In the meantime
Un'altra mattina. Nessun foglio si stacca dal calendario.
Seduto sul bordo del letto, guardi fuori. Nel rettangolo della tua
finestra c'è un lembo di cielo nuvoloso e la piccola torre
dell'orologio con le lancette ferme: il simbolo di una prigionia di cui
solo tu sei consapevole.
La cara Regina è stata brillante, devi ammetterlo. Il tempo
è davvero la peggiore delle prigioni; questa serie infinita
di
oggi
che non diventano mai
domani
farebbe impazzire chiunque, ma non te. Perché infondo sei
sempre stato un folle, e poi perché, a differenza di tutti
loro, per te non c'era scritto nessun lieto fine, nessuna pagina felice
da strappare, giusto?
Ti alzi piano, leggermente malfermo.
Nessun lieto fine...
La gamba guasta ti fa un po' male, colpa del tempo. Si sente il
borbottio di tuoni in lontananza, il vento che agita gli alberi e
spinge nell'aria l'odore della resina e dell'erba.
Allunghi la mano verso il bastone, sospiri, recuperi il tuo equilibrio
e la tua consueta espressione di pacato distacco. Dopotutto,
è solo un'altra mattina.
Nessuna pagina felice da
strappare...
«Nessuna
pagina felice da strappare» borbotti tra te e te, quasi senza
farci caso, mentre fai il nodo alla cravatta. Ti sei riabituato a
zoppicare, ti sei riabituato anche a guardarti allo specchio. Ma la tua
casa è ancora piena di cose che tutti gli altri vorrebbero.
Nella cassaforte la pila di contratti cresce giorno dopo giorno. Non
è cambiato poi molto; in qualsiasi mondo, in qualsiasi
tempo, c'è sempre bisogno di qualcuno come te.
«Nessuna pagina felice da strappare».
Abbottoni la giacca del completo grigio scuro.
Sei sempre stato un ottimo bugiardo... no! Bugiardo no, non ti piace
come definizione. Sai usare troppo bene le parole e le omissioni per
abbassarti a dire menzogne. Se si escludono quella che dici a te
stesso.
Le bugie che ti racconti sono tutte lì, messe ordinatamente
in fila su quella bella libreria di ciliegio.
Libri, tanti tanti libri. Di tutti i tipi. Rilegature di tela dai toni
smorti, copertine di cartone lucido e colorato, titoli, nomi di autori,
grossi tomi, paperback. Tutti impilati in ordine di altezza.
Ognuno di quei volumi è il ripetersi delle solite bugie, la
prova che non puoi scappare da te stesso, da quello che sei, da quello
che hai fatto. Da quello che hai perso.
In compenso, sai come passare il tempo. La lettura è pur sempre
una nobile occupazione – la tua unica occupazione
nobile,
evidentemente. E aiuta a smaltire la noia dell'attesa.
Perché in effetti il tuo tempo lì è
un'attesa che trascorre.
Ventotto anni, la speranza condensata in un nome che è
ancora senza un volto.
Emma.
Arriverà, lo sai, ne sei certo. E, da qualche parte, dentro
di sé, lo sa anche Regina.
Nessuno ha mai fatto caso allo sguardo lievemente apprensivo che il
sindaco lancia ogni mattina all'orologio, mentre va in ufficio. Le
lancette sono ferme, ma nemmeno il lieto fine di Sua Maestà
sarà
per
sempre. Il pensiero ti fa sogghignare, una risatina
malevola e acuta – che proprio non appartiene al compito
signor Gold – vibra infondo alla tua gola, le labbra
disegnano una crudele curva all'insù.
A dirla tutta, non è che ti importi poi più di
tanto. Certo, vorrai il tuo posto in prima fila per goderti lo
spettacolo quando Regina sarà sconfitta, ma sei abituato a
fare calcoli e, tirando le somme, sai bene che per te non cambierebbe
poi tanto.
