Eccoci qui a pubblicare una nuova storia.
Il
Dolce Canto dell’Amore è una breve
storia nella quale ho cercato di descrivere il “momento d’amore culminante”
della mia coppia favorita Tsubasa
/ Sanae, pensando a
due amici che da poco hanno realizzato il loro più grande sogno.
Ogni singola parola riportata nel testo è stata
accuratamente selezionata e da me scelta proprio per cercare di esprimere un
sentimento e un’emozione che andasse oltre il generico, oltre la quotidianità,
un qualcosa iniziato in un passato per terminare in un futuro solare e pieno di
vita.
Una storia d’amore vissuta da giovani occhi spauriti e
che trova conforto ma soprattutto la “retta via” da percorrere, nel sorriso e
nel ricordo di una coppia innamorata.
E
così io ho visto l’amore tra Dario e Serena, come qualcosa di imprescindibile,
indelebile, impresso nel tempo, nelle loro anime e nei loro occhi, cercando di
descrivere il tutto con l’unico scopo che le mie parole d’amore potessero
risvegliarli al mattino e assopirli la sera.
Quando
asserisco “personale” non lo dico nei miei confronti ma in particolare verso i
destinatari di questa storia.
A
loro, Serena e Dario, ho interamente dedicato questo mio brano, che come poesia
ho scritto di getto (o quasi) pensando alle emozioni che hanno vissuto nei
momenti antecedenti il 10/09/06 e rivivendo in parte quanto mi ha fatto
emozionare il 14/06/2002.
Data
la particolarità e la “personalità” di questa storia, della vicenda insita tra
le righe, dei sentimenti espressi, invito chi lo desidera a leggerla ma NESSUNO
a prenderne spunto per idee, situazioni, luoghi, atmosfere, frasi e quant’altro.
Qualora
vogliate ispirarvi o emulare una parte anche minima della storia, Vi chiedo la
cortesia di non chiedermi credits
poiché in accordo con i destinatari, nessuna eccezione sarà fatta.
Questa
è la storia di Serena e di Dario…è solo per loro e non potrà e non dovrà essere
citata, menzionata o essere fonte di ispirazione per altri a meno che di un
loro espresso consenso.
In
passato sono stata plagiata, ho concesso credits ben volentieri, ma vi prego di
astenervi nel chiedermelo per questa storia in virtù di un preciso accordo con
i destinatari.
Prima
di scrivere un simile disclaimer
ho chiesto il consenso all’amministratrice della sezione che ha concordato in
pieno su questa linea ANTI PLAGIO.
Grazie
a tutti per la collaborazione e per la solidarietà che vorrete prestare in
questa situazione.
E
un grazie speciale a Serena e Dario per avermi fatto emozionare.
Con
grande affetto
Alessandra
Messaggio dell’amministratrice del Fandom Alex Kami
In calce, in veste di amministratrice della sezione de quo tengo
a precisare che ero contraria alla pubblicazione di questa storia, una perla
inestimabile, una storia unica scritta di pugno da una persona sensibile e
buona che già in passato ha avuto a che fare con persone meschine che l’hanno
defraudata delle sue emozioni e di un lavoro accurato come pochi.
Dopo averne lungamente discusso e previo consenso della
destinataria del regalo, abbiamo deciso di comune accordo, date le pressanti
richieste da parte di alcune persone desiderose di leggere la one shot, e dati i continui e reiterati casi di plagio di cui
ultimamente la sezione è affetta, che l’unico modo per tutelare la storia
stessa e la sua autrice, era renderla pubblica a condizione che ne sia vietata
l’assoluta ispirazione, emulazione o semplicemente la richiesta dei credit.
Tuttavia, se dovessi notare anche la più piccola similitudine
con altre storie che saranno pubblicate di qui in avanti, sarò pronta ad usare
il pugno duro e ad inquisirla di plagio.
Ribadisco quanto già espresso dall’autrice:la storia è unica nel
suo genere perché
personale in quanto dedicata e io non tollererò che altri si possano
ispirare ad essa!
Serena e Dario hanno acconsentito a condividere con voi il loro
regalo, al quale
seguiranno anche quelli di Alex_kami e Ale Kanou autrici, amiche e
omonime di questa sezione che hanno voluto essere partecipi del loro momento e
della loro felicità, scrivendo una storia sulla coppia preferita della sposa e
a loro interamente dedicata però ciò non significa che partecipare implica
anche rubare le emozioni degli sposi: se ciò dovesse accadere Alex_kami in qualità di amministratrice chiederà ad Erika
l’applicazione del regolamento nella massima severità e quindi anche
l’espulsione definitiva del plagiatore/ce!
Confido nella buonafede, nell’onestà e nel buonsenso di ciascuno
di voi.
Spero che non si debba mai giungere a questi estremi ma se si
renderà necessario, allo scopo di tutelare Scandros e
onorare e rispettare gli sposi Serena e Dario che hanno ispirato questa one shot, mi vedrò costretta ad applicare il regolamento.
Il dolce
canto dell’amore
Il cielo di quella mattina era particolarmente terso. La pioggia
della notte aveva bagnato i prati e gli alberi le cui verdi fronde profumavano
di fresco.
Scorse velocemente qua e là nel giardino, in cerca di qualcosa a
lui tanto familiare.
Dalla finestra aperta aleggiava una fresca brezza primaverile che
annunciava alla bella giornata. Il frinire delle cicale era melodioso compagno
di quell’aria leggera.
Sorrise scorgendo una figura china su un rigoglioso cespuglio.
L'eburneo delle ortensie rifulgeva tra il malva, il rosa e
l'azzurro delle altre infiorescenze. Allungando idealmente una mano verso
quella bella macchia di colore, gli parve poterne raccogliere la bellezza e
fermarla nel tempo.
L'espressione sul suo volto pareva un dipinto gioioso e sereno.
- Amore, non ti stancherai troppo? - le
chiese con tono falsamente preoccupato.
Lei alzò il braccio senza voltarsi accennando ad una negazione. Poi
si alzò e si accomodò il grembiule rosso che le cingeva la vita.
- Non preoccuparti tesoro. Non sono poi
così vecchia. - rispose regalandogli uno sguardo colmo di amore.
A lui parve di perdersi in quell’espressione luminosa. Qualsiasi
parola venne meno mentre un nodo gli serrava la gola in una morsa che gli
impediva di sussurrare anche il più flebile dei sibili. Non smetteva di
guardarla, di specchiarsi nei suoi occhi e di donarle un lungo sguardo d'amore.
