddy, mi stai lasciando, vero?-
Teddy alzò lo sguardo verso
di lei, aggrottando le sopracciglia. Non aveva un tono triste. Aveva un tono
consapevole, aveva il tono di chi sa, di chi sa e aspetta.
-Mi dispiace, Vicky.-
sussurrò il ragazzo in risposta.
-Teddy, ti ricordi com’è
iniziata la nostra relazione?- gli chiese lei, con tono indulgente.
Teddy la guardò negli
occhi, confuso. Provò a ricordare. Niente. Vuoto completo.
-Già. Non lo ricordo
nemmeno io.- rispose lei, con un sorrisetto.
-Cosa?- le chiese,
perplesso.
-Io non riesco a ricordare
quando è stato il primo momento in cui mi sono resa conto di amarti. Non riesco
a ricordarlo e la cosa mi spaventa. Dovrei ricordare quando è stato, cosa
indossavo, cosa indossavi tu. E invece non ci riesco. Teddy, la nostra
relazione è nata quasi perché era qualcosa che dovevamo fare. Siamo amici da
quando siamo praticamente nati, e non riesco a ricordare quando mi sono
innamorata di te. Fino a qualche settimana fa credevo che fosse perché ti amavo
da sempre, ma la realtà è che forse.. non ti ho mai amato.- gli disse, tenendo
lo sguardo basso.
-Credevo di essere l’unico
a sentirmi così.- rispose lui, poggiando una mano su quella della ragazza.
-Ted Lupin il Martire.-
celiò Victoire, con un sorriso indulgente sul volto. –C’ho provato, sai? C’ho
provato a fare funzionare questa relazione, ma non ce la faccio. Non è giusto,
Teddy. Non è giusto né per te né per me. Meriti qualcuno che possa amarti per
quello che sei, come io non riesco a fare.-
-Dovrei essere io a farti
questo discorso, Vic.- rispose Teddy, trascinando la ragazza vicino a sé, per
abbracciarla.
Victoire ricambiò
l’abbracciò, sorridendo contro la spalla del ragazzo.
-Non hai il coraggio di
farmi un discorso del genere. Sei troppo gentiluomo per lasciarmi.- rispose
lei, ridacchiando. –Posso solo chiederti come hai capito di non amarmi?-
Teddy non rispose, si
limitò a sospirare.
-Ok, non vuoi dirmelo.-
capì la ragazza, dandogli un leggero pugno sul braccio. –Fa niente. Però posso
raccontarti come l’ho capito io?-
Teddy annuì grato,
sorridendole.
-Ho conosciuto il fratello
di Axelle, l’amica di Dominique. Si chiama Leandre, e Teddy, credimi, non mi
sono mai sentita così viva.- disse aggrottando le sopracciglia, in colpa.
-Siamo usciti spesso insieme in queste ultime settimane, e non sono mai stata
meglio. Mai, Teddy. Ti prego, non essere arrabbiato con me. Non l’ho mai
nemmeno baciato.-
-Vic, non sono arrabbiato
con te. Sono felice. Hai tutte le ragioni del mondo per farlo.- le disse, con
un sorriso sereno sul volto. –La cosa assurda è che hai 22 anni, che io ne ho
24 e parliamo come se ne avessimo 50. Non è normale, Vic. Dovremmo essere
giovani e spensierati.-
-Be’, non è mai troppo
tardi.- gli rispose, accarezzandogli il viso. –Devi solo promettermi una cosa,
Teddy.-
-Cosa?- le chiese, felice.
Era strano. Si sentiva
libero, finalmente. Non c’era più la routine, non c’era più l’abitudine. C’era
solo un mondo da scoprire pieno di ombrelli gialli.
-Sei un bravo ragazzo, Ted.
Sei buono, sei un gentiluomo. Ma il fatto che tu sia così non vuol dire che lo
siano anche le altre persone. Promettimi solo che ti proteggerai il cuore. Perché
non posso sopportare che qualcuno potrebbe spezzartelo.- gli disse,
abbracciandolo stretto.
-Te lo prometto.- le
rispose, baciandole il capo. –E tu promettimi la stessa cosa.-
-Te lo prometto.-
Quello fu forse un addio.
