prova
La pulce
nell’orecchio
Venerdì 21 Marzo,
nel tardo pomeriggio
Qualcosa vi sfugge?
In fin
dei conti, si diceva sempre Elizabeth, lei e Ciel si conoscevano da
tanto tempo. Erano cresciuti assieme, le loro famiglie erano vicine, e
lei era sempre stata destinata a diventare sua moglie. Vedeva la cosa
con particolare positività: lei voleva molto bene a Ciel e
l’idea di diventare un giorno la signora Phantomhive poteva
solo
riempirla di gioia. Immaginava che sarebbero andati a vivere nella
magione di campagna di Ciel, e che tutti i loro servitori sarebbero
rimasti lì con loro e non si sarebbero separati mai. Si
sarebbe
trasferita assieme a Paula, e avrebbero formato una nuova famiglia.
Elizabeth Middleford non aveva mai sentito il bisogno di cercare
l’affetto di un altro uomo altrove, perché a lei
bastava avere
Ciel, e anche se lui non le dimostrava certo l’affetto che a
volte si
aspettava e desiderava, a lei andava bene così. Aveva sempre
pensato che la morte dei genitori di Ciel lo avessero reso distante,
molto freddo e calcolatore, ma non era un ragazzo malvagio, era solo
chiuso. E le forti responsabilità alle quali era stato
sottoposto fin da bambino – essere il cane da guardia della
regina,
tanto per fare un esempio banale – lo avevano reso un adulto
serio che
non esternava le sue emozioni. Però, anche se Ciel non era
mai carino
con lei, Elizabeth sapeva bene che entrambi provavano un grande affetto
l’uno per l’altra. Non esistevano problemi, per
Lizzy, in questo
frangente della sua vita. Aveva diciotto anni ormai, e fra pochi mesi,
a Dicembre, quando anche Ciel avrebbe avuto la sua stessa
età,
si sarebbero sposati. La data delle nozze era già fissata:
undici Gennaio dell’anno dopo. Non sussistevano proprio
problemi di
alcun tipo, almeno fino a che Elizabeth non conobbe quel ragazzo
misterioso, bello e terribile come un demonio, che le fece considerare
un nuovo modo di vedere le cose.
Da diversi anni
Elizabeth aveva accettato i consigli di sua madre e tentava di vestirsi
in maniera più adeguata e a comportarsi più
compostamente, ma non aveva mai abbandonato il colore rosa
né
aveva smesso di farsi chiamare dalle persone a lei care Lizzy. Era il
21 di Marzo, anno 1893, e la famiglia Middleford, in particolare Lizzy,
aveva deciso di dare un party per festeggiare l’inizio della
primavera.
In realtà era un modo come un altro per fare una bella
festa, e
riempire la sala da ballo di cose carine, invitati con bei vestiti e
ovviamente per ballare con Ciel.
«Zia Frances, zio Alex.»
Lizzy udì la
voce di Ciel fin dalla sala di ricevimento, e lasciò a Paula
l’incombenza di appendere le ultime decorazioni, sollevandosi
il
vestito e correndo fino all’ingresso.
«Ciel!» La ragazza si
ricompose appena in tempo per salutarlo con un sorriso e dargli un
bacio leggero sulla guancia. Purtroppo a sua madre Frances anche questo
atteggiamento pareva un po’ troppo espansivo per una
signorina come
lei, ma aveva da tempo rinunciato a riprendere la figlia quando si
trattava di Ciel Phantomhive: era inutile, ciò che le diceva
le
entrava da un orecchio e le usciva dall’altro, passando
svolazzante
dentro la sua testolina momentaneamente vuota. Al fianco di Ciel stava
l’immancabile Sebastian Michaelis, il maggiordomo perfetto,
con i
capelli elegantemente tiranti all’indietro come piaceva a zia
Frances.
L’uomo si inchinò ad Elizabeth e la
salutò cortesemente.