Ogni qual volta i loro sguardi si incrociavano, sentiva un brusio
muoversi all'interno, avvertiva un brivido che sotto pelle gli faceva fremere
l'anima.
Era l'amore, quel grande sentimento cresciuto nel tempo di decenni,
che dall'adolescenza, li aveva visti percorrere insieme un lungo cammino.
Aiko spalancò il cancello della villetta entrando in casa come
una furia.
Dalla finestra cui era affacciato, seguì con espressione
preoccupata quella corsa furibonda. Poi udì la porta del suo studio spalancarsi
con fragore e si voltò verso la giovane donna. Paonazza in volto e quasi senza
fiato, lo fissava in preda a sussulti e ad un'angoscia palese.
- Buongiorno tesoro! - esclamò con
dolcezza e con occhi illuminati di affetto.
Lei lo guardò e serrò le dita in pugni nervosi. Il volto dal
paonazzo si tinse di un carminio acceso e i suoi occhi parvero intinti in lava
incandescente.
Comprese che Aiko non era andata lì per
fare due chiacchiere di convenienza e non era sicuramente d’umore allegro.
C'era un motivo ben chiaro per il quale si era recata lì e delineandone la
sagoma aggraziata, capì anche quale.
- Devi aiutarmi! - rispose la giovane
donna in preda ad un'angoscia palpabile a distanza. Lo guardò e poi chinò il
capo, quasi intimorita dalla sua espressione cheta.
Perché era sempre così sereno?
Possibile che sul suo volto albergasse sempre il sorriso?
E lei?
Perché era così maledettamente agitata?
- Sì, devi proprio aiutarmi. – sibilò
biascicando appena le parole.
- Magari....se vuoi e se non ti costa troppa
fatica, potresti cominciare col cambiarti! - le disse coprendosi le labbra
evitando che la fanciulla potesse scorgerne un riso di ilarità.
- Perché, cos'ha che non va il mio
vestito? - gli chiese non comprendendo il piacevole disappunto.
Aiko tremante si guardò le mani fasciate da cerei guanti di
seta. Nei suoi occhi scuri come profonda onice, lei parve scorgere uno specchio
nel quale riflettersi.
Levò lo sguardo su di lui e, quasi incredula e sconcertata,
comprese che aveva ancora indosso l'abito nuziale.
- Io...non mi guardare così! - rimbeccò
volta in rosso. Le gote le si erano imporporate subito e le labbra erano
contratte in una buffa smorfia di disappunto.
- Devi aiutarmi. Dimmi come si fa! Dimmi,
come hai fatto a capire che lei era quella giusta? - gli chiese slanciando il
braccio in direzione della finestra e indicando, quindi, la donna adorna di
fiori che aveva scorso fugacemente in giardino.
Lui le sorrise.
L'indomani, quella fanciulla che adesso era al suo cospetto,
sarebbe divenuta una donna, giovane moglie e felice amante. Avrebbe congiunto
il suo corpo e la sua anima a colui che qualche tempo addietro, le aveva rubato
il cuore.
Con passo adagio, prendendosi tutto il tempo necessario, senza
alcuna esitazione, le voltò le spalle e si avvicinò alla libreria ove svariati
volumi coloravano con
rigoroso ordine le mensole.
Allungò il braccio all'ultimo ripiano afferrando una scatola di
legno.
- Io sono qui,
in preda al panico, e tu vuoi giocare a Mah Jjong? -
gli chiese adirata e preoccupata.
- La mancanza di pazienza devi averla
ereditata da tua madre. -
- Va bene, ho capito! Me ne vado. Troverò
qualcun altro che possa darmi qualche consiglio. Io mi sposo. Hai capito? Mi
sto sposando e non sono certa di volerlo! - strepitò mettendosi nervosamente le
mani tra i capelli scuri.
- Hanno dei bei riflessi. Come i tuoi
occhi. - le disse sorridendole.
- Argh...basta,
vado via. - gli rispose indispettita voltandogli le spalle.
- Vieni qui. - la rabbonì dolcemente.
Il suo tono, esattamente come lo sguardo, riusciva ad acquietare la
sua anima inquieta. Non riusciva a comprenderne il motivo, ma sapeva che per
qualsiasi problema, lui era lì, pronto ad attenderla.
Si accomodò su un'ampia poltrona in pelle e posò la graziosa
scatola sulle ginocchia.
Sollevò il coperchio con una rosa bianca a rilievo e unì le labbra
in un sorriso d'affetto e traboccante d'amore.
Aiko non riusciva a distogliere lo sguardo dall'immagine.
Sembrava il protagonista di un quadro intimista, avvolto in
un'atmosfera ovattata, nel suo mondo nel quale, placidamente, stava
riecheggiando la sua gioventù dorata
Abbassò leggermente le palpebre quasi a voler serrare il profumo di
quel ricordo, o semplicemente rievocare l'eco di quei momenti in cui aveva
conosciuto l'idillio e che aveva dato inizio ad una grande felicità.
Si stava preparando, per condividere con Aiko
quell'attimo di rara bellezza e complicità, quella parte di vita a lui tanto
cara, quella parte schiva di se che serbava gelosamente nel cuore e nella vera
dorata che gli abbracciava l'indice della mano sinistra.
Introdusse le dita nella scatola e afferrò un foglio di carta
ripiegata.
Aiko lo guardava ammaliata.
Dalla finestra proveniva il cinguettio dei passeri sui rami
flessuosi del salice, mentre di lontano riusciva ad intravedere le gocce di
brina rifulgere sulle verdi foglie, come piccoli brillanti caduti dal cielo.
Era tutto un sogno. Lui era di fronte a lei, pronto a parlarle, a
consigliarla e a guidarla per la giusta via.
All'improvviso la serenità sembrava esserle entrata dentro per
donarle pace, quella sensazione di remissiva calma che da giorni disperatamente
anelava.
Senza attendere alcun richiamo, ritornò sui suoi passi e silente,
si accovacciò alle sue gambe.
Le balze dell'abito bianco si riversarono sul pavimento in morbidi
drappi di seta dai riflessi dorati.
Quasi guidata da un sottile magnetismo, la fanciulla adagiò il capo
sulle sue ginocchia, come faceva da bambina. Fu investita subitaneamente da una
quiete impari. Si sentì come avvolgere da un caldo abbraccio e ne avvertì il
tepore sulla pelle.
- Nonno. - sibilò sorridente e gioiosa di
quel contatto a lei tanto caro.
