Metà della confusione del mondo
deriva da fatto che non conosciamo il poco
di cui abbiamo bisogno […]
ora vivo molto più semplicemente
e ho molta più pace.
(R.E. Byrd)
Gli aveva rovinato la pozione. Non una pozione qualsiasi,
ma “quella” pozione, su cui lavorava da settimane, su cui aveva vegliato notte
e giorno per rispettare al millesimo di secondo i tempi di ebollizione e
riposo. Aveva seguito meticolosamente le fasi della luna, dosato con estrema
precisione ogni costosissimo ingrediente, mescolato regolarmente e sempre alla
medesima velocità per ore. La pozione risaliva ai tempi antichi, quando i Celti
si diffusero sul Continente e i loro druidi vagavano per le selve in cerca dei
segreti della natura; appannaggio degli alchimisti più esperti durante il
Medioevo era sparita dai ricettari nel momento in cui il Ministero l’aveva
dichiarata “pratica desueta ed economicamente svantaggiosa”. Ma di vantaggi ne
aveva altri a sentire Albus Silente. Era un preparato che avrebbe potuto
tornare molto utile nella lotta contro la magia oscura. Il Ministero aveva
chiuso il capitolo Voldemort e abbassato volontariamente la guardia. Ma non il
preside di Hogwarts. Albus aveva rinvenuto la formula in un antichissimo
manoscritto mangiato dalla muffa e dai topi, l’aveva consegnata al suo
pozionista di fiducia incompleta, pertanto Severus aveva dovuto studiarci sopra
parecchio prima di mettersi all’opera. Tutto nella massima segretezza,
all’ombra dei sotterranei. E poi, un pomeriggio assolato e caldo di inizio
giugno, quando gli studenti languivano sopra i libri per le ultime verifiche
dell’anno, Harry Potter era entrato nel laboratorio. Aveva battuto con la mano
sul braccio del suo tutore, il suo tutore si era voltato appena in tempo per
vedere il moccioso premere i due indici con forza sulle guance gonfie. Uno
spruzzo d’acqua aveva investito il tavolo da lavoro, contaminando senza via di
scampo il contenuto del paiolo.
- Hai visto cosa ho imparato? –
Severus non sapeva se piangere o
urlare. Sentì salire l’acido dallo stomaco che si stava contorcendo dal
nervoso. Harry se ne stava davanti a lui senza minimamente rendersi conto del
guaio che aveva combinato col suo stupidissimo gioco imparato sicuramente in
quella stupidissima scuola da quegli stupidissimi amici che frequentava. E
aveva anche la sfrontatezza di sorridere. Magari si aspettava anche un premio.
Ma la rabbia aveva preso ormai la via delle corde vocali, il cervello del
pozionista aveva mandato un messaggio chiaro e netto alla sua lingua:
abbattilo.
- Harry Potter, esci
immediatamente dal mio laboratorio e chiuditi in camera perché se riesco a
schiodare i piedi dal pavimento ti faccio perdere la voglia di giocare per un
mese! – Aveva urlato furiosamente, sicuramente lo aveva sentito anche Hagrid
nel capanno, ed era certo di aver assunto un’espressione spaventosa. Harry
spalancò gli occhi, cosa aveva fatto di male? Per un po’ d’acqua?
- E ritieniti in castigo per una
settimana, niente favole, niente ora di gioco insieme e non rivolgermi la
parola finché non te ne darò il permesso! –
Harry lasciò di corsa il
laboratorio ma prima di uscire gli disse che era cattivo e che lui voleva
andare a vivere da Ron.
Severus gli rispose che lo
avrebbe accontentato, dopo di che fu di nuovo silenzio nei sotterranei. Il
professore guardava la pozione rovinata. Stava schiumando di rabbia poi
improvvisamente fecero capolino i sensi di colpa. Si ribellò. Una strigliata
era necessaria, per Salazar! Mica poteva passarci sopra sempre! E vai per
quella volta che con le mani sporche di tempera simpatica gli aveva lasciato
due belle impronte sulle natiche: era riuscito a togliere il colore dalla
tunica nuova solo con tre controincantesimi perché la tempera simpatica
compariva e svaniva casualmente ed era difficile disintegrare le molecole al
primo colpo di bacchetta. Vai per quell’altra volta che si era arrampicato
sulla libreria per giocare a nascondino o per quell’altra ancora che aveva
preso senza chiedere alcuni ingredienti dal laboratorio per pasticciare coi suoi compagni a scuola.