«Vieni Ciel, voglio
farti vedere come ho decorato la sala da ballo! Ho pensato a tutto io,
ho scelto i colori e la disposizione delle decorazioni.» Il
ragazzo si lasciò trascinare docile, anche se non era
neanche
lontanamente emozionato come lei.
Ciel aveva diciassette
anni, e ne avrebbe compiuti diciotto a Dicembre. In appena due anni,
dai quindici in poi, si era letteralmente trasformato. Se prima
lamentava continuamente di essere basso, adesso era divenuto alto e
sottile, e quello rallegrava Elizabeth perché poteva
finalmente
indossare i suoi tacchi e, alle feste, farsi portare sottobraccio dal
suo futuro sposo in quello che sembrava il ritratto della coppia
felice. Il volto di Ciel si era affilato, non era più pieno
come
quando era ragazzino, ma si era fatto meno paffuto sulle guance e la
mascella gli si era pronunciata. Somigliava molto a suo padre nel viso,
ma la corporatura esile e slanciata era quella di sua madre. Elizabeth
aveva anche notato che Ciel, con un pizzico di compiacimento, aveva
iniziato a radersi ogni tanto, la qual cosa lo faceva sentire molto
adulto.
«Ci sono moltissimi
invitati. I parenti, ma anche degli amici di famiglia. Ho mandato un
invito anche al Visconte di Druitt, verrà con la sua nuova
moglie.» Ciel storse leggermente il naso a quella notizia.
«Lui non ti sta molto simpatico, vero?»
Il ragazzo parve
disgustato e per un attimo si perse nei ricordi, ma poi si riscosse.
«Certo che no», sbottò «con
tutte le mogli che
ha avuto mi chiedo che razza di perver- di persona possa
essere.»
E detto questo, il naso rivolto altrove, Ciel dichiarò che
l’argomento era chiuso.
«Mamma e
papà hanno invitato anche un vecchio conoscente, un conte
che
hanno conosciuto l’anno scorso. Si fermerà da noi
per un po’, ma
non ricordo chi sia. Oh! E verranno anche Edward assieme ad Angelina e
il piccolo Yvan.»
Ciel corrucciò
gli occhi. «Ah sì?» Non poteva certo
dire di essere
allegro, il fratello della sua futura sposa lo aveva sempre odiato.
Lizzy
sorrise allegra e
riprese a ciarlare. «Non vedo l’ora di poter
prendere in braccio
di nuovo il mio nipotino, dovresti farti conoscere anche tu da lui,
dopotutto diventerai suo zio prima o poi, no?» Nel dire
quelle
parole la ragazza arrossì violentemente. «Non
l’hai mai
visto, vero? E’ un bambino davvero bello.
Spero…», Elizabeth
prese un grosso respiro prima di dire, «spero che anche il
nostro
bambino possa essere tanto bello.»
Nel sentire
quelle parole Ciel raggelò. La parola bambino
associata a lui e Lizzy era qualcosa a cui non aveva mai pensato, e
siccome la realtà gli era stata messa di fronte
così
violentemente non poté fare altro che ragionare a proposito
di
un certo grado di intimità che avrebbe dovuto raggiungere
con
lei, se volevano proprio avere un figlio. Il ragazzo arrossì
vistosamente ma tentò di celare il tutto abbassando la testa
e
assumendo un cipiglio che voleva essere severo. «Non dire
sciocchezze», disse infine schiarendosi la gola e tentando di
nascondersi sotto il cappello.
Elizabeth
sgranò gli occhi e aprì la bocca, come a voler
dire
qualcosa, ma poi ci ripensò e abbassò lo sguardo.
«Scusami», mormorò piano.
All’improvviso l’aria fra
loro due si era fatta pesante, e Ciel sentì che era
interamente,
unicamente, colpa sua. Si diede dell’imbecille, e avrebbe
voluto poter
tornare indietro nel tempo per non dire mai quelle stupide parole.
Peccato che Sebastian non possedesse anche quel potere fra le sue tante
capacità.
Non dire sciocchezze.
