Disclaimer:
I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia
appartengono a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. La trama di questo
racconto è, invece, in quanto mia creazione, di mia proprietà ed occorre il mio
esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o
per estrapolare una citazione dalla stessa.
Questa storia è stata scritta
esclusivamente per puro divertimento e come regalo di compleanno per una persona
speciale e non ha alcuno scopo di lucro, non è pertanto intesa alcuna
violazione del copyright.
Nota: Racconto assai fuori dagli schemi questo. E'
decisamente AU (si svolge in un metamondo in cui i personaggi di HP, sono
vivi e ben consapevoli di far parte di una saga di romanzi e in cui la linea
temporale che conosciamo non ha alcun senso. Quindi ci trovate un Sirius che è
stato ad Azkaban, ma che dopo esserne uscito si consulta con i Malandrini, come
se James fosse ancora vivo e Peter ancora un suo amico). Ogni riferimento a
fanfictions meravigliosamente scritte dalla adorata e diletta Mary (non Sue)
alias TwinStar NON E' puramente casuale. Mannaggia a lei che scrive
così bene e a Sirius che ha continuato a tirarmi per la gicchetta insistendo che
voleva prendere in mano pergamena e penna d'oca per
omaggiarla.
Nota sul titolo (CON SPOILER): Non stupitevi dello strano
titolo di questo racconto. Asio otus è il gufo comune, una delle poche specie
endemiche presenti in Inghilterra. Si sa che sono i gufi a portare la posta nel
mondo magico di Harry Potter e, quando avrete letto il racconto fino in fondo,
saprete che è Remus a impossessarsi della lettera per Mary e farla recapitare.
Quindi è ovvio che ciò avvenga tramite il gufo di Remus. E Mary ha sentenziato
che Remus J. Lupin sia possessore di un esemplare di gufo comune (tra l’altro
sono bellissimi rapaci notturni), perché squattrinato com’è non potrebbe
permettersi che un gufo facilmente reperibile in Inghilterra e non troppo
esotico e costoso. Ecco svelato l’arcano del titolo.
Decidca: Questo racconto è dedicato a TwinStar con
i miei rinnovati (dato che sono passati alcuni giorni) auguri di buon
compleanno. Che quest'anno in più ti porti tutto ciò che desideri, anche
l'indicibile ;)
Lo sai che ti voglio
bene!
Asio otus.
Nuova pagina 1
“Remus J. Lupin, vero?”
Il licantropo sbattè le palpebre
per mettere a fuoco la giovane figura femminile.
Non gli accadeva spesso che
qualcuno bussasse alla sua porta di primo mattino.
E nemmeno durante il resto della
giornata, a dire il vero.
Si chiese se stava per piovergli
tra capo e collo l’offerta straordinaria di acquistare l’intera Enciclopedia
Tremaghi, con paiolo d’ottone in omaggio e inclusa di Sortilegio d’Autoaggiornamento,
più un set imperdibile di cianfrusaglie assortite per coloro che pagano in sole
quattro rate.
Il tutto ad un modicissimo
prezzo cui nemmeno aveva il coraggio di pensare.
Però la ragazza aveva un aspetto
vagamente noto e non sembrava una rappresentante della Edizioni Magiche
Internazionali.
Non era molto alta, ma Sirius
avrebbe detto che non aveva nulla da eccepire sulla sua carrozzeria.
Padfoot parlava spesso delle
donne come se fossero motociclette.
“Caspita che carenatura!” non
suonava strano sulle sue labbra. Però non era mancanza di rispetto: Sirius aveva
una venerazione per le moto babbane.
Le trattava con gentile
amorevolezza.
E più erano rumorose più gli
piacevano, proprio come le donne.
Remus s’era sempre detto che
invece per lui ci voleva un tipo silenzioso, sempre che potesse permettersi
(anche finanziariamente) di avere una fidanzata.
Solo che Tonks non era
esattamente una fanciulla tranquilla, taciturna e poco appariscente.
E lui non riusciva ugualmente a
scollarle gli occhi dal fondoschiena e sentire un curioso brividino lungo il
collo quando lei lo guardava in un certo modo.
Nymphadora gli arruffava il pelo
anche più della luna piena.
Si riscosse perché la
sconosciuta lo stava guardando storto e dava l’idea di una che è in procinto di
darti del maleducato o rifilarti un pestone dolorosamente efficace su un callo.
Non era il momento per pensare a
Tonks.
“Sì, desidera?” domandò, sotto
sotto incuriosito.
Ma non smise di osservarla.
Due begli occhi e un nasino di
tutto rispetto, ma decisamente appropriato per quel viso incorniciato di
riccioli castani.
