Tutti i
diritti riguardanti il telefilm Dawson's Creek sono di Kevin Williamson,
della WB e del produttore Paul Stupin
Per te
by elis
Sembra quasi ridicolo quello che
sto facendo. Sono seduto davanti al mio computer e sto tentando di raccontare
una storia. Non una qualunque, ma la mia storia.
Sarai a conoscenza della mia
infanzia, della mia intera vita, ma non sai tutto. Non sai cosa è successo dopo
il college, dopo che la mia carissima Jen è morta, dopo che io ho incontrato
Spielberg. E sinceramente non vorrei nemmeno che tu lo sapessi, ma questo
resterà un segreto, tra me e te.
Una volta che avrò scritto la
mia storia la metterò insieme a quella scatola, vicino al fortino, sperando che
ci sia ancora, con il primo biglietto per vedere Jurassik Park e il secondo, il
terzo...insieme al coltellino dell'agente Doug, alla foto mia e di Joey da
piccoli e al codice, fatto da me e Pacey quando siamo diventati fratelli di
sangue.
Già, Pacey. Il mio migliore
amico. Anche dopo tutto quello che è successo, lo è ancora, inutile negarlo.
Mi ricordo ancora quel giorno.
Erano passati tre anni da quando Jen era morta, da quando Joey aveva fatto la
sua scelta, e questa volta definitiva. Lo ricordo come se fosse ieri, anche se
ormai sono passati veramente tanti anni. Mi trovavo come sempre nella mia
camera, seduto nella stessa scrivania, davanti a questo stesso computer,
tentando inutilmente di scrivere una sceneggiatura. Sento qualcuno che apre
violentemente la porta di casa mia, dire un veloce e affannoso "ciao" e salire
di corsa le scale che portavano alla mia camera. Mi giro, e vedo sulla porta
Pacey. Aveva le mani appoggiate sulle ginocchia, intento a riprendere fiato.
L'ho guardato incuriosito. Lui alza la testa, mi guarda e sfodera uno dei suoi
sorrisi...ma questa volta era diverso...questa volta sembrava euforico. Non
riusciva a contenere la sua gioia. Avevo visto anche qualche lacrima nei suoi
occhi. Doveva aver pianto.
Si avvicina verso di me dicendo
"Non ci crederai". Incuriosito gli chiedo spiegazioni e lui, seduto sul mio
letto, luogo di mille nostri discorsi, dice "Gliel'ho chiesto". Sussulto un
attimo sulla mia sieda. Passo la mano tra i capelli e accenno un sorriso misto
tra incredulo, felice e triste. Non pensavo che glielo avrebbe chiesto e tanto
meno non avrei immaginato che quella proposta fosse stata fatta proprio a
Capeside. Non pronuncio parola, ma Pacey è troppo felice da poter aspettare un
mio commento, così risponde alle domande che avevo formulato nella mia mente, ma
che non avevano trovato voce "Sai, non so come sia successo..." ride "...non è
vero, ci avevo pensato da mesi, ogni singola parola, ogni singolo gesto e ogni
singolo sguardo...ma poi..." stava gesticolando freneticamente "...ma poi,
quando è arrivato il momento non ho detto niente di quello che avevo preparato,
non ho fatto quello che avevo programmato e non ho nemmeno aspettato il momento
che avevo deciso. Ero lì, sai, quella casa vicino al fiume?" annuisco "E'
abbandonata, cioè, ora è abbandonata, e sono apparsi tanti ricordi, tante
emozioni ed è come se proprio lì, in quel momento fosse perfetto" annuisco
nuovamente "...non un ristorante francese con vista sul mare...no, troppo
raffinato" ride di nuovo "...così mi siedo, faccio un respiro profondo e la
guardo negli occhi..." si ferma per un attimo, forse stava riguardando nel suo
cuore i suoi occhi "...e sai benissimo che effetto può fare il suo sguardo. Le