Ecco cos’aveva detto. Ciel solitamente era molto misurato
nelle parole,
dopotutto era un uomo d’affari e la diplomazia era la sua
arma migliore
per mandare avanti la Funtom Company. Con un po’ di
diplomazia
metà del lavoro era fatto. Ma con Elizabeth erano un altro
paio
di maniche, con lei non riusciva mai a misurare le parole che diceva, e
al contrario quelle uscivano a valanghe come a punirlo per essere
trattenute così tanto in gola. E di parole in gola ne aveva
molte, ne aveva a bizzeffe! Era una vera sfortuna che da quel forno che
era la sua bocca uscissero solo le frasi sbagliate in presenza di
Lizzy. Come al solito si rese conto che non c’era limite alla
sua
deficienza, e le parole che aveva detto non potevano che essere
interpretate male: lui non voleva dire che il loro futuro fosse una
sciocchezza, che un loro eventuale figlio fosse una sciocchezza, che lei
fosse una sciocchezza. Ciel voleva solo tirarsi fuori da una situazione
che lo metteva a disagio, e l’unico modo in cui sapeva farlo
era
tagliando corto con l’argomento il più ferocemente
possibile. E
in quel momento non c’erano dubbi sul fatto che, di ferocia,
ne aveva
usata parecchia.
Elizabeth
teneva lo
sguardo puntato altrove, e si diresse verso la sala pranzo in silenzio.
«Dove vai?», le chiese Ciel con slancio seguendola.
«A vedere
com’è venuta la tavola. Avevo detto alle cameriere
di disporre
tutto in un certo modo.»
Ciel la seguì
in fretta e accordò il suo passo a quello della ragazza. Non
gli
sembrava proprio il caso di litigare in un momento come quello. La
festa sarebbe iniziata fra un ora al massimo e gli invitati dovevano
arrivare da un momento all’altro. Per come Lizzy era fatta
avrebbe
passato tutta la festa a intristirsi se non avesse sistemato la cosa.
«Lizzy?», il ragazzo la fermò sulla
soglia
dell’enorme porta che dava alla sala da pranzo, riccamente
decorata e
con un tavolo magnifico e perfetto. «Sei
arrabbiata?»,
domandò per sicurezza.
Lei fece un sorriso
tirato, ma nonostante questo Ciel poté vedere che i suoi
occhi
esprimevano ancora una certa tristezza. «No, non sono
arrabbiata.»
Ma certo che non è
arrabbiata, tonto. E’ triste. Che razza di stupido!
È colpa tua!
«Ascolta, io non volevo dire che è una
sciocchezza… quella
cosa lì.» Il ragazzo si umettò le
labbra.
«Cioè, lo so che lo dico spesso a tutti, e anche a
te. Ma
non perché tu dica sciocchezze, cioè, a volte.
Insomma
sì, dici delle sciocchezze ma dici anche cose normali a
volte.» Nel momento esatto in cui stava pronunciando quelle
parole Ciel seppe che la conversazione stava prendendo una piega
pericolosa. Pericolosa per lui, ovviamente. «…e
quindi io dico
così, ma non voglio dire così capito? Quello che
dici
certe volte ha senso, altre volte no ma capita a tutti. In fondo tu sei
una ragazza esattamente come le altre, e può capitare di
sbagliare.» Dopo una tiritera lunga almeno due minuti Ciel
pensò che poteva ancora salvare il salvabile.
«Comunque,
stai molto bene con questo vestito.»
Il volto di Lizzy
aveva subito parecchie trasformazioni in quel breve lasso di tempo.
Prima era stupefatto, e poi quasi raddolcito. Alla fine si era fatto
confuso, ma poi aveva iniziato ad assumere un atteggiamento veramente,
veramente arrabbiato. Atteggiamento che non accennava a sparire.
Elizabeth parve voler dire qualcosa, aprì la bocca adirata
ma
poi, come al solito, la richiuse e seppellì dentro di
sé
i suoi pensieri. Con voce fredda disse solamente: «Ci vediamo
a
cena Ciel. Ora scusami ma devo andare un attimo in camera
mia.»