Tsubasa spiegò la lettera immergendosi nei
ricordi di quella sera, che lo aveva visto promesso sposo alla sua amata Sanae.
*****
Guardò
oltre i vetri della finestra, scorgendo il sole calante all'orizzonte. Il cielo
era una tavolozza di mille colori. I rossi si stemperavano ad arte tra i dorati
del meriggio e le poche nuvole erano striate di fluorescenze di rara bellezza,
di riverberi da cui raggi infiniti sembravano sorgere per non aver mai fine.
L'astro
sembrava ricolmo di arancio e scarlatto e qua e là, lapilli parevano rifulgere
di una luce intensa e particolare, indefinita e ammagliante.
Riprese
a passeggiare nervosamente nella sua stanza, avanti e dietro, a destra e
sinistra, senza una precisa destinazione. Alcuna destinazione.
Gli
occhi si posarono, ancora una volta, su quella busta bianca sulla quale
qualcuno aveva scritto il suo nome e il suo indirizzo.
Era
lì, da quanto?
Da
minuti…no, ore…e lui non aveva ancora avuto il coraggio di aprirla e leggerne
il contenuto.
Ma
di una cosa era certo: la calligrafia era femminile e ne riconobbe anche la
provenienza. Conosceva bene quei tratti gentili e ben delineati. L’aveva vista
tante volte, l’aveva letta e riletta scorgendo tra i caratteri la dolcezza di
lei.
Perché
gli aveva scritto una lettera?
Perché
proprio quel giorno?
Il
dubbio gli lambiccava la mente da ore. Il cuore era tutto un palpito di dubbi e
incertezze. Un nodo gli impediva di parlare, di emettere qualsivoglia suono.
Era tutto un fascio di nervi.
Perché
Sanae gli aveva
scritto una lettera proprio quel giorno, quando l’indomani una sacra cerimonia
li avrebbe uniti nel più importante dei vincoli?
- Adesso basta. Sono un uomo e non posso lasciare
che una lettera mi spaventi a tal punto. Sanae, non so cosa tu abbia voluto esprimere
in questa lettera, ma è qui sulla mia scrivania, trema tra le mie mani, e non
posso esimermi dal leggerla. Qualsiasi sia il contenuto…qualsiasi…anche il più
doloroso! – sussurrò deglutendo un groppo in gola.
Afferrò
il tagliacarte e con disperazione aprì la busta estraendone della carta vergata
ripiegata.
Sebbene
i fogli fossero leggeri, intinti in un caldo color crema, sentiva opprimente il
peso di quelle parole. Abbassò le palpebre e impresse nella memoria ogni
istante di quegli attimi convulsi, dell’ansia e del panico che oramai avevano
preso possesso del suo corpo.
“ La luna è d’argento questa sera, e so per certo che il sole
irradierà i nostri cuori tra poche ore.
Amore mio.
Ti ho mai detto che sei l’amore mio? Non ricordo, forse troppe
volte l’ho pensato, ma poche proferite. Non avertene amore. Non è dimenticanza
la mia, solo un’ineffabile, inenarrabile timidezza che a volte mi toglie il
verbo, un attimo in cui un soffio non lascia volare le parole ed io, posso solo
guardarti, carezzarti con gli occhi, specchiarmi nel tuo viso, bramare un bacio
che sfiori le tue labbra e possa recitare un Ti amo.
Il tempo ci ha fatto incontrare, conoscere, separare
e rincontrare. Il tempo. Un concetto così astratto per me, oramai: vedi amore
mio, anche se non l’’ho mai confessato, mi è sembrato di conoscerti da sempre,
da una vita, mentre in realtà, ahimè ti conosco ben poco. So poco di te, dei
tuoi pianti, dei tuoi sorrisi, dei tuoi sguardi che lambiscono il mio cuore, di
quelle labbra che tante volte hanno scandito il mio nome.
So poco, forse nulla, eppure credimi amore, da allora, dal momento
in cui i nostri occhi si scambiarono il primo sguardo, io vivo in funzione tua,
perché tu sei e sarai, perché tu esisti dentro me.
Ed io, giovane donna ho vissuto una vita di attimi e attese,
speranze e illusioni fino al giorno in cui il destino ha posto il sigillo sul
nostro amore.
La mia giornata ha assunto da tempo la più dolce delle monotonie,
come una nenia lunga un dì: il mattino apro gli occhi e respiro di te, il
giorno le mie labbra cantano sonore il tuo nome, la sera nei miei occhi si
dipinge l’immagine del tuo viso, e la notte…la notte amore mio, sei il sogno più
anelato, più bramato, le braccia in cui trovare ristoro e quiete, serenità di
un amore fino al giorno seguente, in cui al risveglio, ricomincio a cercarti,
come se non sapessi dove sei.
Un’infinità di riverberi scaturisce dai tuoi occhi, un lento e rifulgente
brillio che solo in te è realtà. Tu che sei stato disperato sogno di gioventù,
dolce e sofferta realtà, sarai domani la più calda e avvolgente luce,
impareggiabile e assoluto nodo di vita, indissolubile dalla mia.
Non perdere mai quella fiamma, amore mio. Mai. Non rinunciare mai
ai tuoi sogni, credi sempre in stesso, nella dolcezza del tuo animo, nel
coraggio del tuo corpo, nella lungimiranza della tua mente. Credi sempre in te
stesso…e credi in me. Credi in questa donna che ti ama da sempre e da sempre ha
deciso di morire per te.
Tu, fonte della mia vita,
delle mie lacrime e del mio riso, della mia sofferenza e della mia gioia,
spiega le tue ali al vento e prendimi per mano. Conducimi verso il tuo cuore,
fa che possa alimentarne il battito, fa che il mio sorriso possa essere la tua
linfa di vita.
Mentre ti scrivo, amore, la mia mano trema per l’emozione. Una
sensazione inenarrabile, fremiti che mi percuotono e riscaldano, e una sola
idea echeggia nella mia mente: poter fermare il tempo e ammirare all’infinito
il tuo volto, scolpirlo nell’eterno e rendere etereo il tuo sguardo e farne
dimora dei miei pensieri.
Ti amo Tsubasa.
Ti ho sempre amato, da un tempo che ancora non era per noi, dal giorno in cui
la luce brillò per noi.
Guardo la mano tremante, quel dito al quale domani, se lo vorrai,
infilerai un semplice cerchietto ricco di significati assoluti, indescrivibile
simbolo di un’unione ricolma d’amore.