prendo la mano. Stavo tremando e lei doveva essersene accorta, perchè mi ha
accarezzato la mano e mi ha sorriso" non riusciva a smettere di parlare "così,
mi sono inginocchiato davanti a lei e ha sgranato gli occhi" sorride "mi sentivo
così ridicolo! Prendo dalla tasca dei jeans il cofanetto e glielo porgo...lo
apro...e glielo chiedo" una lacrima era comparsa nei suoi occhi, ma solo per un
attimo "...vuoi sposarmi?". A questo punto non riesco più a trattenere la mia
curiosità, così gli chiedo "E lei?" Sorride di nuovo...è un buon segno. Si
gratta velocemente la guancia e si fa un attimo serio "Bhè, lei..." tentenna ha
rispondere e questo mi fa incuriosire ancora di più "...lei mi guarda. Non
capisco se era sorpresa o incredula o felice...non l'ho capito. Si alza e si
inginocchia davanti a me, mi prende la mano" si sfiora la mano "e abbassa lo
sguardo, quando lo rialza stava piangendo, così ho capito che avevo fatto male
ha fare quella domanda. Mi sono sentito male. Pensavo che avessi commesso
qualcosa di irrimediabile. Avessi rotto un bene fragile. Così mi scuso. Le
parole non mi sembravano sufficienti, allora faccio cadere il cofanetto e
l'abbraccio" si ferma un altro attimo. Incurva la schiena e appoggia i gomiti
sulle ginocchia "Io l'abbracciavo e la sentivo tremare dalle lacrime...e siamo
rimasti così fino a quando non mi ha risposto" un sorriso gli compare sul volto
"si è scostata da me, si è asciugata le lacrime e ha detto..." altre lacrime
stavano comparendo nei suoi occhi "...si"
Ripeto anche io la risposta di
Joey "si". Pacey annuisce. "Si"
Ebbene si. Il mio migliore
amico, aveva chiesto alla mia anima gemella di sposarlo, e lei aveva accettato.
Ma questo non importava, ero felice lo stesso...in quel momento. Apparirò
egoista, ma quando Pacey se n'era andato dalla mia camera e mi aveva chiesto di
fargli da testimone, io mi sono sdraiato sul letto e fissando il soffitto il
sentimento che provavo da diciassettenne è riapparso. Ero triste, perché ormai
era un segno evidente...loro si amavano. Mi sono girato da un lato verso il
comodino in cui tenevo la foto di Joey. L'ho guardata, dicendo "E' questa la tua
scelta?", ho chiuso gli occhi e ho messo la foto dentro un cassetto.
Penserai che sono egoista vero?
Ma prova ad immaginare...ho passato la mia intera vita con lei, all'inizio
inconsapevole di amarla e dopo amandola. Ho passato la mia intera vita a fidarmi
del mio migliore amico. Prima ciecamente, poi inconsapevolmente. Le persone più
importanti della mia vita mi aveva portato via qualcosa. Pacey mi aveva portato
via la mia unica anima gemella e Joey mi aveva portato via il mio migliore
amico. Come ti sentiresti?
La mia reazione è stata ben
diversa, non ho fatto sceneggiate, non ho gridato, non sono nemmeno fuggito, ma
ho sorriso, mi sono congratulato e ho partecipato al loro matrimonio. Il tempo è
saggio.
Quel giorno era limpido. Il sole
vegliava sul paesaggio e il fiume era diventato incredibilmente cristallino. Una
giornata perfetta. Accanto all'altare, Pacey. Schiena diritta, con il suo
smoking e una faccia decisamente tesa. Accanto a lui c’era suo padre.
Orgoglioso. Non avevo mai visto il signor Witter con quello sguardo. Guardava
suo figlio con occhi fieri. Qualche minuto prima l’avevo visto che lo stava
abbracciando, dicendogli qualcosa, dandogli una pacca sulle spalle e passarsi le
dita sugli occhi. Questo era proprio un gran giorno. La chiesa piena di fiori.