Ciel la guardò allontanarsi con un leggero senso di colpa.
Si
chiese se poteva considerare la faccenda sistemata una volta per tutte.
Quando Elizabeth fu in
camera si abbandonò sulla sedia della scrivania, come
spossata,
e si lasciò andare ad uno sbuffo rabbioso. Era incredibile
come
Ciel fosse riuscito a dire tutte le cose sbagliate in una sola frase!
Aveva detto che lei era una ragazza esattamente come le altre, non che
per lui era speciale, aveva detto che diceva sciocchezze, e aveva detto
che lui non desiderava trattarla in maniera diversa da come trattava
tutti gli altri. Se doveva pensare di stare per sposare un ragazzo
tanto distratto, che le dimostrava il suo amore in quel
modo… Elizabeth
venne sopraffatta da un senso di forte nausea e si sentì
costretta in una gabbia. Ciel non dimostrava mai il suo amore per lei,
e questo per un semplice, banalissimo motivo, talmente banale che
Elizabeth non lo aveva mai neanche preso in considerazione, e si
sentì una stupida per non averci pensato prima. Ciel non era innamorato di lei.
Come aveva fatto ad
essere tanto cieca? Lei era sempre stata tranquilla perché
lo
amava dal profondo del cuore, sentiva di voler stare con lui per
sempre, e immaginava radiosamente la loro vita coniugale assieme:
feste, serate davanti al camino, marmocchi in giro per la casa, pic-nic
la domenica pomeriggio. Un’infinità di cose che a
lei piaceva
fare ma, in questo frangente, c’era una cosa che non aveva
considerato:
Ciel. Sembrava assurdo, ma come lei lo voleva Lizzy aveva sempre dato
per scontato che anche lui volesse stare assieme a lei. Evidentemente
non era così, altrimenti il conte sarebbe stato molto
più
felice nell’averla come promessa sposa, o per lo meno
allegro.
Elizabeth sapeva che Ciel non sorrideva mai, che il suo sguardo
sembrava severo, e che anche che le uniche parole che pronunciava erano
spesso molto dure, ma quando voleva sapeva essere gentile, nei
comportamenti e non nell’atteggiamento. Era stato gentile con
Snake,
con Tanaka, con molte delle persone che aveva incontrato, faceva sempre
ridere Undertaker e chissà con quanti altri era stato
gentile.
Ma, si rese conto Elizabeth, per lei non aveva mai avuto altro che
parole dure e sguardi di biasimo. Anche se molte volte
l’aveva aiutata,
persino salvata in alcune situazioni, era chiaro che non lo facesse per
un particolare affatto nei suoi confronti. Se ci fosse stato
lì
qualcun altro, chiunque altro, Ciel si sarebbe fatto in quattro per
salvarlo esattamente come aveva fatto con lei, né
più
né meno. Dopotutto era il suo mestiere.
A
quella
consapevolezza Elizabeth emise un singhiozzo che tentò di
soffocare dietro ad una mano, come se qualcuno potesse udirla. Si
impose di non farsi sfuggire una lacrima, perché altrimenti
avrebbe rovinato il trucco e non poteva permetterselo dato che la festa
stava per iniziare. Lei era la padrona di casa e doveva essere allegra,
gentile e attenta ad ogni invitato. A nessuno sarebbe piaciuto avere un
anfitrione con gli occhi rossi e gonfi.
Nel momento in cui
lasciò la sua stanza Lizzy indossò la sua
maschera di
allegria, ma dentro la testa continuavano a vorticare mille pensieri.
Era ovvio che lei e Ciel si sarebbero sposati, e fino a quel momento le
era andato benissimo, ma era perché pensava che lui
ricambiasse.
