Ce ne siamo andati tutti e due,
e sopratutto tu.
"Oggi
ricorrono i dodici anni all'omicidio di Kurt Hummel. Il ragazzo,
proveniente da Lima, Ohio..." oddio. Trasalisco e poso la tazza di
caffè, continuando a fissare il televisore senza ascoltare
le
parole. Che bisogno ne ho? So esattamente com'è andata la
faccenda. Non l'ho dimenticato, non potrei mai dimenticarmi di lui.
Era il mio migliore amico. Inconsciamente, inizio a ripercorrere tutto
con la mente. Ancora mi stupisco di quanto ricordo con chiarezza tutto,
anche essendo il più brutto ricordo che mi porto dietro.
Mi ricordo che una
volta Kurt mi
disse «E' sempre una tragedia quando muore una persona
giovane.
Anche se era una merda vivente, tutti lo vedono in modo molto
drammatico. Ci rifilano cazzate alla "aveva tutta la vita davanti!" o
"era così giovane!" quando poi in realtà sanno
benissimo
che non avrebbe mai fatto niente della sua vita, se non rimanere in
questo posto e ereditare il negozio del padre o lavorare con lui. Cose
normali, insomma. Scommetto che se morisse uno di noi due, tutti
direbbero le stesse cose, ma qualcun altro invece sarebbe felice. "Ce
li siamo levati di torno!" avrebbe esultato qualcuno borbottando alle
spalle dei nostri parenti distrutti e, nel giro di qualche anno,
finiremmo nel dimenticatoio» aveva concluso con un gesto
della
mano, bevendo dell'altra bibita dalla lattina.
Io avevo pensato che
avesse ragione,
ma in quel momento non avrei mai potuto immaginare quello che successe
da due mesi a quella parte.
Io e Kurt siamo
cresciuti insieme in
quel posto di merda che era Lima, in Ohio, il posto più
provinciale che conosca. Per intenderci, Lima è una di
quelle
province dove tutti si conoscono e in qualche modo sono tutti parenti.
Noi ci conoscevamo da quando avevamo quattro anni, all'epoca ne avevamo
diciotto a testa e aspettavamo che l'ultimo anno di liceo finisse in
fretta per andarcene di qui.
I nostri progetti per
il dopo
erano anche troppo ambiziosi : New York. Io a seguire legge
alla NYU, lui
alla NYADA o alla Julliard, perché per quanto poteva essere
portato per lo studio, Kurt andava consegnato al mondo dello
spettacolo, andava restituito a casa sua, Brodway.
Sarebbe stata la prima
volta che
saremmo andati in scuole diverse, ma avremmo convissuto in un piccolo
appartamento vicino, possibilmente, ad entrambe le scuole, quindi
avremmo continuato a stare insieme come sempre. In quella particolare
occasione, quando Kurt mi fece quel discorso, io gli avevo
semplicemente toccato il braccio e lui mi aveva sorriso.
In pubblico, noi due
apparivamo come
opposti : io stronzo, opportunista, carismatico e sfrontato, Kurt
buono, leale, insicuro e timido, ma quando andavamo in collina eravamo
noi stessi. Quando eravamo solo noi due, ero io quello timido e
insicuro e Kurt era quello più forte, che doveva
rassicurarmi
sempre per tutto e doveva impedirmi di fare cazzate, perché
tutte le cazzate che ho fatto erano quando non c'era lui a consolarmi e
sostenermi come sempre. La sua non era una facciata, perché
era
timido davvero, o forse solo diffidente. Anni e anni di prese in giro
per la sua voce e il suo aspetto lo avevano reso molto diffidente.
Il nostro rapporto era
sempre stato
frainteso, quindi lo chiarisco qui
e ora : non ci amavamo. Il nostro era un rapporto troppo fraterno per
stare insieme, anche se tra noi non mancavano gli abbracci e le
coccole. Erano il nostro modo di farci forza quando ripeterci che se
piangevamo ci si arrugginivano le guance non funzionava. Nelle
occasioni in cui io o lui stavamo per piangere, sopraffatti da tutta
quella bigottaggine e quelle sofferenze che i nostri cari concittadini
del cazzo ci riversavano addosso, uno dei due abbracciava l'altro.Non
erano quegli abbracci sterili, ma di quelli che ti avvolgevano
completamente, offrendoti quella spalla di cui raramente avevamo
bisogno. Non so per quale motivo, ma, abbracciati in quel modo, ci
calmavamo immediatamente.