Lui, a differenza dell’amico,
non l’avrebbe paragonata a qualcosa di cromato e rombante, ma era proprio una
ragazza carina e con un gran bel paio di gambe.
Quando arriva qualche
nuovo personaggio i libri si fanno sempre più interessanti –
pensò, convinto che fosse una nuova comparsa del 7° inedito libro –
Brava J.K.R..
“Posso entrare?” replicò la
visitatrice, non prima di essersi infilata in casa senza permesso, svicolando
oltre il suo braccio alzato e appoggiato allo stipite.
Un tipino intraprendente.
“Prego” disse Remus,
ridacchiando ma senza farsi scorgere.
Dopodichè si calò nel solito
serio e sussiegoso ruolo e la precedette in salotto.
Che poi era anche soggiorno,
cucina e camera da letto.
Non è che lui si lamentasse
d’essere a corto di galeoni solo per darsi un tono vissuto.
Ma era un monolocale proprio
ordinato per appartenere a un licantropo scapolo, constatò la boccoluta
fanciulla.
“Mi chiamo Mary” e porse la mano
con decisione.
Remus era ancora lievemente
perplesso.
Mary.
Almeno s’era presentata; ma cosa
voleva?
Glielo domandò cercando di
essere fermo ma cortese.
“Intanto diamoci del tu, Remus”
esordì lei e si accomodò sul divano sdrucito, assumendo subito dopo un’aria
lievemente guardinga e imbarazzata.
Lupin levò gli occhi al cielo e
sedette a sua volta.
Il suo istinto gli diceva che la
ragazza era lì per domandargli un favore di quelli che solitamente non si
chiedono agli estranei.
Sì ricordò anche perché aveva la
sensazione di non vederla per la prima volta: un mese addietro, per una
settimana, casualmente l’aveva incrociata ogni volta che metteva il muso fuori
casa.
Poi più nulla, ed ora rieccola.
Doveva averci pensato bene prima
di bussare alla sua porta.
“Dunque, Mary, ricapitolando”
disse il licantropo sorridendole ferino “Se ho ben capito tu sei Babbana, hai
letto i libri di Harry Potter, hai trovato il modo di arrivare fino al nostro
mondo e sei venuta qui per chiedermi…”
“Di far leggere a Sirius Black
uno dei miei racconti, sì” annuì lei scuotendo il capo in un ondeggiare deciso
dei ricci castani.
“Tutto ciò è interessante”
ammise Remus “Metatestuale si dice, credo… E interessante. Quindi tu scrivi
racconti su di noi, proprio come la nostra creatrice?”
“Si chiamano fanfictions, per la
precisione” puntualizzò Mary, traendo rapida dalla borsetta alcuni fogli
ripiegati.
Racconti su Sirius
– pensò Remus J. Lupin, detto Moony –
Un’altra di quelle
che s’innamorano di Padfoot. Cosa ci troveranno poi? Io ho un fascino
maggiormente discreto, ma assai più sottile ed intellettuale.
Però tese la mano a ricevere il
manoscritto, perché la curiosità è una brutta bestia e lui di bestie era un
intenditore.
Tra l’altro qualcosa gli diceva
che poteva ricavare un qualche vantaggio personale dalla faccenda.
Nei tempi morti tra un libro e
l’altro Sirius era costretto (sai che novità) a restarsene chiuso a Grimmauld
Place per la maggior parte del tempo e diventava esageratamente lagnoso quando
era in preda alla noia.
Non era un lettore Padfoot,
salvo che non si trastullasse con l’etichetta di una scatola di Cereali
Esplodenti, o con le parole incrociate della Gazzetta del Profeta.
O almeno, lui non aveva mai
visto l’amico alle prese con nessun altra lettura.
Però nella vita c’è sempre una
prima volta per tutto.
Remus lo sapeva perché era anche
un esperto indiscusso di frasi fatte e luoghi comuni da spacciare all’occorrenza
per trarsi da ogni impiccio e tenere accettabili relazioni sociali, senza
complicazioni di sorta.
Cominciò a leggere, notando con
la coda dell’occhio che la giovane Mary aveva iniziato ad assumere svariate
gradazioni di rosso; dal lieve rossore al porpora acceso.
Che tipo quella ragazza!
Spavalda e timida insieme.
Gli risultava istintivamente
simpatica e quando i suoi occhi scorsero le ultime righe del manoscritto lo
divenne ancora di più.
Così il racconto, la fanfiction,
parlava anche di lui.