Alla luce di quella nuova, orribile scoperta, come poteva vivere
assieme ad uomo amandolo, sapendo che lui non provava nulla di
particolare per lei? Si sentiva così sciocca! Non si rese
conto
di stare vagando a vuoto lungo i corridoi finché non si
ritrovò nell’ala est del secondo piano, in
direzione totalmente
opposta dalla sala da pranzo. Si bloccò all’inizio
del
corridoio, decisa a togliersi quei pensieri dalla testa e risolvere la
questione dopo, quando una delle porte che dava al corridoio si
aprì. Ne uscì un uomo alto nerovestito, con i
capelli
corti e degli occhiali che lo facevano più serio.
S’inchinò al passaggio di un’altra
persona che Elizabeth non
poté vedere, ma quando questi sorpassò
l’uomo in nero lui
apparve.
Era un ragazzo molto
alto, aveva occhi azzurrissimi e un viso pallido e sottile, delicato.
Indossava una camicia bianca e un gilet nero e verde smeraldo, abbinato
ai pantaloni della stessa tonalità che ricadevano eleganti e
alle scarpe nere con un accenno di tacco. Quando la vide il ragazzo
sorrise, pareva allegro e solare, proprio come Lizzy.
«Buonasera
milady», disse facendo dei lunghi passi per raggiungere la
ragazza. Senza che lei se ne accorgesse le afferrò la mano e
baciò leggero la stoffa del guanto. La osservò e
poi fece
una smorfia. «Non dovrebbe privare agli uomini un tale
piacere
qual è baciare la sua pelle.» Così
dicendo le tolse
fulmineo il guanto e la ribaciò sulla pelle nuda del dorso
della
mano. «Piacere di conoscerla, il mio nome è Alois
Trancy.»
Elizabeth,
arrossendo
per quell’uscita, ritirò la mano in fretta, ma si
mostrò
cortese e sorrise. «Lei è il conte Trancy dunque,
l’ospite
dei miei genitori.»
Alois
si rizzò
sulla schiena e la osservò mentre il sorriso gli si faceva
più largo. «Quindi lei dev’essere
Elizabeth Middleford.
Incantato. Ma…», il ragazzo si fece serio per un
istante,
«non verrà a cena assieme a noi?»
Lizzy annuì con vigore. «Ma certo che
sì, andiamo.»
Mentre
s’incamminavano il
ragazzo si volse e le indicò l’uomo che camminava
loro affianco.
«Lui è il mio maggiordomo, Claude
Faustus.» L’uomo
chinò leggermente il capo e seguitò a camminare
in
silenzio.
A Lizzy era
stato insegnato
fin da bambina che la prima regola in una festa era conversare, per non
far annoiare gli ospiti. «Lei dove vive signor
Trancy?»
«Ho una casa in
campagna, vicino a Oxford. Per il momento è
l’unica dimora che
possiedo, anche se pensavo di acquistare una casa a Wight, o qui a
Londra. Lei cosa mi consiglia?»
«Be’ Londra
è magnifica, ma non ho mai visitato l’isola di
Wight, quindi non
potrei dirle quale sia la migliore. Dovrebbe andare in villeggiatura e
vedere quale l’aggrada di più.»
Il conte sorrise e,
mentre scendevano le scale, disse: «So che non è
buona
educazione, signorina Middleford, ma posso chiederle quanti anni
ha?». La ragazza parve prese in contropiede da quella
domanda,
così il ragazzo si affrettò a spiegare.
«Voglio
dire che stiamo usando modi molto formali, ma io sono ancora giovane, e
anche lei mi pare, oltretutto è ancora nubile, mi dicevano i
suoi genitori, e anche se non ci conosciamo a fondo ora spero che
potremmo farlo nel tempo in cui rimarrò qui,
perciò che
ne dice se la chiamo per nome?»
In effetti Elizabeth
trovava sempre molto noioso dover essere così formale con
tutti,
e fu contenta di trovare qualcuno a cui poteva parlare più
normalmente. «Oh ma certo! Mi chiami pure Lizzy. Tutte le
persone
più care mi chiamano così.»
«Oh sono già
entrato a far parte delle persone care, mi fa molto onore signorina
Lizzy», scherzò Alois. «Attenta, a dare
troppa
fede.» Sull’ultimo gradino della scala tese la mano
alla ragazza
e la aiutò a scendere gli ultimi gradini.
