Noi – Due Rette
Parallele
Prologo
La vita di
Percy Weasley, dopo la guerra, era scandita dal lavoro, dalle cene
silenziose in famiglia ed infine da altro lavoro che inevitabilmente
doveva compiere la sera tardi, seduto su quella vecchia scrivania che
un tempo era piena di libri di Hogwarts.
Non
si concedeva pause, non si concedeva libertà.
Il suo mantra
girava intorno all'idea che solo lavorando, solo esaurendo ogni neurone
della propria naturale energia, solo faticando, poteva dormire sonni
bui e innocui.
E in fondo i
fatti gli dimostravano che aveva ragione, il suo metodo meritava un
articolo in qualche seria rivista.
Ogni qual volta
si addormentava sul suo vecchio letto, con le lenzuola linde e
profumate di limone, il collo semi-rigido e le palpebre già serrate,
scivolava in un sonno senza sogni o incubi.
Un
breve ed agitato sonno.
Quanto bastava
per dare respiro al suo corpo dalle fatiche umane e poi ripartire con
più energia l'alba seguente.
A lavoro erano
ormai in pochi che gli accennavano delle sue occhiaie spaventose o
della sua tendenza ad ingurgitare caffè bollente e nero ad ogni ora del
giorno e della notte.
E quando
tornava a casa, ormai trascinandosi con le poche forze rimaste, si
metteva a mangiare ignorando gli sguardi preoccupati dei suoi
famigliari, gli occhi spenti del fratello e quella terribile sensazione
di essere la causa.
Il
problema.
Sibilava un
grazie non appena appoggiava le posate e si fiondava nella sua vecchia
stanza a leggere centinaia di fogli, centinaia di righe; cercando in
tutti i modi di annegare in quel mare d'inchiostro e di morire
definitivamente.
Meritava di
morire, o meglio, di scomparire silenziosamente.
Senza i pianti di sua madre, senza il mutismo di suo padre, senza i
sussurri e l'angoscia che vedeva nei fratelli.
Silenziosamente.
Ma oltre ad
essere un completo idiota, un traditore,
era anche un vigliacco.
Un codardo
della peggior specie.
Non aveva
trovato quella forza necessaria ad entrare a far parte della squadra
Auror quando il neo-Primo Ministro in persone glielo chiese, ora poteva
essere morto in chissà quale straordinaria azione.
Invece aveva
ripiegato per un'occupazione al Ministero della Giustizia.
“Precisione, volontà, giustizia e sapienza”
era questo il lungo motto di quel dipartimento, parole che lo
rappresentavano perfettamente, eppure …
Eppure c'era
qualcosa di irrimediabilmente diverso in lui, qualcosa di rotto che gli
rendeva difficile persino respirare profondamente.
Già, Percy il
Preciso era solo un giocattolo rotto, uno di quelli pieni di polvere,
dimenticato nell'angolino e che lentamente marciva.
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