Era un addio a una storia che durava ormai da cinque anni, era un addio alla
loro vecchia vita. Quella separazione li portò alla vita reale, quella da cui
non può purtroppo proteggerti la famiglia. Eppure fu anche un inizio. Fu
rinascita e amore. Solo che questo, non potevano ancora saperlo.
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4 Agosto 2022.
Nei pressi di Godric’s Hollow
Teddy aveva impacchettato
tutto in una settimana e aveva lasciato la casa che aveva condiviso con
Victoire per tre anni. Un po’ gli dispiaceva, ma aveva senz’altro sofferto di
più quando aveva dovuto lasciare la casa in cui aveva vissuto da quando era un
bambino con sua nonna. Perciò si era rimpossessato della sua camera a Casa
Black-Tonks, con grande felicità di Nonna Andy, che, nonostante lui non avesse
detto niente a riguardo, aveva capito che lui aveva lasciato ‘la francesina con
la testa per aria’.
Tornare a casa gli era
servito a rimettere i piedi per terra e a riprendere il contatto con la realtà.
Be’, era stato il primo passo, comunque. Aveva capito di avere bisogno di
parlare con Harry. Lui doveva sapere molto più di lui di suo padre e lui aveva
il diritto di sapere. Aveva il diritto di sapere perché Teddy era nato.
Perciò, un paio di giorni dopo il suo ritorno in madrepatria, aveva preso la
scatola che conteneva la vita di suo padre, l’aveva rimpicciolita e si era
materializzato a Godric’s Hollow, vicino casa del Padrino. Passando per la
piazza del minuscolo paese, posò una mano sul cuore davanti la statua che
rappresentava i genitori del Bambino Sopravvissuto, pensando a quelli che, se
fossero sopravvissuti, sarebbero stati come degli zii. A volte si chiedeva come
faceva Harry a restare tranquillo al pensiero dei suoi genitori. Sapeva che da
ragazzo il pensiero della morte di James e Lily Potter lo aveva tormentato. Ma
si chiedeva come, da adulto, riuscisse a restare tranquillo al loro pensiero.
Una volta gliene aveva pure parlato. Harry gli aveva risposto con un sorriso
triste e dicendogli che il fatto di essere diventato genitore lo aveva aiutato.
Si chiese se avere un figlio un giorno avrebbe aiutato lui.
Fu con un sospiro che si
avviò per il vialetto di Casa Weasley-Potter, bussando, infine, alla porta. Era
da quando si era trasferito in Francia che non rivedeva nessuno. C’erano state
le lettere, tante lettere. Ma non era la stessa cosa. Era cresciuto con i
Potter. E gli erano mancati come l’aria. Ad aprire fu.. quello che era un uomo
ormai. Non era più il ragazzino che aveva lasciato con un broncio sul viso tre
anni prima. Non era più il bambino che si era rifiutato di salutarlo perché, e Teddy
lo sapeva, gli avrebbe fatto troppo male dirgli addio.
Jamie.
Jamie sgranò gli occhi, per
poi cacciare un urletto alla sua vista e placcarlo.
-Teddy!- esclamò,
stringendolo forte.
‘Un abbraccio alla Jamie.’,
pensò mugugnando, ma con un sorriso.
Come se non ti fosse mancato da morire.
-Jamie, mi soffochi.- gli
disse, ridacchiando.
-Maledetto di un Lupin!
Mica me l’avevi detto che saresti venuto!- rispose, staccandosi da lui, anche
se riluttante.
Teddy si permise solo in
quel momento di esaminare il ragazzo di fronte a lui. Jamie aveva i capelli
neri e scombinati dei Potter, e aveva gli occhi di Ginny, quel castano profondo
e intenso che spesso quando era più piccolo lo avevano fatto cedere di fronte a
una sua richiesta. Era cresciuto un sacco, diventando altissimo, anche se non
quanto lui - Teddy Lupin era stato definito alto anche dai Weasley e quello era
un dannatissimo record, specie di fronte all’altezza di Ron e George. Jamie era
davvero cresciuto.
-Be’, sorpresa, allora.-
mugugnò Teddy, grattandosi la nuca.
-Già, una sorpresa
magnifica! Dai, entra!- gli disse l’altro, spostandosi dalla porta per far
entrare l’amico. –Allora! Che ci fai qui?-
-Ehm.. veramente volevo
parlare con tuo padre. È a casa?- gli chiese, seguendo James verso la cucina
soggiorno.