Del nostro amore, Tsubasa.
Tremava.
Come una foglia al gelido vento del nord. Lui, il grande Tsubasa Oozora, pluridecorato campione del Sol
Levante, era in preda a fremiti e sussulti d'amore.
Nervosamente,
continuava a passare la lettera da una parte all'altra, quasi come se
scottasse, come se esalasse lapilli incandescenti.
Improvvisamente
arrestò il passo nervoso. Ancora in preda ai sussulti, si scorse intorno quasi
alla ricerca disperata di una via d'uscita.
- E adesso cosa faccio? -
si chiese sconcertato, con il cuore in preda a fugaci e violenti palpiti. La
vista annebbiata da lacrime di splendida gioia, i passi lesti che si muovevano
ovunque in attesa di decidere una precisa direzione.
- Cosa faccio, dannazione? - urlò candendo seduto
sul letto.
Le
lacrime presero a rigargli il volto nervosamente, contigue e incessanti mentre
dal profondo dell'animo si sollevarono singulti di uno sconcerto che avrebbe
dovuto essere piacevole e gioioso.
Il
bussare alla porta parve destarlo dallo stato di fremito convulso.
- Tsubasa,
tesoro, ma...cosa succede? E' accaduto qualcosa? - gli chiese Maggie preoccupata
per lo stato di prostrazione nel quale pareva esser caduto il figlio.
- E' successo qualcosa a Sanae? Avete forse litigato? - incalzò
cercando di lenire l'evidente sofferenza del figlio.
Il
giovane scosse il capo dissentendo.
- Ma tesoro, sembri sconvolto! - asserì in cerca di
una risposta.
- Io...mamma, io non la merito. Non merito un amore
così grande. - rispose passandole la lettera intrisa delle sue lacrime.
Scettica
se leggerla o meno, Maggie comprese che solo quelle parole avrebbero potuto spiegarle
il motivo dello stato d'animo in cui versava il figlio. Scorse velocemente
quella grafia ordinata sorridendo alle amabili parole. il volto le si illuminò
di affetto, un sentimento che aveva sempre nutrito per quella ragazza che da
fin dall'adolescenza, aveva amato suo figlio, non di un amore comune ma di un
sentimento indefinito, tracciato da numerosi dispiaceri ma che finalmente il
fato voleva vedere coronato dal lieto evento.
- Tsubasa, é bellissima. - gli disse
accarezzando la mano del figlio e stringendola tra le sue. Maggie si scoprì
emozionata da quelle parole da cui traspariva un sentimento impari. Il cuore le
batteva all'impazzata e comprese donde nascesse il timore del figlio. Cosa
poteva raccontargli per spiegargli quanto lui meritasse tutto quell'ardore?
Lui
assentì e il tocco materno parve placargli i singulti. Rimasero in silenzio,
accompagnati solo dal tepore di un meriggio che stava incendiando la volta di
straordinarie sfumature cromatiche.
- Tesoro mio...sei un uomo Tsubasa e la cosa più
bella che poteva capitarti era di incontrare una giovane donna come Sanae. Lei ti ha sempre
amata figlio mio, e sempre lo farà. Non sentirti da meno a lei, inferiore a
questo grande sentimento che potrà solo crescere nelle vostre anime, nei vostri
cuori, rispecchiare nei vostri sguardi.
Devi
solo amarla Tsubasa,
come hai fatto fin ad ora e ancor di più. Non lesinare mai di apprezzarla, di
farla sentire il tuo angelo, di amarla intensamente come sono certa che già la
ami. Non smettere mai di emozionarti per lei, per un suo sorriso. Sii di
consolazione quando sarà triste e quando qualcosa vi terrà lontani, donale un
gesto d'affetto per acuire la malinconia della lontananza. Sii la coppa da cui
lei potrà sempre bere del tuo amore. Sii il suo giorno e la sua notte, la luce
che l'abbaglierà e l'oscurità nella quale sognerà di te.
Sappi
essere suo compagno adesso e sempre.
Va
da lei Tsubasa.
Dille quanto la ami. Non cercare parole di rara perfezione, donale il tuo
sorriso più bello e lei saprà che quella é la giusta ricompensa. -.
Maggie
si alzò e gli baciò la fronte proprio come faceva quando era bambino.
Lui
la fissò perdendosi in quell'espressione materna e serena.
Doveva
seguire il suo consiglio. Doveva andare da lei e dirle che l'amava.
Si
passò un braccio in viso sfregando gli occhi inondati di lacrime e sorrise.
Guardò
l'orario all'orologio da polso e poi sfiorò lo sguardo della madre.
- Se corro, forse la trovo ancora a
scuola. - asserì levandosi e correndo giù per le scale.
- Buona fortuna tesoro
mio. - sussurrò Maggie seguendo l'ombra del figlio scivolare al piano di sotto.
Solo
qualche istante, lo divise dal cigolio del cancelletto. Le parve udire le ampie falcate
sull'asfalto della strada che dalla loro villetta volgeva verso il liceo Nankatsu.
Sanae aveva deciso di salutare i suoi studenti prima del
lieto evento che l'avrebbe vista unita in matrimonio al più famoso calciatore
del Giappone.
*****
Aiko si destò dalla sua posizione e si passò le dita inguantate
sul volto. Le lacrime intingevano le sue iridi. Era emozionata. La lettera che
la nonna aveva scritto al nonno il giorno prima delle loro nozze, non aveva
potuto che sortire quell'effetto. Il cuore le batteva così forte che temeva lui
potesse sentire ogni singolo palpito. Lo guardò per condividere con lui quel
momento di tenerezza ma quello che vide non potè che
accrescere i sentimenti di affetto e stima che nutriva per lui.
Dolcemente schienato contro la poltrona,
stringeva al petto quella lettera che l'aveva tanto emozionato più di
quarant'anni prima. Una lacrima gli solcava la gota rugosa, testimone di
quell'emozione mai sopita.
- Nonno. - sussurrò
incerta se destarlo da quel placido ricordo.
Era affascinata, quasi stregata da quell'uomo cui fin da bambina
era sempre stata legata. Colui che era sempre stato un mito per tutti, e per
lei, nipote avvezza alla stessa passione, gli sembrava adesso un anziano
qualsiasi, immerso nei ricordi d'amore e di una giovinezza che l'aveva visto
cogliere una grande felicità.
- Cosa dovevo fare di
fronte ad una simile testimonianza? - disse riprendendo il suo racconto.
