Il Torneo

di Najara
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(Revisionata nel settembre 2016)

 

Un prologo, sei capitoli e un epilogo, già scritti e pronti ad essere postati…

Questa storia deriva in parte da un sogno e l’ho scritta di getto per cui accetto ogni tipo di commento costruttivo o… distruttivo!

E’ la prima storia originale (che parolone… diciamo non scritta su personaggi e mondi creati da altri) che posto per cui mi farebbe davvero piacere conoscere le vostre opinioni in merito!

Buona lettura!

 

 

 

Il Torneo

 

 

Prologo: La Cacciatrice

 

L’aria era fredda, il giorno era agli albori e il cielo era azzurro: una giornata perfetta.

Il villaggio si risvegliò, l’eccitazione rendeva l’atmosfera scoppiettante. I bambini urlavano mentre le madri accendevano i fuochi preparando le colazioni. Gli uomini si radunarono presto in gruppi, chiacchierando a bassa voce, alcuni limavano una lama, altri oliavano una fibbia. Taluni erano ciarlieri e chiassosi talaltri tesi e taciturni.

La donna uscì dalla propria tenda e chiuse gli occhi, assaporando l’aria fresca e i sapori che questa le portava. Il gruppetto di uomini che chiacchierava poco distante le fece cenni di saluto e lei ricambiò inchinando appena la testa. Portava al collo la testa di lupo, era il loro Cacciatore, tutti la conoscevano.

Attraversando il villaggio ricevette saluti, sorrisi e numerosi inviti a unirsi per la colazione, ringraziando continuò a camminare, la sua destinazione era più avanti.

Salì sulla collina che dominava sulle tende e, per un attimo, si voltò a guardarle. Anche da lì era chiara l’animazione che le pervadeva. Accarezzò la testa di lupo mentre il suo sguardo abbracciava la pianura e la foresta: loro erano già lì.

I Clan, così si facevano chiamare, al villaggio avevano dato loro nomi diversi: razziatori, barbari, assassini. Per vent’anni erano stati un flagello. Avevano iniziato razziando le greggi, poi quando il loro numero era aumentato si erano organizzati e avevano rivolto le loro brame ai centri abitati. Avevano ucciso e depredato. Lei lo sapeva: in una di quelle scorrerie aveva perso sua madre e poi, quando i Villaggi avevano iniziato a difendersi, in uno scontro aveva perso suo padre.

Da alcuni anni però era cambiato qualcosa, i Clan si erano raggruppati e avevano iniziato a costruire. Sono allora si era passati al dialogo. Ora i Villaggi e i Clan si incontravano per commerciare e per il Torneo, ovviamente.

La donna distolse lo sguardo dalle tende di pelle dei Clan e raggiunse la sommità della collina. L’aria ora le sembrò meno tagliente, oppure dipendeva dalla leggera fatica causata dalla salita. La Cacciatrice si tolse i comodi stivali in pelle lasciandoli fuori dal cerchio, poi, assaporando il contatto dei piedi con l’erba ancora bagnata dalla rugiada della mattina, entrò tra le pietre sacre. Con un sospiro si sedette a gambe incrociate sul ceppo tagliato della grande quercia al centro del cerchio e chiuse gli occhi.

La sua mente si rilassò e lei lasciò andare ogni pensiero, dimenticò il freddo dell’aria e la durezza della quercia, sola al centro del nulla sentì la foresta, percepì il cervo che brucava l’erba tenera, l’agitazione della lepre, la fame del lupo, udì, con orecchie non sue, il grido dell’aquila e si tuffò assieme ai salmoni nell’acqua del fiume, lottando con coraggio contro la corrente.

Il sole le sfiorò la fronte riscaldandola e richiamandola in sé. La Cacciatrice aprì gli occhi sorridendo al nuovo giorno, si alzò stiracchiando i muscoli indolenziti dall’immobilità e, in un gesto d’abitudine, accarezzò le testa di lupo che portava al collo. Un usignolo la guardò, inclinando la testa curioso, un istante prima di volare via e lei sorrise, ancora.

Dopo tutto quello poteva essere un bel giorno.

 





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