E la lista non finiva lì, quelli erano solo gli episodi più recenti. Non
contava più i suoi adorati libri inseriti a casaccio nelle scaffalature, le
ditate su ogni cosa che fosse trasparente, l’albergo delle formiche nascosto
sotto il letto, la messa in piega al gufo. Se voleva sopravvivere alla piccola
peste doveva pur prendere in mano la situazione. Stavolta non si sarebbe fatto
intenerire: abusi subiti o meno, Harry Potter doveva essere educato alle regole
della convivenza e un castigo non era poi la fine del mondo. Gettò con grande
stizza il contenuto del calderone, ripulì il banco, ripose ogni ampolla e
vasetto al suo posto, chiuse a chiave vetrine ed armadietti e con un
incantesimo sigillò la porta del laboratorio. Decise che aveva assolutamente
bisogno di un po’ d’aria. Le sere adesso erano tiepide, avrebbe fatto due passi
prima di cena. Aprì la porta della camera di Harry: - Io esco per qualche
minuto. Se quando rientro ti trovo fuori dalla tua stanza le settimane di
punizione diventeranno due. – Il piccolo non aveva nemmeno alzato lo sguardo,
era buttato a pancia in giù sul letto con la testa girata dall’altra parte.
Severus respirò profondamente
appena si chiuse la porta della scuola alle spalle. L’imbrunire stava già
scolorendo ogni cosa: a lui piaceva quell’ora, era il momento in cui la mente
si predisponeva più facilmente alla riflessione. Prese il percorso verso la
foresta, ne avrebbe approfittato per raccogliere qualche foglia di erica lungo
il sentiero. Un tempo lo faceva spesso, le ore di solitudine erano per lui un
ristoro dopo una giornata trascorsa tra le lezioni e gli impegni extra
scolastici propinati dal Preside. Faceva lunghe camminate finché l’umidità non
diventava troppo fastidiosa e allora rientrava e si scaldava davanti al camino.
Pensava che da quando era arrivato Harry Potter non aveva più avuto momenti
tutti per sé. Impossibile. I bambini possono prosciugarti. Per un attimo chiuse
gli occhi e provò ad immaginare che tutta quella storia non fosse mai
cominciata.
Quando rientrò chiese agli Elfi
domestici di provvedere alla cena.
- Harry è pronto. –
- Non mangio. –
- Harry sono già molto irritato e
tu non sei nella condizione di avanzare richieste. Presentati in sala da pranzo
entro due minuti. –
La cena venne consumata in
silenzio. Siccome Harry non aveva il permesso di rivolgergli la parola, pensò
bene di utilizzare dei biglietti. Su uno c’era scritto “la zuppa di carote non
mi piace”, sull’altro “posso avere del latte”. Aveva ancora gli occhi rossi, la
sfuriata aveva avuto i suoi effetti, ma Piton non si sentiva compiaciuto di
questo. A lui interessava che Harry capisse che non era sempre il momento di
giocare e che il suo laboratorio era campo minato. Provò a spiegarglielo.
- Harry lo sai cosa hai fatto
oggi vero? – il bambino alzò lo sguardo verso di lui, la bocca era sempre
piegata all’ingiù.
- Per una tua leggerezza hai
mandato all’aria ore di lavoro. Ti ho detto mille volte che non devi entrare
nel laboratorio perché ci sono sostanze pericolose e perché le pozioni sono
delicate e non ci si deve giocare. – Su un biglietto Harry scrisse: “Ti chiudi
sempre nel laboratorio. Per te è più importante lui di me. – Severus alzò le
sopracciglia. Questo era un colpo basso, non se lo aspettava. Si ribellò perché
gli sembrava un’accusa ingiusta in fin dei conti.
- Non farò commenti a questa
grossa stupidaggine che hai detto Potter. E guarda che adesso puoi parlare.
– Harry prese in mano la penna: “No,
sono arrabbiato”. Era anche buffa in fin dei conti quella situazione, ma l’aria
tra i due era davvero tesa. Perciò nessuno sorrise. Il silenzio riprese il suo
posto a tavola e si accomodò per benino nelle stanze del professor Piton.
