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“Avanti”
Mormorò Gary con noncuranza
sentendo il cicalino del suo alloggio, mentre continuava a piegare
pigramente
le maglie gialle della sua uniforme
“Ehi”
Il tenente Mitchell si
bloccò un
attimo sul posto, prima di poter fare mente locale, quando la porta
grigia si
richiuse dietro Jim
“Che ci fai qui?!”
L’amico dai capelli chiari
alzò
le spalle, sulla sua espressione stanca era presente un mezzo sorriso
“Mi hanno dimesso”
“E non mi hai detto niente?!
Ti
sarei venuto a prendere!”
Gary quasi si accigliò ma
Jim
per tutta risposta ridacchiò tra sé
“Grazie ma so salire sul
teletrasporto da solo!”
Esclamò avvicinandosi al
letto
dell’amico, sul quale si lasciò stancamente cadere
sulla schiena, stirando
abbondantemente braccia e gambe. Gary sospirò molto
rumorosamente, per farsi
sentire, seccato di come non fosse stato avvertito al momento, e Jim
sorrise
ancora di più
“Ti ho disturbato?”
“No, stavo solo mettendo un
po’
in ordine…”
Mormorò aprendo il cassetto
delle uniformi per sistemarvi le maglie fresche di bucato e ben piegate
“Strano…”
Bofonchiò Jim, abituato al
sempre totale caos nel quale viveva Gary, da che ricordava, era sempre
stato
così. Il suo piccolo alloggio, come prima di esso era stata
la camera
all’accademia, era colmo dei più svariati oggetti,
utili o meno che fossero.
Ninnoli, sopramobili, libri e quant’altro, posizionati
più o meno alla rinfusa
su tutte le superfici, costituivano il mondo disordinato del suo
migliore
amico.
In questo era quanto di più
diverso da lui ci fosse, per Jim, abituato ai suoi alloggi spartani,
con pochi
oggetti ai suoi occhi preziosi, quel piccolo mondo appariva fin troppo
saturo.
Si chiedeva spesso come facesse Gary a non sentirsi soffocare da tutti
quegli arnesi.
“Aspetti qualcuno?”
Chiese ancora, non era da Gary
riassettare la sua stanza, a meno che non ci fosse
un’ispezione del capitano,
ma anche in quel caso non era da lui comunque.
“No, è appena andato via qualcuno…”
Rispose Gary con un languido
sorriso soddisfatto che Jim contraccambiò
“Oh… spero tu
abbia cambiato le
lenzuola…”
Aggiunse sottovoce, non che gli
interessasse particolarmente, si sentiva talmente stanco che non si
sarebbe
alzato da quel materasso per nessun motivo al mondo al momento.
“Hai portato a bordo tutta
la
tua roba?”
Jim annuì
“Non potevo certo lasciarla
in
ospedale… E’ stato bello rivedere la faccia del
capitano, mi era mancato!”
“Oh beh tu a lui
sì, e molto!”
“Immagino…”
In realtà la nave gli era
molto
mancata, e, in un certo qual modo, anche il capitano Garrovich, che dal
canto
suo era stato costantemente in pensiero per il suo miglior tenente, per
quanto
scavezzacollo fosse.
Anche se, Jim doveva ammetterlo,
con tutto quello che gli era accaduto in quelle settimane passate alla
base, la
nave, il capitano, le missioni, nemmeno lo spazio erano stati nei suoi
pensieri.
Per la prima volta in tutta la
sua vita il suo lavoro non era restato al primo posto,
qualcos’altro aveva
occupato la sua mente e soprattutto il suo cuore.
E fu proprio il realizzare tutto
questo che lo aiutò a dare finalmente un nome a
ciò che provava per quell’uomo
dagli occhi celesti che gli aveva salvato la vita.
Gary si sedette sul materasso e
finalmente poté osservarlo. Jim aveva l’aria
stanca, spossata in qualche modo.
Delle leggere occhiaie gli segnavano gli occhi e il suo sguardo era
decisamente
altrove e Gary sapeva fin troppo bene dove.
