Take my heart. Take my soul. Take everything I am.

di Nenelafolle
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Artigiano era una parola pesante. Se le parole si potessero pesare, “Artigiano” sarebbe stata capace di rompere il bilancino. “Meister” quale sinonimo, lo era altrettanto.
La prima cosa di cui si era accorta Maka quando era diventata Meister era appunto quella: la pesantezza. Non tanto dell’onore, né della responsabilità –o almeno, anche di quelli-, ma soprattutto del peso della buki. Un’arma era qualcosa in grado di fare male, in grado di uccidere, e Maka ne sentiva la consapevolezza fin nelle ossa.
La sua anima, per resistere, aveva bisogno di un’arma compatibile. Fu per le sue parole, la prima sera di convivenza, che capì che era perfetto. Egli disse: « Sono qui come arma per condividere il sangue di cui ci sporcheremo. Ti toccherà fidarti di me, Maka Albarn, perché sarò l’unica persona su cui potrai contare nei momenti difficili. E le anime che mangeremo, sarò io solo a caricarmene il peso, te lo prometto. Artigiano, ti sto dicendo che darò la mia vita per difenderti. Che darò la mia anima. »
E Maka ne restò terribilmente affascinata. Non le parole, né le motivazioni, né le promesse. Era il suo sguardo che l’aveva trafitta.
« Soul Eater.. » sussurrò quella notte sottovoce.
Soul e Maka, Maka e Soul, Artigiano e Arma.
Era da qui nomi, da quegli appellativi, che la loro storia aveva inizio.




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