Corrispondenze – Lettere a Davíð

di fallapart_
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Caro Davíð,
la notte è la coperta nera che avvolge i pensieri felici; ma le stelle, fari onnipresenti per le anime disperse, sono le cuciture strappate dal tempo che mi permettono di respirare.
Viviamo un’intera esistenza in bilico fra il buio e la luce, fra la gioia e il pianto, fra l’alto e il basso; e se una volta credevo che ci fosse un disegno divino dietro il loro equilibrio dinamico, ora posso dirlo: tutto sta nel decidere quale delle due debba prendere il sopravvento sull’altra, fare a pugni con i confini e conquistare la maggioranza. Le stelle lampeggiano con più insistenza, se le guardi più intensamente; e anche il nero del cielo in realtà appare blu oltremare, non appena gli occhi si abituano al contrasto.
È così anche con la vita e la morte: accostiamo alle lapidi color avorio fiori dei colori più disparati, perché anche se nulla fa davvero differenza, abbiamo bisogno di uno spiraglio di luce. Oggi i tuoi garofani ondeggiavano al soffiare della brezza, e quasi mi è sembrato che anche il tuo nome inciso sulla pietra si muovesse con loro. La mano stretta nella sua, ho pianto; subito dopo ho sorriso.
L’istinto dell’essere umano è sopravvivere. Alla fame, alla sete, al dolore, alla notte, e anche alla morte. Che i tuoi garofani si secchino o restino rosa in eterno, sulla terra è una costante lotta per mantenere aperti quegli spiragli di luce.
Io ti ho amato, tu non hai amato me. Ma volgendo lo sguardo alle stelle, e vedendone una che non avevo mai notato prima, mi viene da pensare che ogni cosa ami un po’ ogni cosa. Basta saper discernere la differenza fra il nero e il bianco, eliminare il grigio, e tutto viene da sé.
Ricordati di me, anche quando ti spegnerai.
Tua,
Iðunn




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