prologo
"Papà, ho sentito alla televisione che un uomo ha tentato di
spararti…Dio, stai bene?”, chiese Kurt, la voce che gli tremava dallo spavento.
"Sì figliolo, sto bene. Non mi sono fatto neanche un graffio",
rispose il padre, cercando di tranquillizzare il figlio.
"Chi è stato? Perché
lo ha fatto? Santo cielo, se penso che avrebbe potuto…che avrebbe
potuto…", rispose Kurt, e iniziò a singhiozzare al solo pensiero.
Sarebbe stato troppo, davvero troppo doloroso perdere il padre.
"Lo so, Kurt, lo so. Ma non è successo, grazie al cielo. Voi
come state, è tutto a posto a scuola? Carole e Finn? Stanno bene?", chiese
Burt, mettendosi una mano sul fianco.
"Sì, qui è tutto a posto. Stiamo tutti benissimo, e a
scuola…beh, va come sempre. Finn tiene alla larga Karofsky.
Al Glee ci stiamo preparando per le regionali e…mi manchi tanto. Manchi a tutti",
disse Kurt, sospirando pesantemente.
"Già…anche voi…anche voi
mi mancate molto. Ma non sarà
ancora per tanto, te lo prometto. Appena finisce questo mandato mollo
tutto. Non ne posso davvero più, troppo stress tutto
insieme…", disse Burt, sospirando per la stanchezza.
Non lo disse al figlio, ma in realàtà si sentiva terribilmente in colpa nei confronti della sua famiglia.
Si sentiva come se li avesse abbandonati.
"Stai attento alla pressione, ti prego. L’ultima cosa che
voglio è che ti venga un altro infarto. Mancherebbe giusto quello”, disse Kurt.
"La controllo tutti i giorni, non ti preoccupare. Va tutto
bene, tutto benissimo!", gli ripeté Burt.
"Mmm…va bene, mi fido…Carole
vuole
parlarti. Te la passo…ti voglio bene, papà", disse Kurt,
vedendo la donna avvicinarsi a lui, la tensione e la preoccupazione
stampate in volto.
"Anch’io, figliolo, anch’io. Stammi bene", disse.
A queste parole Kurt passò il telefono a Carole.
Con il sottofondo della voce ansiosa di Carole, si avviò
vero le scale per andare in camera sua, trascinando i piedi sul pavimento.
Chiuse silenziosamente la porta, poi si avvicinò alla sua
finestra.
Si appoggiò con l’avambraccio allo stipite della vetrata che
dava sul giardino di casa sua e guardò fuori, la sua mente piena di brutti
pensieri.
Se a suo padre fosse successo qualcosa...qualunque cosa...lui non sarebbe sopravvissuto.
La perdita di un genitore in una vita basta e avanza.
Le lacrime fecero capolino nei suoi occhi.
No. Basta.
Si impedì di lasciarle scendere, prendendo con le
dita sottili il cellulare dalla tasca dei jeans.
Cercò un contatto, il più
recente, e premette il pulsante di chiamata.
Attese, trattenendo il respiro, che la persona che tava chiamando rispondesse.
“Rachel…ho bisogno di un po’ di compagnia. Ti andrebbe di
venire a dormire da me?”, chiese in un soffio alla sua migliore amica.
“Deputato Hummel. Ho il capo dell’ FBI sulla linea 1, come
mi aveva richiesto”, disse un ometto, facendo irruzione nello studio di Burt.
“Grazie, John”, disse Burt, rivolgendo un sorriso veloce
all’ometto e liquidandolo con un gentile gesto della mano.
“Carole, adesso devo andare. Sì, devo organizzare quella
cosa di cui ti ho parlato. Ti chiamo più tardi. Ti amo”, disse.
Premette un piccolo pulsante che stava lampeggiando di luce
rossa.
“Signor Hummel, è un piacere avere a che fare con lei. Sono
Robert Muller. Voleva parlarmi?”, domandò il capo dell’FBI dall’altra parte del
telefono.
Burt sbuffò sonoramente.
“Io…dopo quello che è successo questo pomeriggio…è ovvio che
qualcuno vuole ferirmi. E sono convinto che se questa persona mi odia tanto sa
perfettamente che l’unica cosa che potrebbe distruggermi è fare male ai membri
della mia famiglia. A mio figlio, in particolare. Lui è così…è così innocente”,
disse Burt, sinceramente preoccupato e sconvolto.
“Capisco cosa vuole chiedermi. Penso che si possa fare, sì. Mi
lasci qualche ora per parlare con qualcuno dei miei ragazzi e sarà fatto”,
disse Robert Muller.
“Perfetto, grazie. Buona giornata, signor Muller”, disse
Burt.
“Anche a lei”, fece l’altro, e poi riattaccò.
Robert Muller percorse il corridoio che conduceva alla sala
riunioni. Aprii di slancio la porta, non curandosi minimamente di farsi
annunciare.
Era abituato così. Lì, lui era il capo.
“Agente Anderson”, disse, facendo un cenno all’uomo seduto
sulla sedia.
