The Best
is yet to Come
La giornata non era delle migliori, né fuori, né
dentro il set. Numerosi problemi tecnici, per lo più dovuti
alle
apparecchiature recuperate a destra e a manca, causa enorme
ristrettezza del
budget, avevano causato ben più di qualche problema tecnico,
non che la cosa
fosse una novità.
Il cielo plumbeo minacciava pioggia da un momento
all’altro, il che avrebbe probabilmente causato altri
problemi, magari
elettrici, ma nemmeno quello sarebbe stato un evento straordinario su
quel set.
Bill, proclamando autonomamente una pausa dopo un
intenso monologo sul ponte di comando, era uscito dal capannone per
fumarsi una
sigaretta e godersi un po’ di quel fresco venticello
rinfrancante.
“E’ venuta bene la scena”
La voce profonda di Leonard, d’improvviso, lo fece
saltare sul posto, colto alla sprovvista nel bel mezzo dei suoi
pensieri. Lo
aveva raggiunto su quel traliccio alquanto instabile che divideva il
capannone 2
da terra con qualche gradino di legno.
William, nel suo bel costume di scena dorato che,
a parer suo e non solo, gli donava incredibilmente, sorrise soffiando
fuori il
fumo della sigaretta quasi finita
“Grazie, anche se non è vero”
“Perché mai?”
Leonard aggrottò le sopracciglia e gli si
avvicinò
poggiando i gomiti sul piccolo davanzale della verandina
“Sei stato bravo”
Ribadì, Bill continuava a sorridere
“Credo tu sia l’unico a pensarlo”
Mormorò, con una punta di amarezza, ed era strano
vederlo con quell’espressione, quasi curioso, conferiva al
suo viso una luce
del tutto particolare e un po’ di genuina umanità,
di insicurezza, che quell’uomo
non permetteva mai a se stesso di mostrare, qualunque ne fosse la
causa, se mai
ce ne fosse una.
Leonard si tastò la divisa azzurra di scena,
ricordandosi poi che quell’assurdo e scomodo indumento non
aveva nemmeno le
tasche
“Ho lasciato le sigarette in camerino…”
Sbuffò, Bill si piegò e raccolse le sue, che
aveva
poggiato e terra, insieme all’accendino, il suo
bell’accendino argentato che
recava le sue iniziali incise in oro. Un oggetto talmente pacchiano che
non
poteva appartenere ad altri che a lui, Leonard sorrideva sempre quasi
divertito
quando vedeva quell’accendino.
“Mh, tieni”
Accese un’altra sigaretta tenendola tra le sue
labbra e poi gliela porse gentilmente
“De è arrivato?”
Len annuì dopo la prima boccata di tabacco, non
fumava da quasi quattro ore e la trovò incredibilmente buona
e tranquillizzante
“Sì, è al trucco”
“Bene, ho fame!”
Esclamò Bill con assoluta serietà, evidentemente
già dell’idea di rubare il pranzo
dell’amico, Leonard ridacchiò e scosse la
testa.
“La tua bicicletta?”
Domandò ancora l’uomo biondo guardandosi intorno
con circospezione cercando di vedere il parcheggio da quella distanza
“Perché sei ossessionato dalla mia
bicicletta?”
Gli rispose con un’altra domanda, ridacchiando,
Bill alzò le spalle e gli si avvicinò
leggermente, continuando a rimanere
affacciato su quel piccolo davanzale
“Mi dà… sicurezza
emotiva…”
Sussurrò incontrando i suoi occhi scuri e
taglienti con il suo sguardo malizioso e quell’espressione di
nuovo furbetta
così tipica di lui.
Leonard riprese a guardare dritto davanti a sé e
probabilmente non se n’era reso neppure conto, ma era
arrossito lievemente
sugli zigomi, il trucco pesante che gli copriva il viso non permise di
vederlo,
ma l’amico lo intuì comunque.
“Non credevo mi avresti risposto”
Bofonchiò Bill distrattamente e con finta
noncuranza mentre spegneva la sigaretta sotto il piede e la spingeva
con la
punta dello stivale nero oltre il primo gradino, Leonard si
incuriosì
“A cosa?”
“Al mio flirt, in scena”
Rispose Bill guardandolo e alzando le spalle,
stavolta il rossore sugli zigomi alti dell’uomo bruno si fece
più evidente e
Len continuò stoicamente a tenere lo sguardo fisso davanti a
sé
“Ci stava… bene”
Mormorò appena, non sapendo esattamente cosa
rispondere, non sapendo nemmeno rispondersi da solo. Certo non era la
prima
volta che ribatteva agli sguardi provocatori che Bill gli lanciava in
scena,
giudicandolo semplicemente troppo calato nel suo personaggio.
Per quanto in realtà l’immedesimazione fosse
andata in senso opposto, ed era più propriamente Kirk ad
esser diventato Bill e
non il contrario. Ma di sicuro quelle provocazioni non erano nel
copione, di
sicuro non erano suggerimenti di Gene, anche se a conti fatti non aveva
mai
sollevato obiezioni di sorta.
Il fatto era che Bill si comportava in quel modo
con ogni singola persona che gli capitava a tiro, fuori e dentro il
set, la
vera domanda alla quale non si seppe rispondere al momento era
perché mai lui
gli rispondesse, perché continuasse a dargli corda. E non
aveva una risposta al
momento.
Bill alzò le sopracciglia e sorrise
“Spock che flirta col capitano? Beh sì ci sta
bene, questo avvalora la mia teoria che ne sia innamorato cotto,
com’è del resto
comprensibile”
Parlava tranquillamente come di un dato di fatto,
Leonard lo guardò aggrottando curioso le sopracciglia
“Sicuramente c’è un rapporto
particolare, ma…”
“Beh Kirk vuole mettergli le mani addosso, questo
è ovvio”
L’amico lo interruppe continuando il suo discorso
sicuro e noncurante, Leonard alzò un ciglio
“Kirk vuole metterle addosso un po’ a
tutti!”
