In another life, I would be your girl.

di GiulsTrevino
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Cosa fareste se aveste la possibilità di cambiare totalmente vita ma raggiungere l'unica persona che riesce a farvi battere il cuore? Cogliereste l'occasione, o lascereste mandare tutto al diavolo?

Era un freddo giorno di novembre. Correvo cercando di restare sotto ad un ormai sgualcito ombrello. L'oroscopo quella mattina diceva : "Attenzione, oggi grandi cambiamenti."
Avevo sbuffato ed ero uscita di casa borbottando qualcosa sull'inutilità di certi "programmi".
Quella mattina avevo scuola e poi sarei uscita con qualche amica per il centro. Arrivata davanti al solito opaco edificio, mi sedetti alla solita panchina per fumare una delle mie solite sigarette. Marlboro rosse.
Un gruppo di primini mi passò di fronte, ridevano e chiacchieravano sul calcio e wrestling. -Solite cose da maschi.- mi dissi, scuotendo la testa. -Non sanno fare altro. Macchine, calcio, wrestling, moto.-
Perchè mi sembravano tutti così dannatamente uguali? Erano così ridicoli i loro discorsi per me. Così insulsi.
Finita la pausa fumo entrai, saluti Carla, la bidella pugliese. Presi le scale di destra e feci il mio ingresso in aula. Solite cose. Italiano, Storia, Matematica e Economia. Odiavo la scuola, odiavo dover studiare cose che non mi sarebbero mai servite a niente.
Intervallo.
Finalmente, oserei dire.
Solito angolo, solite scale, solite amiche. Sorrisi sedendomi accanto a Natasha che mi stava già offrendo una sigaretta. Eravamo amiche da otto anni, eppure mi sentivo un'estranea. Con tutte loro.
Non sapevano niente di me, del mio amore per lui e della mia voglia di scappare via da questa inutile città. Tutte queste persone uguali, e fottutamente stupide mi asfissiavano.
Mi mordicchiai un labbro innervosita da tutte queste ragazzine e i loro urletti da prima elementare. Finita la paglia, mi diressi di nuovo in classe. Geografia, Inglese e Francese.
Geografia sembrava non terminare più. Appena suonò la campanella, tirai un sospiro di sollievo. Non ne potevo più di montagne, colline e chissà cosa. Ora Inglese. Un enorme sorriso comparve sul mio volto, si, Inglese.
Amavo fare Inglese, amavo imparare quella lingua. La professoressa Cuoghi entrò con i soliti tacchi da 15 cm. e con più trucco di Moira Orfei. Salutò ed iniziò la lezione. I quarantacinque minuti più belli della mattinata.
Passò Inglese, e durante Francese mi feci una sana dormita.
(..)

Finalmente fuori mi avviai al bar del centro dove Roberta e Valentina erano ad aspettarmi. Prendemmo il solito menù (Panino, the alla pesca e patatine)
Dopo aver pagato, uscendo dal bar, mi cadde il portafoglio. -La solita sbadata.- disse ridendo Vale. Soffiando consapevole mi chinai per raccoglierlo quando lo vidi.. Vidi quel dannato biglietto.
Era piccolo, giallo appassito, e con scritte nere. Non capivo cosa ci facesse nel mio portafoglio, non l'avevo messo io. Me ne sarei ricordata.
Sentivo gli sguardi delle mie due amiche fissi su di me, incapaci di capire cos'avessi trovato. Infilai il biglietto in tasca, l'avrei letto più tardi. Sorrisi rialzandomi.
-Allora, andiamo?-

(..)

Aprii la borsa adagiata sul letto, dopo cinque minuti di beato silenzio. Ero elettrizzata ma allo stesso tempo spaventata. Non mi capitavano queste cose, mai.
Presi tra le mani quel piccolo foglietto, indecisa ancora se andare avanti o fermarmi. Una scia di goccioline scese attraverso il collo.
-Oh, al diavolo.- esclamai. Sciolsi la carta, stendendola bene. Mi stropicciai gli occhi, ed iniziai a leggere decisa, tutto d'un fiato.



Siamo liete di annunciarle che ha vinto un biglietto per New York, in occasione della quindicesima inaugurazione della mostra "Noi aiutiamo".
Ospite d'onore : Michael Trevino.



Il respiro inizò ad affannarsi terribilmente, le ginocchia a tremare, le mani a sudare. L'unica cosa che non si muoveva era la bocca. La lingua si era come appiccicata, incastrata in qualche buco.
Soffiai pesantemente cercando di prendere il fiato necessario. Finalmente deglutii, non persi tempo.
-Mamma!- urlai.

( . . to be continued. )




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