Alle volte ci penso
ancora, sul
perché Kurt mi fece quel discorso. Era novembre e stava per
piovere, ma noi eravamo comunque in collina. Ci andavamo tutte le sere
dopo cena, e spesso ci rimanevamo fino alle undici passate, poi
tornavamo a casa. Penso che mi abbia fatto quel discorso
perché
aveva sentito la morte accarezzargli le spalle.
Due settimane dopo da
quel suo
discorso accadde. Ero a casa e facevo i compiti di matematica, mia
madre entrò nella mia stanza mentre parlava al
telefono «Sebastian, hai visto Kurt oggi?»
mi aveva
chiesto, coprendo il telefono con la mano «No, oggi non
dovevamo
vederci» avevo risposto, aggrottando le sopracciglia
disse mia madre a telefono. Realizzai che c'era
qualcosa che non andava. Uscì dalla mia stanza e scese le
scale,
io la seguii in cucina «Mamma,
cos'è
successo?» le chiesi mentre lei asciugava i piatti. Mia madre
sospirò «Pare che Kurt non sia tornato a
casa
stasera» disse, con molta leggerezza. Lanciai uno sguardo
all'orologio vicino all' ingresso della cucina. Le undici meno venti. A
meno che non usciva con me, il coprifuoco di Kurt era per le dieci
e non era mai stato infranto fino a quel momento. Sentii
un oscuro presentimento farsi largo in
me «Mamma...»
dissi lentamente «Pensi gli sia successo qualcosa?
Kurt non
fa mai tardi» mia madre si voltò a
guardarmi «Non dire sciocchezze!» mi
rimproverò
con aria severa «Torna a fare i compiti,
su!» disse,
più piano. Quel comportamento mi insospettì
più di
ogni altra cosa.
Verso l'una, Burt
telefonò di
nuovo, stavolta sul mio cellulare. Mi chiese se stessi coprendo Kurt,
se era uscito con qualche ragazzo. Io risposi che non avrei motivo di
mentire su Kurt e sarebbe stato il primo a saperlo se suo figlio fosse
uscito con qualcuno diverso da me. Lui mi ringraziò e
staccò la telefonata. Mi augurai che Kurt tornasse presto,
ma
dopo quattro giorni non c'erano tracce di lui. Iniziai a chiedermi se
non ci avesse abbandonati tutti e se ne fosse andato in
città
prima del tempo e nel mentre cercavo di reprimere ogni brutta
sensazione.
Mi sembrava troppo
strano che Kurt
decidesse di scappare di casa senza neanche avvisarmi o lasciare un
biglietto. Mi sembrava anche troppo strano che fosse uscito mentre era
da solo in casa, visto che fino alle sette suo padre lavorava in
officina e Burt aveva detto di non averlo visto a casa quando era
tornato. Inconsciamente, cercavo di venire a capo di un delitto poco
intricato.
Mi ricordo che scrissi
tutto su un
foglietto. Scrissi il probabile lasso di tempo in cui Kurt doveva
essere uscito, dove potesse essere andato (posti che poi controllai
tutti, a parte New York perché era troppo lontana) e una
serie
dei motivi per cui doveva essere uscito. Il suo cellulare era
irraggiungibile, scrissi anche questo. I giorni intanto passavano e non
avevamo sue notizie, gettando sia me che suo padre nella disperazione e
inquietudine più feroce. Appena scattò una
settimana
dalla sua scomparsa, iniziarono le indagini. Un mese dopo, lo
ritrovarono.
Morto.
Era stato spinto nel
piccolo ma
profondo lago che segnava il confine con la città -
raggiungibile solo mediante un ponte- con una pietra grande quanto un
pallone da calcio legata al collo. Era morto soffocato sia dall'acqua
che dalla corda legata stretta al suo collo pallido. Non piansi mai
tanto in vita mia come quando ci fecero vedere il cadavere.
Il medico legale ci
spiegò (
anzi, mi spiegò, visto che suo padre, per il bene del suo
cuore,
aveva preferito mandare solo me) che il cadavere di Kurt era risalito
perché la corda che lo teneva legato si era spezzata, e che
sul
corpo erano stati rinvenuti segni di colluttazione. Cercavo con tutto
me
stesso di non piangere, di fare qualsiasi altra cosa tranne che
piangere, ma alla fine cedetti pensando che l'unico modo per smettere
subito di piangere se ne era andato e non sarebbe mai più
tornato. Venni interrogato dalla polizia e quando tornai a casa, da mia
madre.