Una volta a letto Severus non
fece che chiedersi se la sua reazione fosse stata o meno giustificata. Arrivava
sempre alla medesima conclusione: era stata più che giustificata. Era il
segnale inequivocabile che la sua sopportazione aveva superato i livelli di
guardia. Un bambino che ti gira per casa comporta doti aliene: occhi posteriori
e laterali, o in alternativa testa ruotante, orecchie paraboliche, nervi
temprati, capacità olfattive di un cane segugio, qualità premonitrici e
ubiquità. Certo, un mago adulto e capace poteva rimediare quasi a tutto, ma ciò
non toglieva che a lungo andare la
stanchezza avesse il sopravvento. Quella sera, durante la passeggiata, aveva
rivissuto per un po’ la sua vecchia vita:
sentì che un po’ gli mancava. Sentì anche un desiderio malcelato di
riprendersi un po’ del suo tempo e dei suoi ritmi. Gli venne in mente che
avrebbe potuto accontentare il piccolo guastapozioni: mandarlo qualche giorno
dai Weasley. Di sicuro Molly, con la sua insana passione per i marmocchi, lo
avrebbe preso con sé senza batter ciglio. Harry avrebbe avuto la sua settimana
in una famiglia normale (beh, circa) e lui avrebbe avuto una settimana di
meritata pace. Harry non correva pericoli dai Weasley, la Tana era a prova di
bambino considerata la progenie che vi abitava. Non c’era incoerenza nel suo
gesto: qualcuno avrebbe potuto pensare che, così facendo, era come premiare il
pargolo mandandolo in vacanza. Ma le cose potevano essere viste anche
diversamente: anche la tana aveva le sue leggi e avrebbe provveduto a dare a
Molly precise indicazioni. Per lui invece, per Severus Piton, sarebbe stata una
vacanza vera, senza sconti di alcun genere.
Si alzò di buon umore e si mise
in contatto subito con Arthur. Mentre Harry continuava ad avere il broncio lui
si accordava con Molly. Spiegò alla signora Weasley che il bambino era in
punizione e che l’esilio al momento sembrava la migliore soluzione. Questo per
evitare che la già scarsa pazienza di cui era dotato potesse esplodere
nuovamente alla prima occasione, magari anche di poca importanza. E in quei
giorni aveva assoluto bisogno di concentrazione. Comunque avrebbe richiesto
ogni sera notizie su come era trascorsa la giornata e avrebbe anche pagato il
disturbo. Molly si offese: Harry era uno di casa ormai e non lo si poteva
considerare in nessun modo un incomodo.
- Aspetta a dirlo, Harry non è
un’ameba, cosa che mi rassicura ovviamente, ma sa essere spossante.- - Severus,
ho sei figli maschi. –
- Lo so. Inaudito. –
- Non mi servono lezioni sui
bambini. –
- So perfettamente anche questo.
Altrimenti non ti avrei affidato Harry per una settimana. Starà meglio qui.
Quando sarà finita questa stramaledetta sessione dei MAGO mi predisporrò a
riprendere il mio ruolo di tutore equilibrato. – Perché Molly lo guardava come
se fosse seduta a teatro e lui fosse il protagonista di una sceneggiata?
- Severus, Harry ti mancherà. –
- Tu credi Molly? – il tono
sardonico gli uscì con naturalezza. –
Sicuramente non mancherà al mio laboratorio. Le provette e gli alambicchi si
stanno già accordando per dare una festa. –
- Va bene. Aspetteremo Harry
domattina per le nove. –
- Sarò puntuale come sempre. Ah,
ovviamente, siccome non sono un tutore irresponsabile o uno scaricabarile, se
il comportamento di Potter in questa casa non dovesse essere appropriato lo
riporterò immediatamente ad Hogwarts dove lo attenderà un’estate “molto”
triste. –
***
Harry non sapeva cosa pensare. Il
suo tutore gli aveva permesso di andare in vacanza una settimana a casa di Ron.
Glielo aveva chiesto un sacco di volte in passato ma non era mai sembrato
d’accordo. Ora invece aveva cambiato idea. La scuola sarebbe finita l’indomani,
questo significava che avrebbe trascorso giornate intere alla Tana. Solo l’idea
gli faceva tremolare lo stomaco dal piacere. Certo, considerato il guaio che
aveva combinato non si aspettava di certo un simile regalo. Forse allora
Severus si era stufato di lui e lo cacciava. Beh, se fosse stato così tanto
meglio. Alla Tana non gli sarebbe mancato nulla: avrebbe avuto un sacco di
fratelli, e anche una sorellina. E poi Molly cucinava delle torte fantastiche e
quella casa era tutta piena di colori, scricchiolante e sempre con le finestre
aperte. Se il professor Piton non lo voleva più… beh, beh un po’ gli
dispiaceva, sentiva una fitta alla pancia se ci pensava troppo. Ma lui era
ancora arrabbiato col professore in fin dei conti, perché davvero mica lo aveva
fatto apposta a sputare l’acqua nel calderone. Gli aveva anche chiesto scusa ma
lui era così severo…. No, la Tana adesso era il suo pensiero principale.