-No. Problemi in ufficio.
Gliel’ho detto che per quello che fa lo pagano poco, ma non mi ascolta. Siamo
soli in realtà.- gli disse, aprendo il frigorifero e rovistando all’interno.
-James, che cerchi?- gli
chiese, perplesso.
-Dovrebbe esserci una
lattina di Coca Cola Light, quella che piace a te. Papà compra sempre quella
normale, anche se continuo a lamentarmi.- gli rispose, piegandosi sulle
ginocchia. –Ah! Eccola! Tieni.-
‘Se lo ricorda.’, pensi,
intenerito.
-E perché chiedi quella
Light? A te piace quella normale. Odi le cose dolciastre.- gli rispose Teddy,
con un sorriso furbo sul volto.
‘E anche io ricordo certe
cose di lui. Il tempo non ha cambiato le cose.’, pensò, prendendo la lattina.
-Perché voglio essere
pronto in caso un certo Lupin di nostra conoscenza si fosse presentato alla
nostra porta senza avvisare. Possono anche chiamarmi James Sirius Potter il
Veggente, adesso.- disse il ragazzo tremendamente serio.
Talmente serio che Teddy
non poté evitarsi una risata.
-Mi sei mancato, Jamie.-
gli disse, sorridendogli.
-Lo so. Mi sarei mancato
anch’io.- celiò, arrossendo vagamente. –Mi sei mancato anche tu, comunque.-
-Dove sono gli altri?-
chiese Teddy, sorridendo.
-Oh. Mamma è ancora in
redazione. Al è da Malfoy, come sempre, mentre Lily è da Nonna Molly che gioca
a fare la casalinga che vuole imparare a cucinare.- gli rispose, alzando gli
occhi al cielo.
-Oddio, Lily che fa la
casalinga non ce la vedo proprio!- gli rispose, ridendo.
-Nemmeno noi. Ma dirglielo
significherebbe vivere in un inferno fatto di bronci. È colpa di papà. L’ha
viziata.-
-Come se non l’avessi
viziata anche tu.- lo prese in giro Teddy.
-È un altro discorso. Io
sono il fratellone. È il mio compito viziare e rompere le palle. Da un genitore
ci si aspetterebbe di mettere un po’ di sale in zucca ai figli.- mugugnò Jamie.
-Credo che Harry ci abbia
rinunciato visto che i tentativi di mettere sale in zucca a te sono falliti
tutti.- celiò l’altro in risposta.
-Credevo fossi dalla mia
parte tu.- mugugnò Potter, triste.
-Lo sono. Ma avevo quasi
dimenticato che a volte è impossibile prenderti sul serio.- gli rispose, con un
ghignetto.
James si limitò ad
assottigliare lo sguardo alla sua risposta, per poi arrendersi.
-Comunque.. perché volevi
parlare con papà?- gli chiese, mettendo il labbruccio.
-Oh.. ehm.. è personale.-
gli rispose Teddy, arrossendo. Completamente. Pure nei capelli.
-Oh, per Merlino!- esclamò
Jamie, balzando in piedi. –Hai ucciso qualcuno? E adesso vuoi protezione? Ti
prego, almeno dimmi che hai nascosto il corpo!-
-Cosa? Ma ti pare che vado
in giro a uccidere le persone?- gli rispose, arrossendo ancora di più. –Che poi
un omicidio è la prima cosa che ti viene in mente quando ti dico che è un
problema personale?-
-E che ne so! Oh, no. Se
non è un omicidio… non dirmi che hai messo incinta Viciou… ehm, Victoire! Ti
prego, sei troppo giovane per essere padre.- piagnucolò James.
-Ma si può sapere che mente
bacata hai? No, non ho messo incinta Vicky. Che poi stavi davvero per chiamarla
Vicious?- allibì Lupin.
-Ehm…-
-Ok, non voglio saperlo.
Comunque, no. Riguarda me e me soltanto. Scusa, Jamie.- gli disse, addolcendo
il tono alla fine.
-Tranquillo. Io sono qui,
se ne vuoi parlare.- rispose Jamie, scrollando le spalle. –Come sta la bionda?-
-La bionda è tua cugina..
dovresti volerle bene, no?- rispose, ignorando la smorfia di disgusto sulla
faccia dell’altro. –Sta bene, almeno quando l’ho lasciata in Francia stava
bene.-
-Mmm.. tra poche settimane
sarà il vostro anniversario… il… quale,
il quinto?- gli chiese, stringendo inconsapevolmente i pugni.
