La Classe

di Sweetheart
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Chiudi la porta, non fai rumore,
non vuoi svegliare qualcuno per te,
che ti vesti veloce e scivoli via,
nell’alba che ancora ha da venire.
Tre o quattro libri, stretti a una cinghia,
la borsa di cuoio costa di più,
ben che rimanga nel suo negozio
finché non sarai insegnante di ruolo.

Vai dal fornaio e compri un croissant,
unico lusso della giornata,
vai alla fermata e prendi il tram,
otto B per via Lamascese.
Chissà cosa pensano loro di te,
i tuoi alunni poco più giovani,
chissà se ridono del tuo accento strano,
chissà se capiscono mentre spieghi:
“Carmina non dant panem, nec munera”
Chissà se sanno che a studiar così tanto
Si finisce a dormire in un convitto di suore,
seicento chilometri lontano da casa,
lontano dal cuore che chiami famiglia.

Marco, se mi telefoni, di giorno,
sorrido, e dico che sto bene
e lo credo;
Di notte, l’assenza di voi
Bagna il cuscino di salata nostalgia,
che mi costringe a ricordarvi a memoria,
Amori miei.

Simone, fa’ il bravo con papà,
che mamma torna presto
e ti porta un bel regalo




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