Per quante bugie tu possa raccontarti, c'è una
verità che resta innegabile: l'amore è come una
fiamma delicata, e una volta spenta è spenta per sempre*.
A proposito, ci vorrebbero più romanzi d'amore su quella
libreria!
§
La pioggia spazza Main Street. Dall'interno del tuo negozio senti il
ticchettio ovattato e le leggere vibrazioni dei vetri che tremano per
il vento. Ombre indistinte passano veloci oltre la porta.
Il dolore alla gamba è un po' più forte, e oggi
è anche il giorno dei pagamenti.
In quel mondo strano, di solito i tuoi debitori sono puntuali. Che cosa
noiosa! In quella città ci sono almeno due o tre persone che
non aspetti altro ti diano una scusa per far loro del male.
Tu e la fortuna avete un rapporto un po' complicato, a ben pensarci...
Osservi con occhio attento la lampada di ottone che hai appena finito
di lucidare; ti piace tenere in buono stato la tua collezione. Posi
l'oggetto su una mensola e torni dietro al bancone, sistemandoti su uno
sgabello accanto al vecchio registratore di cassa.
Apri il libro che stai leggendo, nel punto in cui è infilato
il segnalibro di cartone.
Madame Bovary... altro che anime disperate, con lei ti saresti
divertito un mondo! Sorridi di nuovo a quel modo, con un'espressione
che di solito non compare sulla faccia del signor Gold.
Fai in tempo a finire il libro prima che sia ora di andare.
Il giorno dei pagamenti è il tuo momento preferito della
settimana. Se non fosse per tutta quella pioggia e per quella maledetta
gamba.
Storybrooke è un grumo di grigio, quello del cielo si somma
a quello dell'asfalto. Mentre apri l'ombrello ti senti molto in tinta
con il paesaggio.
Cammini cercando di evitare le pozzanghere. Biancan... la signorina
Blachard – santi numi! Proprio non riesci ad abituarti a
questi nomi e alla loro sciocca ironia – esce dall'emporio,
litigando con un sacchetto della spesa e con un ombrello pieghevole che
non vuole saperne di aprirsi. La senti sbuffare rassegnata, getta
l'ombrello nella borsa e comincia a correre, diretta verso la
caffetteria di Grammy.
La pietà non fa parte del tuo repertorio, ma dopotutto
quella ragazza ne ha passate abbastanza – anche se non se lo
ricorda – da non meritarsi pure una corsa sotto la pioggia,
senza ombrello e con un sacchetto della spesa che sta per cedere.
«Vuole un passaggio?» domandi, allungando il
braccio e riuscendo a ripararla sotto il tuo ombrello.
Lei alza il viso arrossato, una ciocca di capelli scuri le sta
attaccata alla fronte nivea.
La più bella del reame, già.
D'accordo, forse si merita quello che le è toccato. Se non
fosse stato per lei, per il suo cuore troppo buono e la sua bocca
troppo larga, e la sua testa troppo vuota... a quest'ora voi tutti non
sareste lì! Ma ormai il tuo slancio di generosità
stagionale lo hai avuto. E lei ti sta sorridendo, impacciata e un po'
sorpresa.
«Grazie» mormora, in uno sfarfallio di lunghe
ciglia scure.
La scorti fino alla porta della caffetteria, stai per salutare e
andartene.
«Signor Gold, posso offrirle un caffè?»
propone la signorina Blachard.
No, neanche tra un milione di anni. Tu e Biancaneve in una caffetteria
di uno sperduto paesino del Maine è troppo, persino per te.
«La ringrazio, signoria Blachard, ma ho delle commissioni da
sbrigare». Sorridi cortese e formale, come deve sorridere il
personaggio che la maledizione ti ha costretto a interpretare, poi te
ne vai per la tua strada.
Vorresti proprio staccarti la gamba come si svita una lampadina.
