Beatrice.

di Learning
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Prologo


Beatrice si guardò alle spalle: nessuno, ancora nessuno. Aveva paura della sua ombra come fosse stata un’assassina, aveva paura di ogni singolo rumore perché era notte fonda, ma, soprattutto, aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere. Voleva assolutamente addormentarsi, ma non ce la faceva proprio; quella stanza che la divideva dal mondo, quelle quattro barriere che la proteggevano ossessionate da lei. Perché a lei? Perché? Cosa aveva fatto di male, cosa volevano quelle figure scure che la sorvegliavano, addormentate nel buio? Perché proprio a lei?
Nulla. Nessuna risposta. La ragazza continuava a chiedere, a farsi domande, a cercare soluzioni, ma nessuno mai le rispondeva. Nella sua mente c’era solo il rimbombo dei suoi singhiozzi che si stavano lentamente consumando perché procedevano di gran lena da ben due ore. Due interminabili ore. Due instancabili ore. Due secoli.
Ripercorse la sua giornata stando lì, seduta sulla seggiola scricchiolante: era andata a scuola, aveva anche preso 5, poi era tornata a casa a piedi con Martina, la sua migliore amica; aveva mangiato da sua nonna, che per tutta risposta le aveva stampato un bacio ricco di saliva sulla guancia. Era uscita con gli amici, aveva trascorso un normalissimo banalissimo pomeriggio al bar; stava tornando a casa a piedi quando due braccia forti e scure l’avevano trascinata via di peso, senza ascoltarla. L’avevano portata lì, in quella vecchia cantina ornata solo di calcinacci sporchi; lì, in quella lugubre tana che chissà quale mostro abitava da tempo. Lì, punto. Gli occhi parlavano per lei. Erano tutti rossi e gonfi, la matita nera era dolcemente colata dalle palpebre e il mascara si riversava a cumuli sulle ciglia.
Era tutto così complicato adesso. Doveva avvisare tutta la sua famiglia, avvisarli e dire loro che stava bene, anche se, di fatto non era vero. Non era affatto vero.






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