Sapeva perché Jamie non
dormiva serenamente,
sapeva quali pensieri lo tenevano occupato. Altre volte aveva visto
quell’espressione, ma mai era stata così torva,
mai era durata tanto a lungo.
“Come stai?”
Domandò sorridendo,
dolcemente.
Il ragazzo biondo alzò le spalle
“Bene, altrimenti non mi
avrebbero dimesso”
“Non intendevo
fisicamente”
Jim girò il viso,
cominciando a
fissare il muro e aggrottò impercettibilmente le
sopracciglia chiare
“Sto bene”
Mormorò, e fu appena
percettibile la sua voce, Gary sorrise e scosse la testa
“Non è
vero”
Gli diede una pacca sulla gamba
facendogli cenno di spostarsi qualche centimetro per fargli spazio e si
sdraiò
accanto a lui. Jim girò il viso nella sua direzione
“Che ne sai?”
“So sempre quando non stai
bene”
Era fin troppo palese il
malessere di Jim, ogni malessere.
Ogni più piccola cosa che non andava si palesava in quello
sguardo chiaro dal
colore indefinito, ogni più piccolo dispiacere era
lì, per chiunque volesse vederlo.
E Gary ne aveva visti molti, fin troppi.
Conosceva il modo che aveva Jim
di chiudersi in sé, ingoiando ogni problema, evitandolo, ed
anche in questo era
identico a lui.
Conosceva alla perfezione il
modo che aveva Jim di arrivare al massimo sopportabile e di liberare
poi, di conseguenza,
ogni emozione trattenuta in sfuriate quasi violente, per poi
ricominciare da
capo a immagazzinare ogni cosa, fino al nuovo riempimento e fino alla
nuova
rottura.
E anche in questo erano simili.
E in virtù del loro tacito
accordo non verbale, sopportavano questa situazione, nessuno affrontava
i
propri problemi e nessuno aiutava l’altro ad affrontarli,
perché non ne erano
in grado; nessuno dei due aveva il carattere e la maturità
necessaria per
essere di un maggiore aiuto all’altro in quel campo.
E perciò l’unico
aiuto che aveva
sempre potuto dare a Jamie era quello di sopportare le sue sfuriate,
portarlo
fuori a bere una birra, presentargli l’amica di una propria
ragazza. Nulla di
più, nulla di realmente utile.
Lui che avrebbe fatto qualsiasi
cosa per il suo migliore amico di sempre, lui che avrebbe volentieri
sacrificato ogni cosa, anche la vita, come molte volte aveva messo a
repentaglio e molte altre volte avrebbe fatto in futuro, non riusciva,
concretamente, ad aiutarlo. E questa sua incapacità, a cui
non aveva mai
pensato, di cui non si era neppure mai reso conto, pesava adesso come
il più
forte dei rimorsi.
Non si era mai reso conto di
quanto fosse inadeguato, non se n’era reso conto fino a
quando l’animo di Jim
non aveva trovato quello, a lui complementare, del dottor McCoy.
“Lo dimenticherai prima di
quanto immagini…”
Mormorò, guardando il
compagno
sdraiato accanto a lui, che fissava ora il soffitto, con aria assente.
E non
era un augurio puramente egoistico, o almeno sperava davvero che
così non fosse,
che non fosse così meschino. Era semplicemente una
costatazione, era una logica
affermazione. Era la vita.
Jim avrebbe dimenticato anche
quella storia, non appena la sua missione nello spazio fosse ripresa,
il lavoro
sarebbe tornato al primo posto, il suo futuro e la sua carriera
sarebbero
tornati ad essere la sua preoccupazione principale, perché
era sempre stato
così.
E anche se quella volta era
tutto un po’ diverso, tornare a viaggiare avrebbe sortito
ugualmente il suo
effetto, anche se ci sarebbe voluto forse più tempo.
Jim sarebbe stato bene, contava
solo questo.