Questo bastò a titillare
piacevolmente l’ego del licantropo, mentre Mary si domandava se sul volto
segnato di cicatrici sarebbe apparsa la medesima espressione compiaciuta,
qualora Lupin avesse potuto leggere uno dei suoi racconti slash.
“E’ proprio ben scritto. Molto
bello!” la complimentò Moony “Mi piace, è davvero sentito”
E, come immaginavo, tu
hai una bella cotta per Padfoot, cara la mia Mary. Ottimo!
Avrebbe accontentato la ragazza,
che era anche una sua fan, e colto al volo l’occasione di levarsi Sirius dai
piedi per un po’.
Se conosceva bene Padfoot, (e lo
conosceva a menadito) quello, egocentrico com’era, si sarebbe crogiolato nelle
parole di Mary leggendole fino a consumare i fogli.
E lui avrebbe avuto più tempo
libero.
Se poi il fato gli dava una
mano, magari Sirius si sarebbe interessato ancora di più alla ragazza e da cosa
nasce cosa.
A Padfoot ci voleva un briciolo
di rosa nel grigio di Grimmauld Place e lui avrebbe dovuto far da balia ad un
Malandrino in meno.
Stirò le labbra scoprendo
amichevole i denti e annunciò “Affare fatto, Mary! Ci penso io a farla avere a
Sirius. Sei così brava che non saprei come dirti di no, mi hai veramente
commosso”
Il solito Remus
– ridacchiò mentalmente la giovane Babbana –
Lo sapevo che ci
saresti cascato.
Perché Mary non avrebbe mai
avuto il coraggio di presentarsi direttamente a casa Black, ma era certa che
Lupin non avrebbe resistito all’idea di farle da discreto sensale.
* * *
Mary
Mi ha parlato
di te un amico comune (non so se tu lo conosca come Moony o solo come Remus J.
Lupin… lui è talmente formale a volte… ) e mi permetto di scriverti questa
lettera, per augurarti, innanzi tutto buon compleanno. Perché Moony mi ha detto
che hai compiuto gli anni giusto due giorni fa.
Emh… forse non
dovrei darti del tu senza che ci abbiano presentati ufficialmente, ma, oh,
insomma, mi sento come una vecchia strega zitella a dare del lei a una bella
ragazza giovane come te.
E poi, mi
sembra di conoscerti da sempre, fin da quando ero solo un bambino che guardava
la luna per non sentirsi troppo solo.
Umh… ok, ok, Moony le dico la
verità, smettila di conficcarmi quel gomito tra le costole!
Ecco, mi sono perso, cosa stavo
dicendo…?
Ah, giusto… Dunque…
E’ stato Remus a parlarmi di te, o meglio,
un pomeriggio in cui mi annoiavo come non mai (Maledetta vecchia catapecchia di
famiglia, quanto la odio!) mi ha ficcato a viva forza tra le mani una lunga
pergamena coperta di scrittura fitta fitta.
Non amo
troppo leggere, lo confesso candidamente, però non avevo proprio nient’altro da
fare (se si esclude insolentire mia madre e fare lo sgambetto a Kreacher ogni
volta che lo vedevo passare. Attività che alla lunga stancano. Oppure, sdraiarmi
languidamente a pancia in su sul divano e poi lentamente… No, questo non è il
caso che io lo racconti nei dettagli…
Comunque una
barba mortale; nemmeno Snivellus in circolazione da torturare un po’. Immagina
come mi sentivo).
Mi sono perso un’altra volta.
No, no, dicevamo:
Non
sono un granché come lettore, però quel pomeriggio letteralmente caddi dentro
alle righe che avevo sotto gli occhi.
Parlavano di
me. Ne rimasi parecchio stupito (e lusingato, perché sono un notevole
egocentrico).
Non riuscivo
più a smettere di leggere.
Chiunque
avesse scritto quel racconto, descrivendomi appunto bambino, mi aveva compreso
come nemmeno io stesso credo di essere mai riuscito a fare e
–
ok,
Remus, ok, arrivo al punto, finiscila !–
non riuscivo a crederci.
Lessi più
volte e quasi mi scappò di commuovermi.
Quasi; è inutile che sghignazzi
Prongs, se dico quasi vuol dire quasi. E tu, Peter, sappi che poi me la paghi!
Già abbiamo il conticino di Azkaban in sospeso io e te…
Poi Moony mi
disse che l’autrice di quell’eccelso capolavoro era una giovane e talentuosa
scrittrice di origini babbane. Cioè che eri tu, Mary.