«Grazie.»
Molti degli
invitati erano
già arrivati, e quando Elizabeth individuò suo
fratello e
sua moglie, assieme con il piccolo Yvan, si congedò
cortesemente
da Alois dicendo che si sarebbero rivisti presto.
Ciel si aggirava lungo
la magione Middleford salutando chi lo salutava e tentando di evitare
conversazioni noiose il più possibile. Aveva lasciato
Sebastian
in un angolo a osservarlo, non gli andava di essere seguito ovunque da
lui. Ciel cercava Elizabeth con gli occhi, ma trovarla pareva
un’impresa impossibile con tutti gli invitati dei Middleford.
Stava per
perdere le speranze quando la sua attenzione venne catturata da un
suono fastidioso: il vagito di un neonato. Ciel si volse distrattamente
per guardare chi fosse il marmocchio che emetteva simili animaleschi
lamenti, e vide un piccolo bimbo paffuto piagnucolare fra le braccia di
Elizabeth. Ciel raggelò vedendo Lizzy tanto felice, e non
poteva
fare a meno di pensare a quanti figli si aspettasse di sfornare una
volta sposati, il che rimandava all’imbarazzo di poco fa.
Mentre si
avvicinava al gruppetto, tuttavia, lo sguardo del ragazzo non
poté che addolcirsi vedendo come Elizabeth sorrideva
cullando il
bimbo e sussurrandogli parole dolci e scherzose assieme. «No,
no,
quel brutto cattivone di Sebastian non ti farà nulla, ti
proteggerò io.» Poco distante stava il
maggiordomo, con in
viso una smorfia di rassegnazione. In effetti Sebastian non era mai
particolarmente piaciuto ai bambini molto piccoli, Ciel immaginava che
fosse per la sua aurea demoniaca, dicevano che i bimbi piccolo
potessero captare questo genere di cose.
«Lizzy», chiamò Ciel
raggiungendoli.
La ragazza
sorrise
leggermente incerta e andò verso di lui mostrandole il bimbo
che
si era ormai calmato. «Questo è Yvan. Yvan, lui
è
tuo zio Ciel. Vuoi prenderlo in braccio?» Così
dicendo gli
porse il fagottino morbido, che non sembrava per nulla colpito dalla
nuova scoperta di aver incontrato suo zio. Il ragazzo stava per
rifiutare, ma per fortuna arrivò Edward a impedirgli di
negare.
Si avvicinò con fare altezzoso e prese il bimbo dalle
braccia
della sorella.
«Ciel»,
salutò l’uomo con fredda cortesia. Poi si
allontanò il
più velocemente possibile.
Lizzy guardava il fratello e la famiglia e si strinse a Ciel.
«Non è bellissimo?»
«Sì»,
cominciò a dire il ragazzo per farle piacere, anche se
personalmente credeva che quel piccolo essere urlante fosse leggermente
stupido (forse aveva preso dal padre), ma si bloccò quando
vide
che la mano sinistra di Elizabeth era rimasta senza guanto.
«Lizzy, hai perso un guanto?» Le afferrò
le dita ed
Elizabeth sentì che le sue mani erano fredde e secche.
«Dove l’hai lasciato? Ti aiuto a
cercarlo?»
«Dev’essere…»
Ciel stava
per volgersi a
chiamare Sebastian, quando un braccio si frappose fra lui e Lizzy,
cacciando in modo poco gentile la sua stretta sulla mano della ragazza.
Quando alzò lo sguardo vide un uomo alle spalle di
Elizabeth,
che le reggeva il polso sinistro e le infilava il guanto con
scioltezza, approfittando della loro vicinanza per soffiarle
nell’orecchio: «Mi perdoni. Non le ho restituito il
suo guanto,
Lizzy.»