“Non lo voglio
dimenticare…”
Mugugnò Kirk, di nuovo
aggrottando le sopracciglia, Gary guardò il suo volto, non
era certo che Jim si
fosse reso conto di averlo detto o fosse convinto di averlo solo
pensato, la
sua espressione era fissa e quasi sperduta, i suoi occhi puntavano il
soffitto
del suo alloggio ma vedevano tutt’altro
“… non voglio
dimenticare i suoi
baci…”
Mormorò ancora e Gary fu
certo
che l’amico non si fosse accorto di averlo davvero
pronunciato quando, tiratosi
su col busto per osservarlo meglio, Jim gli lanciò
un’occhiata curiosa e il
ragazzo bruno sorrise
“Sono qui Jim, per qualsiasi
cosa…”
Era l’unica frase che
potesse
dirgli in quel momento e il bel viso dell’amico si
rasserenò lievemente,
lasciando comparire un delizioso sorriso
“Lo so…”
Batté il palmo della mano
sul
materasso facendogli cenno di sdraiarsi di nuovo accanto a sé
“… tu sei sempre
qui, ho
imparato a sopportarti!”
Esclamò sorridendo
poggiando la
testa chiara sulla sua spalla, Gary ricambiò
l’ironica espressione
“Ah dovrai fartene
un’abitudine
mio caro, perché sulla tua bella Enterprise ci
salirò anche io!”
“Non ho alcuna intenzione di
salirci da solo”
Fu l’immediata a mormorata
risposta di Jim.
Fin da quando erano due
ragazzini avevano sempre immaginato le loro avventure spaziali, non
avevano
parlato di altro argomento per lungo tempo.
Avevano sempre saputo, entrambi,
quale sarebbe stato il loro futuro, e avevano lavorato sodo, insieme,
per
costruirselo. E finalmente vi erano giunti, stavano vivendo quelle
avventure
che si erano sempre immaginati, fianco a fianco, com’era
sempre stato.
E, sognando il proprio futuro,
le proprie future missioni sull’ammiraglia della Flotta, come
capitano e primo
ufficiale, con la testa sulla spalla del suo migliore amico, Jim si
addormentò,
serenamente, dopo settimane che non vi riusciva.
**
-Diario personale
del tenente Kirk. Data stellare 5546 punto sette. Le otto settimane che
siamo
stati costretti a trascorrere in questa base sono ormai finite e tra
due giorni
ripartiremo e riprenderemo la missione, come Starfleet ha ordinato,
seppur
sotto richiesta del mio capitano.
Le mie condizioni
fisiche sono ottime, non risento di alcuno strascico, anche se per i
primi
tempi mi hanno raccomandato di non fare alcuno sforzo, ci
proverò.
Una parte di me è
molto felice di ripartire finalmente, è stata la mia
più lunga permanenza in un
luogo da quando ho iniziato a prestare servizio nella Flotta, e non
credo di
essere fatto per rimanere a lungo in un porto, non adesso almeno, non
prima di
aver esplorato questa galassia.
In realtà questo
tempo mi è volato… Sono state
settimane… intense.
Non ho più avuto
modo di parlare con il dottor McCoy, né di vederlo, se non
per uno sporadico
saluto, sembra essere costantemente impegnato, molto più del
solito, senza
contare la sua impostata freddezza nei miei confronti…
Vorrei parlargli,
devo farlo prima di ripartire…-
**
“Signor
Mitchell…”
Il dottor McCoy rimase stupito
quando, aprendo la porta, si trovò
davanti il volto del giovane tenente amico di Jim, nel cuore della
notte, o
meglio, di quella che per pura convenzione alla base stellare veniva
definita
tale.
“Posso
entrare?”
In realtà
l’ultima cosa di cui Leonard aveva bisogno era una
discussione notturna a rubargli il suo già risicato e
disturbato riposo, ma non
poté fare altro che scostarsi dalla porta facendo cenno a
Gary di entrare in
casa.
“Come sta
Jim?”
