Tordesillas,
1553
Un giorno,
ne sono certa, compiere atti che possono sembrare folli, per l'Amore,
sarà considerato un vanto. Ma in un'epoca in cui il Potere
vince su ogni ideale, l'amore non è altro che merce di
scambio. Qui non v'è spazio per i sentimenti, quelle
sciocche emozioni che rendono l'uomo schiavo di se stesso. L'unico vero
Dio è il Denaro, e tutto è lecito pur di
accaparrarsi il dominio assoluto. Ben ne sono conscia, vittima in un
mondo di Uomini. Ma mai perderò la speranza che –
un giorno – tutto questo possa cambiare. Il mio nome
è Giovanna, e questa è la mia storia.
Terza
discendente della corona d'Aragogna, la mia vita era un susseguirsi
d'edichetta e preghiera. Ma un giorno, tutto cambiò.
Quand'avevo diciassette anni, la Famiglia trovò la maniera
più comoda per sbarazzarsi di una figlia che le provocava
imbarazzo di fronte alla corte eccessivamente Cattolica. Correva
l'agosto del 1496, quando fui adornata come un pacco Natalizio e
imbarcata per le Fiandre. Lì, mi avrebbe atteso il mio
Futuro. Il suo nome era Filippo, arciduca d'Asburgo. Era l'uomo
più bello ch'avessi mai visto, me ne innamorai all'istante.
Ci sposammo in un ricevimento sfarzoso, a Lier e tutto in quel momento
sembrava perfetto. Passarono i primi anni, in cui mi sentivo
protagonista di quelle fiabe che nè mia madre nè
le sue servitrici avevano mai trovato il tempo di leggermi. Al fianco
di Filippo, tutto sembrava rosa. Eravamo giovani, eravamo innamorati.
Poi, la perfezione finì. Presto diedi alla luce una
splendida bambina che chiamammo Eleonora. Quella bambina era la luce
dei miei occhi, ma era nata femmina. "Non v'è problema", mi
ripetevo. "Il nostro amore è forte, nascerà anche
un maschio". E così fu, due anni dopo nacque Carlo. Un
figlio che non mi avrebbe mai conosciuto come madre. Il mio,
però, giudizio era stato colto in fallo. Il nostro amore, di
Filippo e mio, non era poi così forte come credevo. Un
giorno, nelle mie stanze, filavamo di fronte al camino, assieme alle
mie dame e servitrici. Quel giorno, il mio mondo crollò. Era
da molto tempo, oramai, che mi sentivo protagonista di beffe. E i miei
sospetti trovarono riscontro in una serva dai capelli rossi. Ricordo
ch'ella si vantava delle capacità amatoriali e romantiche
del mio Filippo. Alle mie spalle, raccontava di come mio marito
apprezzasse i suoi capelli, dei mille complimenti che le porgeva. A
lei, che non era altro che una subdola serva che per ottenere favori
s'infilava senza pudore nel letto di un uomo che mi apparteneva. Quel
giorno eravamo sedute attorno al camino. Filavamo e ogni tanto si
parlava. Ma non riuscivo a concentrarmi. Vedevo lei che continuava a
giocare con quei suoi capelli rossi e la mia mente era tormentata da
fantasie disdicevoli. Lei e Filippo. Filippo le accarezzava quegli
orribili capelli rossi. Il respiro era divenuto affannoso, tremavo. Non
riuscivo più a soffrirla. Con la grazia d'una principessa,
mi alzai e poggiai il filato sulla sedia. Mi avvicinai a lei.
Sollevò lo sguardo e mi fissò con la beffa negli
occhi. Non riuscivo più a controllare la mia mano, quando la
schiaffeggiai. La ragazza volò a terra, in una nuvola rossa.
Quei capelli. Quei capelli che il mio Filippo tanto amava...
Gliel'avrei strappati tutti. Glieli afferrai, tirando con rabbia.
«Sgualdrina!» Riuscivo solo ad urlare. Non rammento
più cosa accadde poi. Cosa ci separò, se riuscii
infine a renderla calva come tanto desideravo. Ma quell'istante di
cieca gelosia, mi costò caro. Non era certo un comportamento
consono da tenere per una nobile del mio rango. Fui dichiarata incapace
di educare a dovere i miei figli. Me li strapparono via. Li portarono
da mia madre, in Spagna, dove crebbero ricordandosi a malapena di me.