Se chiudevi gli occhi e respiravi profondamente, sembrava di essere in un
giardino. I vetri della chiesa faceva passare raggi di sole che creavano una
scena quasi magica. Mancava una persona per far rendere tutto quanto magico. Mi
avvicino a lui, per dirgli due parole di conforto. Sarebbe andata tutto bene. Ne
ero certo. Non so nemmeno io come sono riuscito a strappargli un sorriso. Forse
erano state le mie parole o forse perché lei era comparsa. La musica cominciò ad
accompagnarla. Attraversò la navata, con accanto suo padre. Era bellissima. Un
finissimo vestito bianco le scivolava come neve sulla sua pelle. I capelli
raccolti in una coroncina e un velo che sfiorava il pavimento al suo passaggio.
Sorrideva. Mentre la musica suonava all’interno di quel luogo che per un momento
aveva abbandonato la terra per rifugiarsi nel paradiso, lei cominciò ad
attraversare la chiesa. Mi voltai verso di Pacey e lo vedi immobile. Le mani che
gli tremano, le gambe rigide, il volto estasiato da quella magnifica visione. E
vedi lei. Il suo sguardo rivolto verso il suo unico punto. Ad ogni passo
diventava sempre più sicura. Guardò suo padre, gli diede una bacio sulla
guancia. Fece un passo, distese il braccio, chiedendo a Pacey di prenderle la
mano. Lui pronunciò qualcosa con le labbra, senza che nessuno lo sentisse, ma in
modo che solo lei potesse ascoltare “Ti amo”.
Davanti a quell’altare, le
persone più care della mia vita sono diventate un’unica cosa. Era come se stessi
sognando. Fui svegliato al suono di alcune parole. Ora Pacey e Joey si trovavano
uno di fronte all’altra. Lui le prese le mani tra le sue, e cominciò a far
prendere forma la promessa che li avrebbe legati per tutta la vita. “Io, Pacey
Witter…” prese l’anello “…prendo te come mia legittima sposa…” la guardò negli
occhi “…e prometto davanti a Dio e a questi testimoni di amarti…” le prende la
mano tra le sua “..onorarti, proteggerti, curarti…” una lacrima scivola sulla
guancia di Joey “…nella malattia o nella salute, nella buona o nella cattiva
sorte…” sorride, abbassa lo sguardo e fa passare lentamente l’anello nel dito
sottile di Joey “…di esserti fedele finché morte non ci separi” Pacey le guarda
la mano, con al dito quell’anello e poi guarda lei. Joey pronuncia le stesse
identiche parole, ma con emozioni diverse “Io…” alza lo sguardo verso di lui
“…Josephine Potter…” sorride forse ripensando a quante volte Pacey l’aveva
chiamata in quel modo, anche lui sorride “…prendo te come mio legittimo sposo…”
la sua sottile mano sfiora la sua “…e prometto davanti a Dio e a questi
testimoni di amarti…” alza la sua mano e sfiora con le sue dita il palmo di lui
“…onorarti, proteggerti, curarti nella malattia o nella salute…” prende l’anello
“…nella buona o nella cattiva sorte di esserti fedele…” fa passare l’anello nel
suo dito “…finché morte non ci separi” lo guarda.
Mancava l’ultima cosa, la più
importante, quello che avrebbe suggellato la loro eterna promessa. Il prete li
guardò, sorrise, prese il respiro e spostando il suo sguardo da Pacey a Joey
disse “Ora può baciare la sposa”
La chiesa era avvolta dal
silenzio. Quasi non si sentivano i respiri. Bessie stava piangendo, come del
resto anche la madre di Pacey. Jack teneva per la mano la piccola Emy e Andie
tratteneva a stento le lacrime.
Come nei più bei film, le figure
che si trovavano davanti all’altare si avvicinavano sempre di più. Pacey prese
il volto di lei tra le mani. Si baciarono. Se in quel momento qualcuno fosse
entrato lì dentro si sarebbe trovato davanti a lui un uomo e una donna, davanti
ad un altare che si scambiavano amore eterno, come in un quadro.