-Jamie… io e Vicky ci siamo
lasciati dieci giorni fa. Potresti evitare di girare il coltello nella piaga?-
gli chiese Teddy, esasperato.
Jamie rilassò i pugni
all’istante, sgranando gli occhi e spalancando la bocca. Ma si riprese quasi
subito, raggiungendo Teddy e placcandolo come aveva fatto al suo arrivo.
-Scusa. Sono un mostro
insensibile, Lily me lo dice sempre.- gli mugugnò contro la spalla.
-Va tutto bene. Non potevi
saperlo.- gli disse, godendosi la sensazione.
Jamie sapeva di casa. Stare
abbracciato a quel ragazzo era come stare abbracciato a tutti i ricordi che
aveva prima del trasferimento. Eppure non c’era nostalgia. C’era solo la
felicità del ritorno.
‘E dannazione, Jamie mi è
mancato più di quanto potessi immaginare.’, pensò Teddy, quando Jamie si staccò
da lui.
Jamie era il suo Potter
preferito. Jamie sapeva cose di lui che nemmeno Vicky aveva mai scoperto. Jamie
era unico nel suo genere. Jamie era stato l’unico a dirgli che stava facendo
una cavolata quando aveva deciso di trasferirsi in Francia. Jamie era l’unico
che lo capiva con uno sguardo e Teddy non era mai stato più felice di così.
-Ho scoperto una cosa su
mio padre. E non so cosa provo.- si ritrovò a dire, perché davvero, provare a
trattenersi di fronte a lui era impossibile.
-Cosa hai scoperto?- gli
chiese sedendosi di fronte a lui.
-Mio padre aveva avuto una
relazione con Sirius Black prima di sposare mia madre.- disse tutto d’un fiato,
mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime.
-Oh.- rispose, aggrottando
le sopracciglia.
-Già.-
-E dove sta il problema?-
gli chiese Jamie, spiazzandolo.
-I-io.. io non lo so. Sono
così confuso.- gemette.
-Non dirmi che il problema
sta nel fatto che tuo padre fosse innamorato di un altro uomo.- gli disse,
arrossendo, sentendosi vagamente in colpa.
-Eh? No. Non è questo.-
rispose Teddy, mugugnando.
Jamie tirò un sospiro di
sollievo.
‘Almeno non sarebbe disgustato
da me.’, pensò il più piccolo, passandosi una mano tra i capelli.
-Oppure.. non è che hai
paura che tuo padre non amasse tua madre, vero?- gli chiese James, poggiando
una mano sulla sua spalla.
Teddy alzò lo sguardo verso
l’altro.
-Teddy, il fatto che tuo
padre abbia avuto una relazione con un’altra persona non vuol dire che non
abbia amato tua madre o che non abbia amato te. Remus era umano, Teddy.- gli
disse il ragazzo, tenendo lo sguardo basso e torturandosi le mani. –Non si ama
una volta sola nella vita. Si ama in modi diversi forse, ma non si ama mai
un’unica volta.-
Teddy guardava il ragazzo
con sguardo tremante. Era strano sentire parlare Jamie così. Gli sembrava
strano che un ragazzo di diciassette anni come lui parlasse in quel modo…
strano, a meno che non avesse vissuto quella situazione.
-Teddy, perché hai lasciato
Victorie?- gli chiese James, allungando la mano verso il suo braccio.
-Io.. io non lo so… so solo
che… Merlino, Jamie, non hai letto quello che ho letto io. Mio padre e Sirius…
loro si amavano. Si amavano sul serio. Avevano quel tipo di amore che io e
Victorie non avremmo potuto avere mai. Quel tipo di amore… si trova di rado, e
loro lo avevano. Non potevo continuare a stare con lei. Sarebbe stato
ingiusto.- mormorò Teddy, abbandonando la testa sulle mani, con i gomiti
poggiati sull’isola della cucina.
-Teddy.. va tutto bene. Hai
fatto la cosa giusta.- gli disse James, poggiando una mano sulle sue spalle
tremanti e avvicinandosi a lui.
I due ragazzi stettero in
quella posizione per parecchi minuti. E James avrebbe voluto urlare.