Chiese Bones non appena il
giovane si accomodò sul divano,
preoccupato per la leggera agitazione del ragazzo, che poteva voler
dire molte
cose
“Perché
non lo chiede a lui?”
“Non penso di voler
parlare di questo…”
“Lei non si rende
nemmeno conto di quanto sia eccezionale Jim, né
di quanto stia soffrendo”
Il dottore sospirò
e si massaggiò le tempie
“Me ne rendo conto
signor Mitchell, ma sul serio, non è il
cas…”
“Conosco Jim da una
vita, e mi creda, per quanto banale le possa
sembrare, non l’ho mai visto così. Oh,
l’ho visto innamorato, stava per mollare
tutto e sposare una ragazza tempo fa, era folle di… non
ricordo nemmeno il nome,
ma mi creda, non gli ho mai visto lo sguardo e il sorriso che rivolge a
lei, o
quando parla di lei. E dovrebbe vederlo adesso, se solo lo guardasse
bene, se
riuscisse ad accettare quello che Jim prova lo vedrebbe…
Perché è oltremodo
palese… e non è giusto che lei lo faccia stare
così…”
Mormorò infine
abbassando lo sguardo, una frase che sfuggì alle
sue labbra, stanca e satura del dolore che vedeva nello sguardo
dell’amico e,
forse, velata ancora da una punta di gelosia. Punta che il dottore
vide.
Bones gli si sedette accanto,
sul divano del piccolo saloncino
“Io non te
l’ho rubato, Gary…”
Non aveva mai parlato con quel
ragazzo moro dagli occhi chiari, lo
aveva visto per settimane al capezzale di Jim, muto e scostante, chiuso
in un
dolore che raramente aveva visto nei confronti di un amico, e questo
glielo
aveva fatto apprezzare da subito. Sorrise
“Jim non fa altro
che parlare di te, ‘io e Gary di qua, io e Gary
di là’… qualsiasi cosa lui provi per
me, non altera in nessun modo il rapporto
che ha con te…”
Alzò le spalle
“…ogni
rapporto è diverso, un nuovo affetto non cancella
né
modifica quelli vecchi. Jim ti adora, sei il suo migliore amico, questo
non
cambierà mai. Non fa altro che fantasticare su quando sarai
il suo primo
ufficiale sull’USS Enterprise!”
Una leggera risata di entrambi
allentò la tensione
“Sono dieci anni che
lo ripete…”
Annuì Gary, poi
tornò serio
“Io… lo
so, davvero, come… tu devi
sapere che Jim si è legato a te, molto…
Devi pur saperlo!”
Sospirò e si
passò una mano tra i capelli, se non riusciva Jim a
parlare con il dottore, nessuna sua parola avrebbe scalfito quel muro
che
sembrava circondare quell’uomo, per ragioni di cui Gary non
era a conoscenza ma
che nemmeno gli sarebbero importate.
Quella discussione rischiava
solo di protrarsi per ore,
inutilmente. Perciò annuì, chiedendo
l’unica cosa che gli stava veramente a
cuore
“Vorrei solo che lo
venissi a salutare dopodomani alla nostra partenza,
si merita almeno questo”
Disse con decisione, non
avrebbe accettato una risposta negativa
in alcun modo, non avrebbe visto lo sguardo di Jim ancora
più deluso e ferito
di quanto già quell’uomo non avesse fatto.
Non gli avrebbe causato altro
dolore.
Bones annuì e,
vedendo il ragazzo avviarsi alla porta, lo seguì
“Verrò…”
“Sì? Beh
eviterò di dirglielo comunque…”
Mormorò Gary,
fissandolo ancora, lanciando il suo ultimo attacco
con quello sguardo adirato
“…non
voglio alimentare false speranze, non si sa mai… buonanotte
dottore…”
Non attese alcuna risposta e
uscì dalla casa di quell’uomo.
**
Il giorno dopo la Ferragut
sarebbe finalmente ripartita, avrebbe
lasciato quella base in quell’angolo sperduto
dell’universo che, in appena due
mesi, era divenuta per Jim così dannatamente importante.