Una macchina passa accanto a te, non troppo veloce ma quel tanto che
basta per sollevare una piccola onda di acqua sporca e gelida.
Indietreggi e quasi ruzzoli per terra quando il bastone scivola
sull'asfalto bagnato, ma eviti per un pelo lo scroscio sudicio.
Fissi accigliato la macchina allontanarsi. È l'auto di
Regina, sei assolutamente certo che lo abbia fatto apposta.
Come volevasi
dimostrare, anche oggi nessun ritardo nei pagamenti. Manca solo lo
sceriffo Graham, al quale hai affittato una delle tue case.
Stai andando da lui, ti aspetta come ogni venerdì alle
quattro. La pioggia non accenna a smettere, la gamba non vuole saperne
di essere collaborativa.
Ogni tetto di Storybrooke gronda acqua piovana. Il vento fischia
violento, sembra che voglia essere lui a smuovere le lancette
dell'orologio, ma quelle non si spostano. Per adesso.
Dai un'energica scrollata all'ombrello e ti asciughi con cura le suole
delle scarpe contro lo zerbino. L'ufficio dello sceriffo è
silenzioso, tanto che ti aspetti di sentire l'eco dei tuoi passi sul
pavimento di linoleum.
Stai per bussare alla porta, ma appena poggi le nocche contro il vetro
smerigliato, l'anta si apre da sé. Non era chiusa bene e fai
in tempo a intravedere una scenetta piuttosto squallida e
melensa.
Regina, seduta sulla scrivania al centro dell'ufficio, sorride maliarda
al buon Graham che annuisce a qualche suo commento su... il tuo stomaco
non vuole sapere cosa. La donna getta le braccia al collo dello
sceriffo, lui sorride accondiscendente. Tu stai per vomitare; piuttosto
avresti scelto il caffè con la signorina Blanchard.
Per quanto la malizia sia una delle tue doti migliori, decidi che
reggere la scena è ben al di là delle tue
capacità. Simuli un discreto colpo di tosse, chiedi permesso
e attendi sulla porta.
Regina ha uno scatto, scende dalla scrivania e recupera il contegno che
si addice a un sindaco che sta discutendo di un qualsivoglia problema
cittadino con il proprio sceriffo. Il suo viso dalla bellezza crudele
è una maschera di fredda cortesia.
Graham tradisce appena un certo imbarazzo.
«Non volevo disturbare. Posso passare dopo» dici,
ostentando una squisita gentilezza.
«No, non occorre, signor Gold. Io e il sindaco stavamo
parlando di... ehm, in ogni caso abbiamo finito» borbotta
Graham, passandosi una mano tra i capelli. Si china verso un cassetto a
cercare l'assegno che deve consegnarti.
«Immagino che anche in una città tranquilla come
Storybrooke ci siano problemi di cui il sindaco necessita di discutere
con lo sceriffo, fuori dall'orario di ufficio» mormori
serafico, con finta innocenza.
Graham indugia nel rovistare in quel suo cassetto, pur di non farti
vedere che è arrossito. Gli occhi di Regina ardono di furore
mentre infila il soprabito.
«Ne riparleremo durante la riunione del consiglio cittadino,
sceriffo» dice, gettandosi a tracolla la borsa e
riacquistando la sua espressione più neutrale mentre ti
passa accanto, diretta alla porta. «Signor Gold, le auguro
buon pomeriggio».
«A lei, cara».
Lei dopotutto è il tuo miglior divertimento. Una sfida non
è una sfida senza un avversario.
Lasci comunque che Regina e la sua scia di profumo costoso siano
abbastanza lontane prima di uscire dall'ufficio dello sceriffo. Non sei
in vena di duelli verbali.
Una fitta di dolore acuto sale dalla gamba, improvvisa, a spezzarti il
respiro. Stringi il pomello del bastone con le nocche che sbiancano per
la violenza della presa, ti appoggi con le spalle contro il muro del
corridoio. Scintille cupe danzano dietro le tue palpebre serrate.