***
Con una piccolo baule contenente
il cambio per una settimana, cosa che offese Molly perché lei il bucato lo
faceva praticamente ogni giorno, la lista dei compiti da svolgere
quotidianamente, un elenco delle cose che non avrebbe assolutamente dovuto
mangiare e quelle permesse ma a piccole dosi, Harry Potter festeggiò il suo
arrivo dai Weasley per la sua prima vacanza lontano da Hogwarts. Venne subito
trascinato via dall’entusiastico benvenuto di Ron e dei gemelli mentre Piton
gli ricordava che al minimo sentore di lamentela lo avrebbe riportato
immediatamente indietro. Fatto questo, Severus salutò Arthur e Molly e diede
loro appuntamento alla settimana successiva.
Una volta rientrato al castello
si lasciò cadere sulla sua adorata poltrona verde, si versò da bere, socchiuse
gli occhi e assaporò la quiete.
La sera mangiò in solitudine, si
rilassò con una lettura e in previsione dell’angosciante giornata di esame che
lo attendeva prese un bagno caldo. Prima di andare a dormire passò davanti alla
camera di Harry. Ormai era un’abitudine, andare a controllare che il bambino
dormisse. Si diede dello stupido e raggiunse la sua stanza. Fu strano, ma
nonostante il clima rilassato del suo appartamento faticò ad addormentarsi.
Seguirono cinque giorni intensi
che gli procurarono arrabbiature e mal di testa. Era di pessimo umore e si
confortava col pensiero che una volta nei suoi alloggi nessuno lo avrebbe più
disturbato. Ma rientrare e trovare la casa vuota non gli dava più tutto
quell’atteso appagamento. Incolpando la stanchezza, si metteva in breve contatto
con la Tana per avere notizie del marmocchio e una volta assicuratosi che stava
bene tornava ai suoi affari.
Quella sera, dopo cena, si unì al
Preside per una partita a scacchi. Albus Silente si informò del giovane Potter:
sapeva della breve trasferta e scrutava il pozionista con occhio curioso.
- Ho per caso qualcosa fuori
posto Albus? –
- No, sei perfettamente in
ordine, come al solito. –
- Smettila allora di guardarmi
come fossi una puffola calva. Mi fai sentire sotto esame. –
- Per te gli esami non finiscono
mai eh Severus? –
- No finché mi viene
continuamente chiesto un risultato. –
- Non eri obbligato a muovere
proprio il cavallo. –
- Non parlo degli scacchi. Non
fare l’ingenuo, con me sai che non funziona. –
- Io parlavo proprio di quello
invece… scacco matto. –
Severus alzò gli occhi dalla
scacchiera e fissò il mago che con una certa soddisfazione gli stava
restituendo lo sguardo.
- Non sei affatto concentrato
amico mio. – Severus spazientito espirò
forte col naso e aggrottò la fronte : - Perché vuoi farmi dire quello che non
voglio dire. –
- Ma non serve fartelo dire, lo
si capisce. –
- Senti, il marmocchio non mi
manca. Anzi, se devo dirla tutta, sto bene, benissimo, mai sentito meglio negli
ultimi tre anni. Nessuno che mi interrompe quando lavoro, nessuno che mi tira
per la giacca o che mi parla nelle orecchie, nessuno che fa i capricci per
mangiare la verdura o che lascia giocattoli ovunque. Queste vacanze, Albus,
sono state una benedizione. –
- Lo sono state, certo, ma non
nel modo che credi tu. Allora, nuova apertura? -
***
Rientrato nei sotterranei,
Severus si ritrovò a brontolare fra sé e sé. Ce l’aveva con Albus, che non
capiva un accidente e che, ne era sicuro, si era fatto un’idea totalmente
sbagliata del rapporto che lo legava ad Harry. Ma allora, perché quella sera,
quando aveva sentito Arthur e Molly che lo avevano rassicurato sulla salute e
sulla condotta del bambino aveva sperato che gli dicessero “ha chiesto di te?”.
In fin dei conti era lontano da casa ormai da sei giorni.
Automaticamente prima di
ritirarsi si diresse verso la camera di Potter, aprì la porta e vi entrò.
Sedette sul letto guardandosi attorno. La stanza era in ordine adesso, appesi
alla parete alcuni disegni, uno in particolare che lo ritraeva. Harry non aveva
talento come disegnatore ma il ricordo del momento in cui gli mostrò raggiante
il disegno lo inteneriva ancora. Lo aveva dipinto senza alcun rispetto per le
proporzioni e con la bocca piegata all’insù, in un sorriso sbilenco ma che non
poteva essere frainteso. Proprio lui, che elargiva sorrisi tanto quanto i
folletti della Gringott avrebbero donato uno zellino. Gli aveva detto Poppy che
Harry lo aveva rappresentato così perché così si sentiva quando erano insieme.
