La leggenda di sir Gregory

di Beatrix Bonnie
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Così si concluse l'avventura di sir Gregory di Scozia. Avevamo davvero affrontato ogni genere di pericoli per arrivare a quel traguardo tanto meritato: un'esistenza di pace.
Sir Gregory e lady Feamair si sposarono l'anno successivo e vissero per tanti anni felici nella piccola fattoria che avevano costruito vicino alla capanna della famiglia di Loihal. Ebbero otto figli, ma, così come aveva detto Nefeleis, il primogenito fu un maschio. Lo chiamarono Iasperius, in onore proprio all'amico sidhe che allo stesso modo aveva chiamato il proprio figlio. L'elfo, infatti, non perdeva mai occasione di attraversare i portali per venire in Irlanda a trovare sir Gregory.
E io? Che ne fu di me?
Io passai il resto della mia vita tra i canonici della Cattedrale di Christchurc. Passai il resto della mia vita a scrivere le memorie dell'uomo più straordinario che avessi mai incontrato, del dotto più sapiente con cui avessi mai parlato, ma soprattutto dell'amico più caro che abbia mai avuto: sir Gregory di Scozia.
Ora che lui è morto e anche io mi avvio ormai alla più tarda vecchiaia, dedico questo manoscritto a suo figlio, l'eccelso cavaliere noto con il nome di Iasperius MacGregory, e al suo piccolo primogenito, Ronan Ua Iasperius MacGregory.
Perché nessun discendente di questa gloriosa famiglia abbia mai a dimenticare la leggenda del suo capostipite, il coraggioso sir Gregory di Scozia.
Cormac, il chierico







Epilogo




Richiusi il libro e guardai Maryon con dolcezza.
Lei mi sorrise, ma prima di poter dire qualsiasi cosa, una smorfia di dolore attraversò il suo volto.
«Amore, che succede?» le domandai preoccupato.
«Mi si sono rotte le acque...» riuscì solamente a dire.
«Oddio!» esclamai, preso dall'ansia. «Oddio... ODDIO!»
«Christopher, smettila!» sbraitò Maryon, in un tono talmente fermo che riuscì a tranquillizzarmi almeno un poco. Non mi chiamava mai con il nome intero, se non quando c'era qualcosa di importante. Oddio, e c'era qualcosa di importante: stavo per diventare padre!
«Vai a prendere la macchia» mi ordinò Maryon.
«La macchina, giusto» ripetei scioccamente, alzandomi dal divano per dirigermi verso il garage. In uno stato di semi trance, riuscii a raggiungere l'automobile e a guidarla fino alla porta di casa, dove c'era già Maryon ad aspettarmi. Avevo le mani ancorate al volante e uno sguardo stralunato, tanto che mia moglie mi guardò con aria preoccupata.
«Chris, vuoi che guidi io?» mi chiese, mentre si reggeva il pancione con le braccia, come se avesse paura che scappasse.
«No, certo che no!» esclamai di rimando, riprendendo un po' il controllo. Santo cielo, che uomo ero? Mia moglie stava per partorire e io non riuscivo nemmeno a portarla fino in ospedale?
Il viaggio fu piuttosto traumatico, in realtà, perché ad ogni minimo gemito di Maryon mi voltavo verso di lei, terrorizzato di vederla partorire in auto. Arrivati in ospedale, per fortuna, un'infermiera si accorse di quanto fosse urgente la nostra situazione e ci fece condurre direttamente in sala parto.
Medici e infermieri accorsero nella stanza, un viavai di gente, il puzzo di candeggina, sangue, flebo, aghi... aghi, io avevo il terrore degli aghi.
L'emozione fece il resto.
«Infermiera!» gridò Maryon con una tale potenza di voce che fece congelare tutti nella sala.
Il mio cuore saltò un battito.
«Che succede?» domandò allarmata una donna piuttosto corpulenta.
«Mio marito» fu l'unica cosa che riuscì a dire, prima che una contrazione le togliesse il fiato.
Tutti si voltarono contemporaneamente verso di me, dimenticato in un angolo della sala.
E io svenni.

Quando ripresi i sensi, avevo come la sensazione di essermi perso qualcosa di importante. C'era una quiete innaturale intorno a me. Mi misi lentamente a sedere, anche se la testa mi girava parecchio.
«Ecco che si è risvegliato il tuo coraggioso papà» sussurrò al mio fianco una voce insieme dolce e divertita.
Papà.
E poi realizzai: ero padre! Era nato mio figlio!
Mi catapultai direttamente giù dal lettino d'ospedale, per fiondarmi al capezzale di mia moglie. Tra le sue braccia sonnecchiava placidamente un fagottino minuscolo, da cui sbucava una piccola testina coronata da tanti ciuffetti di capelli neri come la pece. Era la cosa più bella che avessi mai visto.
«Oddio, fammelo prendere» sussurrai, tendendo le mani verso di lui, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.
Maryon me lo adagiò tra le braccia con amore.
«Come vuoi chiamarlo?» le domandai, perdendomi a fissare quella piccola creaturina così fragile ma così bella.
Il mistero della vita tra le mie braccia.
«Mi piacerebbe... Jasper» rispose Maryon, con un sorriso commosso.
Io le lanciai uno sguardo fugace e nel momento stesso in cui i nostri occhi si incontrarono capii che non esisteva felicità maggiore di questa.
«Benvenuto al mondo, Jasper McGregor».







Ecco l'epilogo... doppio, uno per la storia di sir Gregory, uno che si riallaccia al prologo.
Lo so, sono stata cattiva con Christopher, ma voi non lo conoscete: ha una fobia terribile (e totalmente irrazionale) degli ospedali e degli aghi! Però, prometto che presto o tardi farete la sua conoscenza, con il resto dei racconti della serie di Faerie.
A proposito di questo, fra due settimane, il primo di maggio, sempre di martedì, comincerò a pubblicare "La promessa del folletto", nuovo racconto della serie: cambiamo completamente tempo e ambientazione... ci trasferiamo negli anni Settanta e Ottanta, per parlare delle disavventure di un giovane Alborgeth; con ovvio condimento un po' di Faerie e qualche McGregor! ;)
Infine, ringrazio tutti quelli che hanno seguito e commentato questa storia, in particolare Julia Weasley e Piccolo Fiore del Deserto.
Un saluto e alla prossima,
Beatrix





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