“Buongiorno, signore”, disse l’uomo, alzandosi
compostamente.
“Il deputato Hummel poche ore fa mi ha chiamato per chiedere
un programma di protezione per suo figlio”, disse, sedendosi alla sedia
all’estremità del tavolo.
“Dopo l’attentato che c’è stato oggi, teme per la sua
salute. Il tuo compito è quello di non mollare quel ragazzo neanche per un
secondo. Questo è il fascicolo contenente tutte le informazioni utili che
possono influire sul caso. Studialo durante il viaggio”, disse, facendo
scivolare sul tavolo di legno laccato una busta.
“Domattina atterrerai all’aeroporto e ti dirigerai subito a
Lima, Ohio. Entrerai discretamente nella vita del ragazzo e lo proteggerai.
Questo è tutto. Conto su di te, non deludermi. Buon viaggio, agente Anderson”.
L’agente Anderson tornò a casa in poco tempo dalla sede
dell’FBI.
Quando la segretaria lo aveva contattato dicendogli che era
urgente, si era portato avanti e aveva già infilato tutto ciò che aveva in
valigia, preparandole poi all’ingresso.
Così, tutto ciò che dovette fare fu scendere in strada con
la valigia stretta in una mano e una borsa a tracolla, chiamare un taxi,
caricare i suoi bagagli, salire sul taxi e dire all’autista la sua
destinazione.
Arrivato all’aeroporto e pagato l’autista, scese con i suoi
bagagli stretti fra le mani e si avviò all’ingresso.
Depositò la sua valigia sul nastro trasportatore, tenendo
invece la borsa come bagaglio a mano, e si avviò verso il check-in.
Salì sull’aereo praticamente per primo, così scelse il posto
che più preferiva e estrasse dalla sua borsa il fascicolo che parlava del
figlio del deputato Hummel.
"Kurt e Burt. Burt e Kurt. Si assomigliano
terribilmente", pensò divertito tra sé, dopo aver letto
il nome del figlio del deputato Hummel.
L'aereo decollò.
Durante il viaggio lesse tutte le informazioni su quel ragazzo, tante delle quali trovò inutili.
Cosa serviva sapere per esempio il suo cibo preferito?
Assolutamente a niente.
Dopo quello che sembrò un tempo
infinitamente breve sentii la voce del capitano proveniente
dall'altoparlante annunciare l'imminente atterraggio.
Sceso dall'aereo, davanti al nastro
trasportatore, si sistemò il nodo della cravatta nera, un
classico per gli agenti dell'FBI.
Ritirati i suoi bagagli, uscì dall'aeroporto e chiamò un taxi.
L'aeroporto distava circa un'ora dalla
cittadina di Lima, e l'agente Anderson sfruttò questo tempo per
prepararsi all'incontro con la famiglia del deputato e in particolare
con il suo protetto.
Era sempre difficile rapportarsi con i protetti.
Le tre esprienze di protezione testimoni che l'agente Anderson aveva avuto non erano state un granché positive.
Certo, i protetti non erano stati uccisi, e quindi le missioni erano state portate a termine.
Chissà se sarebbe andata diversamente questa volta.
Questi e simili pensieri gli affollarono la mente durante il viaggio in taxi.
Quando il taxi parcheggiò di fronte ad
una bella villetta, l'agente Anderson entrò in modalità
professionale.
Si guardò attentamente intorno per
inquadrare la zona, e rendersi conto degli eventuali interventi da fare
per renderla più sicura.
Scese dalla macchina, prese i suoi bagagli, pagò il tassista e si avviò verso la porta.
Si sistemò nuovamente la cravatta, fece un respiro profondo, alzò il braccio e suonò il campanello.
NDA
salve a tutti! beh, da
dove cominciare? mmm...dunque...questa è la prima fan fiction
che pubblico, ne ho scritte tante ma le ho sempre tenute per me...
solo che l'idea di questa mi ha coinvolto talmente che ho deciso di
pubblicarla...ho già scritto tutta la storia nella mia testa,
ora devo solo trovare il tempo
di scriverla a computer u.u
il titolo tradotto significa protezione della porcellana (chissà
perchè poi porcellana) e spiegherò meglio nel prossimo
capitolo perchè è proprio questo il titolo.
per chi sta leggendo questo capitolo e ha intenzione di recensirlo
*elemosinarecensioni*, vorrei sapere oltre a cosa ne pensate, anche se
preferite capitoli
più lunghi o se così vanno bene, e se avete consigli in generale...
per gli aggiornamenti ho pensato che dovrei riuscire a fissarmi 2
giorni alla settimana...ci devo ancora pensare però...vi
farò sapere nel prossimo capitolo ;)
dopo tutte queste inutili informazioni che vi sto dando perchè
spero che qualquno legga questa storia, credo di aver finito...
ringrazio di cuore la mia beta betucciola Adelina, che mi sta sempre vicina e mi supporta...tantoammore a te, adels <3
beh, che dire, ringrazio chi è arrivato a leggere fino a qui...grazie mille e al prossimo capitolo!
Giuls
|