Felice. Severus non credeva che qualcuno avrebbe potuto sentirsi felice con
lui. La stanza odorava di olio profumato, quello che metteva ad Harry dopo il
bagno. Perché improvvisamente tutto quel silenzio non gli piaceva più? Perché
quel marmocchio gli mancava maledizione, gli mancava terribilmente. Non
occorreva ammetterlo davanti a Silente, ma con sé stesso mentire a che
serviva? La casa senza Harry era vuota.
Ancora un giorno e sarebbe tutto tornato al suo posto: avrebbero di nuovo fatto
colazione insieme e lo avrebbe rimproverato perché parlava con la bocca piena
sputacchiando biscotti dappertutto. Le giornate sarebbero trascorse tra le
puntate in laboratorio, le ricognizioni in cameretta e la merenda delle quattro
e mezza. Sarebbero ripresi i giretti nel parco e avrebbe giocato a “muffa” fino
alla nausea. La gazzetta del Profeta sarebbe tornata ad occupare gli spazi
“vuoti” della giornata, e a volte neppure quelli. Pranzi e cene sarebbero
tornati ad essere le consuete arene in cui le verdure fresche lottavano fino
allo sfinimento per prevalere sulle patatine fritte. Finì con l’addormentarsi
sul letto del bambino.
Venne svegliato da un leggero
tocco. Si levò bruscamente a sedere con la bacchetta già pronta all’uso, un
riflesso incondizionato mutuato dai suoi anni di militanza fra i Mangiamorte.
Albus Silente se ne stava lì, in piedi, con un’espressione preoccupata.
- Prepara le valige Severus,
dobbiamo partire. – Stava per chiedergli per dove, poi si ricordò che magari,
prima, venivano altre domande. Riorganizzò velocemente le idee.
-Anzitutto buongiorno, sempre che
sia giorno ovviamente. Poi vorrei sapere come sei entrato visto che ho cambiato
la parola d’ordine ieri e cosa non meno importante prima di comprare un biglietto per destinazione ignota vorrei
sapere almeno se si tratta di un viaggio di piacere o di lavoro. –
- E’ giorno da un’ora circa, hai
lasciato la porta aperta, andiamo in Islanda per incontrare il professor
Orlafson- .
Il pozionista si passò una mano
fra i capelli poi sollevò lo sguardo verso il Preside.
- Magia oscura? –
- Un inferus. -
Severus impallidì. L’evocazione
degli inferi era una gravissima violazione, e la magia oscura usata molto
potente. Quello non era esattamente un buongiorno. Poi si ricordò che sarebbe
dovuto andare a prendere Harry verso sera.
- E come faccio col bambino? –
- Credo che la sua vacanza dovrà
prolungarsi almeno per un’altra settimana. – Severus sentì nausea. Non era così
che doveva andare quella giornata nei suoi pensieri.
- D’accordo, dammi il tempo di
prepararmi e di parlare coi Weasley. –
- Mi spiace, se non sapessi di
aver bisogno della tua arte laggiù non ti avrei certamente distratto dai tuoi
impegni familiari. – Gli accennò un sorriso. – Ti aspetto nel mio studio, ho
già attivato la passaporta. Dobbiamo essere a Hvammstangi non più tardi di
un’ora, altrimenti perdiamo le tracce dell’incantesimo e il nostro viaggio
sarebbe inutile. – E se ne andò senza che Piton potesse replicare. Ma in fin
dei conti a che serviva? Su quanto quell’imprevisto gli costasse non c’erano
dubbi: l’averlo trovato addormentato sul letto di Harry equivaleva ad una
inequivocabile ammissione d’ affetto.
Mentre metteva in una borsa il
kit base per le trasferte, il mago dei sotterranei cercava le parole adatte da
dire ai Weasley: a quell’ora del mattino Harry dormiva ancora della quarta, non
lo avrebbe svegliato. Molly doveva essere già in piedi invece. Quando vide il
viso del pozionista apparire nel camino si stava versando del caffè.
- Per la barba di Merlino
Severus, ma ci sei andato a letto? Hai un aspetto orribile.-
- Mi hanno svegliato con notizie
non buone e adesso non ho il tempo di spiegarti. Parto con Albus, ci sono guai
al Nord. Dovreste tenere Harry per un’altra settimana. Mi auguro non sia un
problema.–
- Sai benissimo che non lo è… -
Molly lo guardava preoccupata: – E’ un fatto piuttosto grave giusto? –
- Esattamente. Avrete notizie
presto. Per favore, dì a Harry che non sono più arrabbiato.-
- Ha pronto il baule da ieri
sera... – Severus gradì quella precisazione perché voleva dire che Harry aveva
voglia di tornare a casa ma fu maggiore il suo rincrescimento per dover
disattenderne le aspettative. Non disse niente altro, e allora ci pensò Molly:
- Lo rassicuro io. Voi fate attenzione, ovunque andiate. – Severus chinò il
capo in segno di saluto e scomparve.