Lei gli sorrise compiaciuta dalla ripresa di quel racconto.
Aiko non aveva mai amato le storie melense e intinte di una
dolcezza quasi stucchevole.
Ma quella che Tsubasa stava raccontando,
era la storia di una vita, di un sentimento di smisurate proporzioni, nato per
caso e cresciuto con un amore impari. La sua storia e quella di Sanae.
La fanciulla non si distrasse e continuò a rimirare quegli occhi
color caffè avvertendo un tepore gradevole ed una sensazione di beatitudine.
Ricambiò il sorriso abbassando nuovamente le palpebre e schiudendo
le labbra.
Poi si voltò verso l'uscio che aveva spalancato in preda
all'angoscia.
La vide lì, appoggiata allo stipite, silenziosa e materna, intenta
ad ascoltare il racconto di quegli istanti che avevano preceduto la loro
unione.
La sua figura minuta non sembrava per nulla alterata dal tempo, da
quegli anni che avevano condiviso insieme sulla cresta della gioia e della
celebrità, di una carriera che lo aveva visto divenire famoso e imprimere il
suo nome nel tempo.
Ad Aiko parve riconoscere sul suo volto,
l'amore di cui era pregno la lettera di cui poco prima aveva udito il testo.
Le sembrò vedere sua nonna, seduta su un prato, all'ombra di un
ciliegio in fiore, sfiorare quella carta vergata con un pennino, mentre i
petali rosa ricadevano candidi a profumare quel sentimento che lei stava
imprimendo nel tempo.
Il cuore le esplodeva di gioia e allo stesso tempo di rammarico: si
sentiva piccola e inutile di fronte a quel sentimento che sembrava non avere
ostacoli ed esser cresciuto nel tempo solo per divenire unico e immenso.
Sanae si avvicinò alla nipote comprendendo
quel suo disagio nell'essere testimone, dopo vent'anni, della sua unione con Tsubasa.
Le posò una mano sul capo accarezzandola dolcemente.
Aiko avvertì subito una sensazione di benessere e incrociò le
dita con quelle della nonna.
Le sorrise ancora quando si sfiorò le labbra e la sua voce
femminile iniziò il racconto di quel fine giornata, quando in preda ad una
crisi d'amore, Tsubasa corse verso il liceo che gli
aveva visti poco più che bambini, e dove lei stava per concludere la sua ultima
lezione da nubile.
Nei suoi occhi c'era un brillio particolare che li rendeva specchi
di quell'unione.
*****
La
corsa sembrava disperata, contro il tempo.
Sapeva
che l'indomani qualcuno avrebbe celebrato il rito nuziale, che una voce avrebbe
scandito frasi che dalla notte dei tempi univano nel sacro vincolo una coppia,
tuttavia avvertiva l'impellente necessità di esternarle i suoi sentimenti.
Si
chiese se avrebbe mai trovato il coraggio di farlo, di gridare al mondo intero
quanto la amava.
Ma
perché la sua inezia in amore gli aveva sempre impedito di esternarle quello
che dal profondo sentiva per lei?
- Sanae,
amore mio...mi hai sorpreso ancora una volta. Mi hai scritto tutto il tuo
amore, ed io stupido che pensavo tu volessi lasciarmi. Ho dubitato di te, di
quel che provi per me, del legame che ci lega da una vita. Come ho potuto
essere così stupido? Come? - pensò correndo a perdifiato verso quel liceo che
li aveva visti crescere.
Il
sudore gli imperlava la fronte e la brezza leggera sembrava accompagnarlo nei
passi spediti. Il sole bruciava ancora più intensamente dietro i verdi colli che
diradavano verso la spiaggia.
Com'era
bello quel paesaggio! L'emozione per i preparativi e per quel che sarebbe
accaduto il giorno dopo, gli avevano fatto quasi perdere la cognizione del
bello, di quello che da anni lo circondava.
Quelle
strade che tante volte aveva corso insieme a lei, attendendo il suo passaggio
in un casuale appuntamento al ponticello, palla al piede e sorriso sul volto.
Quanti
eventi si erano succeduti quasi in una monotona routine che li aveva visti
crescere.
Avvistò
l'imponente struttura del liceo e si fermò solo quando fu dentro il cortile
antistante l'edificio.
Tutto
come allora.
Il
bianco ghiaccio delle pareti si estendeva per vari metri cingendo l'unità
principale. Le finestre ordinatamente disposte su varie file parevano scrutarlo
come tanti occhi.
Lo
sguardo risalì fino ad inquadrare l'orologio che scandiva le ore dall'alto del cornicione.
Era
arrivato in tempo per l'ultima campana.
- Qualche istante e sarai fuori di qui per correre
tra le mie braccia! - esclamò con un sorriso nervoso.
Quasi
istericamente, cominciò a passeggiare indietro e avanti soffermandosi prima sul
ciliegio in cima alla collina e poi sul campetto di calcio che l'aveva visto
tirare i primi calci da professionista.
Sussultava
in preda ad una strana eccitazione. Erano anni che non solcava quel suolo.
- Basta...non ce la faccio ad aspettare! - pensò
intrecciando le dita con forza. - Ora o mai più! -
Si
fermò e respirò profondamente.
- Sanaeiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!
-.
Il
suo urlo si estese a perdita fino all'ultimo degli edifici scolastici.
Perfino
la melodia cantilenante delle cicale parve cessare. Uno stormo di uccelli si
innalzò in volo librando leggiadro quasi a voler salutare il dolce nome cullato
dalla nenia della brezza.
Una
finestra si aprì adagio, come un occhio che si spalancava ad un nuovo giorno.
Quasi timorosa.
Tum tum tum. Era sonoro il battito
del suo cuore. Lo sentiva premere forte contro il torace, un'eco ridondante che
gli assillava la mente. La gola secca pareva bruciare dall'arsura di verbo. Il
sangue si era fermato. Nulla fluiva più sottopelle. Tutto sembrava sospeso nel
tempo, in un'atmosfera surreale.
La
vide apparire dietro quella finestra.
Timida,
spaurita e incredula. Sembrava poter leggere nelle iridi perse chissà dove.
Come
una visione angelica, pareva circondata da un'aura bianca, quasi celestiale. La
brezza soffiava leggera e profumata scompigliandole vivacemente le ciocche
castane.
Le
altre finestre si aprirono mentre la campanella suonava la fine delle lezioni
del giorno. Tutti ad osservare, desiderosi di esser testimoni di quell'attimo,
di quel palcoscenico tanto insolito quanto sognante.