Esclamò spegnendo anche lui la sigaretta che non
aveva nemmeno finito, ma la sua attenzione verteva ora su
tutt’altri lidi. Bill
scosse la testa, quasi infastidito
“Nah, non è vero, è un
incompreso…”
Mugugnò lievemente imbronciato, poi si girò di
colpo di nuovo verso Len, avvicinandosi ancora di qualche centimetro
“E ci sarebbe qualcosa di male?”
Domandò
“Se Spock e Kirk fossero amanti”
Specificò vedendo che Len non aveva capito la
domanda, l’uomo bruno si trovò leggermente
spiazzato
“Non ho detto questo, è il futuro, dubito si
facciano ancora di questi problemi tra quanti? Duecento anni?”
Le sue gote continuavano ad essere rosse, non
riusciva a capire a come avevano fatto a impelagarsi in
quell’assurda
discussione insensata.
Bill sbuffò sonoramente e stiracchiò un
po’ le
braccia oltre la piccola ringhiera
“Spero non se li facciano nemmeno tra venti anni,
è stupido!”
Esclamò, si voltò di nuovo verso il collega e si
avvicinò al suo viso alzando il collo
“…ma dimentico di stare parlando con un ebreo
puritano di Boston…”
Sussurrò con le belle labbra a pochi centimetri
dalle sue, con un sorriso furbo e languido, assolutamente tentatore e
ben
conscio di esserlo.
I suoi occhi brillanti con quella luce solare,
seppur fioca, rivelavano un piacevole verde scuro e Leonard non fu in
grado di
distogliere il suo sguardo da quegli occhi e quella bocca
così vicina alla sua
mentre il battito cardiaco diventava più insistente e il
respiro era
completamente rapito dal profumo del dopobarba dell’amico,
misto a tabacco e
qualcos’altro che era unicamente l’odore della sua
pelle liscia e abbronzata.
“Non mi pare di essere un bigotto…”
Riuscì infine a bofonchiare senza però farcela a
muoversi di un solo millimetro, e al suo leggero nervosismo faceva da
contrappeso l’aria perennemente rilassata e tranquilla di
William, sicura come
non mai di quello che stava facendo, pensando e progettando.
O almeno così sembrava.
“Spero di no…”
Sussurrò ancora con voce suadente. Rimasero
immobili per poche manciate di secondi e poi Bill si tirò
indietro, forse mosso
a compassione dall’agitazione captata nel collega, o forse
per altri motivi. Si
guardò intorno e tamburellò le mani sul davanzale
“Allora? La tua bicicletta?”
Domandò ancora continuando a cercarla con lo
sguardo, Leonard sorrise mentre quella curiosa sensazione che aveva
provato
poco prima scivolava lentamente via
“E’ chiusa nel bagagliaio della mia
macchina”
Pronunciò con una certa compiacenza, Bill
incrociò
le braccia al petto, pensieroso
“Ah… mi stai sfidando quindi…”
Sibilò passandosi un dito sulle labbra, movimento
che, sia fuori che dentro il set, significava l’elucubrazione
di una tattica vincente.
Vincente per lo meno in scena, i piani strampalati di Bill, incentrati
su
scherzi di dubbio gusto, non andavano a buon fine così
spesso nella vita reale.
Si avvicinò di nuovo all’amico dai capelli scuri,
alzandosi un po’ sulla punta dei piedi per portare i loro
sguardi alla stessa
altezza. Di nuovo gli era devastantemente vicino
“Lo sai che più la sfida è difficile e
più è…
affascinante?”
Lo civettò alzando un sopracciglio, e non si
riferiva più a nessuna bicicletta.
Leonard rimase immobile qualche secondo, ma furono
fin troppo presto chiare le intenzioni del collega, semmai non lo
fossero state
“Credo che la sfida sia impossibile stavolta,
Bill…”
Si ritrovò a mormorare senza nemmeno pensare a
quelle parole che uscirono istintivamente da lui, senza neppure che ci
credesse
fino in fondo. Tanto meno vi credeva Bill che non
indietreggiò di un passo e
anzi, alzò il mento avvicinando il suo viso ulteriormente
“Sì? Lo vedremo…”
Alzò ancora un sopracciglio, di nuovo prendendosi
gioco dell’amico e, infine, con un unico elegante movimento,
poggiò appena le
sue labbra sulle sue.
Una lieve carezza, appena un tocco sfiorato, al
quale Leonard non si tirò indietro.
“Intanto ho vinto il primo round…”
Sussurrò di nuovo, soffiando sulla sua bocca
sottile, ancora con quel sorriso malizioso, illuminato stavolta di un
velo di
dolcezza. I loro occhi rimasero forse interi minuti a fissarsi in
silenzio,
cercando di comprendere ognuno i pensieri e le emozioni
dell’altro, stupendosi
di quanto fosse incredibilmente facile per entrambi.
Poi Bill si tirò indietro, stiracchiò di nuovo le
braccia e aprì la porta bianca del capannone
“Vieni a mangiare?”
Domandò distrattamente, entrando.
Leonard sorrise, di qualunque natura fosse quella
sfida che aveva lanciato e che Bill aveva colto immediatamente, era
assolutamente certo che l’avrebbe persa a breve termine.
Ed era una prospettiva che lo lasciava
piacevolmente in attesa della propria, imminente, sconfitta.
“Arrivo…”.
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