Poche ore mancavano ormai a
quel fatidico momento, e ogni cosa
sarebbe ricominciata, interrompendo quella surreale stasi nella quale
si era
ritrovato a vivere per quelle settimane.
Certo non si sarebbe mai
aspettato di trovare il suo destino in
quel luogo, incontrato per pura coincidenza a causa di un incidente
banale e
pericoloso nel quale era quasi morto. Eppure quel fatto aveva messo in
moto una
catena di eventi che avrebbero segnato per sempre la sua vita.
Ma tutte queste cose ancora
non le sapeva, forse le sentiva, nonostante
tutta la confusione e l’amarezza che aleggiavano sulla sua
testa mentre
camminava avanti e indietro per quei corridoi grigi e freddi della
base, senza
una reale meta, semplicemente per tentare di prendere sonno.
I suoi passi distratti lo
avevano condotto proprio sul ponte di
osservazione, un amaro sorriso gli comparve sul volto mentre si
avvicinava alla
balaustra, proprio su quell’esatta mattonella in cui aveva
baciato Bones, per
la prima volta.
Momenti preziosi e dolcissimi
che avrebbe sempre tenuto stretti ma
che si legavano a tutto ciò che poi era seguito e che lo
faceva soffrire, come
non riteneva nemmeno possibile che si potesse, non lui.
“Ciao”
La voce bassa e calda di
Leonard lo fece gelare sul posto, non si
aspettava di trovarlo lì, non si aspettava di trovarlo
affatto, per quanto il
suo inconscio potesse sperarlo, ma evidentemente non era il solo a non
riuscire
a dormire quella notte, e non era il solo ad essere stato trascinato in
quel
luogo dai propri, traditori, passi.
“Ciao…”
Rispose a bassa voce, quasi un
sussurro, e fu certo che le sue
gote furono arrossite mentre il cuore prese a battergli velocemente. Si
morse
la lingua cercando di darsi un contegno, cercando di sembrare meno
stupido di
quanto finora avesse fatto, ma non era facile, non con il calore di
Bones così
vicino, quel calore che aveva provato e dal quale era già
dipendente.
“Non vai a
dormire?”
Mormorò il dottore
portando le mani dietro la schiena, cercando di
apparire sereno, tranquillo, mentre il suo sguardo chiaro si perdeva
nella
profondità senza fine dello spazio aperto.
“Tra un
po’… non ho molto sonno”
“Come ti senti? Hai
ancora i giramenti di testa?”
“No, sto bene,
grazie”
Sospirò e
alzò le spalle
“Tu come
stai?”
Il dottore
ridacchiò e alzò le spalle a sua volta
“Uno
schifo!”
Jim girò appena il
viso nella sua direzione e i loro occhi si
incontrarono per qualche istante
“Mi
dispiace”
Mormorò il ragazzo,
sentendosi responsabile di quel malessere che
li accumunava. Una responsabilità della quale non riusciva
proprio a pentirsi.
McCoy respirò profondamente, avrebbe voluto dirgli di star
tranquillo, che non
era affatto colpa sua, invece restò muto, perché
non sarebbe stata la verità.
“Potrò
scriverti?”
Domandò Jim ma non
attese una risposta del dottore
“O magari
è meglio di no”
Aggiunse sottovoce, Bones
sorrise dolcemente, di nuovo non poteva
resistere a quella inconscia tenerezza
“Avrai talmente
tante cose da fare lassù Jim, che non avrai
nemmeno il tempo di dedicarmi un pensiero”
“Ne sei proprio
convinto eh? Poi dicono che il testardo sono io…”
Bones non avrebbe mai
ascoltato le sue parole, non avrebbe mai
creduto alla sincerità dei suoi sentimenti, non si sarebbe
mai fidato di lui,
e, sinceramente, non poteva dargli torto.
Nonostante dai suoi occhi
trasparisse ogni cosa, traspariva una
verità che Bones non accettava, una verità della
quale aveva ancora paura.