Mi fece sedere a tavola
e
incrociò le braccia «Tu sapevi qualcosa,
non è
così?» mi chiese con tono inquisitorio. Scoppiai a
piangere di nuovo, perché mi aspettavo che la polizia
potesse
sospettare di me, ma non mia madre. Mia madre parve spiazzata da quella
reazione, perché non mi vedeva piangere da quando ero
piccolissimo. Mi chiese scusa e mi accarezzò i capelli, io
piansi abbracciandola. Non era la stessa cosa, ma mi calmò
almeno parzialmente. Per molte notti, l'immagine di Kurt che
lottava prima di venire spinto in un lago e lasciato morire
tormentò i miei sogni.
I funerali di Kurt si
svolsero senza
che non avessero trovato ancora nessun colpevole. Molti pensavano a un
suicidio, ma i segni di lotta smentivano ogni dubbio. La maggior parte
dei cittadini continuava a ripetere che fosse una tradegia e che Kurt
aveva tutta la vita davanti. Mi ricordo che rimasi frastornato da
quelle parole. Non mi sorpresi, tuttavia, quando qualcuno
bisbigliò che era la punizione per la sua
omosessualità.
Kurt aveva predetto ogni cosa e me lo aveva riferito, perché
almeno io non mi lasciassi andare a quelle frasi di circostanza.
Oggi come oggi,
più che
rimpiangere la morte di Kurt, rimpiango il fatto di non essere stato
vicino a suo padre. Quando Kurt aveva otto anni suo madre era
morta, e posso
solo immaginare quanto la morte del suo unico figlio lo avesse
devastato.
Comunque, l'anno scolastico finì e mi diplomai. Il preside
della
nostra scuola mi aveva offerto di dire due parole su Kurt, ma io avevo
rifiutato. Finì per dirle Quinn Fabray, capoclasse,
capocheerleader e capo di un sacco di altre cose, dicendo tutto quello
che sapeva su Kurt, ovvero niente di niente. Tutti applaudirono, io
rimasi sotto shock. In un'altra occasione, Kurt aveva citato Jhon
Lennon "Tutti ti amano quando sei due metri sotto terra" aveva detto e
io riscontrai quella citazione immediatamente. A fine Agosto andai a
New York, abbandonando per sempre l'idea di un appartamento e chiedendo
di alloggiare nel dormitorio scolastico. Ogni volta che passavo davanti
a un teatro o vicino alla NYADA, sentivo una fitta di dolore.
Esattamente un anno dopo la sua morte, il caso si concluse. Erano stati
quattro ragazzi. Uno di loro, Azimio Adams, si era costituito alla
polizia. Non volevano ucciderlo. Lo avevano picchiato, lo avevano
attirato usando me come esca e quando era svenuto avevano creduto fosse
morto, perciò avevano lanciato nel lago. Rimasi scioccato da
questa rivelazione, capendo che Kurt era morto per venire ad incontrare
me vicino al lago.
A volte mi chiedo come mai ci sia cascato, altre lo sogno.
Ancora oggi, a dodici anni dalla faccenda, mi manca molto.
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Buon pomeriggio lettori temerari!
Piaciuta la one-shot? Da quando ho iniziato a scriverla ad ora che la
pubblico sono cambiate un mare di cose.
L'omicidio di Kurt, ad esempio. Inizialmente la shot doveva essere
proprio uno spezzone di quelli che poi sono diventati i ricordi di
Sebastian, in cui si narrava proprio la storia d'amore tra lui e Kurt.
Alla fine ho preferito continuare su questa linea. Il fatto che
Sebastian lo ricordi a dodici anni dalla morte mentre lo dicono alla
televisione è una cosa che ho deciso alla fine, per dare
inizio
al flusso di ricordi.
Comunque, tanta Kurtbastian friendship, tanto angst e tante lacrime
(sopratutto di Sebastian LOL). Penso sia uscita così
perché stamattina ho iniziato a rileggere "L'Allievo" mentre
ascoltavo questa
meraviglia, l'ambientazione viene tutta da lì. Non
so se vi ho mai detto quanto amo Le Luci.
Per quanto riguarda Rotten
Boy, Grotesque Romance , sono in visibilissimo blocco. E'
da considerarsi sospesa, mi sa, fino a tempo indeterminato.
Bon, penso di aver finito gli avvisi.
See ya soon,
Robs.
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