***
Harry fece colazione con più
gusto del solito. Era stata una settimana fantastica, non se la sarebbe
mai dimenticata. Aveva fatto un disegno
alla fine di ogni giornata, dietro suggerimento di Arthur. Così era come avere
un album dei ricordi e avrebbe potuto mostrarlo e raccontare tutto a Severus…
non era più arrabbiato con lui, come avrebbe potuto dopo che gli aveva permesso
di fare una vacanza così superfavolosa… Gli sarebbe piaciuto restare ancora
qualche giorno: tornare ad Hogwarts significava incominciare i compiti delle
vacanze e dover tenere in ordine la stanza e lavarsi i piedi ogni sera…. Anche
alla Tana certe cose si facevano, ma nella confusione che regnava in quel posto
a volte a Molly e ad Arthur sfuggiva qualcosa. Con Severus era impossibile.
Però… però aveva una voglia matta di stare un po’ col suo tutore. Non lo aveva
più visto dal momento in cui aveva messo piede lì anche se sapeva che lui,
tutte le sere, chiamava Molly. “Il profe ti sta sotto eh Harry’” gli aveva
detto Charlie. E Harry si era sentito importante. Più importante del
laboratorio e delle pozioni che conteneva.
Stavano giocando agli indiani,
Bill aveva anche costruito un tepee e c’era perfino un totem a cui volevano
legare Percy, quando Molly lo chiamò in casa.
- Sarà arrivato Penna Nera Harry…
- disse George.
- Se è lui potremmo tentare di
procurarci lo scalpo che dite? –
- Un ciuffo di capelli di Piton
come trofeo per i Grifondoro… Fred sei un genio. –
- Ehi, voi due, non è detto che
sarete Grifondoro l’anno prossimo. –
- Ma certo che lo saremo Percy,
tutti i Weasley sono Grifondoro. –
- Voi ci farete perdere un sacco
di punti, lo so. – e mentre iniziavano a litigare, come spesso succede in tutte
le migliori famiglie, Harry raggiungeva Molly pensando che era presto per andar
via, Piton
doveva venire a prenderlo dopo
cena. Ma Piton non c’era: c’era invece la signora Weasley con un’aria strana.
Si capiva benissimo che doveva essere successo qualcosa ma non capiva se era
qualcosa di bello o di brutto.
- Harry che ne dici di fermarti
qui da noi un’altra settimana? – Il primo istinto del bambino fu di saltare di
gioia, poi lo colse il dubbio.
- E Severus? –
- E’ stato lui a chiedercelo, è
dovuto andare a fare un viaggio con il Preside e starà via qualche giorno. E’
partito che il sole stava ancora stropicciandosi gli occhi e non ha voluto
disturbarti. – Molly aspettava la reazione del piccolo.
- Non mi vuole più? –
- Ma no Harry, è andato via per
lavoro ed era dispiaciuto tanto di non poter venire a prenderti stasera. Mi ha
detto di dirti che non è più arrabbiato. -
Ad Harry veniva da piangere.
Improvvisamente l’idea felice di prolungare quella vacanza superfantastica
venne totalmente travolta dalla paura di non tornare più a casa. Molly ne fu
consapevole e prima che al bambino uscissero le prime lacrime lo aveva già
preso in braccio.
- Amore mio Severus torna non è
andato via per sempre. –
- Giura. – La voce gli tremava.
- Certo che te lo giuro, vedrai.
Anzi, facciamo così. Gli prepariamo una sorpresa per quando torna, una bella
torta. E tu mi aiuti a farla va bene? – Harry sembrò tranquillizzarsi. Molly
non avrebbe mai fatto una torta se non c’era qualcosa da festeggiare. Lo mise a
terra, gli diede una piccolo buffetto sul sedere e gli disse di tornare a
giocare. Lo guardò raggiungere i suoi figli che lo accolsero con le inevitabili
domande. Vide Bill mettergli un braccio attorno alle spalle.
Durante i primi giorni sembrò che
tutto procedesse senza incidenti. Harry pareva aver accantonato paure ed
insicurezze in favore di una vivacità e di una voglia di vivere sfrenata.