Prendi fiato, un po' alla volta. Con estrema lentezza ti stacchi dal
muro, pianti i piedi a terra.
Fuori è una cacofonia di scrosci di acqua e rombi di tuoni
lontani.
Provi a camminare verso la porta. Un'altra fitta, meno forte della
precedente ma comunque abbastanza violenta da costringerti a fermarti.
Come ogni codardo che si rispetti, non sei mai stato in grado di
abituarti al dolore. Ma oggi dovrai fare uno sforzo, perché
oggi è venerdì, maledizione! Il giorno dei
pagamenti e il giorno in cui la libreria chiude un'ora prima. E tu devi
essere lì...
Deglutisci a fatica, ti aggiusti una ciocca di capelli dietro
l'orecchio, ti lisci il tessuto morbido del cappotto. Punti con forza
il bastone contro il pavimento, sollevi la gamba offesa per muovere un
passo. Ogni volta che appoggi il peso sul piede destro pensi di non
potercela fare, ma cammini.
§
Hai fatto appena in tempo.
Ti fermi davanti alla vetrina della libreria, getti un'occhiata
all'interno, oltre il vetro. Il tuo riflesso si mischia ai rettangoli
colorati delle copertine in esposizione.
La vedi. È dietro al bancone che incarta un libro per
bambini in una confezione regalo.
Belle... la
targhetta sulla maglia dice Emilie, ma non importa.
Cos’è un
nome? Quella che noi chiamiamo rosa, senza il suo nome avrebbe pur
sempre il suo dolce profumo... lo ha scritto Shakespeare,
e lui la sapeva lunga, anche se tu in fatto di tragedie avresti avuto
parecchio da insegnargli.
Zoppichi più del solito, hai la sensazione che tante lame
arroventante ti siano state conficcate nella gamba, ma neppure questo
importa.
Senti un groppo in gola, come ogni volta. Malediozione! Ti senti uno
sciocco...
sei
uno sciocco, se non lo fossi, forse a quest'ora...
Arricci le labbra, cercando di scacciare quei pensieri molesti. Si
tratta solo di aprire una porta e di entrare.
Il campanello sullo stipite trilla mentre richiudi la porticina in
stile inglese dietro le tue spalle. Emilie solleva lo sguardo dal
registratore di cassa dove si è inceppato il nastro per gli
scontrini.
Sorride.
Ti
sorride.
D'accordo, è solo la commessa di una libreria che sorride
all'ultimo cliente della giornata, ma tu hai fatto bene i tuoi calcoli,
come ogni venerdì, come sempre.
E finalmente c'è silenzio. La pioggia sembra lontanissima da
lì, il bianco delle luci al neon sembra quasi caldo mentre
passi tra gli scaffali e ti fermi con fare pensieroso davanti alla
targa ROMANZI.
Scorri distrattamente la miriade di titoli sotto i tuoi occhi, attendi
un rumore di passi che non tarda ad arrivare. È alle tue
spalle, viene verso di te.
«Posso aiutarla, signor Gold?» domanda cortese
Emilie.
Aspetti ancora un istante prima di voltarti nella sua direzione, ti
occorre qualche secondo per nascondere l'emozione che ti sta passando
in viso. Poi, finalmente, la guardi.
L'immagine di Belle, della ragazza che strappa via le tende fissate al
pavimento per far entrare la luce in casa tua – dentro di te,
si sovrappone a quella della giovane commessa in jeans e t-shirt. La
maledizione non ha potuto niente contro la sua allegria.
«Che cosa cerca oggi?» aggiunge, avvicinandosi.
«Una storia d'amore» rispondi.
«Oh». La ragazza annuisce con quella sua aria un
po' saputa, come quando...
«Voi non siete
un mostro, credete di esserlo, per questo avete coperto tutti gli
specchi...»