La cerimonia finì, gli sposi
vennero sommersi da una montagna di riso, molto del quale era stato buttato da
Doug. Si tenne un piccolo rinfresco, per pochi intimi.
Magari ti starai chiedendo se
sono riuscito a ballare con lei. Sì. E’ tradizione che il testimone dello sposo
balli con la sposa…ma anche se non fosse stato così, sarebbe successo lo stesso.
All’inizio non siamo riusciti a
parlare. Io ero letteralmente agitato. Stringere tra le mie braccia la donna
della mia vita vestita in abito bianco. Non sono riuscito a fare a meno di dire
le solite frasi di routine, come “Congratulazioni”, “Sei bellissima”, “Sono
felice per voi”. Mentre stavo ballando con lei vidi Pacey e Andie abbracciati
che facevano la stessa cosa. Ma per loro era diverso. Si leggeva nei loro
sguardi felicità per entrambi, senza la malinconia di cose non dette o non
fatte. Non so nemmeno io come spiegare quello che è successo durante il loro
ballo. Io le parlavo, la guardavo negli occhi ed è come se leggessi nel suo
sguardo la più completa felicità. Non riuscivo più ad intravedere il suo sguardo
cupo, di quando era quindicenne. Ad essere sinceri, quello sguardo era scomparso
quando lei si era innamorata di Pacey. Non mi sentivo estraneo a lei, ma
semplicemente non mi sentivo più l’unica persona che poteva renderla felice. Lei
aveva raggiunto la sua isola.
Quando la canzone finì, Pacey mi
picchiò sulla spalla e mi disse “Posso rubarle la damigella?” Io sorrisi e gli
porsi la mano di Joey “Mi permette questo ballo, signorina Potter?” Joey tirò un
attimo su la gonna del vestito, in modo da poter camminare meglio e disse, con
un suo sorriso sbarazzino “Signore ha sbagliato persona…io sono la signora
Witter” Si sorrisero a vicenda e cominciarono a ballare. I miei migliori amici,
anche se erano passati molti anni, non erano cambiati.
Quando Pacey e Joey avevano
salutato gli ultimi invitati andarono in mezzo alla pista da ballo ormai
sommersa da striscioni, tovaglioli e pezzi di carta. Io, Jack e Andie li abbiamo
raggiunti. Per un attimo era come se il tempo non fosse passato. Mi trovavo
accanto ai miei migliori amici e mi trovavo a Capeside, la nostra città. In una
situazione come questa non potevo certo starmene in silenzio, così “E’ una cosa
veramente strana trovarci ancora qui dopo tanto tempo…se ripensate alla prima
volta che ci siamo visti, le cose erano ben diverse. Tu Andie, cercavi
disperatamente di mettere la testa sulle spalle a quest’uomo” dissi indicando
Pacey e provocando una piccola risata “Tu Jack, mi avevi portato via Joey…ma
questo te lo posso perdonare” Jack sorrise “e voi due…” mi rivolsi ai due sposi
“…voi due mi avete dato il mio più grosso dolore…ma oggi avete rimediato…oggi mi
avete dato la mia più grossa felicità…” alzai il bicchiere “…vi voglio bene”.
Eccoci lì, cinque amici che brindano accompagnati dai magici tramonti della
nostra magica Capeside.
I contatti non vennero persi.
Pacey e Joey si erano trasferiti in una casa vicino a New York. Alcuni pomeriggi
li passavamo insieme a parlare, ricordare i nostri momenti più belli e a fare
progetti per l’estate. Tutte le volte che li vedevo, era come rivivere la stessa
scena. Io seduto sui gradini della mia casa e loro, che si avvicinavano verso di
me, mano nella mano, sorridendomi.
Un pomeriggio io mi trovavo
seduto in giardino e sento una macchina che si avvicina a casa mia. Distolgo un
attimo lo sguardo dal mio giornale e vedo la macchina di Pacey. Scende e mi
saluta con la mano, poi chiude lo sportello e si dirige dalla parte opposta.