Purtroppo notizie di Albus e Severus non ne giungevano. Nemmeno Kingsley era al
corrente di ciò che stava accadendo a Hvammstangi e ci fu un momento in cui si
chiesero davvero preoccupati se il problema non fosse più grave di ciò che
avevano ipotizzato. I ricordi della Guerra Magica erano ancora vivi, le terra
delle tombe ancora fresca. L’inquietudine che gli adulti tentavano di
nascondere veniva percepita dai sensi allertati dei Weasley più grandi mentre per
i più piccoli, fortunatamente, il sole splendeva come tutti i giorni. Eccetto
che per Harry. Diedero la colpa all’atmosfera un po’ tesa e soprattutto al
fatto che Piton fosse completamente sparito. O forse c’era davvero qualcosa di
più nell’aria. La notte del quarto giorno dopo la partenza del Preside e del
pozionista Harry sognò l’uomo con gli occhi rossi. Come già accaduto si svegliò
terrorizzato. Non servirono a calmarlo questa volta gli abbracci e i baci di
mamma Weasley: il piccolo piangeva disperato e voleva Severus. Ron, seduto sul
suo letto, osservava la scena spaventato perché non aveva mai visto il suo
amico stare tanto male. Molly e Arthur si consultarono brevemente: occorreva
una pozione soporifera anche se loro erano contrari a quei metodi. Fortunatamente
trovarono un po’ di sciroppo “ghiro-notte” nella dispensa dei medicinali
magici: dopo avergliene dato un cucchiaio, Arthur fece avanti e indietro
mezzora col bambino in braccio e quando si riaddormentò si chiese se fosse
stata piuttosto la spossatezza ad avergli chiuso gli occhi fra gli ultimi
singulti. I due giorni seguenti furono piuttosto difficili: Harry non aveva
appetito e neppure i giochi più audaci proposti dai gemelli riuscivano a
scuoterlo. Ogni volta che sentiva qualche rumore diverso dal solito correva al
camino. Molly non si stancava di ripetergli che Severus prima o poi sarebbe
tornato, felice di avere la conferma di quanto Harry fosse legato al pozionista
ma allo stesso tempo allarmata dal lungo silenzio e angustiata all’idea delle
conseguenze nel caso della peggiore delle ipotesi. Ma se Piton e Silente non
fossero tornati allora il problema sarebbe andato ben oltre il benessere
psico-fisico del giovane Potter. Fortunatamente non fu così. La sera successiva
arrivò un gufo: portava un messaggio cifrato che Kingsley fu ben lieto di
riuscire a leggere davanti all’Ordine riunito alla Tana.
- Stiamo tornando. L’allarme è
rientrato e grazie al lavoro di Severus non rimarranno strascichi
dell’incantesimo che aveva messo in ginocchio la gente di questi luoghi. Mi
scuso per il lungo silenzio che sicuramente vi avrà creato ansia ma abbiamo
dovuto isolare per qualche giorno l’intera zona. Vi forniremo i dettagli al
nostro rientro dopo che ci saremo presi qualche ora di riposo. L’inferus era di
quelli tenaci. –
Si guardarono perplessi e
preoccupati e qualcuno provò un brivido lungo la schiena: adesso sapevano cosa
era accaduto e sebbene tutto fosse già stato risolto restava il dubbio
sull’origine di un simile fatto, l’uso di un incantesimo poco conosciuto,
difficile da eseguire e soprattutto connesso al lato più oscuro della magia.
***
Severus fremeva. Per sette lunghi
giorni aveva lottato contro una forza ostile che in più di un’occasione aveva
rischiato di sfuggirgli di mano. Aveva paura persino a pensarlo, ma
quell’episodio significava che Voldemort, o chi per lui, era all’opera, benché
non riuscisse ad immaginare come. E Albus la pensava allo stesso modo, pur non
esprimendosi, la qual cosa non faceva altro che appurare la tremenda ipotesi. Ora
il suo unico e solo pensiero era Potter. Non lo vedeva da quasi quindici giorni
e l’ultima settimana non aveva neppure avuto la possibilità di informarsi sulla
sua salute. Il pensiero di Voldemort, o di un qualsiasi altro oscuro signore
che si affacciava nuovamente all’orizzonte acuiva il suo istinto di protezione
e risvegliava ricordi dolorosi. Era stanco morto per le notti insonni trascorse
al freddo nella frenetica ricerca dell’inferus e delle sue tracce, aveva
sicuramente un aspetto orrendo (più del solito) con la barba lunga e le
occhiaie a rendere il suo viso ancora più ombroso. Ma non gli importava. Voleva
subito incontrare Harry. Non appena messo piede ad Hogwarts si mise in contatto
con Arthur chiedendogli se poteva accompagnare lì il bambino nel giro di una
mezzora, tanto gli bastava per posare la borsa da viaggio, entrare nella vasca
da bagno e indossare abiti freschi di pulito. Tutto il resto sarebbe venuto
dopo. Arthur non fece nessuna domanda, comprendeva lo stato d’animo del
pozionista, il suo sguardo stravolto valeva quanto una confessione.
