Questa
canzone aiuta decisamente a creare atmosfera:
Einaudi -
The Earth Prelude
Perdonami
«Sono tuo figlio!»
urlò
a Crouch. «Sono tuo figlio!»
«Tu non sei affatto mio
figlio!» tuonò Crouch, gli occhi all'improvviso
fuori dalle orbite. «Io non ho
figli!»
La strega ossuta accanto
a lui trattenne il fiato e si accasciò. Era svenuta.
Crouch parve non accorgersene.
[Harry Potter e il
Calice di Fuoco - Capitolo 30: Il Pensatoio]
Le fiamme
annunciarono il suo arrivo, illuminando la stanza di un bagliore
soffuso. Uscì
dal caminetto, scuotendo la cenere dalle scarpe tirate a lucido.
La casa era
immersa nel buio, nel silenzio.
Avanzò
a
grandi passi verso la scala che conduceva al piano superiore, quasi
senza
respirare, sforzandosi di non posare gli occhi su ciò che
aveva tra le braccia,
su chi aveva tra le braccia.
Non guardarla,
Barty, non guardarla.
Saliva i
gradini con lentezza, misurando ogni passo con cautela. Uno, due, tre...
Fa' piano. Non
svegliarla, Barty, non
svegliarla.
Percorse il
corridoio velocemente; non voleva vedere il corridoio stretto e lungo,
le porte
di legno, la sua stanza. Non voleva
vedere, voleva solo dimenticare.
Non voleva
soffermarsi sui ricordi: i ricordi rendono le persone fragili,
sentimentali, deboli. Lui non poteva
permetterselo,
doveva essere forte, forte per tutte e due.
Altrimenti
lei non ce l'avrebbe fatta.
Distolse lo
sguardo mentre oltrepassava la stanza ormai vuota di quel giovane uomo
che non
gli apparteneva più in alcun modo, di quel giovane uomo che
una volta chiamava
figlio.
Aprì
la
porta della loro camera ed entrò a fatica, per adagiare il
corpo inerme della
moglie sul letto.
La debole
luce lunare, filtrata dalle tende di lino, illuminava il suo viso,
rendendolo
ancora più pallido.
Distogli lo
sguardo. Non guardarla, Barty.
Eppure non
riusciva a smettere di fissarla: il volto magro, smunto, prosciugato
dal
dolore. Gli occhi velati dalle palpebre che sembravano più
pesanti che mai, le occhiaie
violacee e marcate.
Le labbra -
quelle belle labbra, una volta così rosee - erano
mortalmente pallide, il petto
si muoveva a malapena, scosso da respiri lievi.
Guarda a cosa
l'ha portata tutto questo.
Guarda come l'hai ridotta.
Si
avvicinò
a lei lentamente, quasi temesse di toccarla. Iniziò a
spogliarla con pazienza e
discrezione, come un genitore fa con il figlio che si è
addormentato sul letto
ancora vestito.
Era
così
fragile, così delicata.
«Eveleen,
Eveleen», ripeteva il suo nome con un mantra, un sussurro
fievole.
Perdonami.
Le
allacciò
la camicia da notte con cura, bottone per bottone, le sciolse i capelli
ingrigiti dal tempo, le rimboccò le coperte.
L'ombra di
un sorriso passò sul volto di lei, ricordo di giorni
passati.
Bartemius
accarezzò
la sua guancia, per poi baciarle la fronte con dolcezza.
Come se ne fossi
capace. Tu non la meriti.
Si sedette
silenziosamente, per poi sdraiarsi nel letto accanto alla moglie, senza
nemmeno
svestirsi.
Dormiva
profondamente, quella terribile giornata l'aveva spossata
all'inverosimile.
Dormiva
profondamente, chissà se sognava.
Sospirò,
fissando il soffitto scuro con insistenza, per non lasciarsi andare a
ricordi
troppo dolorosi.
«Tu non
sei affatto mio figlio».
L'aveva
sentita gemere, durante il processo. L'aveva sentita soffrire, accanto
a sé,
per poi vederla svenire, accasciarsi sulla sedia.
Aveva
sentito l'impulso di chinarsi su di lei, stringerla tra le braccia,
portarla
via da lì... ma non aveva potuto farlo.
Perdonami.
Eveleen
mormorò
nel sonno. Un nome. «Bartemius».
Chissà
se sognava
lui, oppure quell'altro. Quell'altro di cui si vergognava, quell'altro
che
portava il suo nome. "Tuo figlio, nostro
figlio", avrebbe detto lei.
No,
Bartemius non era suo figlio. Non più.
La fronte di
porcellana della donna si corrugò.
«Bartemius», pronunciò con
più vigore. La
mano piccola e delicata scattò, stringendo convulsamente la
sua sotto le
lenzuola.
Barty
trasalì. Stava avendo un incubo? Era spaventata?
Perdonami.
Cercò
di
chiudere gli occhi, di addormentarsi, ma l'immagine di suo figlio
impressa
sulla retina era impossibile da scacciare. Bartemius, così
simile a lei.
Nostro figlio,
che ora è solo tuo, Eveleen.
Come se avesse
percepito i suoi pensieri, la moglie gli strinse ancora di
più la mano.
Perdonami,
Eveleen. Ho fatto solo il mio
dovere. Non di padre, ma di giudice.
Perdonami.
«Eveleen»,
un sussurro sulle labbra prima di addormentarsi.
«Bartemius».
Crouch trasse un
profondo respiro tremante, poi prese a parlare in tono piatto e
inespressivo.
«Mi ha salvato mia
madre. Sapeva di stare per morire. Ha convinto mio padre a salvarmi
come ultimo
desiderio. Lui l'amava come non ha mai amato me».
[Harry Potter e il
Calice di Fuoco - Capitolo 35: Veritaserum]
Che dire.
Qualche settimana fa stavo leggendo Harry Potter e il Calice di Fuoco
in inglese e mi ha colpito un passaggio a cui non avevo mai dato troppo
peso nella versione italiana. Mi sto riferendo proprio allle citazioni
all'inizio e alla fine di questa storia. Sono rimasta profondamente
impressionata da queste parole, così tanto che ho deciso
- e spero di averlo fatto decentemente - di render loro
giustizia con questa fanfiction.
Averla scritta
con la musica di Ludovico Einaudi (di cui mi sono follemente
innamorata) in sottofondo è stato davvero qualcosa di magico.
Spero vi sia
piaciuta.
Jo
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