James era orgoglioso di se
stesso. Era orgoglioso e consapevole del fatto di essere tremendamente cotto di
Teddy da quando aveva.. quanto? Sette anni? Teddy era sempre stato il suo
Teddy, il Teddy che gli raccontava le favole, il Teddy che gli faceva spazio
nel letto, nelle notti passate alla Tana, se c’era un temporale. Teddy era
stato il primo a trovarlo quando da bambino si era rotto un braccio cadendo da
un albero. Teddy era stato il suo cavaliere dall’armatura scintillante prima
ancora che capisse cosa volesse dire una cosa del genere. Per lui era stato
normale e semplice come l’aria innamorarsi di Teddy. Ma era stato col
tempo che aveva capito cosa questo avrebbe implicato. Cosa avrebbe implicato
con la sua famiglia, nel rapporto con gli altri. Perché James amava Teddy e non
avrebbe potuto amare nessun altro. Perché in quel momento Teddy stava piangendo
perché era sperduto e James avrebbe fatto di tutto pur di non vederlo così.
Emise un gemito sconfitto, stringendosi addosso l’altro ragazzo.
-Sono così confuso, James.-
mugugnò Teddy, contro il petto dell’altro ragazzo.
-Lo so. Credimi, lo so.-
rispose l’altro, affondando il viso nei capelli dell’altro lasciandovi un bacio
leggero. –Ma ci sono io qui. Non ti lascio.-
Teddy si staccò piano per
guardare negli occhi l’altro ragazzo. Jamie assecondò il gesto, sorridendogli
incoraggiante. E Teddy non poté fare altro che sorridere a sua volta, sperando
in un domani migliore.
.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.
8 anni dopo.
-Sono a casa!- disse un uomo,
entrando in casa, posando l’ombrello giallo bagnato di pioggia nel portaombrelli,
e il trench leggero all’appendi – panni.
James Sirius Potter in quei
otto anni era cresciuto ancora. Anche professionalmente parlando. Era a capo
del reparto Lesioni da Incantesimo al San Mungo, e non era mai stato felice
come allora. Ricordava ancora il giorno in cui aveva dovuto dire a suo padre
che si, gli sarebbe piaciuto fare l’Auror, ma non era il mestiere adatto a lui.
Suo padre aveva sorriso, e il giorno dopo lo aveva sorpreso portandogli
opuscoli su opuscoli sulle possibili carriere all’interno dell’ospedale dei
maghi. Jamie aveva placcato il padre, ringraziandolo per averlo accettato. Di
nuovo. Certo il suo lavoro era stancante, ma lo adorava e non vi avrebbe
mai rinunciato. Non prendeva mai volentieri nemmeno le ferie. Solo una volta
aveva fatto un’eccezione. Quattro anni prima, per la precisione.
-Papà! Papà, sei tornato!
Stasera hai fatto più tardi del solito!-
James si piegò sulle
ginocchia, per accogliere tra le braccia la piccola furia che stava correndo
per il corridoio nel tentativo di raggiungerlo il più velocemente possibile.
Era uno scricciolo minuscolo dai lunghi capelli neri e la pelle diafana. Aveva
gli occhi blu intenso, e indossava un vestitino di cotone leggero dello stesso
colore dei suoi occhi.
-Ciao, Syria.- sussurrò il
ragazzo, ormai uomo, alla piccola bambina di quattro che gli stava stringendo
forte il collo.
-Oggi, mi sei mancato,
papà.- sussurrò lei, staccandosi dal padre e mettendo un piccolo broncio, che
James fece scomparire con un bacio, prima di sorriderle.
Sua figlia. Syria era sua
figlia. Ancora non riusciva a credere di essere stato così fortunato. Syria era
stata la manna del cielo, era stata quel simbolo in più di un’unione che non si
sarebbe spezzata mai. Perché avrebbe fatto troppo male.
-Mi sei mancata anche tu,
piccola. Come ogni giorno.- le disse, alzandosi in piedi e facendole allacciare
le gambe attorno al suo collo. –Che hai fatto oggi?-
-Siamo andati dalla
Bisnonna Molly! C’era anche Zia Hermione e mi ha dato uno dei suoi libri!-
esclamò Syria, entusiasta. –L’ho già finito di leggere!-
-L’hai finito di leggere
tu?- scherzò il padre, ridacchiando e andando verso la cucina.