Apre lo sportello, porge la mano alla persona che si trovava dentro. Vedo
un’esile mano che si posa su quella di lui. Era Joey. Aveva un vestito rosa
pallido. Le fasciava il seno allargandosi sempre di più. Pacey l’aiutò a
rialzarsi. Chiuse la macchina e si avvicinarono a me che ero rimasti a
guardarli. Pacey intanto sbraitava il mio nome con un sorriso enorme sul volto.
Joey si mise un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Più si avvicinavano e più
vedevo che qualcosa era cambiato. Joey si portò una mano dietro la schiena e più
che si faceva distinta davanti ai miei occhi mi accorsi della novità. Era
incinta. Rimasi senza parole nel vederla. Pensavo di aver visto la sua splendida
bellezza nel giorno del suo matrimonio, ma ora era ancora più bella. Abbracciai
Pacey e guardai negli occhi lei. Aprii le braccia e non dissi niente. Lei mi
sorrise e mi abbracciò. “Come sempre Pacey ha fatto il danno” disse con quanta
più dolcezza avesse nella sua voce. Pacey rise “Credo che questo non lo
definirei proprio un danno!” Joey sorrise e disse a bassa voce “Decisamente no”
e lo guardò negli occhi.
Joey aspettava una bambina. Non
riuscivo a capacitarmene. Quella ragazza che saliva sulla mia scala ed entrava
dalla finestra in camera mia, stava per diventare madre. Quel ragazzo che
passava il suo tempo a combinare guai, stava per diventare padre. Era veramente
incredibile.
Veramente incredibile come le
cosa possano cambiare, e come due ragazzini che prima si odiavano ora possano
avere una figlia…una meravigliosa figlia.
Sai una cosa? Tu pensi di aver
visto tutto dalla vita, che qualsiasi emozione tu l’abbia provata, ma non è
così. All’improvviso il tuo migliore amico può regalarti una sensazione che non
avevi mai provato e che solo lui poteva darti.
Un pomeriggio, uno di quei
pomeriggi in cui Pacey e Joey mi venivano a fare visita, ho sentito Pacey
parlare a sua figlia. Si trovavano sulla riva del fiume, e io mi stavo
avvicinando a loro. Mi bloccai quando sentii parlare Pacey con sua figlia “Hai
visto quel signore che siamo venuti a trovare oggi? Devi sapere che lui è come
un fratello per me e che potrai sempre contare su di lui…è come se fosse il tuo
secondo padre…però il tuo papà preferito rimarrò io, vero?” lo disse mentre
rideva.
Incredibile come ti possa
stupire e come io abbia impiegato veramente tanti anni, anche dopo quell’episodio,
a capire che l’unica cosa che avrei dovuto fare è stata di accettare i
sentimenti di Pacey e Joey e che non avrei dovuto provare del risentimento verso
loro.
Ma ce ne possiamo accorgere
quando veramente diventa troppo tardi, quando trovi le parole, quando tutto
quanto si fa più chiaro, quando finalmente puoi dire che sei cresciuto e che
puoi guardare negli occhi il tuo migliore amico e dirgli quanto tu sia fiero di
aver solo potuto trascorrere un singolo giorno come suo amico.
Ma come sappiamo, questo non
accade, quando finalmente troviamo le risposte alle domande che ci siamo posti
da adolescenti, succede qualcosa che ti impedisce di chiarire e di poter vedere
oltre ai sentimenti di rancore che si erano creati.
Ma questa volta trovo che sia
veramente ingiusto il modo in cui si sono evoluti i fatti, Lo trovo ingiusto e
alquanto crudele. Non doveva succedere, non doveva…solo questo.
Pioveva, realmente, non sto
enfatizzando la cosa, aggiungendoci degli effetti speciali. Era tutto il giorno
che stava piovendo a dirotto. Il cielo era grigio ed era uno di quei giorni in
cui il solo immaginare il sole non ti bastava.