Il
sole sembrava avere dimensioni più grandi, quasi a voler imporre il suo sublime
splendore.
I
raggi si allungarono fino a quella sagoma al centro di un cortile di terra
battuta.
Più
la guardava, più sentiva qualcosa muoversi nervosamente nello stomaco. Dai
piedi fin su alla cima dei capelli bruni, avvertì un'energia quasi famelica
vibrargli in corpo. Era il sangue che tornava a scorrere come un torrente in
piena, come acqua scrosciante di una cascata.
Dalla
profondità del suo intimo, parvero volare parole che a stento sarebbe riuscito
a pronunciare qualche attimo prima.
- Ti amoooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!-.
L'eco
di quelle parole giunse con rapidità al suo cuore fremente.
Gli
occhi le si inumidirono di bianche lacrime mentre nervosamente prese a
mordicchiarsi le labbra.
Non
riusciva a distogliere lo sguardo dal suo. Le loro iridi sembravano viaggiare lungo
un raggio dorato, per scambiarsi l'un con l'altro, lambirsi in un tocco
impalpabile.
L'applauso
scrosciante dei tanti presenti, sembrò sollecitarla dal torpore nel quale era
caduta.
Rossa
in volto, si portò le mani agli occhi cercando di coprire l'evidente stato di
imbarazzo. Le risa di compiacimento di giovani alunni accompagnavano i battiti
del suo cuore uniti al suo nome cantato ad inno.
Seguendo
l'istinto, lasciò cadere il gessetto bianco e corse verso l'uscio.
Quante
volte avevano percorso insieme quelle aule, quei corridoi, le scale e gli
androni di quel liceo.
Per
lunghi mesi avevano condiviso gli stessi banchi dove adesso sedevano i suoi
alunni, lei sognando l'anelato amore, lui bramando i campi di calcio carioca.
Mai
avrebbe pensato che Tsubasa,
il suo Tsubasa,
avrebbe potuto esternare il suo amore urlandolo dinanzi a centinaia di persone.
Eppure
era lì, sotto gli occhi di tutti, tra quelle voci che sussurravano il suo nome
biasimando un autografo del grande campione di calcio.
Il
tanto impavido capitano della squadra nipponica stava dichiarando a tutti i
suoi più celati sentimenti.
Si
fermò in cima ai pochi gradini che dividevano il percorso asfaltato del cortile
dall'edificio principale.
L'uno
di fronte all'altra. Uniti da un sottile ed invisibile legame.
Era
lì, magnifico come un Adone greco nel suo fisico scolpito, con i suoi occhi di
una dolcezza assoluta, oscuri e trasparenti allo stesso tempo.
Sorrise
avvertendo l'acre sapore delle lacrime imperlarle le labbra rosse. Nonostante
la nebbia non si diradava dalle iridi, riusciva ben a distinguere i tratti di
quel volto che più volte aveva accarezzato.
Avevano
condiviso un'adolescenza fatta di lontananza e nostalgia, ma mai, come in quel
momento, si rese conto di quanto aveva bisogno di lui, di amarlo disperatamente
e di donargli tutta se stessa.
Tsubasa continuava a disegnarne la figura ben
proporzionata, fasciata da un tailleur leggero e sobrio. Iniziò ad incedere
lentamente verso di lei, con passi quasi guidati da un percorso definito.
Accusava
forte il dolore di un cuore desideroso di scoppiargli in petto.
Ma
nulla era più fragoroso del sentimento che bramava raccontarle e dedicarle.
- Tsubasa!
- sibilò quando lui le fu a pochi passi.
Sentiva
il suo respiro leggermente alterato, scorgeva le perle di sudore di cui era
madido il volto, i capelli scuri smossi dal vento, le labbra sottili e
socchiuse, smaniose di trovare le parole giuste.
Il
sole alle sue spalle ne irradiava l'immagine. Sembrava un Dio, un bronzo
scolpito in tutta la sua imponenza e magnificenza. Ne rimase quasi sconvolta
per la beltà e la rara perfezione.
Si
scoprì tremante, come quando da ragazzina spasimava per un suo sguardo o solo
per porgergli un asciugamano a fine allenamento.
Lui
levò la mano e le sfiorò la guancia con il dorso, per poi voltarla e chiuderla
gentilmente a coppa per raccoglierne la morbida gota.
Lei
si sentì quasi venir meno, un malessere candido, leggero e amoroso.
Abbassò
le palpebre guidata dalla fiducia che riponeva in quel gesto.
- Amore mio. - sibilò con voce fioca, appena
percettibile all'udito, ma tanto sonore da penetrare nel profondo del suo
cuore.
- Amore mio! - ripeté.
Lei
avvertì un cambiamento di tono, quasi nostalgico, ma lo lasciò fare certa che
tutto era stato da lui pensato.
- Perdonami amore mio! - continuò destando stupore
in lei.
Una
folla di curiosi si era riversata nell'androne alle spalle di Sanae. Silenti osservavano
la scena che vedeva coinvolti una delle docenti del corpo insegnanti e il più
famoso calciatore giapponese di tutti i tempi.
- Tsubasa...ma....
- Ssttttt.
– esclamò sorridente posandole un dito sulle labbra, a farla gentilmente
tacere. - Lascia a questo semplice uomo la possibilità di parlare, di chiedere
scusa alla sua donna. E allora perdonami amore mio, per non averti mai detto
quanto ti amavo, per averti resa infelice, per esser stato complice di lacrime
amare, ma credimi, piccolo fiore, nulla era stato definito da me, mai mente e
cuore hanno desiderato vederti o pensarti avvolta nella mestizia. Vorrei
poter portare indietro il tempo e lasciare al mio cuore l'ardito onore di
aprirsi a te, ai tuoi occhi intinti nella calda terra; lasciare alle mie labbra
la libertà di lambire le tue, di soffiare il mio respiro col tuo; perdonami se
troppe poche volte, mai abbastanza, le mie mani non hanno accarezzato le tue,
sfiorato il tuo volto angelico.
Sanae, perdona quest'uomo che non merita il tuo
sentimento, che reo di non averti amata abbastanza in un passato recente, ti
chiede adesso venia. Lascia che le mie parole possano essere voce di un cuore
malato d'amore, di un sentimento folle che mi desta al mattino e mi culla
quando la luna é alta e argentea.
Perdonami
amore, per non essere stato la brezza che sfiorava il tuo volto, per non averti
riscaldata nel mio abbraccio, per non aver guidato i tuoi passi quando ne avevi
bisogno.
