FIC SU LIAM
God only knows what we're fighting for
Lo zainetto era ancora lì, ai piedi del letto, ancora pieno
dei miei vestiti. Era passato un mese eppure era ancora lì.
C'ero quasi riuscita, ero quasi salita su quel maledetto treno, ma lui mi ha trovata,
mi ha presa e a casa mi ha pestato un'altra volta. Non mi aveva mai
picchiata con tanta rabbia, tanta cattiveria, tanto odio. Quella volta mi ha fatto
molto più male. Non lo farò mai più, non scapperò più.
Domani è Lunedì, finalmente inizia la scuola. Ogni
comunissimo ragazzo della mia età sbufferebbe al sol pensiero di
alzarsi presto alla mattina per dover restare chiusi cinque ore in
quattro mura grige, ma io no. Stare per cinque ore di fila "rinchiusa"
là dentro era il mio unico rifugio, la mia unica salvezza.
Chi sono io? La domanda è "cosa sono". Mi chiamo Hope, come speranza anche se di speranze proprio non ne ho, ho diciassette anni, frequento il terzo anno del liceo e da sei anni non mi ritengo più una persona. Non mi sono mai ritenuta una ragazza normale, non lo sono mai stata. Non ho genitori, non ho fratelli, non ho amici, non ho una vita. All'età
di sette anni, durante un viaggio in macchina, io e i miei genitori
avemmo un incidente. Un incidente mortale, direi. Mortale per loro,
perchè io fui l'unica a sopravvivere. Loro morirono sul colpo,
io me la cavai con una profonda cicatrice sulla collo e una meno
marcata sulla fronte. Sopravvivere. Non me lo sono mai perdonata. Avrei
preferito morire io, almeno adesso non soffrirei così.
Non avendo né nonni né parenti stretti a cui essere
affidata, rimasi per quasi un anno nell'orfanotrofio di Wolverhampton
ad aspettare un'anima pia che si prendesse cura di me. Dopo qualche
mese si venne alla conoscenza di un mio zio, il fratellastro di mio
padre: Kendall. Quest'ultimo, quando venne a sapere del tragico incidente del
fratello e della cognata, tornò nella mia città natale
per prendersi cura di me. Fin dal primo momento mi ha trattata come una
figlia, viziandomi come poteva e dimostrandomi tutto il suo affetto.
Ricordo Natali fantastici e compleanni memorabili, ma solo fino
all'età di unidici anni. Poi tutto si fece buio. Lui
cambiò, non in bene. Iniziava ad arrabbiarsi facilmente, spesso
e volentieri se la prendeva con me e lì volavano schiaffi, poi
spinte, poi pugni, poi oggetti scagliati contro il mio corpo, contro il
mio viso. Iniziò tutto con dei semplici lividi, poi ferite
sempre più marcate, sempre più sanguinanti e cicatrici,
quelle erano tante. Era la mia unica ancora di salvezza, ora era il mio peggior incubo.
Sei anni di sottomissioni, sei anni
di botte, sei anni di terrore. Adesso era dalla mia mancata scappatoia che non mi alzava più le mani. Forse sta guarendo dalla sua malattia,
se può essere definita tale. Forse non mi toccherà più. Non ne ho mai parlato con nessuno
di queste violenze - se lo sono - e nemmeno lui. Mi ricordo, poco tempo
fa, dopo avermi schiaffeggiato insistentemente scoppiò in
lacrime, chiedendomi scusa e che voleva "guarire". Io ci credevo in
quelle parole, poco
ma ci credevo. Poi invece smentiva tutto, ricominciando a massacrare il
mio corpo. Adesso sembrava esserci una piccola tregua tra noi - non pace,
perchè so che non uscirò mai da questo inferno -,
ultimamente scambiamo qualche parola a pranzo e a cena. Ammetto che
continuavo ad essere terrorizzata vederlo passarmi accanto.
Avevo molta paura, troppa.
Ma basta, in quel momento non volevo più pensarci. In quel momento lui dormiva,
russava forte, potevo controllarlo. Se non lo sentivo allora
devevo preoccuparmi. Era tardi, chiusi gli occhi. Sentii le viscere del mio
stomaco contorcersi, mi rannicchiai su me stessa e provai a dormire.
Domani è un altro giorno.
Angolo autrice
Salve
mie cari lettrici:) eccomi di nuovo qui a torturarvi con un'altra
storia. Allora, questa è completamente diversa dal genere che
scrivo di solito, è più forte e più diretta. So
che come prologo non dice molto, ma mi piacerebbe piacere cosa ne
pensate..
Aspetto con ansia i vostri pareri:)
Con affetto, la vostra Giulia
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