Mi ricorderò sempre di quel
giorno, come mi ricorderò sempre di quella telefonata, tre squilli, qualche
secondo di silenzio, per poi sentire qualcuno che singhiozzava “Vieni…devi
venire all’ospedale” Una fitta al cuore. Una terribile fitta al cuore e
improvvisamente sentii freddo. Dei brividi gelidi mi facevano tremare.
Continuava a piovere. La pioggia si faceva sempre più insistente, ma certo non
fu quella che mi fermò. Non so nemmeno io quanto tempo ci misi ad arrivare
all’ospedale. Dieci, cinque, due minuti? Erano pur sempre troppi per me.
Entrai nel corridoio e vidi Joey
seduta su un divanetto della sala d’aspetto. Il suo sguardo era vuoto. Cosa
stava guardando?
Mi avvicinai a lei, impaurito di
sapere qualsiasi cosa. “Lui dov’è?” Eppure sono bravo con le parole, ma in quel
momento ero come bloccato, immobilizzato. “E’ dentro con i medici” Quanti anni
abbiamo passato insieme a parlare, quanti? Mi misi a sedere dalla parte opposta
a lei, non volevo che il mio dolore arrivasse a lei e non dissi parola. Le
confortanti parole che mi ero creato per circostanze tragiche le avevo perse,
dimenticate…erano così squallide.
La luce rossa che si trovava
sopra la sala operatoria si spense. E lo vidi. Disteso su quel letto, con gli
occhi chiusi. Quel ragazzo che lo vedevo arrivare tutte le mattine in bici si
trovava disteso lì, quel ragazzo che correva sempre per raggiungermi nei
corridoi della scuola, ora era immobile, quel ragazzo che con un solo sguardo mi
faceva sentire a casa, ora aveva gli occhi chiusi. Joey corse verso di lui,
ripetendo il suo nome e gli sfiorò la mano prima che i medici lo portassero via.
In mezzo al corridoi ormai
deserto sentii dei singhiozzi trattenuti, sempre più forti diventare un pianto.
La disperazione si faceva largo tra le lacrime, che erano troppo poche per poter
liberare tutto il dolore che Joey stava provando. E io ero incapace di fare
qualsiasi cosa. Lei era seduta a terra, con le mani che le coprivano il volto e
le lacrime che si facevano spazio tra le dita. Più ami una persona, più sei
completamente perso per lui, più sei incapace di respirare senza di lui e più il
dolore si fa più forte e impossibile da sopportare.
Entrai in quella stanza
illuminata solo da una fioca lampadina. Lui era disteso in quel letto, ma era
sveglio.
“Ehi” disse voltandosi verso di
me. Era pallido. “Ehi” cercai di dire senza fargli notare il mio dolore. “Sono
incorreggibile, combino sempre casini” ma come riusciva a scherzare in un
momento come questo? Mi misi a sedere sulla sedia che si trovava vicino al suo
letto. “Sai ho avuto modo di pensare in queste ore” Lui sorrise “Devo dedurre
che stai per dire qualcosa di estremamente profondo...allora aspetta che mi
metto comodo” Si sistemò, mentre io accennavo ad un sorriso “In tutti questi
anni non ho mai trovato l’occasione per dirti cosa penso veramente di te” mi
stavo per commuovere “cioè che sono un traditore?” lo disse mentre rideva “No,
mai…io non penserei mai questo di te…” Lui sorride “Nemmeno quando mi sono messo
con Joey?” Stava forse cercando di sviare l’argomento per non distruggere la
barriera che si era creato? “No, e nemmeno quando te la sei portata via per tre
mesi su una barca” Se era quello che voleva, allora…va bene, l’avrei
accontentato “Mi fa piacere” L’avrei accontentato, perché, lui aveva sempre
fatto così con me “Ora che ci penso nemmeno quando l’hai sposata” Ma quello che
dicevo era la pura verità “Lo so, quello è stato uno scacco matto” Entrambi ci
siamo messi a ridere, ma poi le risate si affievoliscono, fino a cessare e
quello che una persona voleva dire, ma cercava insistentemente di nasconderla,
ora trovava lo spazio per uscire “Pacey…” avevo catturato la sua attenzione “…ti
voglio bene” La sua barriera crollò, una lacrima scivolò sulla sua guancia
“Anche io, amico”.