Mi procurai
subito qualunque altra cosa tu avessi scritto e lessi come mai in vita mia (li
avessi avuti ad Azkaban i tuoi racconti a tenermi compagnia… ma forse è meglio
così. Va bene i Dissennatori, il vitto e l’alloggio da schifo, gli scarafaggi
che improvvisavano spettacolini funky sulla mia branda, ma che tu ne finissi uno
che è uno dei miei racconti preferiti, Mary ! C’è da diventare matti !).
Comunque sia,
mi pungolano tutti perché te lo confessi e allora lo ammetto: incuriosito come
non mai, inforcai la moto e venni a verificare di persona chi fosse la mia
autrice preferita.
Così, ora lo
sai, se ogni tanto, mentre prendevi il sole in terrazza, vedevi un grosso
randagione nero intento a rincorrere farfalle con aria vaga e un po’ ebete,
quello ero io.
Merlino, che vergogna, ma c’era proprio
bisogno che lo scrivessi, ragazzi? Mpfffffff.
Però non ho
mai avuto il coraggio di farmi avanti apertamente.
E’ che sei
così carina… no, cioè, intendevo dire che ho notato che hai un animo sensibile…
ti piacciono i cani e…
Oh, per la gonnella di Merlino,
Remus, io questa cosa al gufo non gliela faccio consegnare.
No, no e no! Che figura patetica
ci faccio?
Non le so scrivere le lettere, è
inutile.
Mi riderà dietro per il resto dei
miei giorni, Che stronzi che siete!
Ecco, ho anche macchiato il foglio
(un'altra volta).
Vorrà dire che poi la riscrivo in
bella… forse…
La verità,
Mary, è che non sono mai stato il tipo d’uomo che si sofferma a riflettere a
lungo, tantomeno sui propri sentimenti.
Ho sempre
pensato di avere un’indole da solitario, nonostante il mio forte legame con gli
amici.
Non mi sono
mai nemmeno immaginato innamorato.
Mai mancate le
corteggiatrici e qualche volta ho lasciato fare agli ormoni, non dico di no.
Ma il mio
record di “fidanzamento” è stato di una settimana scarsa (più per infastidire
mia madre cianciando della mia futura moglie Mezzosangue che per reale
trasporto. Tanto neanche la ragazza era poi troppo convinta di potermi
sopportare più a lungo).
Sono un tipo
difficile io.
Ho un
carattere abbastanza allegro, sono leale fino alla morte, sono un ottimista
innato, ma ho momentacci in cui chiunque mi stia accanto non può che mandarmi,
giustamente, al diavolo.
Mi dicono che
sono irritante.
Con te, però,
è inutile che io perda tempo a descrivere i miei pregi e difetti: tu sembri
conoscerli perfettamente.
E’ irreale
pensare di poter sentire qualcosa di tanto profondo per una persona che non si è
mai conosciuta di persona.
Una di quelle
cose di cui normalmente rido fino a rotolare giù dalla sedia, con le lacrime
agli occhi.
Solo che non
mi era mai successo prima che qualcuno potesse vedere dentro di me tanto
nitidamente.
Perfino tra le
righe dei tuoi racconti, Mary, si legge comprensione e premura per me (vorrei
tanto dire che si legge ben di più, ma non oso…).
E’
imbarazzante e forse un tantino patetico ammetterlo, ma la verità è che i tuoi
racconti mi hanno fatto sentire bene.
Mi sono
sentito coccolato e benvoluto (anche quando me ne fai capitare di tutti i
colori) e se davvero sono come tu mi descrivi, allora, non sono poi così
terribile come persona.
Se davvero
sono come tu mi descrivi, sono meglio di quel che spesso sento di essere.
E così, alla
fine, è inutile girarci intorno: ho colto l’occasione del tuo compleanno per
scriverti questa lettera e dirti ciò che sento.
Ciò che sai
suscitare in me, nemmeno io so come, solo tramite la tua vitalità e ciò che
scrivi (sono geloso da morire quando scrivi di altri, sai Mary?).
Perciò, Mary,
lo vedi quel grosso cane nero e peloso che rincorre il trattore saltando
nell’erba medica?
Ecco, quello
sono io, Sirius Black, intento a spiarti e vedere che faccia farai mentre leggi
questa che, in fondo, è solo una banale dichiarazione d’amore.
Tuo Sirius
Moony, io questa cosa non la
spedisco… dai, si vede lontano un miglio che la parte finale l’hai scritta tu.
E se poi non mi ricambia? Se lei
non mi vuole?
No, ragazzi, davvero, se poi mi
rifiuta…
Io la straccio, anzi la brucio, me
la mangio.
Remus, ridammi immediatamente la
pergamena, Remus… che possa venirti un… Moonyyyyyy!!!
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