«Signor Gold?...».
I ricordi ti hanno portato un po' troppo lontano da lì.
Torni al presente per trovarti davanti Emilie che regge tra le mani una
copia di Orgoglio e Pregiudizio.
Per quanto tu stia tentando di non scoppiare a ridere,
l'ilarità traspare comunque dalla tua espressione un po'
perplessa.
«Sì, ha ragione, forse è un po'
troppo... insomma, magari non è proprio il suo
genere» ammette la ragazza, scuotendo la testa.
Non ce la fai, ridacchi tuo malgrado. Emilie sbatte le palpebre, a
metà tra l'incuriosito e l'imbarazzato.
«È che mi ha fatto venire in mente una cosa
buffa» dichiari scrollando le spalle. «Ad ogni
modo, quale credi che il mio genere?».
La fissi di sottecchi, con un'espressione bonaria.
«Beh, viene qui ogni venerdì e mi chiede di
consigliarla. Mi sono fatta un'idea» ammette.
«Non ne dubito. E quindi, che storia d'amore consiglieresti a
un uomo poco sentimentale?»
«Non credo che lei sia poco sentimentale».
Lo dice quasi distrattamente, mentre si china verso la parte
più bassa dello scaffale. Non sa che per te quelle parole
sono un colpo in pieno viso.
«Voi non siete
un mostro...»
Ti mette tra le mani un volume dalla copertina di cartone, con
l'immagine di una maschera bianca sullo sfondo nero. Gaston Leroux
– The Phantom of the Opera.
«Oh, beh...» ti rigiri il libro tra le mani, un po'
stupito.
«Forse non sarà il miglior esempio di grande
letteratura,» comincia a spiegarti, incurante della tua
espressione stranita, «ma è una storia d'amore un
po', come dire...»
«Tipo la Bella e la Bestia, già»
concludi, aggrottando appena le sopracciglia.
Lei dondola il capo in un cenno di assenso, allarga il sorriso e
annuisce. Poi per caso i suoi occhi incontrano i tuoi e una strana,
remota consapevolezza brilla in mezzo all'azzurro del suo sguardo
luminoso. Sai che non è possibile, ma per un attimo speri
davvero che i ricordi siano tornati, risorti dall'oblio venefico della
maledizione di Regina.
Ovviamente non è così. Emilie scuote la testa,
tutto torna normale.
Una morsa violenta e glaciale ti attanaglia lo stomaco. Forse non
è poi così auspicabile che i suoi ricordi
tornino. Si ricorderebbe di averti amato, certo, ma si ricorderebbe
anche che hai ridotto il suo cuore come quella tazza sbeccata. La
stessa tazza sbeccata che cpnservi come un tesoro...
«Dovremmo chiudere». Una terza voce si intromette
in mezzo al vostro silenzio di parole in sospeso. Sollevi lo sguardo di
colpo, trattenendo a stento un'aria irritata.
È stato il proprietario della libreria a parlare, quando
scopre che sei tu l'ultimo cliente del negozio quasi sbianca. In
città tutti temono Regina, ma temono di più te.
La paura è una cosa meravigliosamente utile.
«Oh... mi scusi, signor Gold, faccia con comodo»
farfuglia l'uomo, imbarazzato.
«No, non importa. Stavo per andare via» dici,
mettendo su un'espressione tranquilla e cortese che lo spiazza.
«Penso proprio che prenderò questo
libro» aggiungi lanciando a Emilie un'occhiata complice.
La segui verso la cassa. Lei batte il prezzo del libro sul registratore
e dalla macchina parte uno strano sibilo.
La ragazza sospira leggermente stizzita,
«È tutto il giorno che fa così, credo
sia rotta» dice in tono di scusa. «Tenga il libro,
può tornare a pagarlo la prossima settimana».