Questo discorso lo dovevamo fare
molto tempo fa…ma come sempre l’orgoglio ce lo impedisce. Uscii, dopo averlo
abbracciato amichevolmente.
Dopo qualche minuto entrò Joey.
Io mi appoggiai vicino alla porta in modo che loro non mi potessero sentire e
seguii il loro addio.
“Ehi, ragazzina, cosa sono
quelle lacrime” disse scherzando Pacey. Lei sembrava quasi arrabbiata “Non fare
l’eroe”. Pacey la conosceva bene, sapeva che non lo era “Ma io non lo sto
facendo” Il suo volto era ben segnato dal doloro, ma in quel momento era come se
stesse vivendo un meraviglioso sogno “Io invece sto pensando proprio del
contrario…” alcune lacrime si fecero spazio, lei cercò di trattenerle, ma
inutilmente. Si mise a piangere. Quella sua maschera non poteva durare a lungo
di fronte a lui.
“Ehi…” si misi a sedere con la
schiena appoggiata ai cuscini ”No, non devi muoverti…” disse con parole
strozzate. “Ti prego…fammi fare l’eroe.” Disse con estrema dolcezza. Lei
sorrise. Si mise distesa accanto a lui, l’abbracciò e si accoccolò tra le sue
braccia. Era l’unico posto in cui lei voleva stare…tra le sue braccia…per tutta
la vita “Non te ne andare.” Lo disse con un solo filo di voce “Ma non voglio” la
strinse più forte, appoggiando la guancia sui suoi capelli “Allora perché lo
stai facendo” Lui sorrise “Ti rendi conto che stiamo litigando anche in una
situazione come questa?” Lei sorrise mentre continuava a piangere “Io non ho mai
realmente litigato con te…come avrei potuto” Come avrebbe potuto… “Voglio dirti
una cosa” Lei si asciugò le lacrime lo guardò negli occhi “Io non mi sono mai
pentito di aver trascorso ogni singolo attimo con te” Joey si rimise a piangere
e lo baciò. Con un sussurrò si dissero per l’ultima volta “Ti amo”. Si accoccolò
nuovamente tra le sue braccia. E come per magia le lancette del tempo tornarono
indietro. Loro all’altare che si scambiano amore eterno, loro che si
punzecchiano amichevolmente, loro che parlano del loro futuro, loro…su quel
molo, a recitare per il mio primo film. Sembra ieri. “L’hai rifatto, eh, mi hai
toccato il sedere” quella ragazzina che ancora era inconsapevole dell’amore che
avrebbe provato “Perché secondo te quello è un sedere” quel ragazzo che sarebbe
diventato forte, solo per lei…loro…i miei migliori amici.
E proprio come nei film la
musica si attenuò, fino a scomparire per poi farci sentire solo il silenzio…
Il vero amore…avrei riso se mi
avreste parlato del vero amore qualche anno fa, ma ora, dopo tutto quello che è
successo…io ci credo. Credo che esista qualcosa che superi qualsiasi cosa e che
permette di regalarti un piccolo pezzetto di paradiso…
E ora che mi sono svuotato, che
ti ho raccontato la mia storia, posso darti il mio consiglio, non essere
accecato dal rancore, non permettere che delle stupide paure ti fermino e ti
impediscano di perdonare, ma soprattutto, quando senti il cuore che ti batte
forte, le mani che ti tremano e la voce che ti viene a mancare non chiudere il
tuo cuore…perché quello è il vero amore.
La mia storia è finita, posso
aggiungere la parole fine, e come nei miei film, senti la musica che si sta
affievolendo…ed ecco, ora il silenzio.
Ti voglio bene, Pacey
Dawson |