The Dope's That There's Still Hope

di Shadowolf
(/viewuser.php?uid=97088)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Non l’avrebbe mai creduto possibile. Non dopo aver sperimentato la vita con lui, in quel folle tentativo di essere umani. Non dopo aver raggiunto quell’incredibile equilibrio, insieme a lui e Sally. Si è così abituato a quella sistemazione che adesso gli riesce difficile persino solo immaginare uno scenario del genere. E tuttavia, è lì sotto i suoi occhi, e tutto intorno a lui.
È nell’aria leggermente più calda ed inodore che si respira adesso in casa.
È nel ritrovarsi all’improvviso a guardare la tv da solo, perché Sally si è scocciata ed ha deciso di andarsene chissà dove, ovviamente senza avvisarlo. Già, perché ultimamente anche lei non se la passa benissimo, e di solito è lui che si preoccupava di parlarle. Perché ha più esperienza, con tutti i suoi anni alle spalle e le sue frequentazioni del mondo soprannaturale.
È nel sedersi da solo al tavolo, all’ora di cena. Perché sì, è vero che Aidan non ha bisogno di mangiare, non alimenti normali perlomeno, però si sedeva ugualmente con lui, per tenergli compagnia, e scambiare due chiacchiere sulla giornata appena trascorsa, nei corridoi dell’ospedale.
Ma è soprattutto il suo sguardo, ciò che gli manca davvero. Quelle iridi scurissime che non diresti mai possano diventare ancora più nere, eppure ci riescono, quando lui perde il controllo. Gli sembra che nessuno riesca mai a notare quanto penetrante e intenso sia, eppure lui lo coglie ogni singola volta che i loro occhi si incontrano e per un attimo tutto quanto il casino urlante delle loro vite si tace, per lasciar posto a quel contatto che potrebbe definire magico, con un’accezione leggermente sarcastica, date le loro condizioni.
Sono solo due giorni, si dice, ma sembra che sia passata un’eternità. Aidan avrebbe riso di questa battuta non voluta, gli ricorda il suo cervello. Avrebbe inclinato leggermente la testa e avrebbe alzato gli occhi al cielo, guardandolo poi con quell’aria da uomo impegnato che proprio non ha tempo per simili scempiaggini.
Eppure sarebbe rimasto lì con lui, per cinque minuti ancora, solo cinque, perché c’era gente ad aspettarlo, altrove. Si sarebbero seduti sui gradini dell’ingresso, avrebbero condiviso una birra e avrebbero osservato la gente che passava accanto a loro, ognuno con i propri casini, le proprie storie, i propri amori, le proprie liti. E tuttavia, nessuna di quelle persone avrebbe avuto la più vaga idea che, contrariamente a quanto si sentivano ripetere in tv e alla radio ogni giorno, invece di andare meglio poteva anche andare peggio, molto peggio, al punto che l’essenza stessa dell’esistenza umana veniva messa in discussione.
Loro tre, e quella casa, sono la dimostrazione che nulla è mai perduto, anche se tutto il resto indicherebbe il contrario. È quella la lezione numero uno che ha imparato da quando è lì. Non perdere mai la speranza. Avere sempre qualcosa a cui aggrapparsi con tutta la propria forza in caso di emergenza.
Così adesso si alza e guarda il sole ormai prossimo a tramontare: ora di andarsi a preparare, stanotte c’è luna piena.
E domattina... domattina sarà un’altra giornata come tante.
E se un essere umano può trasformarsi nel giro di qualche ora in un lupo, allora forse Aidan tornerà a casa, prima o poi.
L’unica cosa da fare è continuare a sperare.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1006730