Prologo
PROLOGO
Sentiva la pioggia scivolarle addosso, e
ogni goccia di pioggia sembrava qualcosa che le si spezzasse dal cuore e che fuggisse
via. Per quanto ancora avrebbe dovuto sentirlo battere quel cuore? Non ne aveva abbastanza? Il suo cuore non ne
voleva sapere di morire davvero, e sentire dentro di sé l’amore e il dolore era
la cosa più orribile. Perché se avesse potuto vivere duemila anni ancora, senza
il cuore, oh sì, l’avrebbe fatto. Ma allora da cosa stava scappando? Non
l’aveva sempre desiderata?
La vera morte…
Correva talmente veloce da non sentire il
terreno sotto i propri piedi, sorpassava alberi, fiumi, case isolate e andava
avanti. Non sarebbero mai riusciti a raggiungerla.
Non voleva dare loro quella soddisfazione,
far pensare loro che avessero vinto. Non voleva lasciare il mondo in mano al
caos più marcio, ma era quello che stava facendo. Stava fuggendo, e stava
lasciando il baratro dietro di sé. Stava fuggendo da lui? La vergogna, era sempre stata un’irresponsabile e lei,
nonostante fosse vecchia di quasi duemila anni, ancora non la conosceva la
saggezza.
Il suo sogno era quello di essere
accettata, un giorno, ma come era possibile essere accettata dopo tutto quello
che aveva fatto?
Il corpo di colui che avrebbero chiamato eroe era caduto a terra, sul caldo
cemento di sangue. E lei era di nuovo la cattiva.
Non era sempre stata lei l’oppressore?
Tutte le cose che aveva fatto… Aveva fatto
anche cose buone, sì, glielo dicevano in continuazione. Ma ora come ora
ricordava solo quelle brutte, quelle malvagie, quelle che la divoravano.
Uccidere
non è abbastanza, Jacque, non è abbastanza per definire quello che ho fatto.
Anche se erano talmente lontane da sembrare
le terribili cose di qualcun altro, era stata proprio lei a compierle.
Si fermò, stanca. Avrebbe dovuto nutrirsi,
altrimenti avrebbe rallentato e la distanza tra lei e loro sarebbe diminuita.
Si buttò per terra, sulle ginocchia.
Lei odiava mangiare.
La pioggia cadeva feroce sulla sua testa e
le impediva di pensare. Era terribile, sembrava che la sua testa potesse
scoppiare da un momento all’altro, come se fosse soprassatura, come se non ci
fosse più spazio per niente. Era tutto occupato, tutto colmo di amore, odio,
ricordi avvelenati che le squarciavano il cuore che si ricomponeva, un pezzo
alla volta, ogni volta, mentre le lacrime, quelle non sarebbero mai più venute
fuori e standosene all’interno di quell’inferno la consumavano, lentamente la
uccidevano.
Si portò una mano al petto mentre un’idea
che aveva sempre avuto ma che la spaventava troppo tornò a galla nel mare
tempestoso della sua mente. Sarebbe rimasta lì, sdraiata tra l’erba e il fango,
sotto la pioggia, che l’avrebbe rasserenata e fatta sentire parte della natura.
Si sarebbe ricordata le cose belle della vita, avrebbe pensato all’unico uomo
che aveva davvero amato e l’avrebbe stretto a sé e l’avrebbe scaldato nel gelo
dei suoi ricordi. Finché non fosse venuta l’alba.
E
lasci tutto così com’è…
Allora avrebbe guardato il sole come se lo
vedesse per la prima volta, avrebbe sentito il suo calore accarezzarle la
pelle, come il calore dell’amore che non voleva dimenticare.
E poi sarebbe bruciata, all’inferno.
Prologo
molto breve, lo so. Non mi aspetto particolari pareri ma spero di aver
dato un piccolo assaggio di quello che questa storia sarà, per
chi vuole proseguire nella lettura il primo capitolo arriverà a
breve :)
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