Perdonami
Sanae, perdonami se
ti amo disperatamente, unica stella del mio cielo, linfa di una vita che brama
vivere per te. -.
Le
lacrime scendevano copiose sul suo volto e le gote ardevano di quel fluire.
Scosse
il capo quasi a dissentire quella testimonianza che aveva atteso per illimitato
tempo. Prese le mani tra le sue e se le portò alle labbra sfiorandole con uno,
cento, mille baci contigui.
- Ti amo Tsubasa.
Ti ho sempre amato e nulla potrà evitare che io continui ad amarti, in un
crescendo di un sentimento che é nato per essere solo per te. Non ho nulla da
perdonarti amore, solo da ringraziarti per aver incrociato i miei passi, per
averti incontrato su un sentiero che abbiamo deciso di percorrere insieme. -
- Sanae...Sanae Nakazawa, desideri amare per sempre
quest'uomo che attende solo di congiungere la propria anima alla tua? -.
Presa
dai singulti, lei assentì più volte a quella proposta che già tempo addietro le
aveva fatto e alla quale avrebbe sempre risposto affermativamente.
Lo
aveva fatto quel dì e lo ripeteva ancora una volta.
- Sì, sì, sì....cento, mille, un milione di volte
sì. Certo che lo voglio. Lo desidero più di me stessa, più della mia vita. -
rispose ridendo e mischiando la sua risata alle lacrime di gioia.
Si
drizzò velocemente sulle gambe e l'afferrò tra le braccia. Sotto gli occhi
indiscreti, maliziosi e curiosi, premette le labbra sulle sue sigillando quella
testimonianza quanto mai ardita e infinitamente dolce, con un bacio.
Tra
gli applausi scroscianti, Tsubasa
la fece volteggiare in alto, sazio di quel sentimento che solo lei sapeva
darle, infinitamente innamorato di una giovane donna alla quale aveva deciso di
donare tutto se stesso.
*****
Aiko rimase atterrita dal racconto. Tutto le era stato descritto
con minuzia e parole idonee e nelle sue iridi erano riflesse le immagini di
quel giorno che li aveva visti promettersi amore per sempre.
Tremava per l'emozione, per aver condiviso quel grande segreto che
da anni suggellava il loro amore, quel sigillo che per la prima volta avevano
tolto al grande libro del loro amore.
Sanae sedeva sul bracciolo della poltrona e Tsubasa le cingeva l'esile vita.
Li guardò innamorata di quella scena, di quei nonni che aveva
imparato ad apprezzare fin dalla tenera età, di coloro che avevano dato vita a
suo padre.
I loro profili si voltarono l'uno verso l'altra e gli occhi si
scambiarono una lunga scorsa ricolma di parole d'affetto.
Un gesto unico e prezioso che stavano dedicando a lei.
Si alzò destreggiandosi goffamente tra le balze dell'abito nuziale.
Si guardò lisciando le pieghe e ravviandosi i capelli scomposti.
- Adesso sono pronta, per andare. - disse
loro guadagnando l'uscio.
Non servivano altre parole. Le loro espressioni erano state
sufficienti, uniche e indissolubili, scolpite in un tempo che avevano dedicato
a lei, con l'implicito augurio di poter condividere la stessa gioia.
Una frontiera di rose bianche cingeva i lunghi capelli scuri. Il
velo fluttuava al lento incedere al braccio del padre e al solfeggiare di una
marcia commovente e altera.
I banchi degli invitati erano disposti in file verticali, tutti
ornati di piccole ghirlande verdi sulle quali spiccano candidi dolcissimi
mughetti. Il profumo aleggiava tra le navate come un sensuale sussurro a ritmo
dell'organo.
Ayate guardava la figlia tremante.
Non sentiva più il fiato, il respiro, il battito del cuore. Non
ricordava di aver provato la stessa sensazione il giorno del suo matrimonio.
Il coinvolgimento era di gran lunga maggiore, era diverso: era sua
figlia, la sua bambina.
Aiko stava per solcare la porta dell'età adulta in cui sarebbe
divenuta compagna di un uomo e madre di figli, sorella e amante, amica unica e
assoluta, regina del focolare.
La vedeva bellissima avvolta nel tulle e nel velo, dolcissima
apparizione celeste che gli tramortiva il cuore.
I passi arrestarono l'incedere alla fine del percorso guidato e il
silenzio calò tra gli invitati.
Aiko si voltò e alle sue spalle, seduti al primo banco, li vide
sorridenti.
Le loro mani incrociate in una morsa d'amore, i loro occhi a
sussurrare ricordi di un tempo, le parole sfiorate tra le labbra in un augurio
appena percepito.
Quel giorno, come più di quarant'anni prima, parevano circondati
dal sole dell'amore, da un'atmosfera atipica e personale, unica e inenarrabile.
Nei suoi occhi vide apparire l'immagine del giorno prima, di quell'amore a lei
raccontato e dedicato, di quel sentimento indissolubile che da tempo li univa.
Aiko guardò il giovane che le stava di fronte e che la inondava
con uno sguardo amabile ed un sorriso ben accennato.
Con un lieve gesto le scostò il velo dalle guance e il suo volto
irradiò una luce dorata.
Si specchiò nei suoi grandi occhi nocciola, come quelli della nonna
che aveva imparato a stimare e amare, calda terra da baciare, da scrutare, per
poi perdersi nell'infinito del cuore.
Lei gli sorrise tremante per l'emozione, quasi dimentica di quanto
era accaduto il giorno precedente.
Il celebrante li incitò ad avvicinarsi all'altare.
Posò il bouquet di mughetti sul una poltroncina e si voltò ancora
verso di lui, prendendogli le mani tra le sue.
Chinò il capo per poi rialzarlo.
Con gli occhi madidi e luccicanti, schiuse le labbra come un
bocciolo alla brina del mattino.
- Noi siamo nati insieme e insieme
staremo per sempre. Saremo insieme quando le bianche ali della morte
disperderanno i nostri giorni e insieme nella silenziosa memoria del Dio e
danzino tra noi i venti del cielo. Non fare del nostro amore una prigione
dorata: piuttosto sia la nostra unione, l'onda del mare tra le sponde delle
nostre alte anime. Riempi il mio calice del tuo amore ed io riempirò il tuo e,
insieme berremo da un’ unica sorgente e reciprocamente ci sosterremo. Danza e
canta con me, fai tua la mia melodia, ma non vibrare solo della mia musica.