-Be’, mi hanno aiutato. Ma
solo un pochino!- rispose la bambina, orgogliosa.
‘Ah, Syria… sei così simile
ai tuoi genitori..’, pensò James, sorridendo felice.
-Oh, Merlino, Syria, ti
avevo chiesto di non correre al collo di papà!- disse la persona che aveva
aperto la porta della cucina nello stesso momento in cui la stava per aprire
James.
-Eh, dai, non rompere!-
sbottò Jamie, facendo scendere la bambina dalle spalle, e stringendosela al
petto. –Mi è mancata.-
-Ti manca ogni giorno.-
rispose l’altra persona prendendo la figlia dal padre e facendola sedere a
tavola.
-Be’, se vuoi proprio
saperlo, mi sei mancato anche tu, Teddy.- disse Jamie, afferrando la
maglietta del marito e avvicinarlo a lui.
-Ti conviene.- celiò
l’altro, prima di baciarlo teneramente.
La storia tra James e Teddy
era iniziata uno dei finesettimana ad Hogsmeade, durante il settimo anno ad
Hogwarts di James. Dopo il ritorno di Teddy in madrepatria, i due avevano
passato quanto più tempo possibile insieme. James aveva aiutato Teddy a capire
perché era così confuso, ed era stato quello il momento in cui il maggiore
aveva capito cos’era il vero amore. Aveva trovato in James un amico, un
confidente.. e poi un amante.
Era stato Jamie a iniziare
tutto. Teddy era riuscito a trovare le ali di una glaucis papilio, una farfalla
blu che volava solo in Australia. Era una farfalla molto rara, e ancora di più
lo era il suo uso in Pozioni. Ma le ali di questa farfalla erano l’ingrediente
principale di una pozione in grado di guarire le ferite da Ardemonio, sempre se
si riusciva a sopravvivere all’incantesimo. Jamie ne aveva parlato all’altro
ragazzo un paio di settimane prima e lui era riuscito a farsene spedire una
decina per gufo… non si era trattenuto e lo aveva baciato.
Teddy non gli aveva parlato
per due settimane. Era scappato da Hogsmeade e non rispondeva ai suoi gufi. Poi
era arrivato ad Hogwarts e aveva chiesto di parlare con James, e così avevano
fatto per ore. James aveva detto a Teddy tutto, tutto quello che provava, e il
maggiore aveva ascoltato a sua volta. Alla fine il maggiore dei fratelli Potter
aveva posto all’altro una domanda cruciale.
‘C’è anche solo la remota
possibilità che un giorno tu possa amarmi?’
Teddy aveva risposto che
avrebbe dovuto pensarci bene prima di rispondere. James lo aveva capito. Teddy
lo conosceva da quando era nato, e anche se ci fosse stato qualcosa non poteva
fare finta che fosse normale frequentare il ragazzo che tutti reputano il tuo
fratello minore. Ma due settimane dopo ancora c’era stata nuovamente la gita ad
Hogsmeade, e ai Tre Manici di Scopa c’era Teddy, che aveva accolto James con un
bacio così pieno di passione e d’amore che ancora al pensiero James tremava.
Stavano insieme da allora.
Il loro ‘coming out tour’, come lo avevano chiamato tra loro, era stata una
delle esperienze più difficili della loro vita, ma erano stati accettati dal
clan Weasley, e per loro andava bene così. Certo, il discorso che Harry aveva
fatto a Teddy sul non trattare male James era stato piuttosto divertente, ma
alla fine non c’era stata poi chissà quale reazione. Harry, poi, sembrava quasi
aspettarsi una cosa del genere…
Dopo Hogwarts e l’Accademia
di Medimagia, Teddy aveva chiesto a James di sposarlo e tre mesi dopo si erano
sposati con tanto di certificato. Il motivo? I due erano subito stati d’accordo
su una cosa. Volevano un figlio. Volevano soddisfare quel bisogno di paternità
che col tempo era nato in loro. Quando avevano fatto richiesta di un’adozione,
l’avevano, però, fatto con un peso sul cuore. Nel Regno Unito sia magico che
babbano non c’era più distinzione tra coppie etero e omosessuali, ma ciò non
cambiava il fatto che le coppie etero erano comunque preferite nell’affidamento
di un bambino. E invece quattro mesi dopo avevano ricevuto una chiamata dal San
Mungo. Una ragazza di diciotto anni era rimasta incinta e non poteva prendersi
cura della bambina che portava in grembo. Avevano subito insistito per
conoscere la ragazza e dopo tre settimane lei aveva accettato di affidare loro
sua figlia.