Quello fu solo il prologo della mia disgrazia.
Il trono,
per me, sembrava essere quanto di più lontano al mondo.
Avevo altri due fratelli maggiori, che mi avrebbero anteceduto. In un
certo senso, ne ero sollevata. Avevo già i miei guai a
tenere a bada un marito troppo libertino, figurarsi addirittura un
intero regno! Ma il Fato spesso agisce alle nostre spalle, incurante
dei nostri desideri. Per una sfortunata serie di eventi, in breve tempo
perirono in molti: mia madre, mio fratello, mia sorella. Nel 1504,
divenni Regina reggente di Castiglia. Mio padre, usurpato da un trono
che gli apparteneva solo per diritto di matrimonio, si sentì
tradito e provò con ogni mezzo a mantenere il suo titolo.
Lui e Filippo si scontrarono ed io fui dichiarata prima folle, poi
nuovamente in grado di regnare. Le controversie e gli intrighi per il
potere, sembravano cessati per un breve tempo. Tempo che ebbe termine
con la morte del mio adorato Filippo. Voci a corte accusavano mio padre
di aver avvelenato il mio consorte. "Non è possibile",
continuavo a ripetermi. E intanto, ogni notte mi sedevo di fianco la
tomba del mio amato. Gli raccontavo come m'era andata la giornata. Il
calore del suo corpo sul mio, il suo abbraccio, il suo sorriso che
ormai non potevo più scorgere erano causa di un tormento e
di un vuoto nell'anima che non riuscivo a sanare. Filippo, il mio
amatissimo Filippo, non mi avrebbe più stretta a
sè. Come potevo vivere con un simile peso sul cuore? Ma il
potere non ha rispetto per una vedova, nè per la morte. Gli
intrighi a corte ripresero e ripresero anche le lotte per il trono. Da
mio padre, fui accusata di necrofilia e marchiata a vita come "Pazza".
Fui rinchiusa nella torre del Castello di Tordesillas, giudicata
incapace di regnare e di vivere. I soli con cui potevo avere contatto
erano al soldo di mio padre, uomini senz'anima che fingevano di non
vedere il mio dolore. Avevo ormai perso la cognizione del tempo, quando
fui informata della morte di mio padre e dell'inaspettata visita di mio
figlio. Già avevo veduto uno spiraglio di luce, in
quell'oblio di dolore e solitudine in cui ero stata relegata. Ma nulla
andò come speravo. Questa volta, un altro uomo della mia
vita era pronto a tradirmi: il mio secondogenito, Carlo. Era venuto a
trovarmi esclusivamente per ottenere da me il permesso di regnare. Mi
vendette per una firma, lasciandomi ancora una volta reclusa dal resto
del mondo. Egli mi sacrificò risolutamente lla sua missione,
come Filippo mi aveva sacrificato alla sua avarizia, come mio padre mi
aveva immolato ai suoi piani politici*. Tradita da tutti gli uomini
della mia vita, rimasi rinchiusa in quella torre fino alla fine dei
miei giorni.
E adesso
che la Fine oramai si avvicina, sono consapevole che non provo alcun
rancore. Sono stata vittima di un'Era troppo bigotta per accettarmi.
Ero troppo moderna per un mondo ancorato ad ideali antichi, dove la
Donna deve subire e tacere. Dove gli Uomini detengono il potere,
riparandosi dietro gli insegnamenti di un Dio che non sono pronti a
seguire. Non ho rimpianti per la mia vita, nè per il regno
che non ho mai avuto l'occasione di governare. L'Europa non
è ancora pronta a un mondo in cui non vi sono più
tradimenti nè intrighi. Ma guardo al futuro con fiducia,
nella speranza che un giorno una donna come me possa vivere serena, di
fianco all'uomo che ama, circondata dalla famiglia e dal calore di un
focolare, senza più temere il Potere. Il mio nome
è Giovanna, passerò ai posteri etichettata come
Pazza, e questa è la mia storia.
*Citazione
da Hillebrand.
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