Concedimi il sussurro del tuo sapere, della tua emozione e donami il tuo cuore,
perché possa divenire il rifugio del mio come il mio lo sarà del tuo.Tendimi le
mani poiché solo esse potranno carezzare il mio viso, asciugare le mie lacrime
smarrite, lambire queste labbra che anelano ad un sorriso. Fammi vivere con te,
per te, ma non fare di me la tua ombra...fanne solo la tua amabile compagna.
Gli invitati ascoltarono esterrefatti la promessa di matrimonio
recitata da Aiko.
Ken la guardava smarrito ed emozionato, con il cuore rigonfio
di quel sentimento desideroso di cantare tutto se stesso.
Si sfiorò le labbra in cerca del coraggio per poter proferire quello che più volte
aveva ripetuto nella sua mente.
Sollevò il capo e scrutò l'alta cupola che li sovrastava. La quiete
calò mentre le lacrime gli rigarono gli zigomi alti.
Aiko ebbe un tuffo al cuore. Il suo Ken
piangeva dinanzi a decine di persone.
- Aiko, dal
giorno in cui il mio sguardo si é posato su di te, l'amore mi ha chiamato. E
quando l'amore chiama é giusto seguirlo, perseguirlo, fossero anche irte le
vie, scoscese ed impervie. Ma tu, tu amore mio, sei stata la mano che mi ha
sfiorato, che mi ha colto in un momento di rammarico e mi ha fatto rialzare. Tu
amore, ti sei avvicinata a me, hai spiegato le tue ali e mi hai avvolto per
proteggermi. La tua voce é stata il mio canto di vita e i tuoi occhi la luce
della via. Ti affido la mia anima Aiko, sia con la
tua unico alito di quest'amore; ti dono il mio corpo.
Oggi ti prendo in sposa mia dolce Aiko,
col desiderio immenso di destarmi nella tua alba e di riposare al tuo fianco
nell'ora del meriggio, di meditare insieme l'estasi dell'amore e perderci
insieme in un unico e indefinibile canto.
Accetta quest'uomo smarrito, insegnagli la retta via, guidalo nel
cammino della vita e fanne tuo compagno per sempre. -
Il celebrante sorrise compiaciuto a quel loro parlare.
Le testimonianze che avevano reso l'uno dell'altra potevano solo
riassumere la grandezza del sentimento che li univa.
I loro occhi piangevano e le loro labbra sorridevano, stretti l'uno
nella mano dell'altra, respirando il medesimo soffio di vita, congiungendosi in
un vincolo che li aveva già resi indissolubili.
Sanae si portò il fazzoletto agli occhi, asciugando
le lacrime che oramai copiose si susseguivano sulle gote.
Tsubasa la strinse a se, le prese il profilo tra
le mani e scosse il capo.
- Amore mio...é compito mio asciugare le
tue lacrime, ed é sempre compito mio, baciare queste labbra e renderle sorriso
ed emozione. -.
Le si avvicinò senza alcuna remora, con tanta premura e premette le
labbra sottili su quelle della compagna, suggellando quel nuovo attimo d'amore,
con un dolcissimo bacio.
*****
SULL'AMORE
Allora Almitra disse: parlaci dell'Amore.
E lui sollevò la testa e scrutò il popolo e su di esso calò una grande quiete.
E con voce ferma disse:
Quando l' amore vi chiama, seguitelo
Anche se le sue vie sono dure e scoscese
e quando le sue ali vi avvolgeranno, affidatevi a lui.
Anche se la sua lama, nascosta tra le piume vi può ferire.
E quando vi parla, abbiate fede in lui,
Anche se la sua voce può distruggere i vostri sogni come il vento del nord
devasta il giardino.
Poiché l'amore come vi incorona così vi crocefigge. E come vi fa fiorire così
vi reciderà.
Come sale alla vostra sommità e accarezza i più teneri rami che fremono al
sole,
Così scenderà alle vostre radici e le scuoterà fin dove si avvinghiano alla
terra.
Come covoni di grano vi accoglie in sé.
Vi batte finché non sarete spogli.
Vi staccia per liberarvi dai gusci.
Vi macina per farvi neve.
Vi lavora come pasta fin quando non siate cedevoli.
E vi affida alla sua sacra fiamma perché siate il pane sacro della mensa di
Dio.
Tutto questo compie in voi l'amore, affinché possiate conoscere i segreti del
vostro cuore e in questa conoscenza farvi frammento del cuore della vita.
Ma se per paura cercherete nell'amore unicamente la pace e il piacere,
Allora meglio sarà per voi coprire la vostra nudità e uscire dall'aia dell'amore,
Nel mondo senza stagioni, dove riderete ma non tutto
il vostro riso e piangerete, ma non tutte le vostre lacrime.
L'amore non da nulla fuorché sé stesso e non attinge che da se stesso.
L'amore non possiede né vorrebbe essere posseduto;
Poiché l'amore basta all'amore.
Quando amate non dovreste dire:" Ho Dio nel cuore ", ma piuttosto,
" Io sono nel cuore di Dio ".
E non crediate di guidare l'amore, perché se vi ritiene degni è lui che vi
guida.
L'amore non vuole che compiersi.
Ma se amate e se è inevitabile che abbiate desideri, i vostri desideri hanno da
essere questi:
Dissolversi e imitare lo scorrere del ruscello che canta la sua melodia nella
notte.
Conoscere la pena di troppa tenerezza.
Essere trafitti dalla vostra stessa comprensione d'amore,
E sanguinare condiscendenti e gioiosi.
Destarsi all'alba con cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d'amore;
Riposare nell'ora del meriggio e meditare sull'estasi d'amore;
Grati, rincasare la sera;
E addormentarsi con una preghiera in cuore per l'amato e un canto di lode sulle
labbra.
Profeta"
di K. Gibran
Serena, Dario…questo è il mio regalo
per voi.
Ho cercato di portarvi un po’ del
mio affetto, del mio augurio più sincero, desiderosa di porgervi un gesto
semplice, simbolico, ma dalle tante, infinite parole.
Non
abbiate mai paura di specchiarvi negli occhi, di oltrepassare i vostri sguardi,
di rimirare in fondo alle vostre anime, di scorgervi gioia e confusione, di
trovare nel profondo di esse, tutto l’amore che provate l’uno per l’altra. Non
meravigliatevi mai dell’immenso, dell’infinito, di quello che scoprirete dentro
ciascuno di voi.
Con grande affetto,
Alessandra