Elizabeth sentì
sulla pelle il tocco della sue dita calde e rassicuranti, e non
poté fare a meno di pensare che erano così
diverse da
quelle fredde, insensibili di Ciel. La ragazza si voltò in
quello che poteva essere un abbraccio molto indiscreto – ma a
lei non
pareva dare fastidio, constatò con leggera irritazione Ciel
– e guardò l’uomo con un
sorriso sulle labbra,
ringraziandolo. La verità era che Elizabeth non aveva
pensato
nemmeno per un secondo a quel contatto come se fosse qualcosa di
particolare, lo vedeva come un semplice atto di gentilezza.
L’uomo si
sollevò in tutta la sua altezza e rivolse lo sguardo a Ciel,
sorridendo serafico. «Oh ma qui è pieno di gente
simpatica!» Allungò una mano e la tese.
«Piacere di
rivederti Ciel Phantomhive.»
Il ragazzo, con un
brutto cipiglio in viso e le sopracciglia corrugate, la strinse un
po’
più forte del normale. «Alois», disse a
mo’ di
saluto.
Elizabeth si volse da
uno all’altro senza percepire l’ironia proveniente
da Alois e la rabbia
di Ciel. «Voi due vi conoscete? Ah, che bello! Ciel, Alois
è l’ospite di mamma e papà,
rimarrà qui alla
magione per…», si rivolse
all’interessato, «per
quanto?»
Alois sorrise.
«Ancora non saprei dire con precisione, ma spero di restare
abbastanza a lungo per conoscerla meglio Lizzy. Che ne dice di farmi
fare un giro per il castello prima di cena? Potremmo andare in
giardino, ho visto che i fiori hanno già iniziato a
sbocciare.» Così dicendo mise una mano sulla
spalla di
Lizzy e la condusse via, riempiendole la testa di rose e balli, e tutte
le meraviglie che riusciva a decantare.
Ciel rimase
impietrito,
fermo in mezzo alla sala. Con attorno decine di ospiti di cui non gli
interessava un bel niente, con la sensazione sullo stomaco che fosse
appena successo qualcosa di sgradevole.
«Vi sentite poco bene padroncino? Cosa
c’è? Qualcosa
vi sfugge di mano, per caso?» La voce melliflua e
canzonatoria di
Sebastian all’orecchio poté solo irritarlo di
più.
Tornata
nel fandom di Kuroshitsuji! Per l'allegria di ognuno u_u Seh! xD
Allora, diciamo un paio di cose sulla fanfiction!
Prima di tutto, il titolo, La
pulce nell'orecchio,
si riferisce a Sebastian, che per tutti e cinque i capitoli della
storia non farà altro che mettere la cosìdetta
pulce
nell'orecchio (ossia il dubbio) a Ciel, riguardo Lizzy e Alois.
So che a molti la coppia Ciel/Lizzy non piace, ma il fatto è
che
dopo aver scoperto alcune capacità di Lizzy (capitolo 57 del
manga) mi sta molto più simpatica! Inoltre in quei capitoli
quei
due erano proprio dolci! Il mio lato romantico è scattato!
Qui,
si noterà soprattutto nel prossimo capitolo, ho cercato di
rendere Lizzy un po' meno rompi e un po' più umana. Spero
solo
di non essere andata OOC. Dopo le scottanti rivelazioni delle
insospettabili capacità di Lizzy, credo che il personaggio
sia
qualcosa di più che un bel faccino, per cui ho cercato di
tirare
fuori il suo lato meno frivolo (meno stressante xD).
Ah, piccolo appunto: odio l'anime di Kuroshitsuji, preferisco di gran
lunga il manga, ma ho inserito Alois come personaggio perché
era
già conosciuto e non avevo voglia di inventarne un altro
nuovo.
Ci sono quindi cose che sono successe solo nel manga, ma i due
personaggi dell'anime; spero di non aver confuso troppo le cose! :S
Be', spero che la storia vi interessi! Posterò ogni
Domenica, e
se volete uno spoiler del prossimo capitolo potete cliccare qui
e
andare a leggerlo sul mio blog!
Buona Domanica a tutti,
Patrizia
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