“Mi sono
innamorato… una volta…”
Mormorò Jim,
fissando ancora dritto davanti a sé, mentre i
miliardi di stelle del cosmo si riflettevano nel suo sguardo
“… o
forse due, o almeno così credevo, ma era un’altra
cosa
invece…”
O forse era un’altra
cosa quella che provava in quel momento,
vicino a lui, qualcosa di più forte, qualcosa che non aveva
nome.
“Come lo
sai?”
Domandò
ingenuamente l’uomo e Jim alzò le spalle
“Te lo direi, ma non
mi crederesti…”
Girò il bel viso di
nuovo roseo verso di lui, incatenando gli
occhi nei suoi, quegli occhi così dolci e sinceri che non
chiedevano altro che
di essere letti e fu McCoy a distogliere lo sguardo per primo.
Jim sorrise
“Beh, buonanotte
Bones…”
Sussurrò e si
voltò verso il corridoio, ma la mano dell’uomo
incontrò la sua.
A giudicare
dall’espressione stupita di Bones stesso, doveva
essere stato un movimento del tutto istintivo che non aveva
controllato. I suoi
occhi celesti fissavano la propria mano stretta in quella del ragazzo,
e al
momento null’altro era importante, solo che Jim non se ne
andasse.
Lo avrebbe perso il giorno
successivo, lo avrebbe perduto in poche
ore, e questo pensiero lo faceva impazzire come mai gli era accaduto
prima.
Perché se quel
sentimento era del tutto nuovo per Jim lo era anche
per Bones, nonostante lui conoscesse l’amore, forse
più nei suoi difetti che
nelle sue qualità, non aveva ancora conosciuto quel calore
unico, quella pace
interiore, che solo il viso di quel ragazzo, il suo sorriso e le sue
mani gli
provocavano.
E nonostante sapesse bene che
era sbagliato, perché il giorno dopo
avrebbe fatto ancora più male, perché lo avrebbe
perso in ogni caso, non poté
impedirsi di stringere forte a sé quel ragazzino.
Fu quella sensazione, mentre
Jim artigliava forte le sue dita
sulla sua maglia e affondava il viso nella sua spalla, quella terribile
sensazione di vuoto che lo colse d’improvviso quando la
consapevolezza che
entro poche ore lo avrebbe lasciato si impadronì di lui, a
fargli comprendere
che quel ragazzo era divenuto per lui ormai fondamentale. La sua luce
era ormai
fondamentale.
Gli carezzò
dolcemente quel viso dai lineamenti delicati e
perfetti e si chinò su di lui, aspettando che fosse Jim a
posare le sue labbra
sulle sue, solo allora le catturò con le proprie.
Ancora, e ancora,
perché era più di un bisogno.
Aveva bisogno delle sensazioni
che quel giovane gli faceva
provare, sensazioni che aveva dimenticato perfino esistessero.
Sensazioni
meravigliose che in qualche modo significavano, semplicemente, essere
vivi.
Vivo, si sentiva vivo, come
non lo era stato per molto tempo,
giungendo quasi a dimenticare l’importanza di quelle
emozioni. Emozioni senza
le quali la vita non ha alcun senso.
Giurò, in quel
momento, stringendo la vita di quel ragazzo, che
non avrebbe mai più dimenticato questa semplice
verità.
“Alla prossima
licenza tornerò qui, da te…”
Soffiò Jim, sulle
labbra dell’uomo, non smettendo di stringersi a
lui. Leonard sorrise
“Sappiamo entrambi
che non lo farai”
Mormorò, lambendo
ancora quelle labbra del cui sapore era ormai assoggettato,
Jim scosse la testa, decise di non discutere ancora, inutilmente, con
Bones,
appigliandosi all’ironia, e così
aggrottò le sopracciglia, in una finta
espressione offesa. Non voleva separarsi da lui con quel magone sullo
stomaco,
non lo avrebbe sopportato
“Ah no? Allora, se
vinco io mi crederai, ti fiderai di me… almeno
un po’…”
Aggiunse con
serietà e una punta di amarezza, Bones, non smettendo
di stringerlo a sé, alzò un sopracciglio
“E se vinco
io?”
