Titolo:
Malevera
Summary:
Negli
ambienti della malavita avevano imparato a non dire certi nomi.
Pairing:
Jim/Sebastian
Words:
812
Rating:
PG13
Desclaimers:
Not mine, gnè.
Notes:
Partecipa alla Sherlothon dello SFI, col prompt #8 (Professor James
Moriarty) del Team Canon.
Malevera
“Sta
razza è 'na malevera ca' nun se vo' fermà
e
je vommeco po' male ca me fa'.”
(24
Grana)
Negli ambienti della
malavita avevano imparato a non dire certi nomi. Avevano imparato
soprattutto a non dire il suo. I più audaci lo sussurravano.
Moriarty. I più invece lo indicavano come “quello
là”. Quello là.
Solo a lui era concesso
pronunciarlo. A volte anche gridarlo.
Per
riflesso, avevano paura anche di pronunciare il nome di Sebastian. Il
braccio destro della mente criminale peggiore di Londra era temibile
come la mente criminale stessa, evidentemente. Sebastian sapeva di
esserlo, ma non gli piaceva che si dessero certe cose per scontate.
Sebastian era temibile anche da solo, altrimenti Moriarty non
l'avrebbe mai scelto come uomo di fiducia. Ma valle a spiegare certe
sottigliezze a idioti come quelli.
Erano
passate diverse settimane dalla morte di Jim – perché
lui poteva chiamarlo Jim
– e già aveva sentito strane storie su di lui. Mormorii,
sussurri.
Alcuni
sostenevano che fosse stato ucciso da Holmes, prima che questi
credesse di poter volare e avesse miseramente a che fare con la forza
di gravità. Altri credevano alla storia del suicidio. I più
increduli raccontavano che quello là
era ancora vivo.
Quello là.
Non si sarebbe mai saputo quale fosse stata la reale fine di quello
là.
Solo
Sebastian conosceva la verità. Solo a lui era concessa.
Aveva
avuto simili privilegi anche quando Jim era in vita.
Una
volta aveva trovato uno scatolone nel suo armadio e, ignorando le
varie minacce scritte sui lati, l'aveva aperto e ci aveva frugato
dentro. Per il puro gusto di farsi scoprire – perché a
Sebastian piacevano le minacce – l'aveva portato in camera e si
era seduto sul letto, per frugare più comodamente. Aveva
trovato per la maggior parte oggetti di varia natura – un
laccio, degli occhiali, un anello – e foto segnate o strappate.
«Trovato
niente di interessante?»
Seb
aveva sorriso alla voce alle sue spalle.
«Che
ci fai con questa roba?» aveva chiesto, mentre spostava un
quaderno con dei fogli stracciati.
«Ricordi
a cui sono affezionato.» aveva risposto lui.
Sebastian
aveva alzato un sopracciglio. «Ricordi sporchi di sangue?»
si era voltato a guardarlo, alzando un fazzoletto di stoffa macchiato
di rosso.
Jim
aveva fatto un sorriso sghembo. «A cosa potrei affezionarmi che
non sia macchiato di sangue, Seb?»
A
lui era venuto un crampo allo stomaco per quella affermazione, ma non
sapeva ancora capire perché. Era tornato a curiosare tra le
cose del suo capo e in fondo a tutto aveva trovato una cornice col
vetro rotto, e all'interno un pezzo di carta ancora leggibile. Era
scoppiato a ridere senza riuscire a fermarsi.
«Cosa
ci trovi di così divertente?» era scattato Moriarty.
«Sei
laureato!» aveva esclamato lui tra le risate.
Jim
aveva alzato gli occhi al cielo, nervoso. «E allora?»
«Non
riesco a immaginarti come insegnante, professor James
Moriarty.» aveva
sghignazzato ancora, leggendo le ultime parole sull'attestato.
Jim
lo aveva guardato male, poi gli aveva tolto dalle mani la targa
rotta, buttandola di nuovo nello scatolone, e gli aveva stretto i
capelli tra le dita.
«Non
hai rispettato la mia privacy, Seb.» aveva mormorato minaccioso
a un soffio da lui «Dovrò punirti per questo.»
«Cosa
vorresti fare? Mettermi un'insufficienza in condotta?» lo aveva
preso in giro.
Jim
non gli aveva dato il tempo di ridere ancora, lo aveva tirato a sé
e gli aveva morso a sangue le labbra. Seb l'aveva lasciato fare –
lo lasciava sempre
fare – e aveva lasciato che fosse la sua lingua a cicatrizzare
l'inevitabile ferita.
Privilegi.
Sebastian
non aveva pianto il giorno che era morto. Neanche quello dopo. Non se
lo poteva permettere. Era un privilegio che nessuno gli poteva
concedere, nemmeno se stesso. Era lui che doveva guidare quella banda
di idioti, definita dai più come la malavita londinese. Quello
che non poteva permettere era che tutto finisse in merda. Tutto
quello che avevano creato insieme, lui e Jim. Il professor
James Moriarty. Gli veniva
ancora da ridere.
Se
l'era trovata davanti qualche giorno fa, quella targa. L'aveva
guardata, e nemmeno allora aveva pianto. Se Jim non era lì a
concedergli quella grazia, non aveva senso usufruirne.
Aveva
chiuso lo scatolone e l'aveva sistemato nell'angolo più remoto
e nascosto dell'armadio.
Non
aveva pianto. Più che altro gli veniva da vomitare per il
dolore.
Trovava
buffo che fosse morto prima lui.
“L'erba
cattiva non muore mai!” gli diceva sempre il prete, dopo averlo
sgridato, cosa che avveniva alquanto spesso. Dato che era erba
cattiva - perché alla fine, dopo che te l'hanno ripetuto fino
alla nausea, credi di
esserlo sul serio – finiva sempre in punizione, e non aveva mai
diritto a niente. Quando poi aveva conosciuto Jim e cominciato a
lavorare per lui, con lui,
era diventato un'erba cattiva utile. Un'erba cattiva con dei
privilegi, e li aveva proprio perché era l'erba peggiore che
c'era in circolazione. Dopo Moriarty. Ecco perché trovava
buffo che fosse morto prima lui.
A
pensarci bene, forse il privilegio maggiore che Jim gli aveva
concesso era stato sopravvivere.
Eppure,
certe notti, Sebastian non riteneva affatto che fosse un privilegio.
E gli veniva da vomitare, per il dolore.
Notes,
again:
Dunque.
Titolo e citazione vengono dalla canzone omonima dei 24 Grana.
“Malevera”
in napoletano significa appunto “erba cattiva”, mentre
per quanto riguarda la citazione in italiano verrebbe: “Questa
razza è un'erba cattiva che non vuole fermarsi, e io vomito
per il male che mi fa.”
(http://www.youtube.com/watch?v=5Vh67YedRXU)
Prendetevela
con la Sherlothon! (E con LivingTheDream
perché dà benedizioni ♥)
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