Harry fu pronto in un attimo: non
voleva essere maleducato con la famiglia Weasley che era stata tanto gentile e
premurosa e fantastica con lui in quelle due settimane, ma adesso era il
momento di tornare a casa. Diede un bacio a Molly e si prese qualche pacca
sulle spalle dai gemelli e da Charles e una stretta di mano da Bill. Poi guardò
Ron ringraziandolo con gli occhi che erano grandi e spalancati in quel momento,
proprio come l’affetto che sentiva per quel bambino con i capelli rossi che era
il suo migliore amico. Si attaccò al braccio di Arthur e sparì nel camino
insieme al bagaglio. Quando arrivò ad Hogwarts salutò con un sorriso Silente
che lo stava aspettando con le mani in grembo, lasciò Arthur col Preside perché
sapeva che dovevano parlarsi e corse velocemente verso i sotterranei. Sentiva
l’odore dei muri di Hogwarts entrargli nelle narici, riconosceva i quadri e le
torce lungo le pareti di quella che era diventata ormai casa sua. Prima ancora
di raggiungere la porta dell’appartamento di Piton questa si aprì e l’uomo in
nero apparve nella cornice dell’ingresso: Harry accelerò la corsa senza dar
segno di volersi fermare e Severus aveva già aperto le braccia per accoglierlo.
Lo prese al volo, sollevandolo da terra come fosse fatto di piume. Quando
l’ebbe fra le braccia chiuse gli occhi: assaporò quella sensazione tanto simile
alla felicità che quel bambino gli dava. Nessuno dei due parlò per qualche
minuto. Harry, la guancia appoggiata sulla spalla del mago, si teneva
aggrappato con una mano mentre con l’altra giocava con i capelli ancora umidi
del suo tutore. Lo faceva per calmarsi, era un’abitudine e Piton glielo aveva
sempre lasciato fare (Severus curava molto di più il suo aspetto da quando
Harry gli gironzolava intorno: piccoli miracoli dell’amore).
- Perché sei andato via? – non
mosse nessun muscolo. A Piton giunse quasi come un rimprovero.
- Perché c’era un lavoro
importante da fare. Harry, non scappo da te, non devi allarmarti se ogni tanto
mi assento. Potrebbe capitare ancora. –
- Ma eri arrabbiato. –
- Anche tu eri arrabbiato. –
Questa volta Harry si scostò quel
tanto per guardare negli occhi neri dell’uomo. L’uomo nero che lui amava alla
follia. Quanta paura aveva avuto che lo avesse abbandonato. Invece era lì, lo
poteva vedere e toccare e parlarci insieme. Gli venne da piangere.
- Non la butto più l’acqua nel
calderone. – Severus lo avrebbe soffocato di baci.
- Me lo prometti? –
- Sì. – Le lacrime tornarono
indietro, gli restò solo un poco il naso rosso.
- Allora adesso mi devi
raccontare cosa hai fatto in questa lunga vacanza. – Harry sorrise sereno
dietro agli occhiali: tutte le paure se n’erano definitivamente andate.
- Ho fatto un miliardo di giochi!
–
- Solo un miliardo? – il pozionista
si lasciò scappare una smorfia dubbiosa.
- Beh… forse erano… centocinque…
Severus, costruiamo una casa sull’albero? –
- Non ti piace più la tua stanza?
-
- Ma no…. è per andarci a passare
le vacanze insieme, io te e Ron. –
- Beh, devo pensarci, dovrà
essere abbastanza grande….che dici intanto di entrare. E’ l’ora del tè. –
- Coi biscotti? –
- Coi biscotti. –
Il bambino si strinse nuovamente
al collo dell’uomo. Severus girò le spalle al corridoio e, ancora con Harry in
braccio, superò l’uscio e chiuse la porta.
Adesso, finalmente, erano a casa.
***
Nota dell’autrice:
Non manco ovviamente di ringraziare chi mi legge e
mi segue in questo tentativo di creare un affresco di quella che,
ipoteticamente, avrebbe potuto essere la vita della piccola famiglia formata da
Harry e Severus. Mi scuso per eventuali imprecisioni o semplificazioni, mi baso
un po’ sull’intuito, sull’osservazione e sulla memoria dei romanzi (e anche su
qualche suggerimento captato ovunque!).