“Non vincerai
mai”
“Non è
una risposta”
“Non è
una scommessa”
Jim si alzò in
punta di piedi e gli prese il volto tra le mani
“Io
tornerò qui, è un’affermazione
e… ci sarà tutto più
chiaro…”
Mormorò con un
dolce sorriso, Bones annuì, cercando di non crearsi
alcuna aspettativa ma, una parte di lui, credette istintivamente e
senza
riserve a quelle parole.
Non si seppe mai spiegare come
e perché ma fu come captare, in
quel momento, una sorta di eco di ciò che sarebbe accaduto,
di ciò che la vita
avrebbe loro portato.
**
E la mattina dopo, dopo quei
due eterni mesi, era alla fine giunto
il giorno tanto decantato della partenza della Ferragut da quella base
spaziale.
L’equipaggio, in
parte sempre rimasto a bordo, in parte sulla
base, e anche quelli che avevano approfittato per raggiungere
qualsivoglia meta
in quella licenza obbligata da cause di forza maggiore, erano tutti
tornati al
proprio posto.
O quasi.
Gary e Jim attendevano ancora
pazientemente nella sala del teletrasporto
della base stellare, di essere riportati a bordo. Attorno a Gary si
erano
aggirate, per svariati minuti, uno stormo di ragazze urlanti, Jim si
chiese
dove diavolo l’amico avesse trovato tutte quelle belle
ragazze in una base
stellare. O dove avesse anche solo trovato il tempo da dedicare a tutte
loro,
ma era una storia che sicuramente Gary si sarebbe deliziato a
raccontargli.
“Jim…”
“Verrà…”
Gary raggiunse
l’amico, fuori dalla pedana del teletrasporto,
intento a fissare il corridoio, continuando a sperare testardamente di
veder
apparire il dottor McCoy da un momento all’altro. Il ragazzo
bruno gli strizzò
una spalla
“E’ un
dottore Jim, sarà stato trattenuto, lo sai, quando vengono
chiamati loro devono andare…”
Gary cercava di rincuorarlo e
di parlare con tranquillità, il
compagno annuì
“Sì…
sarà così…”
“Ragazzi, la nave mi
sta continuando a chiamare, dovete andare…”
Disse il tecnico dietro la
console del teletrasporto
“Dobbiamo andare,
Jim…”
Gli prese una mano e Jim si
lasciò tirare inerme verso la pedana
rialzata del macchinario.
“Jim…”
Girò di scatto il
viso verso il corridoio, pregando di non averlo
solo immaginato, e quando vide Bones avanzare a passo svelto verso di
lui, il
volto gli si illuminò e corse incontro al dottore,
gettandogli le braccia al
collo, proprio come un bambino, ma non se ne vergognò
minimamente.
Gary sorrise mentre il
comunicatore del teletrasporto continuava a
suonare.
“Lo
sapevo!”
Jim continuava a stringere il
dottore a sé, aveva davvero avuto
paura che potesse, per un motivo o per un altro, lasciarlo partire
senza un
ultimo saluto.
“Sono stato
trattenuto”
La pura e semplice
verità era che, nonostante ci avesse provato,
non era riuscito ad impedirsi di rivederlo. Aveva avuto oltremodo paura
che se
lo avesse rivisto a pochi minuti prima della partenza, non avrebbe
più potuto
lasciarlo andare, e la tentazione di impedirgli di ripartire, in un
modo o
nell’altro, era tuttora molto forte.
Ma alla fine, non aveva
resistito al desiderio di vedere di nuovo
il suo volto, il suo sorriso, in quella che poteva essere
l’ultima volta. Un
ricordo e un’immagine che avrebbe tenuto stretta.
Gli prese il viso tra le mani
cercando di fissare nella mente ogni
suo singolo dettaglio.