Syria era la loro vita. Era
la loro speranza e il loro futuro.
-Papà?- li chiamò la
bambina, distraendo i due uomini dallo sguardo di uno sull’altro.
-Si, cucciola?- chiese
Teddy, sorridendo felice, mentre stringeva la mano del marito.
-Come vi siete messi
insieme?- chiese, con uno sguardo curioso.
I due uomini risero,
pensando alla promessa che si erano fatti quando la madre biologica di Syria
era ancora incinta.
-Be’, amore. È iniziata
tutta grazie a una scatola piena di amore.- rispose il maggiore, prendendo in
braccio la bambina.
-Tipo piena della pozione
che vende Zio George al negozio?- chiese la bambina, confusa.
-No. Quello non è amore
vero. Quella scatola, invece, conteneva il tipo di amore che un giorno avrai
anche tu: quello reale, quello puro.- disse James, accarezzando i capelli lisci
della bambina.
-Se fosse anche casto,
sarebbe pure meglio.- aggiunse Teddy, mugugnando.
James rise verso di lui,
per poi volgersi nuovamente verso la figlia.
-Eravate voi le persone
dentro la scatola?-
‘Questa bambina è troppo
curiosa.’, pensò James, sospirando.
-No, era l’amore dei tuoi
angeli custodi.- le disse, con un sorriso.
-Quindi… era una scatola di
Nonno Rem e Nonno Grim?- chiese la bambina, entusiasta.
James annuì, prendendo
Syria in braccio e lasciandosi a sua volta abbracciare dal marito, che si
rattristiva sempre quando si parlava del padre che non aveva mai veramente
conosciuto, anche se la nascita della piccola aveva aiutato moltissimo.
-Papà?-
-Si?- chiese Teddy, con il
viso sepolto sui capelli della piccola.
-Vi voglio bene tanto tanto
quanto il mondo.- disse lei, sicura.
-Ti vogliamo bene anche
noi.- disse Jamie. –Anche di più.-
E si strinsero ancora in
quel caldo abbraccio che diceva famiglia, sotto lo sguardo felice e nascosto dei
loro angeli custodi.
Spazio Autrice: Salve a tutti!
Questa shot è lunghissima! D: però mi sono divertita a scriverla. Anche perché si
è praticamente scritta da sola.
Questa shot è il seguito di
‘Moonstar’, e penso che sia chiaro. Mi è piaciuto molto scrivere di loro e del loro
lieto fine, che Remus e Sirius non hanno potuto avere. Quindi.. boh, fatemi sapere!
xD
Passo a spiegare alcune cose:
-
Forse la reazione di Teddy può sembrare esagerata. Ma
secondo me non lo è. Teddy è in una storia di cinque anni con la stessa ragazza,
credendo di amarla, nonostante tutto, credendo di sapere cos’era l’amore. Poi trova
delle lettere che suo padre aveva scritto e ricevuto da Sirius, l’uomo che amava,
e tutto il suo mondo viene sconvolto. Perché scopre che non ci sono confini all’amore.
E la cosa lo travolge. Io almeno la vedo così. Peace and Love.
-
Comunque, si, la lettera è quella che Remus scrive a
Sirius nell’Epilogo di Moonstar.
-
‘Un mondo da scoprire pieno di ombrelli gialli’. L’ombrello
giallo è uno dei simboli di How I Met Your Mother. L’ombrello giallo appartiene
alla futura moglie di Ted(no, non è un caso che ho scelto questo riferimento. u_u),
e rappresenta il vero amore. È un simbolo, ecco.
-
Ora la farfalla. Il tipo di farfalla è inventato così
come la pozione. Mi serviva solo qualcos’altro di simbolico. u_u
-
Syria è un amore. çwç la adoro già. Credo che il significato
del nome sia ovvio, no? ;)
Detto questo mi congedo,
ringraziando nuovamente chi preferiva/seguiva/ricordava Moonstar. E ringrazio voi
che state leggendo questo.
A presto!
Micaela