«No, detesto essere in debito» borbotti e scivoli
dietro al bancone, accanto a lei, esaminando il registratore di cassa
con uno sguardo attento. Dai un colpo secco sul fondo di metallo, pigi
un tasto e l'aggeggio sputa fuori un nastro di carta spiegazzata.
«Oh, credo si sia sbloccata, visto?» esclami con un
sorriso compiaciuto. Emilie ti fissa divertita.
«Accidenti, ci teneva proprio a pagare quel
libro...»
«Come ho detto, non mi piace essere in debito»
«Adesso dovremmo proprio chiudere, mi sa»
«Certamente».
Sta per cominciare la parte migliore del tuo giorno migliore della
settimana. Picchietti le dita contro il pomello argentato del bastone.
Emilie si stacca il cartellino da commessa e lo infila in tasca poi
recupera una felpa e si avvia verso l'uscita. La precedi e le apri la
porta, lei ti ringrazia con un cenno del capo.
«Ha smesso di piovere» osservi. Un sole pallido si
riflette sull'asfalto bagnato della strada, facendola sembrare un
nastro d'argento.
Tu e Emilie camminate fianco a fianco sul marciapiede. Devi tornare al
tuo negozio, lei sta rientrando a casa.
Non lo sa che hai smosso mari e monti perché quella casa
fosse proprio difronte al tuo negozio. Per questo ogni
venerdì vai in libreria poco prima della chiusura, per poter
fare quel pezzo di strada insieme a lei, avere l'illusione di
recuperare anche solo una piccola parte di ciò che hai perso
– di ciò che non hai avuto il coraggio di
accettare.
«Spero che il libro le piaccia, anche se è un po'
drammatico» mormora la ragazza, giocherellando distrattamente
con i lacci della felpa.
«I drammi non mi hanno mai impressionato» replichi
con un mezzo sorriso. «Comunque, qui la fanciulla sceglie il
bel cavaliere, mi pare...»
«Non è un cavaliere, è un visconte.
Comunque sì»
«Uhm, sarebbe stato più originale il
contrario...».
Emilie ridacchia. «Lo penso anche io».
Non vi dite più niente, non parlate mai troppo durante il
breve tragitto del venerdì. In questo mondo non hai storie
da raccontarle, non storie per le quali lei sia pronta, almeno.
Né ti sei ancora guadagnato il diritto di farti ascoltare da
lei.
Arrivate a destinazione. Ci arrivate sempre troppo presto.
Davanti al tuo negozio Emilie tira fuori un mazzo di chiavi e si avvia
sul margine del marciapiede per attraversare.
«Buona serata, signor Gold»
«Arrivederci, Emilie».
Vi scambiate un sorriso che non dice niente di troppo eloquente, ma sai
che ti basterà per resistere fino alla prossima settimana,
per tutti gli anni a venire, fino a quando la maledizione non
sarà spezzata. Poi si vedrà...
Se non è proprio un lieto fine, almeno è
già qualcosa.
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Noticine:
*
questa è presa da uno
dei dialoghi del telefilm. Dodicesima puntata, è quello che
Mr. Gold
dice a David mentre sono in fila alla cassa dell'emporio.
Belle
che fa la commessa
in una libreria... già. L'idea mi è venuta dal
film della Disney,
dove il personaggio di Belle ama molto i libri, e poi ho pensato che
a Storybrooke una libreria ci voleva proprio, insomma... hanno una
miniera fatiscente, un banco dei pegni inquietante, una pensione dove
non va mai nessuno, un rifugio per gli animali dove idratano le
colombe, un analista che avrebbe bisogno di un analista... la
libreria ci voleva!
Emilie... come il nome
dell'attrice che la interpreta. Trovavo che ci stesse bene.
Il Fantasma dell'Opera è
la mia personale ossessione, non potevo non citarlo.
Tutto
il resto è...
delirio (e atto di fangirlaggine spietata per il personaggio di
Tremotino).