Il cicalino del comunicatore
della console continuava a suonare, Gary
guardò l’addetto al teletrasporto unendo le mani
in una tacita preghiera,
questo sbuffò e rispose alla chiamata, dicendo la prima cosa
che gli venne in
mente su due piedi
“Necessito di
qualche minuto per risettare il teletrasporto, c’è
stato un… un’interferenza nel
segnale…”
Non attese di sentire la voce
alterata del capitano e spense la
comunicazione
“Grazie”
Mormorò il tenente
Mitchell.
“Ti
scriverò Bones, se mai vorrai rispondermi saprai dove
farlo…”
L’unica cosa che si
sentì di poter fare McCoy fu annuire
mestamente, senza allentare la presa su di lui
“Stai sempre attento
Jim ti prego, non cacciarti nei guai, evita i
pericoli, fa attenzione, ti prego…”
Improvvisamente il terrore che
quella fosse l’ultima volta che vedeva
quel ragazzo semplicemente perché poteva capitargli qualcosa
di male lo assalì
prepotentemente, ma Jim manteneva il suo bellissimo sorriso
“Devi stare
tranquillo, non mi succederà niente…”
“Sei sempre sicuro
di tutto tu”
“Sì,
perché voglio rivederti ancora, e
ancora…”
Mormorò con un
sorriso languido e dolce al tempo stesso,
quell’espressione così tipica di Jim che aveva del
tutto scombussolato la mente
di Leonard non appena lo aveva conosciuto.
Gli catturò la
bocca in un bacio profondo che il dottore non poté
interrompere, ritrovandosi ancora una volta a ricambiarlo con passione,
stringendo quel bel corpo al proprio.
Non sapeva come avrebbe fatto
a lasciarlo adesso, ad allentare la
presa e vederlo sparire nel teletrasporto, l’unico desiderio
che aveva in quel
momento era che restasse tra le sue braccia, dove poteva proteggerlo,
da ogni
male.
“Bones…”
Sussurrò infine Jim
restando con le labbra poggiate sulle sue
“…sai
dove sarai tra dieci anni?”
Aveva un sorriso bellissimo
che McCoy si trovò costretto a
ricambiare, intuendo dove Jim volesse andare a parare
“Fammi
indovinare…”
“CMO
sull’Enterprise, che te ne pare?”
“Un po’
prematuro”
“Scommetti?”
E quella sicurezza era ancora
lì, a brillare in quei bellissimi
occhi luminosi
“Jim, dobbiamo
andare o finiamo nei guai…”
Mormorò Gary alle
sue spalle, Bones gli porse la mano
“State attenti tutti
e due, mi raccomando…”
Il ragazzo bruno gliela
strinse sorridente e annuì, scompigliando
i capelli di Jim affettuosamente
“Non preoccuparti,
ci bado io a questo qui, come sempre!”
“Ehi!”
Si lamentò Kirk,
adorabilmente imbronciato.
La mano di Jim
scivolò lentamente via dalle sue e Leonard restò
finché non lo vide sparire nel teletrasporto e non
sentì la conferma che i due
ragazzi fossero arrivati sulla Ferragut, sani e salvi.
Si avviò poi al suo
appartamento, che non gli era mai sembrato
così vuoto. Bevve un bicchiere di brandy sauriano e si
sedette sul divano
cercando di fare mente locale e ordine nei suoi confusi pensieri. Bevve
un
altro bicchiere, prese una penna e un foglio di carta e
buttò giù tutto d’un
fiato quel tumulto che gli si agitava in mente.
Non
pensava che Jim avrebbe risposto alla sua lettera, non pensava che
sarebbe
tornato da lui come aveva promesso…
Non
pensava minimamente che quella corrispondenza sarebbe durata dieci
anni…
E
l’ultima cosa che credeva possibile, in quel momento, era che
Jim avrebbe infine
vinto, pienamente, la loro scommessa.
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Seguirà un
piccolo epilogo (appena ho qualche ora per scriverlo) e poi mi levo
dalle balle XD
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